Prassi - AGENZIA DELLE ENTRATE - Risoluzione 25 luglio 2017, n. 97/E

Interpello art. 11, comma 1, lett. c), della legge 27 luglio 2000, n. 212 - Scissione finalizzata alla cessione di partecipazioni nella società scissa da parte dei soci anche persone fisiche

 

Con l’interpello specificato in oggetto è stato esposto il seguente

 

Quesito

 

La società X S.p.A. (nel prosieguo, la Società o l'istante) chiede il parere della scrivente in ordine all'eventuale abusività - ai sensi dell'art. 10 bis della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei Diritti del Contribuente) - con riguardo ai comparti dell'Ires e dell'imposta di registro, dell'operazione in seguito rappresentata.

Preliminarmente, evidenzia che:

- svolge l'attività sanitaria dapprima nell'ambito della medicina fisica e della riabilitazione, nonché della radiologia e della diagnostica per immagini e, successivamente, anche in convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale (S.S.N.); con decreto della Giunta Regionale, ha conseguito l'accreditamento definitivo presso il Servizio Sanitario Regionale per diverse branche medicospecialistiche, successivamente ampliando l'offerta sanitaria con l'inclusione di ulteriori prestazioni rese in regime esclusivamente privatistico;

- possiede un compendio immobiliare, in parte, utilizzato dalla stessa e, in parte, locato a terzi;

- la compagine sociale è composta da tre soci-persone fisiche, titolari ciascuno di partecipazioni al capitale sociale pari al 35 per cento (partecipazioni qualificate possedute in regime non imprenditoriale) e da una società per azioni (il cui capitale è sostanzialmente ripartito tra le medesime persone fisiche) che detiene azioni per il 30 per cento del capitale sociale.

Ciò premesso, la Società intende realizzare un'operazione di scissione parziale proporzionale in favore di una società a responsabilità limitata da costituire ex novo, che avrà per oggetto l'esercizio di attività di gestione di beni immobili rustici ed urbani, civili ed industriali.

Alla società beneficiaria - che avrà la medesima compagine sociale della società scindenda, nelle stesse proporzioni - sarà assegnato il compendio immobiliare di proprietà di quest’ultima.

Non sono previsti conguagli in denaro a favore dei soci.

Alla scissione, farà seguito la cessione delle partecipazioni detenute nella scindenda, da parte dei relativi soci, alla società Y S.p.A..

La descritta operazione trae origine dall'offerta che i soci dell’istante hanno ricevuto dalla Y S.p.A. la quale ha formulato loro l'interesse: - all'acquisizione delle partecipazioni azionarie detenute nella medesima società istante, con l'espressa esclusione del compendio immobiliare; - alla stipula del contratto di locazione degli immobili, ad oggi in uso dell’istante, per la durata di sei anni, prorogabili di altri sei.

Dunque, per dare seguito alla richiamata offerta, i soci dell’interpellante intendono perfezionare un'operazione di riorganizzazione volta a creare due distinte società, con la medesima compagine sociale, delle quali, una dedicata alla gestione del poliambulatorio, e l'altra alla gestione del compendio immobiliare.

In esito alla richiesta di documentazione integrativa formulata dallo scrivente Ufficio, è stato, tra l'altro, precisato che i soci-persone fisiche della società scindenda intendono rivalutare il costo fiscale delle partecipazioni detenute, versando l'imposta sostitutiva dell'8 per cento, in guisa tale che dalla cessione delle partecipazioni medesime, successiva alla scissione, non si origineranno, per i suddetti soci, plusvalenze imponibili.

 

Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente

 

A parere dell'istante, la descritta operazione di scissione parziale proporzionale seguita dalla cessione delle partecipazioni detenute nella società scissa non risulta abusiva ai sensi dell'art. 10 bis della legge n. 212/2000, con riferimento ai comparti dell'Ires e dell'imposta di registro, per i motivi di seguito evidenziati.

La prospettata ristrutturazione societaria non aggira alcuna norma o principio dell'ordinamento tributario e, quindi, non è finalizzata a conseguire vantaggi fiscali indebiti, in quanto la società scindenda proseguirà la sua attività caratteristica, mentre la beneficiaria svolgerà un'effettiva attività di gestione e valorizzazione del patrimonio immobiliare, che le sarà assegnato ai medesimi valori fiscalmente riconosciuti in capo alla scindenda, e continuerà ad essere utilizzato in funzione dell'esercizio dell'attività di gestione di centri medici e di locazione a terzi.

