Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 17 maggio 2017, n. 12315

Tributi - ICI - Accertamento - Attività agricola ed agrituristica - Fabbricati - Categoria catastale

Rilevate che

 

1. L.G. propone tre motivi cl! ricorso per la cassazione della sentenza n. 77/1/2012 del 24 maggio 2012 con la quale la commissione tributaria regionale della Lombardia, a conferma della prima decisione, ha ritenuto legittimo l'avviso di accertamento notificatogli dal Comune di Desenzano del Garda a titolo di saldo Ici 2008 su taluni fabbricati da lui posseduti.

La commissione tributaria regionale, in particolare, ha rilevato che: - i fabbricati in questione, ancorché utilizzati dal G. per la sua attività agricola ed agrituristica, erano iscritti in categorie catastali (D1, D7, A7, C2) diverse da quelle di esenzione Ici (A6, D10), come stabilito da SSUU 18565/09; - l'imposta era dovuta pur a seguito della presentazione, in data 29 settembre 2011, di istanza di variazione catastale ai sensi dell'articolo 7, comma 2 bis, d.l. 70/11, convertito in I. 106/11, non avendo tale istanza efficacia retroattiva; - ammissibile sarebbe stata la domanda di rimborso dell'Ici 2008 già pagata (effettivamente proposta dal G. con il ricorso introduttivo, sebbene in assenza di previa istanza amministrativa), qualora il tributo fosse stato ritenuto non dovuto.

Resiste con controricorso il Comune di Desenzano del Garda.

2.1 Con il primo ed il secondo motivo di ricorso il G. lamenta violazione e falsa applicazione della normativa statale e regionale; per avere il giudice di appello omesso di considerare che l'esenzione Ici non derivava dall'accatastamento dei fabbricati in determinate categorie, bensì dalla loro concreta destinazione, nella specie pacifica, all'esercizio dell'attività agricola ed agrituristica.

2.2 Questi due motivi di ricorso, suscettibili di trattazione unitaria, sono infondati.

Non vi sono infatti ragioni - in accordo con quanto stabilito, in doppio grado, dei giudici di merito - per discostarsi da quanto stabilito da Cass. SSUU n. 18565/09, secondo cui (in motiv.): "in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l'immobile che sia stato iscritto nel catasto fabbricati come rurale, con l'attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10), in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dal D.L. n. 557 del 1993, art. 9, conv. con L. n. 133 del 1994, e successive modificazioni, non è soggetto all'imposta ai sensi del combinato disposto del D.L. n. 207 del 2008, art. 23, comma 1 bis, convertito con modificazioni dalla L. n. 14 del 2009, e del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. a). L'attribuzione all'immobile di una diversa categoria catastale deve essere impugnata specificamente dal contribuente che pretenda la non soggezione all'imposta per la ritenuta ruralità del fabbricato, restando altrimenti quest'ultimo assoggettato ad ICI: allo stesso modo il Comune dovrà impugnare l'attribuzione della categoria catastale A/6 o D/10 al fine di potere legittimamente pretendere l'assoggettamento del fabbricato all'imposta". A tale orientamento hanno fatto seguito innumerevoli pronunce di legittimità (tra cui, Cass. nn. 7102/10; 8845/10; 20001/11; 19872/12; 5167/14), più recentemente confermate - nel senso della ininfluenza dello svolgimento o meno, nel fabbricato, di attività diretta alla manipolazione o alla trasformazione di prodotti agricoli, rilevando unicamente il suo classamento - tra le altre, da Cass. n. 16737/15 e da Cass. n. 7930/16.

Va altresì osservato come quanto stabilito dalle SSUU nella sentenza cit. si sia fatto carico anche dei profili di jus superveniens riconducibili all'emanazione sia del co.3 bis dell'art. 9 dl. 557/93 conv. in  l.222/07, come introdotto dall'articolo 42 bis d.l. 159/07 conv. in l.222/07; sia del co.1 bis dell'art.23 d.l. 207/08 conv. in l.14/09.

Con la conseguenza che nemmeno in base a questa normativa - salva l'ipotesi di mancato accatastamento - e dato al giudice tributario di accertare in concreto, incidentalmente, il carattere rurale del fabbricato di cui si sostenga l'esenzione da Ici.

Applicando questo indirizzo interpretativo al caso di specie, risulta dunque priva di fondamento la tesi del G., secondo cui i fabbricati in suo possesso dovrebbero ritenersi senz'altro esenti da Ici in considerazione del solo asservimento dei medesimi all'attività agricola da lui esercitata; indipendentemente dalla mancata classificazione catastale A6 o D10.

