Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 19 gennaio 2018, n. 1312

Tributi - Riscossione - Sospensione cautelare della esecutività disposta dalla CTP - Maturazione degli interessi durante il periodo di sospensione - Sussiste

 

Fatti di causa

 

1. G.B.P. impugnava avanti la C.T.P. di Varese la cartella esattoriale n. 117 2009 004789844 con la quale Equitalia Esatri S.p.A. (ora Equitalia Nord S.p.A.), con riferimento ad anteriori iscrizioni a ruolo, impugnate con ricorso avanti la stessa C.T.P., recuperava gli importi dovuti a titolo di interessi e compensi di riscossione (per un totale di € 64.718,93) per il periodo (novembre 2007 - settembre 2008) di sospensione cautelare della esecutività disposta provvisoriamente dall'adita C.T.P. che, successivamente, aveva rigettato il ricorso.

La Commissione tributaria provinciale accoglieva parzialmente il ricorso, ritenendo fondato il motivo concernente l'illegittimità dell'applicazione dei compensi di riscossione.

Con la sentenza in epigrafe indicata, la Commissione tributaria regionale della Lombardia rigettava l'appello principale del contribuente e accoglieva quello incidentale proposto da Equitalia Nord S.p.A., ritenendo legittimo il recupero sia degli interessi decorsi durante il periodo di sospensione, sia dei compensi di riscossione.

2. Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione il contribuente sulla base di due motivi, cui è anteposta la prospettazione di questione di legittimità costituzionale.

Resistono l'Agenzia delle Entrate ed Equitalia Nord S.p.A. depositando controricorsi.

Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ..

 

Ragioni della decisione

 

1. Il ricorrente propone, in via pregiudiziale, questione di legittimità costituzionale dell'art. 17, comma 3, d.lgs. 13 aprile 1999, n. 112, nel testo vigente ratione temporis, come modificato dall'art. 2, comma 3, lett. a), d.l. 3 ottobre 2006, n. 262, convertito dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, per violazione degli artt. 3, 25, 53 e 97 Cost.; dubbio prospettato perché la nuova norma, onerando il contribuente sempre e comunque dell'onere di corrispondere l'aggio esattoriale, sia in caso di pagamento tempestivo che di pagamento tardivo, in quest'ultimo caso in misura integrale (così innovando rispetto alla precedente formulazione che poneva l'aggio a carico del debitore soltanto in caso di mancato pagamento entro la scadenza della cartella di pagamento e solo in misura percentuale), introdurrebbe una misura sostanzialmente sanzionatoria o, comunque, una vera e propria nuova tassa con effetti retroattivi, in violazione dell'art. 25 Cost. oltre che dei principi di ragionevolezza e di uguaglianza ex art. 3 Cost., di capacità contributiva ex art. 53 Cost., di buon andamento della pubblica amministrazione ex art. 97 Cost. (di quest'ultimo in quanto la norma prevede la corresponsione di un aggio pari al 4,65% a fronte della mera notifica della cartella di pagamento e in assenza di qualsiasi ulteriore attività).

2. Il primo motivo di ricorso ruota poi attorno alla medesima questione denunciandosi con esso violazione e falsa applicazione dell'art. 17, comma 3, d.lgs. n. 112 del 1999, ove costituzionalmente interpretato nel senso di ritenere addebitabile l'aggio esattoriale al debitore solo in caso di inadempimento, nella specie non configurabile.

3. Con il secondo motivo il ricorrente deduce poi violazione e/o falsa applicazione dell'art. 47 d.lgs. n. 546 del 1992 in relazione alla ritenuta legittimità del recupero degli interessi maturati durante il periodo di sospensione cautelare.

Sostiene che, diversamente da quanto ritenuto dai giudici a quibus, in conseguenza della sentenza di rigetto del ricorso introduttivo e a far data dalla sua pubblicazione, l'ordinanza di sospensione cessa di produrre effetti ex nunc e non ex tunc, in linea con la natura e la funzione del procedimento cautelare.

4. La prospettata questione di costituzionalità è manifestamente infondata e va disattesa, discendendone il rigetto anche del primo motivo.

Come questa Corte ha già avuto modo di rilevare, la natura retributiva e non tributaria dell'aggio, né tantomeno sanzionatoria, esclude la pertinenza del parametro della capacità contributiva nonché degli altri invocati dalla parte e lascia alla discrezionalità del legislatore la fissazione dei criteri di quantificazione del compenso, non essendo irragionevole che una parte del compenso dell'organizzazione esattoriale sia comunque posta a carico del contribuente il quale pure abbia osservato il termine di pagamento della cartella (Cass. 28/02/2017, n. 5154).

Non può dubitarsi poi che la disciplina applicabile ratione temporis vada individuata con riferimento non già all'anno cui si riferiscono i tributi recuperati e le relative sanzioni, quanto a quello in cui ha inizio l'azione di riscossione, alla cui remunerazione sono finalizzati i compensi di che trattasi.

5. È infondato anche il secondo motivo.

