Giurisprudenza - CORTE DI GIUSTIZIA CE-UE - Sentenza 26 aprile 2017, n. C-564/15

Rinvio pregiudiziale - Rilievo d’ufficio di un motivo vertente sulla violazione del diritto dell’Unione - Principi di equivalenza e di effettività - Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto - Direttiva 2006/112/CE - Diritto a detrazione dell’imposta versata a monte - Sistema dell’inversione contabile - Articolo 199, paragrafo 1, lettera g) - Applicazione soltanto in caso di beni immobili - Versamento indebito dell’imposta, da parte dell’acquirente di beni al venditore, sulla base di una fattura redatta in modo errato - Decisione dell’autorità tributaria che accerta l’esistenza di un debito d’imposta a carico dell’acquirente di beni, nega il versamento dell’importo detratto da questi richiesto e gli irroga una sanzione tributaria

 

1. La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1), come modificata dalla direttiva 2010/45/UE del Consiglio, del 13 luglio 2010 (GU 2010, L 189, pag. 1) (in prosieguo: la "direttiva 2006/112"), nonché dei principi di neutralità fiscale e di proporzionalità.

2. Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia pendente tra il sig. Tibor Farkas e il Nemzeti Adó- és Vámhivatal Dél-alföldi Regionális Adó Főigazgatósága (Direzione generale tributaria della regione di Dél-alföld, appartenente all’amministrazione nazionale delle imposte e delle dogane, Ungheria; in prosieguo: l’"amministrazione tributaria ungherese") in merito alla decisione di quest’ultima che accerta un debito d’imposta a carico del sig. Farkas e gli irroga una sanzione tributaria a motivo della mancata applicazione delle disposizioni nazionali relative al sistema dell’inversione contabile.

 

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

3. Ai sensi del considerando 42 della direttiva 2006/112, "[i]n determinati casi gli Stati membri dovrebbero poter designare il beneficiario delle forniture di beni o delle prestazioni di servizi quale soggetto debitore dell’imposta. Tale misura dovrebbe aiutare gli Stati membri a semplificare le regole e a contrastare l’elusione e l’evasione fiscale in determinati settori e per taluni tipi di operazioni".

4. L’articolo 167 di tale direttiva prevede quanto segue:

"Il diritto a detrazione sorge quando l’imposta detraibile diventa esigibile".

5. L’articolo 168, lettera a), della medesima direttiva stabilisce quanto segue:

"Nella misura in cui i beni e i servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo ha il diritto, nello Stato membro in cui effettua tali operazioni, di detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore gli importi seguenti:

a) l’[imposta sul valore aggiunto (IVA)] dovuta o assolta in tale Stato membro per i beni che gli sono o gli saranno ceduti e per i servizi che gli sono o gli saranno resi da un altro soggetto passivo;

(...)".

6. L’articolo 178, lettere a) e f), della direttiva 2006/112 prevede quanto segue:

"Per poter esercitare il diritto a detrazione, il soggetto passivo deve soddisfare le condizioni seguenti:

a) per la detrazione di cui all’articolo 168, lettera a), relativa alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi, essere in possesso di una fattura redatta conformemente al titolo XI, capo 3, sezioni da 3 a 6;

(...)

f) quando è tenuto ad assolvere l’imposta quale destinatario o acquirente in caso di applicazione degli articoli da 194 a 197 o dell’articolo 199, adempiere alle formalità fissate da ogni Stato membro".

7. Conformemente all’articolo 193 della direttiva 2006/112, l’IVA è dovuta dal soggetto passivo che effettua una cessione di beni o una prestazione di servizi imponibile, eccetto nei casi in cui l’imposta è dovuta da una persona diversa in virtù degli articoli da 194 a 199 e 202 di tale direttiva.

8. L’articolo 199, paragrafo 1, lettera g), della citata direttiva stabilisce quanto segue:

"Gli Stati membri possono stabilire che il debitore dell’imposta sia il soggetto passivo nei cui confronti sono effettuate le seguenti operazioni:

(...)

g) cessione di beni immobili in una vendita giudiziale al pubblico incanto da parte di un debitore giudiziario.

(...)".

9. L’articolo 226, punto 11 bis, della direttiva 2006/112 prevede quanto segue:

"Salvo le disposizioni speciali previste dalla presente direttiva, nelle fatture emesse a norma degli articoli 220 e 221 sono obbligatorie ai fini dell’IVA soltanto le indicazioni seguenti:

(...)

11 bis) se l’acquirente/destinatario è debitore dell’imposta, la dicitura "inversione contabile"(...)".

10. Ai sensi dell’articolo 395 di tale direttiva:

"1. Il Consiglio, deliberando all’unanimità su proposta della Commissione, può autorizzare ogni Stato membro ad introdurre misure speciali di deroga alla presente direttiva, allo scopo di semplificare la riscossione dell’imposta o di evitare talune evasioni o elusioni fiscali. (...)

