Prassi - AGENZIA DELLE ENTRATE - Risoluzione 26 luglio 2017, n. 98/E

Interpello art. 11, comma 1, lett. c), della legge 27 luglio 2000, n. 212 - Scissione finalizzata all’assegnazione di beni ai soci ex art. 1, commi 115-120, della legge n. 208/2015

 

Con l’interpello specificato in oggetto è stato esposto il seguente

 

Quesito

 

La società X di Y e c. s.a.s. (di seguito, la Società o l'istante), avente ad oggetto l'attività di locazione immobiliare di beni propri, chiede il parere della scrivente in ordine all'eventuale abusività, ai sensi dell'art. 10 bis della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei Diritti del Contribuente), di un'operazione di scissione parziale asimmetrica non proporzionale, finalizzata all'assegnazione agevolata di beni immobili, ex art. 1, commi 115-120, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, ai soli soci che riceveranno partecipazioni nella società scissa.

La Società evidenzia che:

- è proprietaria esclusivamente di uno stabile di civile abitazione, composto da unità immobiliari locate a "canone convenzionato" ai soci o loro familiari;

- è in regime di contabilità ordinaria;

- la maggioranza dei soci ha manifestato la volontà di procedere all'assegnazione agevolata di beni immobili ai sensi dell'art. 1, commi 115-120, della legge n. 208/2015;

- non dispone dei mezzi finanziari sufficienti per pagare le imposte relative alla citata legge;

- due soci si sono dichiarati contrari all'assegnazione dei beni, data l'onerosità dell'operazione sia per la Società che per i soci;

- i soci intendono addivenire, comunque, all'assegnazione degli immobili alla maggioranza di loro, dichiaratasi favorevole all'operazione.

Pertanto, è intendimento della società istante porre in essere una scissione parziale asimmetrica non proporzionale in cui le quote della società beneficiaria - da costituire ex novo in forma di società in accomandita semplice - saranno attribuite esclusivamente ai due soci della società scindenda, che non concordano con l'assegnazione agevolata, mentre agli altri soci (favorevoli all'assegnazione agevolata) saranno attribuite solo quote della società scissa.

Alla società beneficiaria della scissione saranno assegnati immobili allo stesso valore fiscale in essere presso la società scindenda e la riserva da rivalutazione di riferimento.

In seguito alla scissione, avverrà l'assegnazione agevolata di beni immobili ex art. 1, commi 115-120, della legge n. 208/2015, in favore dei soci della società scissa ai quali gli immobili medesimi sono attualmente concessi in locazione.

Contestualmente all'assegnazione agevolata, la società scissa sarà posta in scioglimento e liquidazione.

La società beneficiaria continuerà nell'attività di gestione degli immobili ricevuti in occasione della scissione, con le stesse modalità e sulla base dei contratti di locazione attualmente in vigore.

E' inoltre precisato che l'assegnazione delle partecipazioni sarà effettuata secondo un rapporto di cambio congruo, non provocando un arricchimento o un impoverimento di alcuni soci; non si verificherà, pertanto, alcun trasferimento di ricchezza tra i soci interessati.

Tanto premesso, l'istante chiede l'interpretazione della scrivente in ordine all'applicabilità delle agevolazioni previste dall'art. 1, commi 115-120, della legge n. 208/2015, per l'assegnazione di beni ai soci nel caso prospettato, caratterizzato dal perfezionamento di una scissione parziale asimmetrica non proporzionale preordinata all'assegnazione agevolata di immobili sociali ad alcuni soltanto dei soci (non a tutti) e, segnatamente, a coloro che riceveranno partecipazioni esclusivamente nella società scissa.