La scissione non determina effetti di suddivisione del patrimonio sociale tra i soci.

Le suddette conclusioni sono confermate anche con riferimento alla cessione delle partecipazioni detenute nella società scissa - che sarà perfezionata a seguito della scissione parziale proporzionale della stessa - atteso che l'art. 176 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), al comma terzo, stabilendo la non abusività del conferimento d'azienda (operazione fiscalmente neutrale, così come la scissione) seguito dalla cessione della partecipazione ricevuta in cambio, equipara la posizione dei soggetti che gestiscono l'azienda tramite società, i quali hanno la scelta tra la cessione dell'azienda e quella delle partecipazioni, alla posizione dei soggetti che gestiscono l'azienda direttamente, e che detta scelta non hanno, se non appunto previo conferimento in società dell'azienda.

Tale norma, dunque, esclude l'abusività/elusività di un'operazione societaria fiscalmente neutrale seguita dalla cessione delle partecipazioni, soggetta al regime di esenzione (parziale) della plusvalenza ai sensi dell'art. 87 del TUIR.

E’ rappresentato, infine, che la riorganizzazione societaria in esame è sorretta da valide ragioni extrafiscali non marginali, consentendo:

- il miglioramento della gestione dell'attività caratteristica della società scindenda, attraverso lo snellimento della struttura aziendale;

- la valorizzazione del patrimonio immobiliare che sarà assegnato alla società beneficiaria della scissione, la quale potrà intraprendere iniziative specifiche dirette allo sfruttamento dello stesso;

- di dare seguito, nella maniera più lineare e celere, all'offerta che i soci dell’interpellante hanno ricevuto dalla società Y S.p.A., interessata all'acquisto delle partecipazioni della società istante, con l’espressa esclusione del relativo compendio immobiliare, al fine di conseguire la relativa autorizzazione all'esercizio dell'attività sanitaria e l'accreditamento presso il S.S.N., che costituisce l'esito di un processo di selezione complesso, disciplinato dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 e, pertanto, rappresenta il maggiore valore economico di una struttura sanitaria privata.

In risposta alla richiesta di informazioni aggiuntive notificatale da quest'Ufficio, l'istante ha chiarito che:

- né le azioni della società scindenda, né quelle della sua socia-società di capitali hanno formato oggetto di rivalutazione;

- il valore economico della società istante, prima della scissione, è pari a circa euro 9.000.000,00, di cui euro 4.000.000,00 attribuiti al ramo d'azienda che resta in capo alla scindenda ed euro 4.997.000,00 (cfr. perizia di stima) attribuiti al compendio immobiliare oggetto di scissione;

- per i soci, il costo fiscale della partecipazione sarebbe suddiviso tra le azioni della società istante post scissione per il 44,5 per cento e quelle della beneficiaria della scissione per il 55,5 per cento;

- il corrispettivo per la cessione delle partecipazioni nella società scissa è stabilito in euro 4.000.000,00;

- la plusvalenza in capo alla socia-società di capitali sarà pari ad euro 440.551,43, vale a dire alla differenza tra euro 1.200.000,00 (30 per cento di euro 4.000.000,00) ed euro 759.448,57 (costo fiscale della partecipazione nell’istante post scissione, ottenuto applicando il 44,5 per cento al costo della partecipazione desumibile dal bilancio della socia-società di capitali);

- i soci-persone fisiche effettueranno la rivalutazione del costo fiscale delle proprie partecipazioni, versando l'imposta sostitutiva dell'8 per cento, pari ad euro 252.000,00, cifra ottenuta assumendo come valore di mercato della scindenda, all'1 gennaio 2017, l'importo di euro 9.000.000,00 al quale applicare la percentuale di partecipazione di ciascun socio-persona fisica, vale a dire il 35 per cento (9.000.000,00*35% = 3.150.000,00*8% = 252.000,00);

- nessuno dei soci della società istante possiede o ha intenzione di acquistare partecipazioni al capitale sociale di Y S.p.A..