2. Lo Stato membro che desidera introdurre le misure di cui al paragrafo 1 invia una domanda alla Commissione fornendole tutti i dati necessari. (...)

Non appena la Commissione dispone di tutti i dati che ritiene necessari per la valutazione, ne informa lo Stato membro richiedente entro un mese e trasmette la domanda, nella lingua originale, agli altri Stati membri.

3. Entro i tre mesi successivi all’invio dell’informazione di cui al paragrafo 2, secondo comma, la Commissione presenta al Consiglio una proposta appropriata o, qualora la domanda di deroga susciti obiezioni da parte sua, una comunicazione nella quale espone tali obiezioni.

4. La procedura di cui ai paragrafi 2 e 3 deve essere completata, in ogni caso, entro otto mesi dal ricevimento della domanda da parte della Commissione".

 

Diritto ungherese

11. L’articolo 142 dell’általános forgalmi adóról szóló 2007. évi CXXVII. törvény (legge n. CXXVII del 2007, in materia di imposta sul valore aggiunto), nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: la "legge sull’IVA"), prevede quanto segue:

"1. L’imposta deve essere assolta dall’acquirente del bene o dal destinatario del servizio:

(...)

g) in caso di cessione di beni di investimento dell’impresa o di altre cessioni di beni o prestazioni di servizi aventi un valore di mercato superiore a 100 000 fiorini ungheresi [(HUF) (circa EUR 324)] al momento dell’esecuzione, se il soggetto passivo tenuto alla suddetta esecuzione è oggetto di una procedura di liquidazione o di qualsiasi altra procedura diretta a far constatare definitivamente la sua insolvibilità;

(...)

7. Ove si applichi il paragrafo 1, il cedente dei beni o il prestatore dei servizi assume l’onere di emettere una fattura che non includa né l’importo dell’IVA dovuta né l’aliquota stabilita dall’articolo 83.

(...)".

12. L’articolo 169, lettera n), della legge sull’IVA così dispone:

"Nella fattura sono obbligatoriamente contenute le seguenti indicazioni:

(...)

n) se l’acquirente/destinatario è debitore dell’imposta, la dicitura "inversione contabile";

(...)".

13. L’articolo 170, paragrafi 1 e 2, dell’adózás rendjéről szóló 2003. évi XCII. törvény (legge n. XCII del 2003, sul regime di imposizione), nella versione applicabile ai fatti di cui al procedimento principale (in prosieguo: la "legge recante il codice di procedura tributaria"), enuncia quanto segue:

"1. Qualora il pagamento dell’imposta risulti insufficiente, si deve pagare una sanzione tributaria. L’importo della sanzione è pari, salvo disposizioni contrarie della presente legge, al 50% dell’importo non versato. L’ammontare della sanzione è pari al 200% dell’importo non versato se la differenza rispetto all’importo da versare è collegata all’omessa dichiarazione dei redditi, o alla falsificazione o alla distruzione di elementi di prova, di libri contabili o registri. Una sanzione tributaria è parimenti inflitta dalle autorità tributarie allorché il contribuente presenta senza averne diritto una richiesta di aiuto o di rimborso dell’imposta o una dichiarazione relativa a un bene, un aiuto o un rimborso e l’amministrazione ha constatato l’assenza di un diritto in tal senso del contribuente prima dell’assegnazione. In tal caso la base di calcolo dell’ammenda è pari all’importo indebitamente preteso.

2. La differenza d’imposta constatata a carico del contribuente, in caso di inversione contabile, deve essere considerata come un pagamento insufficiente dell’imposta soltanto se detta differenza non è stata pagata prima della scadenza o se si sia beneficiato di un aiuto di bilancio. (...)".

14. Ai sensi dell’articolo 171 della legge recante il codice di procedura tributaria:

"1. L’aliquota della sanzione può essere ridotta, o la sanzione può addirittura essere condonata, d’ufficio o su istanza, in presenza di circostanze che meritano di essere considerate come eccezionali e che consentono di concludere che il soggetto passivo, o il suo rappresentante, dipendente, membro o mandatario all’origine del debito d’imposta ha agito con il discernimento che ci si poteva aspettare da lui in quella determinata situazione. Occorre determinare la riduzione della sanzione prendendo in considerazione tutte le circostanze del caso di specie, segnatamente l’entità del debito d’imposta, le circostanze in cui è sorto, la gravità e la frequenza della condotta illecita del soggetto passivo (azione o omissione).

2. La sanzione non è ridotta, né d’ufficio né su istanza, quando il debito d’imposta è collegato all’omessa dichiarazione dei redditi, alla falsificazione o alla distruzione di elementi di prova, di libri contabili o registri.

(...)".

 

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

15. Nell’ambito di una procedura di asta elettronica organizzata dalle autorità tributarie, il sig. Farkas ha acquistato un hangar mobile da una società a responsabilità limitata, debitrice di un credito fiscale. Il venditore in questione ha emesso la fattura, comprensiva dell’IVA relativa a tale operazione, conformemente alle norme applicabili alla tassazione ordinaria. Quando il sig. Farkas ha pagato il prezzo di vendita all’asta, ha versato l’IVA indicata da tale venditore, il quale ha versato tale imposta all’amministrazione tributaria ungherese.