 

Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente

 

A parere dell'istante, la descritta operazione di scissione funzionale all'assegnazione agevolata di beni immobili ad alcuni soltanto dei soci, non risulta abusiva ai sensi dell'art. 10 bis della legge n. 212/2000, in quanto:

- non è finalizzata alla realizzazione di un vantaggio fiscale indebito;

- presta formale osservanza alle norme fiscali;

- non è priva di sostanza economica, atteso che consente la fuoriuscita dal perimetro della società scindenda di una parte degli immobili, con l'assegnazione dei medesimi ad alcuni soci, in linea con le finalità della legge n. 208/2015;

- non comporta la violazione di alcuna disposizione di legge, né di obblighi e divieti previsti dall'ordinamento tributario.

Infatti, per quanto riguarda la società scissa, l'assegnazione agevolata degli immobili ai soci avverrebbe nelle stesse condizioni e con gli stessi oneri tributari applicabili al caso in cui l'assegnazione medesima non fosse stata preceduta dalla scissione, ovvero con il pagamento:

- dell'imposta sostitutiva dell'8 per cento sulla plusvalenza pari alla differenza tra il valore della rendita catastale rivalutata degli immobili oggetto di assegnazione, e il valore fiscale dei medesimi;

- dell'imposta sostitutiva del 13 cento sulla riserva da rivalutazione.

Per quanto concerne la società beneficiaria, la stessa subentra nella situazione tributaria attualmente riferibile alla società scindenda, sia con riferimento alla tassazione delle plusvalenze sugli immobili pervenuti a seguito della scissione, i quali sarebbero assegnati allo stesso valore fiscale in essere presso la società scindenda, sia con riguardo alla tassazione della riserva da rivalutazione relativa agli immobili attribuiti.

 

Parere dell’agenzia delle entrate

 

Secondo il disposto del comma 1, articolo 10-bis della legge 27 luglio 2000, n. 212, e successive modificazioni, recante la "Disciplina dell'abuso del diritto o elusione fiscale", affinché un'operazione possa essere considerata abusiva l'Amministrazione Finanziaria deve identificare e provare il congiunto verificarsi di tre presupposti costitutivi:

a) la realizzazione di un vantaggio fiscale "indebito", costituito da "benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell'ordinamento tributario";

b) l'assenza di "sostanza economica" dell'operazione o delle operazioni poste in essere consistenti in "fatti, atti e contratti, anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali";

c) l'essenzialità del conseguimento di un "vantaggio fiscale".

L’assenza di uno dei tre presupposti costitutivi dell'abuso determina un giudizio di assenza di abusività.

Attraverso il successivo comma 3, il legislatore ha chiarito espressamente che non possono comunque considerarsi abusive quelle operazioni che, pur presentando i tre elementi sopra indicati, sono giustificate da valide ragioni extrafiscali non marginali (anche di ordine organizzativo o gestionale che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell'impresa o dell'attività professionale).

Per richiedere il parere dell'Agenzia in ordine all'abusività di una determinata operazione o fattispecie, le istanze di interpello, come specificato con la Circolare n. 9/E dell'1 aprile 2016, debbono - fra l'altro - indicare:

- il settore impositivo rispetto al quale l'operazione pone il dubbio applicativo; - le puntuali norme di riferimento, comprese quelle passibili di una contestazione in termini di abuso del diritto con riferimento all'operazione prospettata.

Tutto ciò premesso, di seguito si procederà, per i separati comparti impositivi rispetto ai quali l'istante ha posto il dubbio, alla verifica della possibilità di effettuare la valutazione anti abuso richiesta e, in caso affermativo, alla verifica dell'esistenza del primo elemento costitutivo - l'indebito vantaggio fiscale - in assenza del quale l'analisi antiabusiva si deve intendere terminata.

Diversamente, al riscontro della presenza di un indebito vantaggio, si proseguirà nell'analisi della sussistenza degli ulteriori elementi costitutivi (assenza di sostanza economica e essenzialità del vantaggio indebito).

Infine, solo qualora si dovesse riscontrare l'esistenza di tutti gli elementi, l'Amministrazione Finanziaria procederà all'analisi della fondatezza e della non marginalità delle ragioni extra fiscali.

In relazione ai comparti delle imposte dirette e dell'imposta di registro, per i quali l'istante ha chiesto il parere della scrivente Agenzia, si osserva quanto segue.

