Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 16 marzo 2018, n. 6505

Tributi - Agevolazioni fiscali - Contratto di credito in conto corrente con garanzia ipotecaria - Applicazione imposta sostitutiva - Condizioni - Durata minima del finanziamento - Clausola di recesso ad nutum della banca - Revoca dei benefici

 

Fatti rilevanti e ragioni della decisione

 

1. L'Agenzia delle Entrate propone cinque motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 52/26 del 24 ottobre 2011 con la quale la commissione tributaria regionale del Veneto, a conferma della prima decisione, ha ritenuto illegittimi gli avvisi di liquidazione notificati a V.B.H. scpa, ed al soggetto finanziato, in conseguenza della revoca dei benefici dalla banca usufruiti, ex artt. 15 e 17 d.P.R. 601/73, in relazione ad un contratto di apertura di credito con garanzia ipotecaria, regolato su conto corrente acceso con contratto di pochi giorni antecedente.

Lamenta l'amministrazione finanziaria, in particolare, che in sede di merito sia stato riconosciuto alla banca il diritto all'agevolazione in questione (mediante pagamento di imposta sostitutiva in luogo delle ordinarie imposte di registro, bollo ed ipotecarie) nonostante che l'operazione, unitariamente considerata, fosse connotata dalla facoltà di recesso ad nutum della banca (come da clausola relativa al contratto di conto corrente); sicché la stessa non presentava durata minima del finanziamento di 18 mesi, come richiesto dall'ultimo comma dell'articolo 15 cit. per i benefici fiscali sulle operazioni di credito a medio e lungo termine.

Resiste con controricorso V.B. spa (già V.B.H. scpa).

Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 cod.proc.civ..

Nessuna attività difensiva è stata posta in essere, in questa sede, dal soggetto finanziato, anch'esso intimato.

2.1 Con il primo motivo di ricorso l'agenzia delle entrate lamenta - ex art. 360, 1^ co. n. 4 cod.proc.civ. - violazione e falsa applicazione degli articoli 18, 24 e 57 d.lgs. 546/92, nonché 112 cod.proc.civ.; per avere la commissione tributaria regionale violato il divieto di novità in appello, pronunciando altresì in ultrapetizione, nell'aderire ad una tesi (distinzione ed autonomia del contratto di apertura di credito con garanzia ipotecaria rispetto al contratto di conto corrente, recante la clausola di recesso ad nutum) che la banca aveva per la prima volta introdotto in giudizio soltanto con l'atto di appello.

2.2 Il motivo è infondato.

Esso attribuisce infatti portata di inammissibile novità alla deduzione, da parte della banca, di una semplice tesi ricostruttiva di una vicenda contrattuale i cui termini fattuali (delimitazione degli accordi negoziali intercorsi tra le parti, ed individuazione della volontà da queste ultime manifestata circa I' interdipendenza e connessione tra i medesimi) erano in realtà già stati dedotti fin dal ricorso introduttivo; restando immutati, per tutto il corso del giudizio, nella loro obiettiva materialità.

E' dunque evidente che, nel sostenere una determinata opzione interpretativa della volontà delle parti (basata appunto sull'autonomia dei vari contratti, segnatamente per gli effetti che da tale autonomia dovevano derivare in ordine alla stabilità e durata dei medesimi), la banca non abbia introdotto, nemmeno in appello, domande, o eccezioni in senso stretto, diverse da quelle già inizialmente assegnate al contraddittorio; bensì semplicemente sviluppato una ricostruzione di natura puramente argomentativa ed in diritto della fattispecie, con quanto ne consegue in ordine alla non invocabilità, nella concretezza del caso, del divieto di novità.

Analogamente è a dire per l'asserita violazione dell'articolo 112 cod.proc.civ., posto che il giudizio si è incardinato, fin dall'inizio, sulla contestazione da parte della banca della tesi in forza della quale l'amministrazione finanziaria ha ritenuto di revocare l'agevolazione ex art. 15 d.P.R. 601/73. Tesi, quest'ultima, fondata sulla ricostruzione di una determinata volontà negoziale delle parti, secondo cui la clausola di recesso ad nutum da parte della banca, ancorché prevista unicamente per il contratto di conto corrente, doveva pur tuttavia ritenersi riferita anche al (distinto ma collegato) finanziamento assistito da garanzia ipotecaria, oggetto di agevolazione. Al fine di sostenere l'illegittimità della revoca delle agevolazioni, la banca, già in ricorso, ebbe a sostenere "l'errata interpretazione del contratto concluso tra le parti in relazione alla norma agevolativa", posto che la clausola di recesso ad nutum non riguardava quest'ultimo finanziamento, la cui distinta regolamentazione negoziale prevedeva chiaramente - al contrario - una scadenza superiore ai 18 mesi richiesti dall'art. 15 cit., senza previsione di libera e discrezionale recedibilità da parte della banca (quanto soltanto, nella clausola n. 15, la ‘risoluzione di diritto’ in caso di inadempimento del correntista ad uno degli obblighi assunti).

