Non è soggetto ad IRAP il ragioniere con lo studio in locazione

Per il ragioniere che lavora da solo con un computer e normali macchine da ufficio, la circostanza che paga un canone di locazione per il godimento dei locali dove esercita materialmente la professione è irrilevante ai fini della soggezione all'IRAP (CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 28 giugno 2017, n. 16072)

 

L'Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, sulla base di due motivi, nei confronti della sentenza della CTR della Toscana che, rigettandone l'appello, ha riconosciuto al ragioniere il diritto al rimborso dell'IRAP.
Secondo il giudice d'appello, essendo la contribuente un ragioniere che lavorava da sola con un computer e normali macchine da ufficio, la circostanza che pagasse un canone di locazione per il godimento dei locali dove esercitava materialmente la professione è irrilevante ai fini della soggezione all'IRAP, non aggiungendo al risultato ottenuto alcun vantaggio ulteriore rispetto alla situazione in cui la stessa contribuente utilizzasse uno studio con analoghe caratteristiche (60 mq. di superficie). La locazione, infatti ,non può ritenersi un discrimine del presupposto richiesto dalla legge per applicare l'IRAP, giacché, normalmente, chiunque svolga l'attività di ragioniere deve disporre di uno studio dove tenere la contabilità, ricevere i clienti e la corrispondenza.
L'Amministrazione finanziaria ricorrente, invece, ritiene che non possa escludersi l'autonoma organizzazione quando il professionista si avvalga di uno studio, sia esso allocato in un immobile di proprietà, sia esso condotto in locazione o altro titolo e che la sentenza impugnata si sia soffermata ad analizzare solo un aspetto della controversia, vale a dire la presenza di uno studio, trascurando di esaminare gli ulteriori elementi contabili che l'ufficio aveva evidenziato a riprova del presupposto di imposta.
Per la suprema Corte queste motivazioni sono infondate, pertanto il ricorso va rigettato.
Per la Cassazione la ratio decidendi della sentenza impugnata è conforme al consolidato principio affermato da questa Corte in materia, secondo cui, a norma del combinato disposto degli artt. 2, comma 1, primo periodo, e 3, comma 1, lettera c), del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, l'esercizio delle attività di lavoro autonomo di cui all'art. 49, comma primo, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, è escluso dall'applicazione dell'imposta soltanto qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata. L'uso di uno studio non è di per sé indice dell'esistenza di autonoma organizzazione, costituisce infatti oggetto dell'accertamento di fatto del giudice di merito che nella specie è stato compiuto in modo logicamente coerente ed immune da vizi, senza trascurare il profilo delle dimensioni e delle caratteristiche dello studio, poste in relazione al normale svolgimento di quella specifica attività la verifica della "eccedenza" del bene strumentale rispetto al "minimo indispensabile per l'esercizio di attività in assenza di organizzazione".
Già in passato si è avuto modo di osservare che in tema di IRAP, la locazione di uno studio, da parte di un avvocato, l'utilizzazione di software per il collegamento ad una banca dati, la formazione di un archivio, non costituiscono elementi idonei a configurare la sussistenza dei presupposti impositivi, poiché detti elementi, quali che siano il loro valore o le loro caratteristiche, rientrano nelle attrezzature usuali, o che dovrebbero essere usuali, per il suddetto professionista e, con riguardo ad altro ambito professionale, che la disponibilità, da parte dei medici di base, di strumenti di diagnosi, per quanto complessi e costosi, non è idonea a configurare la sussistenza dei presupposti impositivi, poiché detti strumenti, quali che siano il loro valore o le loro caratteristiche, rientrano nelle attrezzature usuali, o che dovrebbero essere usuali, per i precisati professionisti, in quanto agli stessi si chiede di svolgere una funzione di "primo impatto" a difesa della salute pubblica.