Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 09 marzo 2018, n. 5774

Tributi - ICI - Avviso di accertamento - Base imponibile - Rettifica - Rendita catastale determinata in misura superiore dall'Agenzia del Territorio

 

Fatti di causa

 

1. La Società V.I. Srl, poi incorporata dalla soc. coop. U. T., impugnava l'avviso di accertamento n. 4664, notificatole il 14 ottobre 2008 dalla A.S. Srl, concessionaria del servizio della riscossione del comune di Pomezia, con cui le veniva chiesto il pagamento della maggiore ICI per l'anno 2005, relativamente ad un immobile la cui rendita catastale era stata determinata dall'Agenzia del Territorio, in misura superiore a quella utilizzata dalla contribuente per il calcolo dell'imposta.

2. A motivo dell'impugnazione, la V.I. deduceva, oltre ad altro, che l'avviso, in quanto non indicava l'autorità amministrativa cui poter ricorrere contro vizi che vi fossero stati individuati e in quanto non riproduceva né recava in allegato la determinazione dell'Ute attributiva della rendita, era illegittimo per difetto di motivazione.

3. La commissione provinciale di Roma rigettava il ricorso.

4. La decisione era confermata dalla commissione tributaria regionale del Lazio, la quale, con sentenza depositata il 17 gennaio 2014, riteneva le due doglianze della contribuente infondate rispettivamente in quanto il requisito motivazionale doveva ritenersi assolto essendovi nell'avviso impugnato elementi sufficienti per consentire alla contribuente di conoscere le ragioni della pretesa impositiva e in quanto l'omessa indicazione dell'autorità non rientrava, così come già rilevato dai giudici di primo grado tra "gli elementi essenziali dell'art. 18 del d.lgs. 546/92".

5. La U. T. ricorre, con due motivi, per la cassazione della sentenza della commissione tributaria regionale.

6. Il Comune di Pomezia, subentrato alla A.S. srl, resiste con controricorso.

 

Motivi della decisione

 

1. Con il primo motivo di ricorso, la U. T. lamenta, ai sensi dell'art. 360, comma 3, c.p.c., la violazione dell'art. 1, comma 162, della Legge 296/2006 in relazione all'art. 7 della Legge n. 212/2000, deducendo che la commissione ha errato nel giudicare motivato l'avviso di accertamento malgrado non recasse in allegato né riproducesse l'atto attributivo della rendita.

2. Con il secondo motivo di ricorso, la U. T. lamenta, ai sensi dell'art. 360, comma 3, c.p.c., la violazione dell'art. 36 del D.lgs. 546/92 per non avere la commissione regionale dato una comprensibile motivazione della affermata non nullità dell'atto impositivo malgrado la mancanza della indicazione della autorità amministrativa di fronte alla quale proporre una richiesta di riesame.

3. Il primo motivo è inammissibile per inosservanza del requisito di specificità, imposto dall'art. 366 c.p.c., correlato all'estraneità del giudizio di legittimità all'accertamento del fatto, e che, in caso di denuncia di un errore di diritto a norma dell'art. 360, n. 3, cod. proc. civ., si declina come necessità della indicazione precisa, in ricorso, della situazione di fatto della quale chiede una determinata valutazione giuridica, diversa da quella compiuta dal giudice "a quo", asseritamente erronea:

3.1. l'art. 1, comma 162, della Legge 296/2006 prevede per gli avvisi di accertamento in rettifica e d'ufficio, come il previgente art. 11, comma 2 bis, d.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, per gli avvisi di accertamento e liquidazione, che tali atti devono recare in allegato o riprodurre nel contenuto essenziale l'atto presupposto al quale facciano eventualmente richiamo, salvo che si tratti di atto "conosciuto" o (già) "ricevuto" dal contribuente;

