Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 30 novembre 2017, n. 28791

Soppressione della sede - Trasferimento del dipendente - Rifiuto - Licenziamento per giusta causa - Controllo giurisdizionale delle comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive - Corrispondenza tra il provvedimento adottato dal datore di lavoro e le finalità tipiche dell'impresa - Merito della scelta operata dall'imprenditore - Insindacabilità - Carattere dell'inevitabilità - Trasferimento quale una delle possibili scelte - Sufficienza

 

Fatti di causa

 

1. Con la sentenza n. 566/2011 la Corte di appello di Potenza, in riforma della pronuncia n. 2242/2010 emessa dal Tribunale della stessa città, ha dichiarato illegittimo il trasferimento disposto con nota del 23.11.2005 da V. O. nei confronti di C. De A. nonché il conseguente licenziamento intimato in data 12.1.2006, con ordine al datore di lavoro di reintegrare il dipendente nel posto di lavoro e nelle mansioni svolte o altre equivalenti e rinviando nel prosieguo la determinazione dell'ammontare dei danni; ha, poi, respinto la domanda di superiore inquadramento nel settimo livello quadro, a decorrere dall'1.7.2000 azionata dal De A..

2. A fondamento della decisione la Corte territoriale ha rilevato che: 1) il trasferimento del D. A. a Pozzuoli, per la soppressione dell'unità di appartenenza del lavoratore sita in Potenza, era illegittimo perché il datore di lavoro non si era comportato secondo buona fede e correttezza nella gestione delle conseguenze che erano derivate da detta soppressione; 2) era, pertanto, legittimo il rifiuto del lavoratore a recarsi nella nuove sede e privo di giusta causa il successivo licenziamento; 3) dalle risultanze processuali non erano emerse circostanze valide per ritenere corretto l'inquadramento richiesto dal dipendente nel settimo livello quadro, non risultando, peraltro, rilevante, il fatto che altri suoi colleghi, con gli stessi compiti, fossero inquadrati appunto in detto livello.

3. Avverso questa decisione ha proposto ricorso per cassazione la V. O. N.V. affidato a sei motivi.

4. Ha resistito con controricorso C. De A. il quale ha presentato ricorso incidentale, sia autonomo che condizionato, cui a sua volta ha resistito la società la quale ha depositato anche memoria ex art. 378 c.p.c.

 

Ragioni della decisione

 

1. Con il primo motivo del ricorso principale la società lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2103 cc e 2697 cc nonché l'omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 comma 1 n. 3 e n. 5 c.p.c.) in relazione alla sussistenza delle comprovate ragioni oggettive sottese al trasferimento. Sostiene che la Corte territoriale, pur avendo riconosciuto la esistenza delle circostanze che avevano determinato il trasferimento del D. A. (soppressione della sede di Potenza funzionale alla migliore organizzazione produttiva), aveva poi ampliato in modo del tutto arbitrario il contenuto dell'obbligo di giustificazione causale di all'art. 2103 cc fino a ricomprendervi vincoli datoriali che esulavano dal contenuto dispositivo della norma.

2. Con il secondo motivo la ricorrente principale censura la violazione e falsa applicazione degli artt. 2103, 1175, 1176, 1375 cc e dell'art. 25 CCNL Telecomunicazioni nonché l'omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 comma 1 n. 3 e n. 5 c.p.c.): in particolare sul rispetto dei principi di correttezza e buona fede nell'esercizio del potere datoriale direttivo. Deduce che, da una serie di circostanze evidenziate dagli stessi giudici del merito (molteplicità di offerte sottoposte al dipendente; distanza che non determinava uno sradicamento dal contesto di vita personale e familiare; importanza del ruolo professionale che il dipendente avrebbe ricoperto in Pozzuoli) il provvedimento di trasferimento si era profilato come extrema ratio; né avrebbe potuto rilevare l'offerta di un incentivo all'esodo, perché non era finalizzato alla volontà della società di evitare la decisione di licenziare il dipendente, come erroneamente sottolineato nella gravata sentenza, o al patto del demansionamento oppure, infine, ad offrire un nebuloso incarico al De A. in Pozzuoli in quanto anche tali eventi erano stati interpretati non nel loro effettivo significato; infine, sottolinea la erronea ritenuta violazione dell'art. 25 del CCNL Telecomunicazioni del 28.6.2000 perché nella relativa valutazione la Corte territoriale aveva sovrapposto due istituti del tutto diversi: il trasferimento ed il licenziamento.