3.1 Con il terzo motivo di ricorso il G. deduce violazione e falsa applicazione dell'articolo 7, co.2 bis, d.l. 70/11, conv.in l. 106/11, nonché dell'art. 13, co.14 bis, d.l. 201/11 conv. in l. 214/11; per non avere la commissione tributaria regionale considerato che l'istanza autocertificata di variazione catastale in categoria A6 o D10 sortiva effetto retroattivo quinquennale a decorrere dalla sua presentazione, nella specie avvenuta il 29 settembre 2011.

3.2 Questo motivo va accolto.

Occorre infatti dare conto dell'ulteriore jus superveniens costituito: - dal d.l. n. 70 del 13 maggio 2011, convertito dalla legge n. 106 del 12 luglio 2011 che, all'art 7, comma 2 bis, ha previsto che, ai fini del riconoscimento della ruralità degli immobili, i contribuenti avessero la facoltà (esercitabile entro il 30 settembre 2011) di presentare all'allora Agenzia del Territorio una domanda di variazione della categoria catastale per l'attribuzione delle categoria A/6 e D/10, a seconda della destinazione, abitativa o strumentale, dell'immobile, sulla base di un'autocertificazione attestante che quest'ultimo possedeva i requisiti di ruralità di cui all'art. 9 del D.L. n. 557/1993, convertito in L. n. 133/1994, e modificato dall'art. 42 bis del D.L. 1 ottobre 2007, n. 159, convertito con modificazioni in L. 29 novembre 2007, n. 159, "in via continuativa a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda"; - dal d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, in L. 22 dicembre 2011, n. 214 che ha quindi stabilito, all'art. 13, comma 14 bis, che le domande di variazione di cui al predetto D.L. n. 70 del 2011, producessero "gli effetti previsti in relazione al riconoscimento del requisito della ruralità fermo restando il classamento originario de gli immobili ad uso abitativo"; - dal d.l. 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, in L. 28 ottobre 2013, n. 124, all'art. 2, comma 5 ter, che ha stabilito che "ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, l'articolo 3, comma 14 bis, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, deve intendersi nel senso che le domande di variazione catastale presentate ai sensi dell'articolo 7, comma 2 bis, del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 2011, n. 106, e l'inserimento dell'annotazione degli atti catastali, producono gli effetti previsti per il requisito di ruralità di cui all'articolo 9 del decreto legge 30 dicembre n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994 n. 133, e successive modificazioni, a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda".

Ora, il dato normativo depone univocamente nel senso che l'istanza autocertificata di variazione catastale in oggetto esplichi effetto retroattivo quinquennale, a decorrere dalla data di sua presentazione.

Posto che tale istanza, come riferito dalla stessa CTR, è stata qui presentata dal G. il 29 settembre 2011, i suoi effetti debbono farsi retroagire ai cinque anni precedenti; cosi da implicare l'esenzione Ici per l'annualità di imposta in discussione (2008).

3.3 Va tuttavia considerato come l'accertata esenzione attesti l'infondatezza dell'avviso di accertamento notificato dal Comune per Ici a saldo di euro 713,00; senza che, con ciò, possa darsi ingresso alla domanda di rimborso del maggior importo versato allo stesso titolo, così come proposta dal G., per la prima volta, con il ricorso introduttivo.

Va fatta qui applicazione del principio secondo cui la ripetizione dell'indebito in ambito fiscale è assistita da una disciplina speciale, dovendo essa trovare coordinamento con la natura impugnatoria del giudizio tributario. Sicché, in tanto può in quest'ultimo proporsi domanda di rimborso, in quanto tale domanda venga proposta quale impugnativa del diniego di accoglimento di apposita istanza di restituzione presentata nella fase amministrativa; presentazione a sua volta subordinata all'osservanza di un termine di natura decadenziale, così come previsto dalle singole leggi di imposta o, in difetto, dalle stesse disposizioni sul contenzioso tributario ex artt. 19, comma 1, lett. g), e 21, comma 2, d.lgs. 546/92 (Cass. ord. n. 6900/14; Cass. 15840/06).

In definitiva, la sentenza va cassata in relazione al profilo accolto.

Poiché non sono necessari ulteriori accertamenti in fatto, né sono state dedotte altre questioni controverse, sussistono i presupposti per la decisione nel merito ex art. 384 cod.proc.civ., mediante accoglimento del ricorso introduttivo del contribuente limitatamente all'importo a saldo dedotto nell'avviso di accertamento opposto.

Le spese dell'intero giudizio vanno compensate, in considerazione della complessa evoluzione normativa e giurisprudenziale in materia (in parte successiva anche alla stessa presentazione del ricorso), nonché della limitazione dell'accoglimento della domanda al solo importo differenziale a saldo.

 

P.Q.M.

 

 - respinge il primo ed il secondo motivo di ricorso, accoglie il terzo;

- cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo del G. limitatamente all'importo a saldo dedotto nell'avviso di accertamento opposto;

- compensa le spese di legittimità e merito.