3.2. nel caso di specie, nel ricorso viene riportato questo passaggio dell'avviso di pagamento impugnato: "Motivazione dell'emissione del presente atto Parziale e/o tardivo versamento dell'imposta dovuta per l'anno 2005 in relazione agli elementi forniti in comunicazione ovvero risultanti dall'ufficio del territorio e validi per il medesimo anno, così come riportato nel seguente dettaglio". Il seguito dell'avviso - ossia il dettaglio - non è riportato (e la contribuente non ha precisato che il dettaglio di fatto non vi sia né ciò è ipotizzabile posto che simile ipotesi presupporrebbe che la frase "seguente dettaglio" non avesse senso);

3.3 la parziarietà e non integralità della riproduzione dell'avviso impedisce di verificare se nella affermazione della commissione tributaria regionale secondo cui l'avviso ha un contenuto sufficiente a consentire alla contribuente di constatare efficacemente quanto accertato dall'ufficio, ed è quindi motivato congruamente, vi sia stata o meno la denunciata violazione della norma.

4. Con riguardo al secondo motivo si osserva:

4.1. la commissione regionale ha escluso la illegittimità dell'avviso di accertamento malgrado che, come denunciato dalla ricorrente, lo stesso non indicasse l'autorità amministrativa di fronte alla quale promuovere una eventuale istanza di riesame dell'avviso stesso ed ha motivato tale esclusione dicendo che l'indicazione della autorità non è essenziale in base all'art. 18 del d.lgs. 546/92;

4.2. la decisione del giudice di merito è corretta giacché, come questa Corte ripetutamente ha chiarito, la mancata indicazione, negli atti impositivi, degli enti contro i quali può proporsi ricorso può, al più, assumere rilevanza sotto il profilo dell'eventuale rimessione in termini per incertezza sui mezzi di tutela ma non comporta la nullità dell'atto perché tale sanzione non è prevista né dall'art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, il quale prescrive unicamente l'indicazione del termine e dell'autorità giurisdizionale alla quale è possibile ricorrere, essendo quella giurisdizionale la via ordinaria d'impugnazione, né dall'art. 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212, il quale richiede l'indicazione dell'autorità amministrativa soltanto in alternativa a quella dell'organo giurisdizionale (Cass., n. 20532/2006; Cass. ord. n. 20024/2011), né, aggiungasi dell'art. 1, comma 162 della Legge 296/2006 (richiamata dalla ricorrente);

4.3 la motivazione in diritto della decisione è tuttavia errata perché l'art. 18 del d.lgs. 546/92 riguarda non i requisiti degli atti impositivi ma i requisiti del ricorso al giudice tributario:

4.4. stante quanto sopra può pervenirsi al rigetto del motivo in esame con la sola correzione della motivazione ai sensi dell'art. 384 c.p.c., in forza del quale, qualora il vizio denunziato riguardi non un punto di fatto ma una questione di diritto, il giudice di legittimità ha il potere di integrare e correggere la motivazione della sentenza impugnata, senza cassarla, nel caso in cui la decisione adottata dal giudice di merito sia conforme a diritto, sostituendo la motivazione erronea con altra corretta che conduca all'identico dispositivo della sentenza censurata, purché la sostituzione della motivazione sia soltanto in diritto e non comporti indagini e valutazioni di fatto (com'è sicuramente nel caso in esame), né violazione del principio dispositivo (Cass. n. 20806/2017; in precedenza, tra molte, Cass. n. 5954/2005; Cass. n 15764/2004);

4.5. nel caso di specie la illegittimità dell'avviso va dunque esclusa sul motivo che ai sensi delle norme richiamate al superiore punto 4.3, l'indicazione della autorità amministrativa non è elemento la cui assenza determini illegittimità dell'atto impositivo.

5. In ragione di quanto precede il ricorso deve essere rigettato.

6. Le spese del presente giudizio di legittimità sono poste a carico della ricorrente e sono liquidate come in dispositivo.

7. Il rigetto del ricorso comporta l'obbligo, a carico del ricorrente, di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso proposto dalla U. T. soc. coop. contro la sentenza emessa dalla commissione tributaria regionale del Lazio il 17 gennaio 2014;

Condanna la ricorrente a rifondere al Comune di Pomezia le spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 1200,00, oltre accessori di legge.