16. Il sig. Farkas ha portato in detrazione a valle l’IVA riportata su tale fattura. Il Nemzeti Adó- és Vámhivatal Bács-Kiskun Megyei Adóigazgatósága (Direzione provinciale tributaria di Bács-Kiskun, appartenente all’amministrazione nazionale delle imposte e delle dogane, Ungheria) ha successivamente effettuato verifiche dei rimborsi richiesti dal sig. Farkas sulle dichiarazioni IVA relative al quarto trimestre 2012. Tale autorità fiscale ha constatato che le norme che disciplinano il sistema dell’inversione contabile, ai sensi dell’articolo 142, paragrafo 1, lettera g), della legge sull’IVA, secondo le quali spettava al sig. Farkas, in qualità di acquirente del bene, pagare direttamente l’IVA all’Erario, non erano state rispettate. Con una decisione dell’11 luglio 2014, confermata da una decisione del 7 novembre 2014, l’amministrazione tributaria ungherese ha quindi accertato, a carico del sig. Farkas, una differenza fiscale pari a HUF 744 000 (circa EUR 2 400), ha respinto la sua richiesta di rimborso dell’IVA pagata al venditore di cui trattasi e gli ha imposto il pagamento di una sanzione tributaria pari a HUF 372 000 (circa EUR 1 200).

17. Il sig. Farkas sostiene che l’amministrazione tributaria ungherese gli ha negato il diritto di detrarre l’IVA a causa di un errore di forma, ossia che la fattura in questione era stata emessa secondo il regime di tassazione ordinaria anziché secondo quello di inversione contabile, violando in tal modo il diritto dell’Unione. Egli ritiene che la decisione che pone a suo carico una differenza fiscale sia ingiustificata dal momento che il suddetto venditore ha versato all’Erario l’IVA di cui trattasi. Il sig. Farkas ha adito il giudice del rinvio affinché quest’ultimo chieda alla Corte se la negazione del suo diritto a detrazione sia conforme al diritto dell’Unione.

18. Il giudice del rinvio ritiene che l’amministrazione tributaria ungherese non abbia negato il diritto a detrazione dell’IVA del sig. Farkas, ma l’abbia obbligato a pagare l’imposta dovuta in virtù delle norme sulla tassazione mediante inversione contabile, conformemente all’articolo 142, paragrafo 1, lettera g), della legge sull’IVA. La differenza a suo carico corrisponderebbe all’IVA indicata sulla fattura relativa all’operazione di cui trattasi. Secondo il giudice del rinvio, a seguito delle decisioni dell’amministrazione tributaria ungherese, sebbene il sig. Farkas abbia versato l’IVA al venditore in questione, egli ne è considerato come debitore nei confronti dell’Erario. Infatti, sebbene l’amministrazione tributaria ungherese non contesti il suo diritto di detrarre l’IVA assolta, essa detrae, dall’importo di cui chiede il rimborso, la differenza fiscale che essa ritiene sia a suo carico. Poiché i due importi sono uguali, si annullano. Il giudice del rinvio constata, peraltro, che detto venditore ha versato l’IVA all’Erario, di modo che quest’ultimo non ha subito alcun pregiudizio dal fatto che la fattura in questione sia stata emessa erroneamente secondo il regime di tassazione ordinaria anziché secondo quello di inversione contabile. Inoltre, a suo avviso, non vi è alcun elemento indicante la presenza di una frode fiscale o di un’intenzione di ottenere un vantaggio fiscale.

19. Il giudice del rinvio considera che, in pratica, la decisione dell’amministrazione tributaria ungherese impedisce in definitiva al sig. Farkas di esercitare il suo diritto a detrazione. Tenuto conto del fatto che il diritto a detrazione dell’IVA, conformemente alla direttiva 2006/112 e alla giurisprudenza della Corte, può essere negato soltanto nei casi di comprovata evasione fiscale, tale decisione non risulterebbe proporzionata all’obiettivo perseguito con il regime della tassazione mediante inversione contabile.

20. Alla luce di quanto sopra, il Kecskeméti Közigazgatási és Munkaügyi Bíróság (tribunale amministrativo e del lavoro di Kecskemét, Ungheria) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

"1) Se sia compatibile con le disposizioni della direttiva 2006/112, in particolare con il principio di proporzionalità, con gli obiettivi di neutralità fiscale e di prevenzione dell’evasione fiscale, la pratica dell’autorità tributaria, basata sulle disposizioni della legge sull’IVA, con riferimento alla quale la suddetta autorità dichiara una differenza fiscale a carico dell’acquirente di un bene (o destinatario di un servizio) nel caso in cui il cedente del bene (o prestatore del servizio) emetta una fattura relativa ad un’operazione soggetta al regime dell’inversione contabile secondo il sistema di tassazione ordinaria, dichiarando e versando all’Erario l’IVA relativa alla suddetta fattura, e l’acquirente del bene (o destinatario del servizio), dal canto suo, detragga l’IVA versata all’emittente della fattura, sebbene non possa avvalersi del diritto a detrazione relativamente all’IVA accertata come differenza fiscale.

