Giurisprudenza - TRIBUNALE DI VERBANIA - Ordinanza 17 ottobre 2014, n. 89

Reati tributari - Reato di omesso versamento di ritenute certificate - Fatti commessi fino al 17 settembre 2011 - Soglia di punibilità - Decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 (Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell'articolo 9 della legge 25 giugno 1999, n. 205), art. 10-bis, introdotto dall'art. 1, comma 414, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 ("Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005)")

 

Letti gli atti dell'emarginato processo a carico di C.C., nato a Premosello Chiovenda (Verbania) il 1° ottobre 1944, imputato del reato p.e.p. dall'art. 10-bis, decreto legislativo n. 74/2000 perchè, nella sua qualità di legale rappresentante della ditta «T.C. S.r.l.», con sede in Verbania, non versava, entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d'imposta, ritenute risultanti dalla certificazione rilasciate ai sostituiti e riportate nel modello 770 che si allega per € 80.461,00 effettuate nell'anno 2009.

 In Verbania il 20 agosto 2010, difeso di fiducia dagli avv. A.P. e avv. A.P. ha pronunciato la seguente ordinanza.

 C.C. è accusato, nella sua qualità di legale rappresentante di «T.C. S.r.l.», di avere omesso il versamento, entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d'imposta, il 20 agosto 2010, di ritenute risultanti dalla certificazione rilasciate ai sostituiti e riportate nel modello 770 per € 80.461,00 effettuate nell'anno 2009; dalla svolta istruttoria dibattimentale (in particolare dalla deposizione dei testi B.A., funzionario dell'Agenzia delle entrate, e del C.t. della difesa, P.P.) è emerso, dal punto di vista oggettivo, il superamento della soglia di penale rilevanza pari ad euro 50.000 prevista dall'art. 10-bis del decreto legislativo n. 74/2000, essendo incontestato anche dalla difesa l'omesso versamento di ritenute certificate effettuate nell'anno 2009 per un ammontare di € 70.462,01.

 In tal modo chiarita la rilevanza della questione nel presente giudizio, la difesa ha, quindi, eccepito l'illegittimità costituzionale della norma, per violazione dell'art. 3 della Costituzione, sotto il profilo della irragionevolezza, per l'ingiustificato trattamento deteriore dalla stessa previsto, quanto alla più bassa soglia di punibilità, rispetto alla omologa ipotesi di cui all'art. 10-ter, decreto legislativo n. 74/2000, che sanziona l'omesso versamento dell'IVA dovuta in base alla dichiarazione annuale, entro il termine per il versamento dell'acconto relativo al periodo di imposta successivo, limitatamente ai fatti commessi sino al 17 settembre 2011 (data di entrata in vigore del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito con legge 14 settembre 2011, n. 148), nel testo risultante dalla sentenza della Corte costituzionale, 9 aprile 2014, n. 80, Presidente Silvestri, relatore Frigo, che ne ha dichiarato l'illegittimità costituzionale «nella parte in cui, con riferimento ai fatti commessi sino al 17 settembre 2011, punisce l'omesso versamento dell'imposta sul valore, aggiunto, dovuta in base alla relativa dichiarazione annuale, per importi non superiori, per ciascun periodo di imposta, ad euro 103.291,38».

 La questione proposta dalla difesa appare rilevante, in quanto dal suo accoglimento discenderebbe il proscioglimento dell'imputato con la formula perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato, e non manifestamente infondata.

 Infatti, prima della modifica introdotta dal decreto-legge n. 138/2011 che ha ridotto le soglie di punibilità ad euro 50.000,00 e ad euro 30.000,00, gli articoli 4 e 5 del decreto legislativo n. 74/2000 prevedevano rispettivamente che la dichiarazione infedele delle imposte sui redditi o del valore aggiunto e l'omessa dichiarazione fossero punibili solo a condizione del superamento della soglia stabilita rispettivamente in euro 103.291,00 e in euro 77.468,00 di imposta evasa.

 In applicazione della predetta normativa, il contribuente che, invece, avesse presentato una dichiarazione veritiera, avrebbe commesso il reato di omesso versamento dell'IVA, quando l'imposta non pagata fosse stata superiore a € 50.000; insomma, come puntualizzato dalla Corte costituzionale n. 80/2014 rich.), «laddove [...] l'IVA da versare si collocasse tra l'uno e l'altro limite di rilevanza (50.000 e 103.291,38 euro) fruiva di un miglior trattamento il contribuente che presentasse una dichiarazione in veritiera (non punibile per mancato superamento della soglia) rispetto al contribuente che esponesse invece fedelmente la propria situazione in dichiarazione, salvo poi a non versare l'imposta di cui si era riconosciuto debitore».

 Ritiene il remittente che tale situazione di palese irragionevolezza sussista, limitatamente ai fatti commessi sino al 17 settembre 2011, come detto, anche con riferimento alla fattispecie incriminatrice di cui all'art. 10-bis, decreto legislativo n. 74/2000, introdotto dall'art. 1, comma 414, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005), trattandosi di fattispecie del tutto omogenea, quanto a struttura e funzione, a quella di cui all'art. 10-ter stesso testo introdotta dall'art. 35 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito in legge 4 agosto 2006, n. 248, modellata esattamente sulla prima con la previsione della medesima sanzione penale, della medesima soglia di punibilità e di un momento consumativo collegato ad un termine di adempimento ben determinato (cfr. Cass., SS.UU., 28 marzo/12 settembre 2013, n. 37424); trattasi, in sostanza, di disposizione che, come quella successivamente introdotta dichiarata in parte costituzionalmente illegittima, sanziona il mero inadempimento di un'obbligazione tributaria di pagamento di una somma di denaro, sia pure «in nome e per conto» del contribuente sostituito, a fronte di una corretta autoliquidazione e veritiera certificazione dell'imposta dovuta, senza essere, poi, riconducibile al paradigma dell'appropriazione indebita (cfr. Cass., sez. III, 5 ottobre 2001).

 Si ritiene, pertanto, che anche l'omesso riallineamento della soglia di punibilità del reato di cui all'art. 10-bis, decreto legislativo n. 74/2000, nei termini operati dalla Corte costituzionale n. 80/2014, alla più alta fra quelle previste dal testo oggi modificato dell'art. 4, decreto legislativo n. 74/2000, ossia ad € 103.291,38, determini una trattamento sanzionatorio palesemente sperequato che, per la sua manifesta irragionevolezza, renda censurabile l'esercizio della discrezionalità spettante al legislatore in materia di configurazione delle fattispecie astratte di reato.

 Appare, in definitiva, necessario il vaglio di costituzionalità della norma oggi in contestazione nell'ipotesi in cui, come nel caso di specie, l'ammontare delle ritenute non versate non sia superiore ai limiti di rilevanza penale previsti dall'art. 4 del decreto legislativo n. 74/2000, nella formulazione anteriore al decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito con legge 14 settembre 2011, n. 148.

 

P.Q.M.

 

 Visti gli articoli 23, legge 11 marzo 1953, n. 87, e 159 c.p. sospende il processo sopra indicato a carico di C.C..

 Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e, per l'effetto, ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri ed ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.

 

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Provvedimento pubblicato nella G.U. del 21 giugno 2017, n. 25