Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 12 gennaio 2018, n. 640

Tributi - Rivendita auto nuove ed usate - Presunzione di cessione - Esclusione - Rapporto di intermediazione - Prova documentale - Documento di trasporto - Validità

 

Ritenuto che

 

1. Con processo verbale di constatazione, notificato il 4.8.2000, la G.d.F. di Campobasso contestava alla A.C. S.r.l. , società esercente l'attività di compravendita di auto nuove ed usate con sede in Campobasso, l'irregolare contabilizzazione di operazioni intercorse con la Concessionaria F.M. S.p.A., opposto che la contribuente aveva effettuato, dalla M. automobili, acquisiti, negli anni 1998 e 1999, senza emettere fattura. Le medesime autovetture venivano, poi, rivendute a clienti finali, con fattura rilasciata dalla M. S.p.A. laddove, per le transazioni avvenute la società A.C. s.r.l. risultava aver emesso, nei confronti della M., fatture per provvigioni al fine di simulare l'esistenza di un rapporto di intermediazione. L'Ufficio notificava per l'anno 1998 nei confronti della società un avviso di accertamento, con il quale contestava maggiori ricavi non fatturati per lire 281.841.000 e maggiori costi non regolarizzati per lire 267.014.000. La società impugnava l'atto innanzi alla CTP di Campobasso che accoglieva il ricorso, ritenendo che la consegna dei beni a terzi a titolo non traslativo potesse risultare anche dai documenti di trasporto emessi a norma dell'art. 1, comma 3, del d.P.R. n. 472 del 1996 e che, pertanto, nel caso di specie, non fosse avvenuta una vera e propria vendita, ma un rapporto di intermediazione. L'Ufficio proponeva appello innanzi alla CTR del Molise, che rigettava il gravame.

L'Agenzia delle Entrate propone ricorso per la cassazione della sentenza, svolgendo un solo motivo. La parte intimata si è costituita con controricorso, illustrato con memorie.

2. Con l'unico motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata denunciando violazione e falsa applicazione degli articoli 53, comma 1 e 3 d.P.R. n. 633 del 1972 e 1 commi 2, 4, 5, del d.P.R. n. 441 del 1997 in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., posto che la CTR avrebbe erroneamente ritenuto che il rapporto tra i due soggetti di imposta fosse di intermediazione e che, ai fini dell'applicazione delle imposte dirette e dell'IVA, non essendo avvenuta una vera e propria cessione, non vi sia stata alcuna evasione di imposta in ragione della regolare fatturazione, da parte della società venditrice (la M. S.p.A.), dell'intero prezzo di vendita ai terzi e, da parte della società acquirente (la A.C. s.r.l.), della regolare fattura per la mera provvigione. Si lamenta violazione di legge atteso che il "rapporto di rappresentanza" dovrebbe risultare da atto pubblico, scrittura privata registrata o da lettera annotata in apposito registro, in data anteriore a quella in cui è avvenuto il passaggio dei beni, e posto che la parte non aveva fornito la suddetta documentazione, la presunzione operata dall'Ufficio doveva considerarsi legittima. La CTR, inoltre, avrebbe violato l'art. 53, comma 3, del d.P.R. n. 633 del 1972 che, pur dopo le modifiche introdotte dall'art. 1 del d.P.R. n. 441 del 1997, continua ad affidare il superamento della presunzione di cessione ad una prova tipica, dovendo cioè la consegna dei beni a terzi sulla base del contratto di mandato risultare esclusivamente dal libro giornale o da altro libro tenuto ai sensi del codice o da apposito registro tenuto ai sensi dell'art. 39 del d.P.R. n. 633 del 1972.

3. Il motivo è inammissibile ed infondato, in ragione delle seguenti considerazioni.

3.1. Inammissibile, oltre che irrilevante, è la ricostruzione delle operazioni avvenute come rapporto di rappresentanza, giacché vi osta il contrario accertamento in fatto contenuto nella sentenza impugnata, in cui si illustra compiutamente il rapporto intercorso tra le due società, non aggredito da adeguato vizio di motivazione.

3.2. Il motivo è, altresì, infondato.

a) Ai sensi dell'art. 3, comma 1 e art. 1, comma 4, del d.P.R. n. 441 del 1997, la rappresentanza deve risultare da atto pubblico, da scrittura privata registrata o da lettera annotata in apposito registro, in data anteriore a quella in cui è avvenuto il passaggio dei beni, presso l'Ufficio competente in relazione al domicilio fiscale del rappresentante o del rappresentato. I beni che si trovano nel luogo o in uno dei luoghi in cui il contribuente esercita la sua attività si presumono acquistati se il contribuente non dimostra, nei casi e nei modi indicati nel primo e nel comma 2, di averli ricevuti in base ad un rapporto di rappresentanza o di lavorazione o ad uno degli altri titoli di cui al comma 1 o da atto registrato presso l'ufficio del registro. La norma secondo il consolidato orientamento di questa Corte realizza una "presunzione iuris tantum di cessione dei beni acquistati, importati o prodotti, non rinvenuti nei luoghi in cui il contribuente esercita la sua attività" (Cass. n. 5572 del 2011; Cass. n. 17638 del 2008). Più esattamente le presunzioni che essa pone "sono presunzioni legali relative, annoverabili tra quelle cosiddette miste, che consentono, cioè, la dimostrazione contraria da parte del contribuente, ma unicamente entro i limiti di oggetto e di mezzi di prova ivi prefigurati e stabiliti ad evidenti fini antielusivi (Cass. n. 2845 del 2012).