2) Se sia proporzionata la sanzione per avere scelto una modalità di tassazione errata nel caso di dichiarazione di una differenza fiscale che comporta anche l’imposizione di una sanzione tributaria del 50%, qualora non si sia prodotta alcuna perdita di gettito per l’Erario né sussistano indizi di abuso".

 

Sulle questioni pregiudiziali

Osservazioni preliminari

21. Dalla decisione di rinvio risulta che l’operazione oggetto del procedimento principale consiste nell’acquisto, da parte del sig. Farkas, di un hangar mobile nel corso di un’asta elettronica organizzata dalle autorità tributarie nazionali. Ai sensi dell’articolo 142, paragrafo 1, lettera g), della legge sull’IVA che, secondo il giudice del rinvio, recepisce l’articolo 199, paragrafo 1, lettera g), della direttiva 2006/112, tali autorità hanno considerato che tale operazione doveva essere soggetta al meccanismo dell’inversione contabile e hanno chiesto al sig. Farkas il pagamento dell’IVA relativa a tale vendita, irrogandogli, al contempo, una sanzione tributaria.

22. Interrogato dalla Corte in udienza, il governo ungherese ha affermato che l’operazione oggetto del procedimento principale riguarda la cessione di un bene mobile e che l’articolo 142, paragrafo 1, lettera g), della legge sull’IVA si applica sia ai beni mobili che a quelli immobili.

23. A tal riguardo, occorre rilevare che, conformemente all’articolo 193 della direttiva 2006/112, l’IVA è dovuta dal soggetto passivo che effettua una cessione di beni imponibile, eccetto che nei casi in cui l’imposta è dovuta da una persona diversa in virtù degli articoli da 194 a 199 e dell’articolo 202 di tale direttiva. L’articolo 199, paragrafo 1, lettera g), della direttiva 2006/112 prevede che gli Stati membri possano stabilire che il debitore dell’imposta sia il soggetto passivo nei cui confronti sono effettuate le operazioni di cessione di beni immobili in una vendita giudiziale al pubblico incanto da parte di un debitore giudiziario.

24. Dal considerando 42 della direttiva 2006/112 risulta che l’obiettivo perseguito da tale articolo 199, paragrafo 1, lettera g), è quello di consentire agli Stati membri di ricorrere al meccanismo dell’inversione contabile in determinati settori e per taluni tipi di operazioni, al fine di semplificare le regole e contrastare l’elusione e l’evasione fiscale. Tale disposizione permette in tal modo alle autorità tributarie di riscuotere l’IVA applicata alle operazioni di cui trattasi quando la capacità del debitore di pagarla è compromessa (sentenza del 13 giugno 2013, Promociones y Construcciones BJ 200, C‑125/12, EU:C:2013:392, punto 28).

25. La Corte ha già dichiarato che l’articolo 199, paragrafo 1, lettera g), della direttiva 2006/112 costituisce un’eccezione al principio, ricordato all’articolo 193 di tale direttiva, secondo cui l’IVA è dovuta dal soggetto passivo che effettua una cessione di beni o una prestazione di servizi imponibile e dev’essere quindi interpretato restrittivamente. Detto articolo 199 permette, infatti, agli Stati membri di ricorrere, nelle situazioni indicate al suo paragrafo 1, lettere da a) a g), al meccanismo dell’inversione contabile, secondo il quale il debitore dell’IVA è il soggetto passivo nei cui confronti sono effettuate operazioni assoggettate all’IVA (v., in tal senso, sentenza del 13 giugno 2013, Promociones y Construcciones BJ 200, C‑125/12, EU:C:2013:392, punti 23 e 31).

26. Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 28 delle sue conclusioni, il fatto che il meccanismo dell’inversione contabile sia un’eccezione al principio sancito dall’articolo 193 della direttiva 2006/112 implica che deroghe a tale principio operano solo se espressamente previste da tale direttiva.

27. Orbene, l’articolo 199, paragrafo 1, lettera g), della direttiva 2006/112 ha ad oggetto soltanto i beni immobili e non quelli mobili. Pertanto, la vendita di un bene mobile nell’ambito di una vendita all’asta, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, non rientra nel suo ambito di applicazione.

28. Certamente, l’articolo 395 della direttiva 2006/112 prevede che gli Stati membri abbiano la possibilità di chiedere che sia loro riconosciuto il diritto di introdurre misure speciali di deroga a tale direttiva, allo scopo di semplificare la riscossione dell’imposta e di evitare talune evasioni o elusioni fiscali. Tuttavia, il governo ungherese ha confermato in udienza che l’Ungheria non ha beneficiato di una tale deroga nell’ambito dell’articolo 199, paragrafo 1, lettera g), della direttiva 2006/112.