Ciò esclude che, nel ritenere illegittimo il mancato riconoscimento delle agevolazioni in questione, la commissione tributaria possa aver violato il principio di correlazione tra il chiesto ed il pronunciato; essendosi la sentenza qui impugnata - nel confermare la prima decisione - limitata ad accogliere quanto originariamente dedotto in giudizio dalla banca in ordine: sia al petitum (annullamento degli avvisi di liquidazione conseguenti alla revoca, per la ragione indicata, delle agevolazioni), sia alla causa petendi (sussistenza del diritto alle agevolazioni perché afferenti a contratti rientranti appieno nella definizione normativa del finanziamento di medio-lungo termine ex art. 15 cit.).

Vero è invece che la commissione di merito ha (correttamente) ritenuto di dover risolvere la controversia - rimanendo con ciò nei limiti dispositivi e devolutivi di parte - sul piano della ricostruzione della effettiva volontà negoziale dei contraenti. Il che ha comportato, non già l'accoglimento della domanda della banca in forza di motivi di impugnazione dell'atto impositivo da questa non formulati (o tardivamente formulati), bensì l'applicazione di criteri legali di natura prettamente interpretativa.

Applicazione alla quale - al fine dell'apprestamento della più consona regolamentazione giuridica di una ben definita fattispecie materiale, ed indipendentemente dalla censurabilità per altre ragioni dell'attività ermeneutica, come tra breve si dirà - il giudice era, anzi, comunque tenuto nell'esercizio dei suoi poteri/doveri ufficiosi di verifica e valutazione dei fatti costitutivi, appunto in base all'interpretazione degli atti negoziali sottoposti alla sua attenzione, della pretesa dedotta in giudizio.

3.1 Venendo alle ulteriori censure, con il secondo motivo di ricorso l'agenzia delle entrate deduce - ex art. 360, 1° co. n. 3 cod.proc.civ. - violazione e falsa applicazione dell'articolo 15 d.P.R. 601/73 cit. e 12 prel.; per avere la commissione tributaria regionale erroneamente ravvisato, nella specie, due contratti tra loro indipendenti, con conseguente ritenuta riferibilità della clausola di recesso ad nutum al solo contratto di conto corrente, non anche a quello di apertura di credito in conto corrente con garanzia ipotecaria.

Con il terzo motivo di ricorso, l'agenzia lamenta violazione o falsa applicazione dell'articolo 15 d.P.R. 601/73 cit.; per non avere la commissione tributaria regionale considerato che, ai fini fiscali, rilevava unicamente l'atto siccome presentato per la registrazione. Nella specie, tale presentazione era avvenuta in maniera unitaria per apertura di credito ipotecaria e conto corrente, con conseguente irrilevanza dello ‘spacchettamento’ o della ‘parcellizzazione’ dei due contratti operata dalla commissione di merito; così come della circostanza che, in sede di svolgimento del rapporto di finanziamento, quest'ultimo si fosse comunque di fatto protratto per più di 18 mesi.

Con il quarto motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale; per avere, in particolare, la commissione tributaria regionale omesso di interpretare in relazione tra loro le clausole contrattuali dei contratti, e dei relativi regolamenti negoziali allegati, così da addivenire alla individuazione di un'unica operazione finanziaria alla quale indistintamente imputare la clausola di recesso ad nutum a favore della banca.

Con il quinto motivo di ricorso si lamenta infine - ex art. 360, 1^ co. n. 5 cod.proc.civ. - contraddittoria motivazione su un punto decisivo e controverso del giudizio; per avere la commissione tributaria regionale, da un lato, condiviso la tesi secondo cui in presenza di clausola di recesso ad nutum a favore della banca venivano meno i presupposti per l'agevolazione fiscale in oggetto e, dall'altro, invece disapplicato tale principio in un caso in cui, come nella specie, tale clausola sussisteva effettivamente nel complessivo assetto negoziale intercorso tra le parti.

3.2 Si tratta di motivi suscettibili di considerazione congiunta, in quanto tutti basati - nella prospettiva della violazione di legge e della carenza motivazionale - sull'erronea ricostruzione del regolamento negoziale da parte della commissione tributaria, con conseguente indebito riconoscimento dell' agevolazione di legge.

Tali motivi - che non si ritengono affetti dai profili di inammissibilità dedotti dalla banca nel controricorso, in quanto sufficientemente specifici ed autosufficienti ex art. 366 n. 6) cpc - sono fondati.