b) Ciò premesso, va chiarito che l'art. 53 del d.P.R. n. 633 del 1972, nel testo applicabile alla fattispecie ratione temporis, è stata sostituito con decorrenza dal 7.1.1998, dalle disposizioni recate dal d.P.R. n. 441 del 1997, con cui è stato approvato il regolamento recante norme per il riordino della disciplina delle presunzioni di cessione di acquisto. L'art. 53 del d.P.R. n. 633 del 1972 pone una presunzione "iuris tantum" di cessione di beni acquistati, importati o prodotti, non rinvenuti nei luoghi in cui il contribuente esercita la sua attività. Tale presunzione è superabile, ai sensi della lett.b) del comma 1 del citato articolo, se l'interessato dimostri, attraverso la documentazione indicata nel successivo comma 2, che i beni sono invece "stati consegnati a terzi in lavorazione, deposito o comodato o in dipendenza di contratti estimatori o di contratti di opera, appalto, trasporto, mandato, commissione o altro titolo non traslativo della proprietà".

c) Non sono idonei a superare la presunzione documenti provenienti esclusivamente dalle ditte consegnatarie, ma che non hanno riscontro nei documenti del contribuente cedente (Cass. n. 17636 del 2008), dovendosi dare rilievo solo a mezzo di specifiche prove documentali previste dal terzo comma, tra cui rientra, in virtù dell'art. 1 del d.P.R. n. 441 del 1997, anche il documento di trasporto di cui all'art. 1, comma 3, d.P.R. n. 472 del 1996, (Cass. n. 26477 del 2014).

d) La disposizione di cui all'art. 1 del d.P.R. n. 441 del 1997 ha valenza integrativa e ricognitiva della previgente disciplina dettata dall'art. 53 del d.P.R. n. 633 del 1972 (Cass. n. 16838 del 2006). Il documento di trasporto è stato introdotto a seguito dell'abolizione della bolla di accompagnamento come previsto dall'entrata in vigore della normativa comunitaria (Sesta direttiva IVA, Direttiva 77/338/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sul fatturato) che aveva di fatto esonerato dall'obbligo di emissione della bolla i trasporti tra gli Stati membri dell'Unione europea. Il documento di trasporto permette di vincere la presunzione di cui all'art. 53 del d.P.R. n. 633 del 1972. Il quadro normativo è stato sul punto innovato dal d.P.R. 14 agosto 1996, n. 472 che, nell'esercizio della potestà regolamentare conferita dalla I. 30 dicembre 1995, n. 549, art. 3, comma 147, lett. d) per provvedere alla soppressione dell'obbligo della bolla di accompagnamento delle merci viaggianti, al terzo comma dell'art. 1, dopo aver riepilogato le caratteristiche di contenuto del nuovo documento di trasporto previsto in caso di fatturazione differita dal d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 21, comma 4, terzo periodo, lett. a) "il documento previsto dal d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 21, comma 4, terzo periodo, lett. d) contiene l'indicazione della data, delle generalità del cedente, del cessionario e dell'eventuale incaricato del trasporto, nonché la descrizione della natura, della qualità e della quantità dei beni ceduti".

Nella fattispecie, la società contribuente ha provveduto a mezzo di documenti di trasporto, a superare le presunzioni di cessione e di acquisto, poste dall'art. 53 cit., entro i limiti di oggetto e di mezzi di prova ivi prefigurati e stabiliti ad evidenti fini antielusivi (Cass. n. 17210 del 2006; Cass. n. 1976 del 2015).

4. La CTR si è uniformata ai suddetti principi non ravvisando alcuna violazione delle disposizioni normative di cui all'art. 1 del d.P.R. n. 441 del 1997 e all'art. 53 del d.P.R. n. 633 del 1972, e precisando che "la società M. S.p.A. a fronte delle vendite di autovetture a terzi acquirenti emetteva regolari fatture contenenti i dati identificativi delle autovetture de quibus pienamente corrispondenti a quelli indicati nei documenti di trasporto delle stesse". Ne consegue che nessuna censura può essere espressa nei confronti della sentenza impugnata.

5. Il ricorso va dunque respinto. Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo, con distrazione a favore del difensore, che si dichiara antistatario.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che liquida in complessivi euro 5.600,00 per compensi, oltre spese forfetarie ed accessori di legge, con distrazione a favore del difensore ai sensi dell'art. 93 c.p.c..