29. In questo contesto, è opportuno rilevare che l’articolo 142, paragrafo 1, lettera g), della legge sull’IVA estende l’applicazione del regime dell’inversione contabile alle cessioni di beni mobili, andando oltre quanto consentito dalla lettera dell’articolo 199, paragrafo 1, lettera g), della direttiva 2006/112, il quale riguarda soltanto le cessioni di beni immobili. Pertanto, l’applicazione del regime dell’inversione contabile e l’imposizione della sanzione tributaria oggetto del procedimento principale sarebbero incompatibili con tale direttiva, qualora la vendita all’asta di cui trattasi nel procedimento principale riguardasse un bene mobile.

30. Tuttavia, fatte salve le verifiche necessarie da parte del giudice del rinvio, risulta dagli elementi del fascicolo trasmessi dallo stesso giudice nonché dalle discussioni durante l’udienza svoltasi dinanzi alla Corte che la questione della compatibilità di detto articolo 142, paragrafo 1, lettera g), con l’articolo 199, paragrafo 1, lettera g), della direttiva 2006/112 non è stata sollevata nell’ambito del procedimento principale.

31. A tal riguardo, occorre ricordare che, conformemente alla giurisprudenza costante della Corte, in mancanza di norme dell’Unione relative a una questione procedurale, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilirle, in forza del principio di autonomia procedurale, a condizione, tuttavia, che esse non siano meno favorevoli rispetto a quelle relative a situazioni analoghe assoggettate al diritto nazionale (principio di equivalenza) e che non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione (principio di effettività) (v., in tal senso, sentenze del 7 giugno 2007, van der Weerd e a., da C‑222/05 a C‑225/05, EU:C:2007:318, punto 28 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 17 marzo 2016, Bensada Benallal, C‑161/15, EU:C:2016:175, punto 24 e giurisprudenza ivi citata).

32. Da un lato, occorre ricordare che il diritto dell’Unione, e in particolare il principio di effettività, in via di principio, non impone ai giudici nazionali di sollevare d’ufficio un motivo vertente sulla violazione di disposizioni di tale diritto, qualora l’esame di tale motivo li obblighi a violare i limiti della lite quale circoscritta dalle parti e a basarsi su fatti e circostanze diversi da quelli che la parte interessata all’applicazione di dette disposizioni ha posto a fondamento della propria domanda (v. in tal senso, in particolare, sentenze del 14 dicembre 1995, van Schijndel e van Veen, C‑430/93 e C‑431/93, EU:C:1995:441, punto 22, nonché del 7 giugno 2007, van der Weerd e a., da C‑222/05 a C‑225/05, EU:C:2007:318, punto 36).

33. Tale limitazione del potere del giudice nazionale è giustificata dal principio secondo il quale l’iniziativa di un processo spetta alle parti e che, pertanto, quando il diritto processuale nazionale offre alla parte interessata una possibilità effettiva di sollevare un motivo fondato sul diritto dell’Unione, il giudice nazionale può agire d’ufficio solo in casi eccezionali in cui il pubblico interesse esige il suo impulso (v., in tal senso, sentenza del 7 giugno 2007, van der Weerd e a., da C‑222/05 a C‑225/05, EU:C:2007:318, punti 35 e 41 e giurisprudenza ivi citata).

34. Nel caso di specie, va osservato che non risulta dagli elementi del fascicolo di cui dispone la Corte che al ricorrente nel procedimento principale sia stato vietato dal diritto processuale nazionale di sollevare il motivo vertente sull’eventuale incompatibilità dell’articolo 142, paragrafo 1, lettera g), della legge sull’IVA con l’articolo 199, paragrafo 1, lettera g), della direttiva 2006/112 (v., per analogia, sentenza del 7 giugno 2007, van der Weerd e a., da C‑222/05 a C‑225/05, EU:C:2007:318, punto 41).

35. Dall’altro lato, occorre osservare che il rispetto del principio di equivalenza esige che, quando le disposizioni del diritto nazionale relative alle modalità procedurali impongono a un giudice l’obbligo di sollevare d’ufficio un motivo fondato sulla violazione del diritto nazionale, un obbligo siffatto deve prevalere allo stesso modo relativamente a un motivo della stessa natura vertente sulla violazione del diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenze del 14 dicembre 1995, van Schijndel e van Veen, C‑430/93 e C‑431/93, EU:C:1995:441, punto 13, nonché del 17 marzo 2016, Bensada Benallal, C‑161/15, EU:C:2016:175, punto 30). Lo stesso vale nel caso in cui il diritto nazionale conferisce al giudice la facoltà di rilevare d’ufficio un siffatto motivo (v., in tal senso, sentenza del 14 dicembre 1995, van Schijndel e van Veen, C‑430/93 e C‑431/93, EU:C:1995:441, punto 14).