A norma dell'art. 47, comma 7, d.lgs. n. 546 del 1992 «gli effetti della sospensione cessano dalla data di pubblicazione della sentenza di primo grado».

La tesi del ricorrente secondo cui tale cessazione di efficacia non può comunque comportare il recupero degli interessi decorsi durante il periodo di sospensione muove dall'implicito assunto che tale sospensione abbia comunque di per sé determinato la sterilizzazione della pretesa, con riferimento ai suoi accessori, e ciò indipendentemente dal successivo esito del giudizio di merito e dunque da ogni definitiva valutazione sulla fondatezza della stessa.

Tale premessa è priva di fondamento e risulta ascrivibile ad una lettura erronea della finalità e, conseguentemente, degli effetti della sospensione cautelare di cui alla citata norma.

Questa infatti, per la funzione cautelare e non decisoria che le è propria, non incide sull'efficacia del provvedimento impugnato, il quale conserva nelle more del giudizio i suoi effetti e la sua validità, ma esclusivamente sulla esecutività della stessa, con la sola conseguenza che, se e fin quando permane il provvedimento di sospensione, non potrà procedersi alla riscossione coattiva né dei tributi né degli interessi relativi, ma non anche che la dovutezza nel merito di questi ultimi debba ritenersi definitivamente esclusa sia pure per il solo intervallo temporale della sospensione.

È per questo che può affermarsi, secondo comune definizione, che la cessazione degli effetti della sospensione in conseguenza della sentenza di primo grado reiettiva del ricorso determina la «caducazione» o il «travolgimento» degli effetti medesimi, comportando essa la possibilità di procedere a riscossione coattiva per l'intero credito dei relativi accessori accertati nel merito in sentenza.

In tal senso questa Corte ha già affermato che qualora il ricorso del contribuente sia accolto solo parzialmente e la sentenza di merito confermi la legittimità del titolo impugnato, l'intervenuta sospensione giudiziale della riscossione di cartelle di pagamento non determina la necessità di una nuova iscrizione a ruolo per gli interessi intanto maturati sull'importo dell'imposta dovuta, fondandosi tale pretesa sul principio generale di cui all'art. 1282, primo comma, cod. civ. secondo cui i crediti liquidi ed esigibili di somme di denaro producono interessi di pieno diritto in misura del tasso legale, salvo che la legge o il titolo dispongano diversamente (Cass. 11/07/2014, n. 15970).

Nella medesima prospettiva va evidentemente letto anche il principio costantemente affermato nella giurisprudenza di questa Corte secondo cui «in tema di contenzioso tributario, non viola il diritto di difesa del contribuente il giudice che, senza ritardo, decida il merito della causa senza pronunciarsi sull'istanza di sospensione dell'atto impugnato; gli effetti della sospensione cessano infatti alla data di pubblicazione della sentenza di primo grado, sicché non è ipotizzabile alcun pregiudizio per la mancata decisione sull'istanza cautelare che, pur se favorevole, sarebbe comunque stata travolta dalla decisione di merito» (Cass. 30/10/2013, n. 24448; Cass. 09/04/2010, n. 8510).

È appena il caso di chiosare che tale irrilevanza della mancata decisione su un'istanza di sospensione cautelare non sarebbe ovviamente predicabile ove si accedesse alla tesi del ricorrente circa gli effetti sia pur limitati ma duraturi del provvedimento di sospensione, senza dire dei dubbi di illegittimità costituzionale cui si esporrebbe in tal caso la relativa disciplina nella parte in cui prevede (comma 4) la non impugnabilità dell'ordinanza.

Non può condurre a diversa conclusione l'introduzione nell'art. 47 d.lgs. n. 546 del 1992, ad opera dall'art. 9, comma 1, lett. r), num. 4), d.lgs. 24 settembre 2015, n. 156 (Misure per la revisione della disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario), di un comma 8-bis a mente del quale «durante il periodo di sospensione cautelare si applicano gli interessi al tasso previsto per la sospensione amministrativa». Tale novella, oltre a non essere applicabile alla fattispecie ratione temporis (la stessa infatti trova applicazione a decorrere dal 1 gennaio 2016, ai sensi di quanto disposto dall'art. 12, comma 1, del medesimo decreto legislativo), non può nemmeno costituire argomento per una ricostruzione della disciplina previgente nei sensi proposti dal ricorrente.

L'innovazione introdotta da tale disposizione non consiste infatti nell'aver essa previsto l'applicazione, durante il periodo di sospensione cautelare, di interessi che prima, in mancanza di espressa previsione, andavano esclusi, ma solo nell'aver parificato — per evidenti esigenze di razionalità e parità di trattamento — il tasso di interesse applicabile nel detto periodo a quello che sarebbe stato da applicare laddove, anziché di sospensione giudiziale, si fosse trattato di sospensione amministrativa, ossia disposta, ai sensi dell'art. 39 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602.

6. Il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore delle controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità liquidate, per entrambe, in euro 3.800 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito in favore dell'Agenzia delle entrate e oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed agli accessori di legge in favore di Equitalia Nord S.p.A..

Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.