 

Parere dell’agenzia delle entrate

 

La società istante chiede un parere sull'eventuale abusività ai sensi dell'articolo 10-bis della legge 27 luglio 2000, n. 212, delle rappresentate operazioni di scissione parziale proporzionale a favore di una beneficiaria neocostituita (assegnataria del solo ramo immobiliare) e di successiva cessione di tutte le partecipazioni della scissa, rimasta titolare, all'esito della scissione, del solo ramo operativo, da parte dei relativi soci (due persone fisiche non imprenditori - titolari entrambi di una partecipazione c.d. qualificata ai sensi dell'articolo 67 del TUIR - e una società di capitali (società per azioni) il cui capitale sociale è ripartito sostanzialmente tra le stesse persone fisiche).

Secondo il disposto del comma 1 dell'articolo 10-bis della legge n. 212 del 2000, e successive modificazioni, recante la "Disciplina dell'abuso del diritto o elusione fiscale", affinché un'operazione possa essere considerata abusiva, l'Amministrazione Finanziaria deve identificare e provare il congiunto verificarsi di tre presupposti costitutivi:

a) la realizzazione di un vantaggio fiscale "indebito", costituito da "benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell'ordinamento tributario";

b) l’assenza di "sostanza economica" dell'operazione o delle operazioni poste in essere consistenti in "fatti, atti e contratti, anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali";

c) l'essenzialità del conseguimento di un "vantaggio fiscale".

L'assenza di uno dei tre presupposti costitutivi dell'abuso determina un giudizio di assenza di abusività.

Attraverso il successivo comma 3, il legislatore ha chiarito espressamente che non possono comunque considerarsi abusive quelle operazioni che, pur presentando i tre elementi sopra indicati, sono giustificate da valide ragioni extrafiscali non marginali (anche di ordine organizzativo o gestionale che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell'impresa o dell'attività professionale).

Per richiedere il parere dell'Agenzia in ordine all'abusività di una determinata operazione o fattispecie, le istanze di interpello, come specificato dalla Circolare n. 9/E del 1° aprile 2016, debbono - fra l'altro - indicare:

- il settore impositivo rispetto al quale l'operazione pone il dubbio applicativo;

- le puntuali norme di riferimento, comprese quelle passibili di una contestazione in termini di abuso del diritto con riferimento all'operazione rappresentata. Tutto ciò premesso, di seguito si procederà prioritariamente alla verifica della possibilità di effettuare la valutazione antiabuso richiesta e, in caso affermativo, alla verifica dell'esistenza del primo elemento costitutivo - l'indebito vantaggio fiscale - in assenza del quale l'analisi antiabusiva deve intendersi terminata. Diversamente, al riscontro della presenza di un indebito vantaggio, si proseguirà nell'analisi della sussistenza degli ulteriori elementi costitutivi dell'abuso (assenza di sostanza economica ed essenzialità del vantaggio indebito).

Infine, solo qualora si dovesse riscontrare l'esistenza di tutti gli elementi, l'Amministrazione Finanziaria procederà all'analisi della fondatezza e della non marginalità delle ragioni extra fiscali.

In relazione ai comparti delle imposte dirette e dell'imposta di registro, in relazione ai quali l’istante ha richiesto il parere della scrivente Agenzia, si osserva quanto segue.

 

Comparto imposte dirette

 

In via generale, la circolazione di un'azienda (o di un ramo d'azienda) di cui è titolare un ente societario può avvenire attraverso:

(i) una cessione c.d. diretta;

(ii) una cessione c.d. indiretta.

Nel primo caso, la società titolare dell'azienda la aliena direttamente all'acquirente conseguendo, a seconda dei casi, una plusvalenza imponibile ovvero una minusvalenza deducibile, ai sensi degli articoli 86, comma 2, e 101, comma 1, del TUIR.

L'acquirente si vede così riconosciuti gli eventuali maggiori (o minori) valori fiscali dei beni e dell'eventuale avviamento relativi all'azienda ceduta, emergenti dalla cessione. Gli eventuali utili conseguiti dalla società cedente, per effetto della cessione, possono essere distribuiti ai soci con l'applicazione della tassazione loro propria (cfr., per il socio-società/imprenditore, gli articoli 89 e 59 del TUIR e, per il socio-persona fisica, l'articolo 47 del TUIR).