36. A tal riguardo, in risposta ad un quesito posto dalla Corte in udienza, il governo ungherese ha affermato che, in forza del suo diritto nazionale, il giudice del rinvio aveva la possibilità di sollevare d’ufficio un motivo vertente sulla violazione di una norma di diritto nazionale, come anche un motivo vertente sulla violazione di una norma del diritto dell’Unione.

37. Orbene, occorre ricordare che, nell’ambito di un procedimento ai sensi dell’articolo 267 TFUE, basato sulla netta separazione delle funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, il giudice nazionale è l’unico competente ad esaminare e valutare i fatti del procedimento principale nonché a interpretare e ad applicare il diritto nazionale (v., in particolare, sentenze del 18 luglio 2007, Lucchini, C‑119/05, EU:C:2007:434, punto 43, nonché del 26 maggio 2011, Stichting Natuur en Milieu e a., da C‑165/09 a C‑167/09, EU:C:2011:348, punto 47).

38. Inoltre, emerge altresì da una giurisprudenza costante che spetta alla Corte fornire al giudice nazionale una soluzione utile che gli consenta di dirimere la controversia di cui è investito (sentenza dell’11 settembre 2014, B., C‑394/13, EU:C:2014:2199, punto 21 e giurisprudenza ivi citata).

39. Nel caso di specie, dal momento che spetta al giudice del rinvio stabilire, da un lato, se un hangar mobile, come quello la cui cessione costituisce l’operazione oggetto del procedimento principale, sia un bene mobile o immobile, e, dall’altro, se lo stesso possa sollevare d’ufficio l’incompatibilità dell’articolo 142, paragrafo 1, lettera g), della legge sull’IVA con l’articolo 199, paragrafo 1, lettera g), della direttiva 2006/112, non si può escludere che la risposta alle questioni sollevate resti rilevante al fine di dirimere la controversia oggetto del procedimento principale. Occorre pertanto rispondere a tali questioni.

 

Sulla prima questione

40. Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se le disposizioni della direttiva 2006/112 nonché i principi di neutralità fiscale e di proporzionalità debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a che, in una situazione come quella oggetto del procedimento principale, l’acquirente di un bene venga privato del diritto a detrazione dell’IVA che ha indebitamente versato al venditore sulla base di una fattura redatta conformemente alle norme relative al regime ordinario dell’IVA, mentre l’operazione rilevante era soggetta al meccanismo dell’inversione contabile, nel caso in cui il venditore ha versato detta imposta all’Erario.

41. Si deve ricordare che, per effetto dell’applicazione del regime dell’inversione contabile, non si verifica alcun versamento dell’IVA tra il fornitore e l’acquirente dei beni, dato che quest’ultimo è debitore, per le operazioni effettuate, dell’IVA a monte, pur potendo in linea di principio detrarre questa stessa imposta, cosicché nulla è dovuto all’amministrazione tributaria (v., in tal senso, sentenza del 6 febbraio 2014, Fatorie, C‑424/12, EU:C:2014:50, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).

42. Occorre parimenti sottolineare che il diritto a detrazione costituisce parte integrante del meccanismo dell’IVA e, in linea di principio, non può essere soggetto a limitazioni (sentenze del 15 luglio 2010, Pannon Gép Centrum, C‑368/09, EU:C:2010:441, punto 37; del 6 febbraio 2014, Fatorie, C‑424/12, EU:C:2014:50, punto 30, e del 28 luglio 2016, Astone, C‑332/15, EU:C:2016:614, punto 30).

43. Il regime delle detrazioni è inteso a esonerare interamente il soggetto passivo dall’IVA dovuta o assolta nell’ambito di tutte le sue attività economiche. Il sistema comune dell’IVA garantisce, di conseguenza, la neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di dette attività, purché queste siano, in linea di principio, a loro volta soggette all’IVA (v. sentenze del 22 febbraio 2001, Abbey National, C‑408/98, EU:C:2001:110, punto 24; del 6 febbraio 2014, Fatorie, C‑424/12, EU:C:2014:50, punto 31, e del 28 luglio 2016, Astone, C‑332/15, EU:C:2016:614, punto 29).

44. Occorre inoltre ricordare che, per quanto riguarda le modalità di esercizio del diritto a detrazione dell’IVA in una procedura di inversione contabile di cui all’articolo 199, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, un soggetto passivo che, quale acquirente di un bene, è debitore dell’IVA corrispondente a quest’ultimo non è tenuto a essere in possesso di una fattura redatta conformemente ai requisiti formali di tale direttiva per poter esercitare il suo diritto a detrazione, e deve unicamente osservare le formalità stabilite dallo Stato membro interessato nell’esercizio della facoltà di scelta offerta allo stesso dall’articolo 178, lettera f), della citata direttiva (v., in tal senso, sentenza del 6 febbraio 2014, Fatorie, C‑424/12, EU:C:2014:50, punti 32 e 33).