Comparto imposte dirette

In linea di principio, l'operazione di scissione (anche non proporzionale - cfr. Risoluzione n. 56/E del 22 marzo 2007 e Parere del Comitato Consultivo per l'applicazione delle norme antielusive n. 5 del 24 febbraio 2005) è fiscalmente neutrale, ai sensi dell'articolo 173 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), e il passaggio del patrimonio della società scissa ad una o più società beneficiarie - che non usufruiscano di un sistema di tassazione agevolato - non determina la fuoriuscita degli elementi trasferiti dal regime ordinario d'impresa.

In particolare, i plusvalori relativi ai componenti patrimoniali trasferiti dalla scissa alla società beneficiaria, mantenuti provvisoriamente latenti dall'operazione in argomento, concorreranno alla formazione del reddito secondo le ordinarie regole impositive vigenti al momento in cui i beni fuoriusciranno dalla cerchia dei beni relativi all'impresa, vale a dire, saranno ceduti a titolo oneroso, formeranno oggetto di risarcimento (anche in forma assicurativa) per la loro perdita o danneggiamento, saranno assegnati ai soci, ovvero destinati a finalità estranee all'esercizio dell'impresa.

L'operazione di scissione, tuttavia, potrebbe assumere valenza elusiva qualora, ad esempio, la stessa rappresentasse solo la prima fase di un più complesso disegno unitario volto alla creazione di società "contenitore" (di immobili, di azienda, ecc.) e alla successiva cessione delle partecipazioni da parte dei soci persone fisiche, con l'esclusivo fine di spostare la tassazione dai beni di primo grado (i.e., gli immobili, ecc.) ai beni di secondo grado (i.e., titoli partecipativi) soggetti a un più mite regime impositivo (capital gain).

Nel caso in esame, la separazione dell'attività della scissa da quella della beneficiaria, sulla base della volontà dichiarata dai soci, non appare preordinata al trasferimento a terzi delle quote né della società scissa né della beneficiaria, ma è dettata dall'esigenza di concedere la possibilità di assegnare gli immobili societari (ex art. 1, commi 115-120, legge n. 208 del 2015) soltanto ad alcuni soci, quelli che restano nella scissa, atteso che i due soci a cui vengono attribuite le quote della beneficiaria si sono dichiarati contrari all'assegnazione degli immobili data l'onerosità dell'operazione.

E’, altresì, necessario, affinché non siano ravvisabili profili elusivi, che la scissione non sia, di fatto, volta all'assegnazione dei beni della scissa o della beneficiaria attraverso la formale attribuzione dei medesimi a società di "mero godimento", non connotate da alcuna operatività, al solo scopo di rinviare sine die la tassazione delle plusvalenze latenti sui beni trasferiti usufruendo del regime di neutralità fiscale.

Nel caso di specie, secondo quanto dichiarato dall'istante, successivamente alla scissione, gli immobili della beneficiaria continueranno ad essere locati con le stesse modalità e in base agli stessi contratti di locazione attualmente in vigore (a canone convenzionato) e, pertanto, non saranno destinati a finalità estranee all'esercizio dell'impresa di conduzione di beni immobili. Giova osservare che dette modalità di locazione hanno permesso alla società scindenda di non soggiacere alla disciplina delle c.d. società di comodo.

In particolare, è stato chiarito che, per quanto riguarda i contratti di locazione, la società istante si è avvalsa delle agevolazioni di cui alla legge n. 431/1998, art. 2, comma 3 - contratti di locazione convenzionati. Il contratto di locazione convenzionato, detto anche a canone concordato, è una forma di contratto d'affitto che prevede, da un lato, un canone più basso di quello di mercato e, dall'altro, alcune agevolazioni fiscali a favore del proprietario per compensarlo dell'eventuale minor reddito. I contratti convenzionati sono basati su accordi, chiamati Accordi Territoriali, promossi e coordinati dall'Amministrazione Comunale e stipulati dalle principali associazioni dei proprietari e degli inquilini. Tali Accordi stabiliscono le modalità di valutazione degli immobili per definire i valori massimi e minimi del canone mensile, per metro quadro, in base alla zona e alle caratteristiche dell'edificio e dell'appartamento.