Nel secondo caso, invece, i soci della società titolare dell'azienda possono cedere a terzi le partecipazioni detenute in detta società, realizzando così una minus/plusvalenza assoggettata, per il socio-imprenditore/società, agli articoli 58, comma 2, 86, 87, 101 e 109 del TUIR (a seconda della ricorrenza o meno dei requisiti per l'applicazione della participation exemption) e, per il socio-persona fisica non imprenditore, agli articoli 67, comma 1, lettere c) o c-bis), e 68 del TUIR (con effetti impositivi diversi in caso di partecipazione qualificata o meno).

Diversamente dalla cessione di azienda, tale modalità indiretta di cessione non determina il riconoscimento degli eventuali maggiori (o minori) valori fiscali dei beni (ivi inclusi i maggiori ammortamenti), contenuti nella partecipata oggetto di cessione.

Questi due diversi regimi fiscali, limitatamente alla circolazione dell'azienda, risultano alternativi in quanto, sebbene comportino criteri di imputazione del reddito imponibile, valori fiscali e carichi fiscali differenti, essi costituiscono alternative diverse, tutte poste sullo stesso piano e aventi, quindi, pari dignità fiscale, rimesse ai contribuenti per dare concreta attuazione ai loro interessi economici e, pertanto, il vantaggio fiscale così ottenuto non può qualificarsi di per sé come indebito.

In particolare, non si rinviene l'esistenza di un "indebito vantaggio fiscale" riconducibile alle fattispecie di abuso del diritto ai sensi dell'articolo 10 bis della legge n. 212 del 2000, in una scissione parziale proporzionale - come quella rappresentata nell'istanza - tesa alla creazione di una o più società destinate ad accogliere i rami operativi dell'azienda da far circolare, successivamente, sotto forma di partecipazioni da parte dei soci-persone fisiche (di diverso avviso, da ultimo, cfr. le Risoluzioni n. 97/E del 7 aprile 2009 e n. 256/E del 2 ottobre 2009, emesse nella vigenza dell'articolo 37-bis del D.P.R. n. 600 del 1973), poiché, come detto, il legislatore consente diverse strade, tutte poste sullo stesso piano e aventi, quindi, pari dignità fiscale.

Pertanto, non può imporsi ad una persona fisica interessata alla monetizzazione dell'azienda (o di un ramo di essa), di cui è titolare una società dalla stessa partecipata, di far circolare l'azienda (o un ramo di essa) esclusivamente attraverso la sua cessione c.d. diretta da parte della società partecipata, con un aggravio fiscale relativo alla doppia imposizione che incide, una volta, in capo all'ente societario (sulla plusvalenza da cessione) e, un'altra volta, in capo alla persona fisica-socio (sulla distribuzione degli utili afferenti a detta cessione).

Va infine rilevato che la circolazione indiretta dell'azienda sarebbe potuta avvenire anche mediante il procedimento, esplicitamente qualificato come alternativo alla cessione diretta e non abusivo dal legislatore, ai fini delle imposte sui redditi, di costituzione di una newco, conferimento del ramo di azienda da cedere e cessione della partecipazione (qualora abbia i requisiti pex).

La successiva distribuzione di un dividendo avrebbe portato a un risultato similare a quello ottenuto dal contribuente, ma con un percorso meno lineare di quello concretamente scelto.

Al pari, la medesima operazione di veicolazione dell'azienda posta in essere da una società già socia della scindenda non dà luogo al conseguimento di alcun "indebito vantaggio fiscale" ai sensi del citato articolo 10-bis.

Infatti, come già evidenziato in relazione alla veicolazione da parte di un socio-persona fisica, la scissione (parziale proporzionale) concepita in funzione di "separare" due distinti complessi aziendali e strumentale alla (successiva) cessione delle partecipazioni di una delle società risultanti dalla scissione (contenente l'azienda riferita al ramo operativo della scindenda) da parte del socio-società non appare in contrasto con le finalità di alcuna norma fiscale ovvero con alcun principio dell'ordinamento tributario.

Nel caso di specie, dunque, la rappresentata cessione post scissione della totalità delle partecipazioni della società istante (rimasta titolare dell'azienda relativa al solo ramo operativo) da parte del socio-società e dei soci-persone fisiche non imprenditori, non integra alcun "indebito risparmio d'imposta"; ciò comporterà in capo alla prima, il realizzo di una plusvalenza esente ai sensi dell'articolo 87 del TUIR (ricorrendone i presupposti di legge) e, in capo ai secondi, un capital gain da partecipazione qualificata (essendo le partecipazioni al capitale sociale in esame di entrambi i soci superiori al 25%) ex articoli 67, comma 1, lettera c), e 68 del TUIR, che sarà, di fatto, "azzerato" a seguito della prospettata adesione alla rivalutazione delle partecipazioni da essi detenute (ante operazione di scissione).