Va premesso che la CTR ha esplicitato i passaggi fondamentali del proprio convincimento, osservando che: - il contratto di finanziamento con garanzia ipotecaria recava durata superiore ai 18 mesi, così da rientrare nella previsione ex articolo 15 cit.; - la clausola di recesso ad nutum a favore della banca, effettivamente ostativa all’agevolazione, era invece contenuta nel contratto di conto corrente bancario integrante, ai sensi della delibera CICR 4.3.03, un ‘contratto tipo’ preceduto da un documento di sintesi, denominato ‘allegato A’; - l’eventuale risoluzione (intendendo per tale anche l'ipotesi di recesso ad nutum) del contratto di conto corrente non inficiava "l'apertura di credito con garanzia ipotecaria convenuto tra le parti con la sottoscrizione dell'atto pubblico, che non contempla la facoltà di recesso anticipato- il contrasto tra la clausola di recesso contenuta nell'allegato, ma ‘diverso’, contratto di conto corrente di corrispondenza, e la clausola di non recedibilità ad nutum ma solo per giusta causa nelle ipotesi di legge, viceversa prevista nel finanziamento ipotecario, trovava composizione nella stessa previsione contrattuale di prevalenza di cui all’art. 1 del contratto di finanziamento, secondo cui: "l'apertura di credito risulta disciplinata dai patti e dalle condizioni di cui all'allegato contratto tipo. Resta comunque stabilito tra le parti che, qualora vi fossero contrasti tra le clausole di cui al presente contratto e quelle di apertura di credito in conto corrente e quelle di cui al contratto tipo allegato, avranno prevalenza le clausole speciali previste nel presente contratto"; - tra le due pattuizioni sussisteva un vincolo di natura funzionale ed operativa, nel senso che il conto corrente fungeva da strumento di accredito del finanziamento e di addebito delle rate di rientro, fermo restando che "l'eventuale chiusura anticipata del conto corrente, del tutto autonomo rispetto al finanziamento, non avrebbe fatto venir meno la possibilità del cliente di rimettere all'istituto le somme dovute, sussistendo pur sempre la possibilità di farlo con strumenti diversi dal conto corrente" (ad es.: pagamenti di sportello, bonifici su conti della banca, cessione di crediti ecc...).

3.3 Ciò premesso, si rileva che analoga fattispecie è stata - tra le parti - già decisa da questa corte di legittimità con la sentenza n. 7254/16; alle cui considerazioni si rimanda, ed alla quale (stante la sostanziale identità delle questioni giuridiche devolute) si intende dare qui seguito.

Nel richiamare le considerazioni sottese a quella decisione si ritiene, in particolare, di applicare anche alla presente fattispecie il principio di diritto colà enunciato (desunto da un pregresso e consolidato orientamento di legittimità).

Secondo cui, in base alla lettera ed alla ratio dell'art. 15 cit., "ciò che assume rilievo determinante è l'assunzione di un vincolo negoziale per un arco di tempo minimo stabilito dalla legge, indipendentemente dalle vicende successive del rapporto"; in maniera tale "che la previsione, nel contratto di finanziamento, di una clausola in base alla quale l'azienda di credito ha la facoltà di recedere unilateralmente e senza preavviso anche prima della scadenza dei 18 mesi, priva dall'origine il credito della sua natura temporale (medio-lunga) richiesta dalla norma di agevolazione tributaria, degradando la durata del rapporto ad elemento variabile in funzione dell'interesse dell'azienda di credito" (Cass. 28879/08, con richiamo a Cass. 1585/94, 4792/02, 11165/05, 14046/06; nello stesso senso, più di recente, Cass. 12928/13 e 2188/15).

Dovendosi poi ribadire nella fattispecie in esame (resa anch'essa peculiare dall'articolazione contrattuale tra conto corrente da un lato, ed apertura di credito in conto corrente con garanzia ipotecaria, dall'altro) che l'effetto ostativo all'agevolazione, così individuato, deve operare anche nell'ipotesi in cui la clausola di recesso ad nutum a favore della banca sia contenuta in un contratto di conto corrente che - in esito all'applicazione del criterio interpretativo di valutazione complessiva ed interdipendente del regolamento negoziale tra le parti (rilevante, per l'imposta di registro, anche ex art. 20 d.P.R. 131/86, nella formulazione vigente ratione temporis)

- risulti collegato al contratto di finanziamento.

La sentenza impugnata non ha fatto applicazione di questo indirizzo là dove, pur dopo aver individuato plurimi e specifici indici di collegamento ed interdipendenza tra i due contratti (allegazione e richiamo dei documenti di sintesi della rispettiva regolamentazione negoziale; previsione delle parti della possibilità di addivenire all'integrazione o risoluzione di contrasti tra le rispettive condizioni generali; interferenza, in particolare, tra clausola di risoluzione di diritto in ipotesi di inadempimento del correntista finanziato e clausola di recesso ad nutum propria del conto corrente; volontà delle parti di regolare in conto corrente le rimesse attive e passive rinvenienti dal finanziamento), ha poi escluso, sulla base di una motivazione incongrua, la rilevanza di tali parametri nell'individuazione, nella specie, di un rapporto di finanziamento suscettibile ab initio di durata inferiore a quella di mediolungo termine, giustificante l'agevolazione.

La sentenza va dunque cassata in relazione ai motivi diversi dal primo; con rinvio alla CTR del Veneto la quale, in diversa composizione, riconsidererà la fattispecie alla luce dei su riportati principi di diritto.

Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del presente procedimento.

 

P.Q.M.

 

Accoglie i motivi di ricorso diversi dal primo;

cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla commissione tributaria regionale del Veneto in diversa composizione.