Ciò detto, ad avviso della scrivente, la società beneficiaria non può essere di per sé considerata alla stregua di una società di mero godimento dei beni immobili di cui è titolare, dal momento che i beni vengono, per quanto detto dall'istante, utilizzati per lo svolgimento di un'attività di locazione (ancorché nei confronti dei soci) che genera reddito d'impresa, non rappresentando un discrimine la circostanza che la locazione avvenga nei confronti dei soci stessi (lo stesso varrebbe se i locatari fossero terzi) e che il canone corrisposto sia inferiore a quello di mercato, sulla base di una normativa che deroga ai canoni di mercato.

In base a quanto rappresentato, la società scissa sarà invece posta in liquidazione in occasione dell'assegnazione agevolata di tutti i suoi asset ai soci e sarà contestualmente chiusa.

La ragione di tale scelta si rinviene nella facoltà concessa dall'art. 1, commi da 115 a 120, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, di procedere all'assegnazione agevolata di taluni immobili non strumentali ai soci che siano in possesso dei requisiti soggettivi richiesti dalla norma richiamata.

Nel caso di specie, non tutti i soci della società scindenda hanno scelto di accedere a detta opportunità. Pertanto, si è preferito, dapprima, scindere in una newco gli immobili che non si vogliono assegnare in via agevolata per separarli da quelli che, al contrario, si è scelto di assegnare e, successivamente, procedere all'assegnazione di tutti i beni rimasti nella scissa a tutti i soci della stessa.

Le ragioni per cui si è deciso di procedere alla scissione prodromica all'assegnazione dei beni risiede nel fatto che i soci dichiaratisi contrari all’assegnazione, rappresentanti complessivamente il 22,16% del capitale sociale della società istante, non sarebbero stati in grado di sopportare il costo dell'operazione di assegnazione. D'altro canto, assegnare i beni soltanto ad alcuni soci avrebbe comportato il necessario recesso degli stessi, e ciò, a parere dell'istante, non sarebbe stato realizzabile in quanto avrebbe comportato il recesso della maggioranza dei soci stessi.

Ciò detto, la scelta operata appare in linea con la ratio della norma che emerge dalla relazione illustrativa alla legge di stabilità 2016, secondo cui il regime agevolativo in questione è diretto ad offrire "l'opportunità (assegnazione ai soci o anche trasformazione in società semplice) per estromettere dal regime d'impresa - a condizioni fiscali meno onerose di quelle ordinariamente previste - quegli immobili per i quali ad oggi non si presentano condizioni di impiego mediamente profittevoli".

La stessa operazione di scissione posta in essere non appare voler aggirare alcun principio dell'ordinamento (né tantomeno la ratio della norma agevolativa in questione), se si considera che la possibilità di assegnare beni soltanto ad alcuni soci, anziché alla totalità degli stessi, è stata prevista dalla Circolare n. 26/E del 1° luglio 2016, in cui si afferma che "non costituisce causa ostativa l'attribuzione di beni agevolabili solo a taluni soci anziché alla generalità degli stessi".

Pertanto, considerato che la scissione risponde alla necessità di riorganizzare l'assetto societario per permettere solo ad alcuni soci (quelli che resteranno nella società scissa) di procedere all'assegnazione agevolata degli immobili di cui alla legge prima citata, come sottolineato dagli istanti nell'interpello presentato, la scrivente ritiene che detta scelta, meritevole di tutela, non integra lo sviamento della ratio di alcuna norma o principio dell'ordinamento.

Non sussistendo alcun elemento di indebito vantaggio fiscale, non si prosegue nel riscontro degli altri elementi costitutivi dell'abuso.

In merito alla presenza, nel bilancio della società scindenda, di riserve in sospensione d'imposta, si ricorda che il comma 9 dell'articolo 173 del TUIR disciplina obblighi e modalità di ricostituzione delle riserve in sede di scissione.