Non esistendo alcun indebito vantaggio fiscale, non si prosegue nel riscontro - nell'ambito dell'operazione rappresentata - degli ulteriori elementi dell'abuso.

Resta inteso che, affinché non siano ravvisabili profili di abuso del diritto, la scissione deve caratterizzarsi come un'operazione di riorganizzazione aziendale finalizzata all'effettiva continuazione dell'attività imprenditoriale da parte di ciascuna società partecipante. Inoltre, non deve trattarsi di società sostanzialmente costituite solo da liquidità, intangibles o immobili, bensì di società che esercitano prevalentemente attività commerciali ai sensi dell'art. 87, comma 1, lettera d), del TUIR.

Si ricorda, altresì, che la scissione è, di regola, neutrale anche per i soci dato che "il cambio delle partecipazioni originarie non costituisce né realizzo, né distribuzione di plusvalenze o di minusvalenze, né conseguimento di ricavi per i soci della società scissa, fatta salva l'applicazione, in caso di conguaglio, dell'art. 47, comma 7 e, ricorrendone le condizioni, degli artt. 58 e 87" (cfr., articolo 173, comma 3, del TUIR).

Inoltre, si rileva che, a seguito della scissione, la ripartizione del costo fiscalmente rilevante in capo ai soci della partecipazione nella Società ante scissione tra quelli delle partecipazioni nelle società risultanti dalla scissione (la Società post scissione e la beneficiaria) deve avvenire nel rispetto delle indicazioni contenute nella Risoluzione n. 52/E del 26 maggio 2015, in base ai loro valori economici sussistenti al momento dell'effettuazione dell'operazione medesima.

La Scrivente ritiene di dover precisare per completezza che, ai fini fiscali, la composizione del patrimonio netto (che residua dopo la ricostituzione delle eventuali riserve in sospensione d'imposta) destinato alla società beneficiaria dovrà rispecchiare, percentualmente, la natura di capitale e/o di riserve di utili esistenti nella società interpellante, precedentemente all'operazione di scissione;

in altri termini, dal punto di vista fiscale, il patrimonio netto (residuo) attribuito alla società beneficiaria dovrà considerarsi formato nel rispetto della natura (capitale o utile) delle poste di patrimonio netto presenti nella società scindenda e nelle medesime proporzioni (senza considerare, nella proporzione, le riserve in sospensione d'imposta già ricostituite dalla società beneficiaria).

 

Comparto imposta di registro

 

Ai fini dell'imposta di registro, non si formula alcuna osservazione, ai sensi dell'articolo 10-bis della legge n. 212 del 2000, in ordine alla possibile qualificazione abusiva dell'operazione prospettata.

La nozione di abuso del diritto come disciplinato dal citato articolo 10-bis ha, infatti, natura residuale; il comma 12 dell'articolo 10-bis prevede, infatti, che l'abuso del diritto può essere configurato, in sede di accertamento, "solo se i vantaggi fiscali non possono essere disconosciuti contestando la violazione di specifiche disposizioni tributarie".

Com'è noto, nell'ambito dell'imposta di registro, le regole da applicare per la corretta tassazione degli atti presentati alla registrazione sono dettate dall'articolo 20 (interpretazione degli atti) del Testo unico dell'imposta di registro, approvato con D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (di seguito, TUR), in base al quale "L'imposta è applicata secondo l'intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente".

La predetta disposizione, dunque, all'interno del sistema impositivo, assolve la fondamentale funzione di delineare il criterio interpretativo da utilizzare per l'applicazione del tributo di registro, stabilendo che l'atto deve essere qualificato in considerazione del contenuto giuridico dello stesso, a prescindere dal nomen iuris utilizzato dalle parti.

Si ricorda, al riguardo, che l'imposta di registro è un'imposta indiretta che ha come presupposto il compimento di determinati atti giuridici che sono assunti quale indice della capacità contributiva dei soggetti che li pongono in essere.

