Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 26 luglio 2017, n. 18435

Cessione licenza taxi - Corrispettivo - Tassazione

 

Ritenuto in fatto

 

O.L. impugnava l'avviso di accertamento RCT 050500218 IRPEF 2004 notificato il 22 marzo 2007 con il quale la Agenzia delle Entrate recuperava a tassazione per l'anno 2004 la somma di € 125.979 quale presunto corrispettivo della cessione di una licenza taxi rilasciata dal Comune di Roma.

La CTP di Viterbo accoglieva il ricorso ritenendo che il mero trasferimento della licenza non configurasse cessione di azienda e che, comunque, la quantificazione presuntiva del prezzo di tale cessione fosse erronea.

La CTR di Roma con la sentenza 276/01/11 l'8 marzo 2011 accoglieva l'appello della Agenzia delle Entrate ritenendo di dover far riferimento alla disciplina del servizio taxi della legge 21/92 e che «è un dato di comune esperienza che la cessione di licenza taxi avvenga a titolo oneroso», circostanza nel caso specifico confermata da un documento del contribuente che provava l'acquisto della licenza nel 1993 per lire 150 milioni. Ciò legittimava la presunzione che nel 2004 la cessione fosse avvenuta a titolo oneroso nel 2004. Riduceva, però, di un terzo il reddito quale accertato dall'Agenzia delle Entrate, tenuto conto del costo iniziale sostenuto dal contribuente e dell'ammortamento nel corso degli anni.

O. ricorre contro tale decisione con tre motivi:

1. Violazione e falsa applicazione dell'art. 7 comma 1 I. 212/2000 in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., con conseguente nullità dell'avviso di accertamento; l'atto di accertamento conteneva soltanto il richiamo alla segnalazione della Direzione Regionale Lazio dell'11 ottobre 2006, prot. 69488. Quest'ultima riferiva l'avvenuta cessione della licenza taxi n. 3874 nell'anno 2004 da parte del ricorrente. Tale atto né risultava allegato inizialmente né era poi stato prodotto in giudizio.

In tal modo la motivazione dell'avviso di accertamento non era idonea a consentire la difesa del ricorrente.

2. Violazione e falsa applicazione dell'art. 67 comma I lett. H bis del TUIR, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c.; non vi è stata alcuna cessione di azienda in quanto il ricorrente era lavoratore dipendente della società cooperativa S. a responsabilità limitata. Quindi non vi era reddito da cessione di azienda e la relativa plusvalenza tassabile ex art. 67 comma 1 lett. h bis Tuir.

3. Omessa ovvero insufficiente o contraddittoria motivazione relativa all'utilizzabilità del metodo induttivo per la determinazione del reddito, in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c .

Non è corretto utilizzare una mera presunzione di onerosità della cessione senza individuare alcun elemento concreto riferibile ai movimenti economici della parte.

La Agenzia delle Entrate resiste deducendo che, a fronte della cessione della licenza nel 2004 senza alcuna dichiarazione ai fini delle imposte dirette,

- Era regolare l'accertamento, che aveva fatto seguito ad un invito al contribuente a rendere chiarimenti, essendovi in esso una adeguata motivazione per consentire la difesa;

- la legge 21/1992 consente il trasferimento della licenza a titolo oneroso che, quindi, costituisce reddito;

- il licenziatario taxi rientra nell'elenco di cui all'art. 6 TUIR secondo cui «i titolari di licenza per l'esercizio del servizio possono essere iscritti, nella qualità di titolari di impresa artigiana di trasporto, all'albo delle imprese artigiane»;

- è un fatto di comune esperienza che la cessione avvenga di norma a titolo oneroso e si è fatto riferimento ad uno studio di mercato specifico per determinare il valore. Peraltro il costo della licenza era pienamente ammortizzato al momento della cessione.

 

Considerato in diritto

 

Il ricorso è infondato.

E' infondato il primo motivo, relativo al non essere stata portata a conoscenza del ricorrente con l'atto di accertamento la nota della D.R. Lazio che segnava l'anomalia della cessione di licenza senza corrispondente dichiarazione, sia perché non risulta contestato che l'atto fosse stato portato a conoscenza con l'invito a fornire chiarimenti, sia, e soprattutto, perché le difese svolte in sede di contenzioso dimostrano che la parte aveva potuto comprendere che era in contestazione un dato acquisito dalla citata nota. Quindi la motivazione degli atti dell'amministrazione era adeguata e non vi è stata alcuna limitazione alla concreta possibilità di difesa.

E' infondato il secondo motivo, in quanto non risulta affatto dimostrato il presupposto che il ricorrente, pur titolare di licenza di taxi, fosse un «dipendente».

La partecipazione ad una cooperativa non è, difatti, dato significativo di per sé del trattarsi di lavoro subordinato essendo, da solo, un elemento ambiguo, né il ricorrente, a ciò onerato, risulta avere offerto nella fase di merito, o nella presente nei limiti in cui è consentito, elementi in fatto a sostegno che così andasse qualificato il suo rapporto con la cooperativa. Peraltro è ragionevole presumere il contrario di quanto semplicemente affermato dal contribuente, ovvero che, come risultante in analoghe vicende di fatto, (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 22112 del 16/10/2006; Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 23327de1 2010), la cooperativa di tassisti in questione corrisponda al comune caso di cooperativa tra imprenditori per la gestione di servizi comuni (tipici quelli di istituzione di centrali comuni di chiamata tipo "radiotaxi".

Si è anche affermato, comunque, (Sez. 5, Sentenza n. 7883 del 20/04/2016 (Rv. 639438 - 01) che il corrispettivo per la cessione di licenza di taxi non presenta alcun collegamento con l'eventuale rapporto di lavoro tra il cedente e la società cooperativa, la quale resta estranea alla vendita.

Il terzo motivo è manifestamente infondato poiché la «presunzione di onerosità della cessione», appunto in quanto presunzione, non ha necessità di prova degli effettivi movimenti economici. La parte, difatti, afferma quale "regola" la necessità di prove in ordine alla «realtà economica del contribuente», senza, invece, contestare la modalità con la quale in concreto l'Agenzia delle Entrate ha determinato il valore della licenza, ovvero uno studio analitico rispetto al quale, del resto, la CTR ha disposto una riduzione prudenziale.

Le spese vanno compensate in considerazione dell'esservi state decisioni contrastanti in fase di merito.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e compensa le spese.