In particolare, il suddetto comma dispone che le riserve in sospensione d'imposta iscritte nell'ultimo bilancio della società scissa debbono essere ricostituite dalle beneficiarie secondo le quote proporzionali indicate al comma 4 del medesimo articolo 173 (vale a dire, "in proporzione delle rispettive quote del patrimonio netto contabile trasferite o rimaste").

Se la sospensione d'imposta dipende da eventi che riguardano specifici elementi patrimoniali della società scissa, le riserve debbono essere ricostituite dalle beneficiarie che acquisiscono tali elementi.

Solitamente, nelle leggi di rivalutazione dei cespiti, è previsto un "periodo di sorveglianza" che, finché sussiste, determina una stretta connessione tra le vicende giuridiche ed economiche degli immobili rivalutati ed il trattamento fiscale della riserva in sospensione, nel senso che le sorti dei primi incidono sulla seconda e viceversa. Decorso il periodo di sorveglianza, la ripartizione di dette riserve avverrà in base al criterio generale previsto dal primo periodo del comma 9 dell'art. 173 del TUIR.

 

Comparto imposta di registro

Ai fini dell'imposta di registro, non si formula alcuna osservazione, ai sensi dell'articolo 10-bis della legge n. 212/2000, in ordine alla possibile qualificazione abusiva dell'operazione prospettata.

La nozione di abuso del diritto come disciplinato dal citato articolo 10-bis ha, infatti, natura residuale; il comma 12 dell'articolo 10-bis prevede, infatti, che l'abuso del diritto può essere configurato in sede di accertamento "solo se i vantaggi fiscali non possono essere disconosciuti contestando la violazione di specifiche disposizioni tributarie".

Com'è noto, nell'ambito dell'imposta di registro, le regole da applicare per la corretta tassazione degli atti presentati alla registrazione sono dettate dall'articolo 20 (interpretazione degli atti) del Testo unico dell'imposta di registro approvato con D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (di seguito, TUR), in base al quale "L'imposta è applicata secondo l'intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente".

La predetta disposizione, dunque, all'interno del sistema impositivo, assolve la fondamentale funzione di delineare il criterio interpretativo da utilizzare per l'applicazione del tributo di registro, stabilendo che l'atto deve essere qualificato in considerazione del contenuto giuridico dello stesso, a prescindere dal nomen iuris utilizzato dalle parti.

Si ricorda, al riguardo, che l'imposta di registro è un'imposta indiretta che ha come presupposto il compimento di determinati atti giuridici che sono assunti quale indice della capacità contributiva dei soggetti che li pongono in essere.

Occorre attribuire rilievo, dunque, alla regolamentazione degli interessi effettivamente perseguiti dai contraenti, anche se mediante una pluralità di pattuizioni non contestuali, avendo valore preminente l'unitarietà dell'operazione economica.

La scelta della società istante di porre in essere un'operazione di scissione parziale asimmetrica non proporzionale non sarà, quindi, valutata dall'Amministrazione Finanziaria sulla base dei principi dettati dall'articolo 10-bis, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212, ma sulla base dei criteri interpretativi forniti dall'articolo 20 del TUR.

Come precisato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza del 18 dicembre 2015, n. 25487 (riferita ad un'ipotesi di conferimento di azienda con contestuale cessione delle quote ottenute in contropartita da parte del socio), "la prevalenza che il DPR 26 aprile 1986, n. 131, art. 20 attribuisce alla intrinseca natura ed agli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente impone, nella relativa loro qualificazione, di considerare preminente la causa reale e la regolamentazione degli interessi effettivamente perseguiti dai contraenti, seppure mediante una pluralità di pattuizioni non contestuali".