Occorre attribuire rilievo, dunque, alla regolamentazione degli interessi effettivamente perseguiti dai contraenti, anche se mediante una pluralità di pattuizioni non contestuali, avendo valore preminente l'unitarietà dell'operazione economica.

La scelta della società istante di porre in essere un’operazione di scissione parziale proporzionale seguita dalla cessione delle partecipazioni nella società scindenda non sarà, quindi, valutata dall'Amministrazione Finanziaria sulla base dei principi dettati dall'articolo 10-bis, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212, ma sulla base dei criteri interpretativi forniti dall'articolo 20 del TUR. Come precisato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza del 18 dicembre 2015, n. 25487 (riferita ad un'ipotesi di conferimento di azienda con contestuale cessione delle quote ottenute in contropartita da parte del socio), "la prevalenza che il D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 20 attribuisce alla intrinseca natura ed agli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente impone, nella relativa loro qualificazione, di considerare preminente la causa reale e la regolamentazione degli interessi effettivamente perseguiti dai contraenti, seppure mediante una pluralità di pattuizioni non contestuali".

Sulla base di tale principio, la Corte ha ritenuto, ad esempio, che il conferimento di azienda seguito dalla cessione delle quote "ha, a tal fine, carattere unitario (in conformità al principio costituzionale di capacità contributiva ed all'evoluzione della prestazione patrimoniale tributaria dal regime della tassa a quello dell'imposta) e non costituisce operazione elusiva per cui non grava sull'Amministrazione l'onere di provare i presupposti dell'abuso del diritto, atteso che i termini giuridici della questione sono già tutti desumibili dal criterio ermeneutico di cui all'articolo 20".

Tali principi sono stati ribaditi dalla Suprema Corte, con la sentenza dell'11 maggio 2016, n. 9582, con la quale è stato chiarito che la previsione contenuta nell'articolo 20 del TUR non è "stata predisposta al recupero di imposte 'eluse', questo perché l'istituto dell'abuso del diritto d'imposte in attualità disciplinato dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 10-bis, presuppone una mancanza di 'causa economica' che non è invece prevista per l'applicazione dell'art. 20 del D.P.R. n. 131 citato".

Inoltre, con la sentenza del 15 marzo 2017, n. 6758, è stato affermato il seguente principio di diritto: "in tema di imposta di registro, il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20 non detta una regola antielusiva, ma una regola interpretativa, che impone una qualificazione oggettiva degli atti secondo la causa concreta dell'operazione negoziale complessiva, a prescindere dall'eventuale disegno o intento elusivo delle parti; ne consegue che il conferimento societario di un'azienda e la cessione dal conferente a terzi delle quote della società conferitaria devono essere qualificati come cessione dell'azienda al cessionario delle quote se l'interprete riconosca nell'operazione complessiva - in base alle circostanze obiettive del caso concreto - una causa unitaria di cessione aziendale". Tale principio è motivato dalle seguenti considerazioni: "Quando gli atti sono plurimi e funzionalmente collegati, quando cioè la causa tipica di ciascuno è in funzione di un programma negoziale che la trascende, non può rilevare che la causa concreta dell'operazione complessiva. In termini generali, da oltre un decennio (quantomeno da Cass. 8 maggio 2006, n. 10490, Rv. 592154), la giurisprudenza di legittimità ha rivisitato in senso critico la teoria della "causa tipica" e si è accostata alla teoria della "causa concreta", ridefinendo la causa negoziale come la sintesi degli interessi oggettivati nell'operazione economica, prescindente dall'astrattezza giuridico-formale del tipo".

Fatte tali premesse, in ordine alla possibile riqualificazione dell'operazione prospettata, ai sensi dell'articolo 20 del TUR, si evidenzia che la stessa sarà effettuata alla luce dei principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità.

Il presente parere viene reso sulla base dei fatti, dei dati e degli elementi prima esaminati, assunti acriticamente così come esposti nell'istanza di interpello, nel presupposto della loro veridicità e concreta realizzazione.

Si ribadisce, infine, che resta impregiudicato ogni potere di controllo dell'Amministrazione Finanziaria volto a verificare se lo scenario delle operazioni descritto in interpello, per effetto di eventuali altri atti, fatti o negozi ad esso collegati e non rappresentati dall'istante, possa condurre ad identificare un diverso censurabile disegno abusivo.