45. Nel caso di specie, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale emerge che la fattura di cui trattasi nel procedimento principale non contiene la dicitura "inversione contabile", contrariamente a quanto disposto dall’articolo 169, lettera n), della legge sull’IVA, e che il sig. Farkas ha erroneamente versato l’IVA, impropriamente menzionata in tale fattura, al venditore di cui trattasi nel procedimento principale mentre, in applicazione del regime dell’inversione contabile, avrebbe dovuto, in qualità di destinatario del bene, corrispondere l’IVA alle autorità tributarie conformemente all’articolo 199, paragrafo 1, lettera g), della direttiva 2006/112. Pertanto, oltre al fatto che detta fattura non rispetta gli obblighi formali previsti dalla normativa nazionale, non risulta rispettato un obbligo sostanziale di tale regime.

46. Come dichiarato dalla Corte nella sentenza del 6 febbraio 2014, Fatorie (C‑424/12, EU:C:2014:50, punto 38), occorre considerare che una simile situazione ha impedito all’amministrazione tributaria ungherese di controllare l’applicazione del regime dell’inversione contabile e ha determinato un rischio di perdita di gettito fiscale per lo Stato membro interessato.

47. Peraltro, si deve osservare che l’esercizio del diritto a detrazione è limitato alle sole imposte dovute, vale a dire alle imposte corrispondenti a un’operazione soggetta all’IVA o versate in quanto dovute (v., in tal senso, sentenza del 6 febbraio 2014, Fatorie, C‑424/12, EU:C:2014:50, punto 39). Orbene, l’IVA versata dal sig. Farkas al venditore dell’hangar mobile di cui trattasi nel procedimento principale non era dovuta.

48. Pertanto, dato che tale IVA non era dovuta e che il versamento della stessa non rispettava un obbligo sostanziale del regime dell’inversione contabile, il sig. Farkas non può invocare un diritto a detrazione di tale IVA.

49. Tuttavia, il sig. Farkas può chiedere il rimborso dell’imposta che egli ha indebitamente versato a detto venditore dell’hangar mobile, conformemente al diritto nazionale (v., in tal senso, sentenza del 6 febbraio 2014, Fatorie, C‑424/12, EU:C:2014:50, punto 42).

50. A tal riguardo, la Corte ha già dichiarato che, in mancanza di disciplina dell’Unione in materia di domande di rimborso delle imposte, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire i requisiti al ricorrere dei quali tali domande possono essere presentate, purché i requisiti in questione rispettino i principi di equivalenza e di effettività, vale a dire, non siano meno favorevoli di quelli che riguardano reclami analoghi basati su norme di natura interna e non siano congegnati in modo da rendere praticamente impossibile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 15 marzo 2007, Reemtsma Cigarettenfabriken, C‑35/05, EU:C:2007:167, punto 37).

51. Dal momento che spetta in via di principio agli Stati membri determinare le condizioni in cui l’IVA indebitamente fatturata può essere regolarizzata, la Corte ha riconosciuto che un sistema nel quale, da un lato, il venditore del bene che ha versato erroneamente alle autorità tributarie l’IVA può chiederne il rimborso e, dall’altro, l’acquirente di tale bene può esercitare un’azione civilistica di ripetizione dell’indebito nei confronti di tale venditore, rispetta i principi di neutralità e di effettività. Tale sistema, infatti, consente a detto acquirente, gravato dell’imposta erroneamente fatturata, di ottenere il rimborso delle somme indebitamente versate (v., in tal senso, sentenza del 15 marzo 2007, Reemtsma Cigarettenfabriken, C‑35/05, EU:C:2007:167, punti 38 e 39 e giurisprudenza ivi citata).

52. Inoltre, secondo una giurisprudenza costante, in mancanza di una disciplina dell’Unione in materia, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro, in virtù del principio di autonomia procedurale degli Stati membri, stabilire le modalità procedurali intese a garantire la tutela dei diritti riconosciuti ai soggetti dell’ordinamento dal diritto dell’Unione (v., in particolare, sentenze del 16 maggio 2000, Preston e a., C‑78/98, EU:C:2000:247, punto 31, nonché del 15 marzo 2007, Reemtsma Cigarettenfabriken, C‑35/05, EU:C:2007:167, punto 40).

53. Tuttavia, se il rimborso dell’IVA risulta impossibile o eccessivamente difficile, segnatamente in caso d’insolvenza del venditore, il principio di effettività può imporre che l’acquirente del bene di cui trattasi sia legittimato ad agire per il rimborso direttamente nei confronti delle autorità tributarie. Gli Stati membri devono dunque prevedere gli strumenti e le modalità procedurali necessari per consentire a detto acquirente di recuperare l’imposta indebitamente fatturata, in modo da rispettare il principio di effettività (v., in tal senso, sentenza del 15 marzo 2007, Reemtsma Cigarettenfabriken, C‑35/05, EU:C:2007:167, punto 41).