Sulla base di tale principio, la Corte ha ritenuto, ad esempio, che il conferimento di azienda seguito dalla cessione delle quote "ha, a tal fine, carattere unitario (in conformità al principio costituzionale di capacità contributiva ed all'evoluzione della prestazione patrimoniale tributaria dal regime della tassa a quello dell'imposta) e non costituisce operazione elusiva per cui non grava sull'Amministrazione l'onere di provare i presupposti dell'abuso del diritto, atteso che i termini giuridici della questione sono già tutti desumibili dal criterio ermeneutico di cui all'articolo 20".

Tali principi sono stati ribaditi dalla Suprema Corte, con la sentenza dell'11 maggio 2016, n. 9582, con la quale è stato chiarito che la previsione contenuta nell'articolo 20 del TUR non è "stata predisposta al recupero di imposte 'eluse’, questo perché l'istituto dell'abuso del diritto d'imposte in attualità disciplinato dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 10-bis, presuppone una mancanza di 'causa economicà che non è invece prevista per l'applicazione dell'art. 20 del D.P.R. n. 131 citato".

Inoltre, con la sentenza del 15 marzo 2017, n. 6758, è stato affermato il seguente principio di diritto: "in tema di imposta di registro, il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20 non detta una regola antielusiva, ma una regola interpretativa, che impone una qualificazione oggettiva degli atti secondo la causa concreta dell'operazione negoziale complessiva, a prescindere dall'eventuale disegno o intento elusivo delle parti; ne consegue che il conferimento societario di un'azienda e la cessione dal conferente a terzi delle quote della società conferitaria devono essere qualificati come cessione dell'azienda al cessionario delle quote se l'interprete riconosca nell'operazione complessiva - in base alle circostanze obiettive del caso concreto - una causa unitaria di cessione aziendale". Tale principio è motivato dalle seguenti considerazioni: "Quando gli atti sono plurimi e funzionalmente collegati, quando cioè la causa tipica di ciascuno è in funzione di un programma negoziale che la trascende, non può rilevare che la causa concreta dell'operazione complessiva. In termini generali, da oltre un decennio (quantomeno da Cass. 8 maggio 2006, n. 10490, Rv. 592154), la giurisprudenza di legittimità ha rivisitato in senso critico la teoria della "causa tipica" e si è accostata alla teoria della "causa concreta", ridefinendo la causa negoziale come la sintesi degli interessi oggettivati nell'operazione economica, prescindente dall'astrattezza giuridico-formale del tipo".

Fatte tali premesse, in ordine alla possibile riqualificazione, ai sensi dell'articolo 20 del TUR, dell'operazione di scissione parziale asimmetrica non proporzionale oggetto della predetta istanza, si evidenzia che la stessa non presenta aspetti di criticità, tenuto conto che l'operazione di scissione è espressamente disciplinata, nell'ambito dell'imposta di registro, dall'articolo 4, lettera b), della Tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. n. 131/1986, con l'applicazione dell'imposta fissa nella misura di euro 200.

A parere della scrivente, infatti, anche la circostanza evidenziata dall'istante, secondo cui, a seguito dell'operazione di scissione, la Società procederà all'assegnazione di beni immobili ad alcuni soci, beneficiando delle norme agevolative previste dall'articolo 1, commi 115-120, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, non appare idonea a mutare la qualificazione giuridica dell'operazione di scissione societaria che si intende effettuare.

Il presente parere viene reso sulla base dei fatti, dei dati e degli elementi prima esaminati, assunti acriticamente così come esposti nell'istanza di interpello, nel presupposto della loro veridicità e concreta realizzazione. Si ribadisce, infine, che resta impregiudicato ogni potere di controllo dell'Amministrazione Finanziaria volto a verificare se lo scenario delle operazioni descritto in interpello, per effetto di eventuali altri atti, fatti o negozi ad esso collegati e non rappresentati dall'istante, possa condurre ad una diversa qualificazione della fattispecie o ad identificare un diverso censurabile disegno abusivo.

Le Direzioni regionali vigileranno affinché i principi enunciati e le istruzioni fornite con la presente risoluzione vengano puntualmente osservati dalle Direzioni provinciali e dagli Uffici dipendenti.