3. Con il terzo motivo la società denuncia l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c.): in particolare il vizio di motivazione della sentenza nella parte in cui ha ritenuto <incontestabilmente non rispettato> il periodo di preavviso contrattuale e del tutto sfornita di prova la dedotta circostanza della comunicazione del trasferimento in data 23.11.2005.

4. Con il quarto motivo la V. O. N.V. si duole della violazione e falsa applicazione dell'art. 1460 comma 1 cc (art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.) e, precisamente, della non riconducibilità del rifiuto opposto dall'Arch. De A. al legittimo esercizio di un'eccezione di inadempimento, essendo detto comportamento qualificabile solo ed unicamente come inadempimento contrattuale, concludendo circa la possibilità di decidere, in caso di accoglimento della censura, il merito della causa ai sensi dell'art. 384 comma 2 c.p.c.

5. Con il quinto motivo si censura l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c.) sulla contrarietà a buona fede del rifiuto del dipendente ad adempiere al provvedimento di trasferimento.

6. Con il sesto motivo, in via gradata, la società lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2119 cc e 3 legge n. 604/1966 (art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.) in ordine alla questione sulla convertibilità in sede giudiziale del licenziamento per giusta causa in licenziamento per giustificato motivo oggettivo, riproposta in secondo grado, ritenuta estranea dalla Corte distrettuale perché la contestazione del licenziamento per giusta causa aveva cristallizzato il thema decidendum.

7. Con l'unico motivo del ricorso incidentale condizionato il D. A. denunzia, ai sensi dell'art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 cc, la violazione degli artt. 115, 437 comma 2 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1324, 1345 e 1418 nonché 1175 e 1375 cc; l'omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione circa fatti controversi e decisivi in relazione alle prove documentali introdotte nel giudizio e alle escluse ragioni ritorsive dei provvedimenti datoriali impugnati, per avere la Corte di appello ritenuta non dimostrata alcuna volontà ritorsiva della società, pur avendo affermato che la decisione di trasferire il dipendente appariva mirata alla espulsione di quest'ultimo e per non essere state valutate le risultanze sulla insussistenza e non effettività delle addotte ragioni di riorganizzazione.

8. Con il ricorso incidentale autonomo si duole, ai sensi dell'art. 360 comma 1 n. 3 e n. 5 c.p.c., della violazione e falsa applicazione dell'art. 2103 cc, dell'art. 115 c.p.c., dell'art. 2 comma 1 legge n. 190/1985 e dell'art. 23 CCNL per le imprese esercenti servizi di telecomunicazioni, per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione alla omessa valutazione di risultanze documentali e alla esclusione della sussistenza del diritto al superiore inquadramento professionale e retributivo, non riconosciuto dalla Corte di appello di Potenza che inspiegabilmente ed illogicamente aveva pretermesso l'esame dei documenti prodotti.

9. I primi due motivi del ricorso principale, che per la loro connessione vengono esaminati congiuntamente, sono fondati nei limiti delle ragioni di seguito esposte.

10. Infatti, è principio consolidato di questa Corte (cfr. tra le altre Cass. 2.3.2011 n. 5099; Cass. 30.5.2016 n. 11126) quello secondo cui il controllo giurisdizionale delle comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive che legittimano il trasferimento del lavoratore subordinato deve essere diretto ad accertare che vi sia corrispondenza tra il provvedimento adottato dal datore di lavoro e le finalità tipiche dell'impresa e non può essere dilatato fino a comprendere il merito della scelta operata dall'imprenditore; quest'ultima, poi, non deve presentare necessariamente i caratteri dell'inevitabilità, essendo sufficiente che il trasferimento concreti una delle possibili scelte, tutte ragionevoli, che il datore di lavoro può adottare sul piano tecnico, organizzativo e produttivo.

11. La sentenza impugnata non è aderente a tali principi.

12. Il datore di lavoro ha dimostrato la soppressione della sede di Potenza, posta a base del trasferimento, mentre la Corte di merito, nel ritenere illegittimo il trasferimento (e conseguentemente il licenziamento) è ricorsa ad argomenti (come la comparazione delle diverse posizioni lavorative dei dipendenti con il ruolo di supervisor nelle tre sedi coinvolte e il mancato riscontro alle richieste di delucidazione del dipendente sulle funzioni che sarebbe andato a svolgere nella sede di Pozzuoli) che vanno a sindacare le scelte organizzative dell'imprenditore.

13. Né è ravvisabile la violazione dei doveri di correttezza e buona fede essendo stato comunque il trasferimento preceduto da una fase di confronto, costituito da numerosi colloqui intercorsi con il De A., il cui contenuto, attenendo ai criteri di opportunità dell'operato dell'azienda, non è sindacabile dal giudice di merito.

