Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 14 dicembre 2017, n. 30090

Conto assicurativo trasmesso dall'Inps - Erroneo contenuto - Risarcimento dei danni - Vizio di violazione di legge sindacabile in Cassazione - Erronea interpretazione della norma di legge o sussunzione del fatto accertato entro di essa - Allegazione di un'erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa - Ricorso inammissibile

Fatti di causa

Con sentenza depositata il 23.3.2012, la Corte d'appello di Venezia confermava la statuizione di primo grado che aveva rigettato la domanda di C.R. volta al risarcimento dei danni patiti in conseguenza di un errore nel contenuto dell'estratto conto assicurativo trasmessogli dall'INPS.

La Corte, in particolare, riteneva che l'estratto conto in questione, contenendo l'indicazione dettagliata dei periodi di tempo in cui vi era stata una doppia contribuzione riferita alla medesima attività, presentasse in sé tutti gli elementi per verificare quali e quanti contributi fossero utilizzabili per l'accesso alla pensione, onde nessun addebito poteva l'assicurato muovere all'INPS.

Ricorre contro tale statuizione C.R., con un unico motivo.

L'INPS resiste con controricorso.

 

Ragioni della decisione

 

Con l'unico motivo di censura, parte ricorrente si duole di violazione e falsa applicazione degli artt. 1175, 1176, 1218, 1227, 2043, 1469-bis e segg. c.c., degli artt. 38, I. n. 153/1969, 1, d.l. 352/1978, 54, I. n. 88/1989, 5, d.P.R. n. 488/1968, e del d.m. 5.2.1969, nonché di vizio di motivazione, per avere la Corte di merito ritenuto che l'avvertenza contenuta nell'estratto conto assicurativo, secondo cui «il numero dei contributi è soggetto a variazione», riguardasse l'intero contenuto del documento e non invece i contributi da lavoro agricolo dipendente, che non avevano alcun rilievo nel caso di specie.

Il motivo è inammissibile.

Circa le dedotte violazioni di legge, va premesso che questa Corte ha ormai consolidato il principio secondo cui il vizio di violazione di legge consiste in un'erronea ricognizione della norma recata da una disposizione di legge da parte del provvedimento impugnato, riconducibile o ad un'erronea interpretazione della medesima ovvero nell'erronea sussunzione del fatto così come accertato entro di essa, e non va confuso con l'allegazione di un'erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, che è esterna all'esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura in sede di legittimità era possibile, ratione temporis, solo sotto l'aspetto del vizio di motivazione (cfr. fra le più recenti Cass. nn. 15499 del 2004, 18782 del 2005, 5076 e 22348 del 2007, 7394 del 2010, 8315 del 2013).

Ciò posto, va rilevato come, nella specie, le doglianze proposte da parte ricorrente incorrano precisamente nella confusione dianzi chiarita, dal momento che, pur essendo formulate con riferimento a una presunta violazione o falsa applicazione delle disposizioni citate nella rubrica del motivo, hanno in realtà di mira il giudizio (di fatto) compiuto dalla Corte di merito circa la insussistenza dei presupposti per la loro applicazione, onde la censura va considerata inammissibile.

Circa la doglianza di vizio di motivazione, ne va invece rilevata l'estraneità al decisum.

La Corte territoriale, infatti, ha rigettato la domanda sul presupposto che l'estratto conto contenesse l'indicazione dettagliata dei periodi temporali in cui «vi era stata una doppia contribuzione [...] non considerabile ai fini del riconoscimento del trattamento pensionistico» e che dunque il documento «presentava in sé tutti gli elementi per verificare la reale portata ai fini della valutazione di utilizzabilità dei contributi per l'accesso alla pensione» (così la sentenza impugnata, pag. 5), di talché l'affermazione censurata e concernente la clausola riportata nel documento, indipendentemente dalla questione concernente la sua riferibilità ai soli contributi agricoli (come sostenuto da parte ricorrente) o al compendio dei contributi oggetto della certificazione (come ritenuto dai giudici di merito), è da considerarsi ad colorandum di un accertamento di fatto che non ha formato oggetto di specifica doglianza. Conseguentemente, non può che darsi continuità al principio secondo cui la proposizione con il ricorso per cassazione di censure prive di specifica attinenza al decisum della sentenza impugnata comporta l'inammissibilità del motivo di ricorso, non potendo quest'ultimo essere configurato quale impugnazione rispettosa del canone di cui all'art. 366 n. 4 c.p.c. (Cass. n. 17125 del 2007; nello stesso senso, più recentemente, Cass. nn. 11637 del 2016 e 24765 del 2017). Il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in € 2.200,00, di cui € 2.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.