14. Da ultimo va rimarcato, in ordine alla asserita violazione dell'art. 25 CCNL Telecomunicazioni del 28.6.2000 e alla legittimità del comportamento delle parti, il principio giurisprudenziale in virtù del quale il trasferimento del lavoratore presso altra sede, giustificato da oggettive esigenze organizzative aziendali, consente al medesimo di chiederne giudizialmente l'accertamento di legittimità, ma non lo autorizza a rifiutarsi aprioristicamente, senza un eventuale avallo giudiziario (conseguibile anche in via di urgenza) di eseguire la prestazione lavorativa richiesta, in quanto egli è tenuto ad osservare le disposizioni impartite dall'imprenditore, ex art. 2086 e 2104 cc, e può legittimamente invocare l'eccezione di inadempimento, ex art. 1460 cc, solo in caso di totale inadempimento dell'altra parte (cfr. Cass. 26.9.2016 n. 18866).

15. L'accoglimento dei primi due motivi, nei termini sopra esposti, assorbe l'esame delle altre doglianze di cui al ricorso principale.

16. Vanno, invece, respinti sia il ricorso incidentale condizionato che quello autonomo perché i vizi denunciati tendono essenzialmente a contestare una difformità dell'apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, quando, invece, spetta solo a detto giudice individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne la attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all'uno o all'altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge in cui un valore legale è assegnato dalla legge (cfr. tra le altre Cass. 23.12.2009 n. 27162; Cass. 6.3.2008 n. 6064).

17. L'applicazione del principio enunciato rende prive di fondamento tutte le censure contenute nei motivi relative alle valutazioni dei fatti e alle argomentazioni di merito.

18. Le asserite violazioni di legge sono, invece, inammissibili perché le stesse presuppongono la mediazione di una ricostruzione del fatto incontestata che, nella fattispecie in esame, non ricorre sulla sussistenza del diritto al superiore inquadramento o sulla natura ritorsiva del licenziamento.

19. Quanto, poi, alla denunziata omissione e contraddittorietà della motivazione della gravata sentenza (proprio con riguardo alla natura ritorsiva del recesso) nella parte in cui, da un lato, era stata ritenuta la violazione del termine del preavviso nonché la violazione dei principi di correttezza e buona fede e, dall'altro, si era negato l'intento persecutorio e punitivo, deve evidenziarsi che la Corte distrettuale, con valutazione insindacabile perché congrua e corretta, ha differenziato i due piani dell'indagine: quello della esistenza della giusta causa, il cui onere probatorio era in capo al datore di lavoro, e quello della dimostrazione dell'intento ritorsivo, incombente invece sul lavoratore, in ordine alla illiceità del motivo unico e determinante il recesso, e in ordine a tale punto, ha ritenuto che la prova non fosse stata raggiunta.

20. Non si verte, pertanto, né in una ipotesi di omessa motivazione, che sussiste quando nel ragionamento del giudice del merito sia riscontrabile il mancato e deficiente esame di punti decisivi della controversia, né di contraddittoria motivazione, che presuppone che le ragioni poste a fondamento della decisione risultino sostanzialmente contrastanti in guisa da elidersi a vicenda e da non consentire l'individuazione della ratio decidendi.

21. Non sono, infine, fondate neanche le doglianze riguardanti la mancata acquisizione, da parte della Corte di merito, dei documenti nuovi prospettati dal De A. nel giudizio di appello.

22. Il rigetto del giudice di merito non è, infatti, sindacabile in cassazione perché, trattandosi di strumento istruttorio residuale utilizzabile solo quando la prova del fatto non sia acquisibile aliunde e l'iniziativa non presenti finalità esplorative, la valutazione della relativa indispensabilità è rimessa al potere discrezionale dello stesso giudice e non necessita neppure di essere esplicitato nella motivazione il mancato esercizio di tale potere, non essendo sindacabile neppure sotto il profilo del difetto di motivazione (Cass. 16.11.2010 n. 23120; Cass. 25.10.2013 n. 24188).

23. Alla stregua di quanto esposto, vanno accolti i primi due motivi del ricorso principale, assorbiti gli altri e rigettato il ricorso incidentale sia condizionato che autonomo; la sentenza gravata deve essere cassata in relazione ai motivi accolti e rinviata alla Corte di appello di Potenza, in diversa composizione, che procederà a nuovo esame, attenendosi ai principi enunciati e provvedendo, altresì, alle spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie i primi due motivi del ricorso principale, assorbiti gli altri e rigettato il ricorso incidentale sia condizionato che autonomo; cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di Potenza in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.