54. Nell’ambito del procedimento principale, si deve osservare, da un lato, che dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che il venditore che ha ceduto l’hangar mobile di cui trattasi nel procedimento principale è oggetto di una procedura fallimentare, il che potrebbe evidenziare che è eccessivamente difficile o impossibile che il sig. Farkas possa ottenere il rimborso dell’IVA che tale venditore gli ha indebitamente fatturato. Dall’altro, a seguito delle decisioni dell’amministrazione tributaria ungherese, il sig. Farkas è stato considerato come debitore di tale IVA all’Erario sebbene l’avesse pagata a detto venditore. Spetta al giudice del rinvio verificare se il sig. Farkas abbia la possibilità di ottenere da tale medesimo venditore la ripetizione dell’imposta non dovuta.

55. Si deve inoltre aggiungere che, secondo quanto rilevato dal giudice del rinvio, nel caso di specie non vi è alcun indizio di frode e il venditore, che ha emesso la fattura di cui trattasi nel procedimento principale, ha versato l’IVA all’Erario, di modo che quest’ultimo non ha subito alcun pregiudizio dal fatto che tale fattura sia stata emessa erroneamente secondo il regime di tassazione ordinaria anziché secondo quello di inversione contabile.

56. Ciò premesso, a condizione che il rimborso, da parte del venditore di cui trattasi nel procedimento principale al sig. Farkas, acquirente del bene in questione, dell’IVA indebitamente fatturata diventi impossibile o eccessivamente difficile, segnatamente in caso d’insolvenza di tale venditore, il sig. Farkas è legittimato ad agire per il rimborso direttamente nei confronti dell’autorità tributaria.

57. Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che le disposizioni della direttiva 2006/112 nonché i principi di neutralità fiscale, di effettività e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a che, in una situazione come quella oggetto del procedimento principale, l’acquirente di un bene venga privato del diritto a detrazione dell’IVA che ha indebitamente versato al venditore sulla base di una fattura redatta conformemente alle norme relative al regime ordinario dell’IVA, mentre l’operazione rilevante era soggetta al meccanismo dell’inversione contabile, nel caso in cui il venditore ha versato detta imposta all’Erario. Tali principi esigono, tuttavia, a condizione che il rimborso, da parte del venditore all’acquirente, dell’IVA indebitamente fatturata diventi impossibile o eccessivamente difficile, segnatamente in caso d’insolvenza del venditore, che l’acquirente sia legittimato ad agire per il rimborso direttamente nei confronti dell’autorità tributaria.

 

Sulla seconda questione

58. Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il principio di proporzionalità debba essere interpretato nel senso che esso osta a che, in una situazione come quella oggetto del procedimento principale, le autorità tributarie nazionali irroghino a un soggetto passivo, che ha acquistato un bene alla cui cessione si applica il regime dell’inversione contabile, una sanzione tributaria pari al 50% dell’importo dell’IVA che egli è tenuto a versare all’amministrazione tributaria, qualora quest’ultima non abbia subito alcuna perdita di gettito e non sussistano indizi di frode fiscale.

59. Occorre ricordare che, in mancanza di armonizzazione della normativa dell’Unione nel settore delle sanzioni applicabili in caso di inosservanza delle condizioni previste da un regime istituito da tale normativa, gli Stati membri restano competenti a scegliere le sanzioni che sembrano loro appropriate. Essi sono tuttavia tenuti ad esercitare la loro competenza nel rispetto del diritto dell’Unione e dei suoi principi generali e, di conseguenza, nel rispetto del principio di proporzionalità (v. in tal senso, in particolare, sentenze del 7 dicembre 2000, de Andrade, C‑213/99, EU:C:2000:678, punto 20, e del 6 febbraio 2014, Fatorie, C‑424/12, EU:C:2014:50, punto 50).

60. Pertanto, siffatte sanzioni non devono eccedere quanto necessario al fine di garantire l’esatta riscossione dell’imposta e di evitare la frode. Al fine di valutare se una simile sanzione sia conforme al principio di proporzionalità, occorre tener conto, in particolare, della natura e della gravità dell’infrazione che detta sanzione mira a penalizzare, nonché delle modalità di determinazione dell’importo della sanzione stessa (v., in tal senso, sentenze dell’8 maggio 2008, Ecotrade, C‑95/07 e C‑96/07, EU:C:2008:267, punti da 65 a 67, nonché del 20 giugno 2013, Rodopi‑M 91, C‑259/12, EU:C:2013:414, punto 38).

61. Sebbene spetti al giudice nazionale verificare se l’importo della sanzione non ecceda quanto necessario per conseguire gli obiettivi indicati al punto precedente (sentenza del 20 giugno 2013, Rodopi‑M 91, C‑259/12, EU:C:2013:414, punto 39), occorre indicare a tale giudice taluni elementi della controversia oggetto del procedimento principale che sono idonei a consentire a quest’ultimo di stabilire se la sanzione imposta al sig. Farkas, sulla base delle disposizioni della legge recante il codice di procedura tributaria, sia conforme al principio di proporzionalità.

62. A tal riguardo, una sanzione del genere risulta idonea a indurre i soggetti passivi a regolarizzare il più rapidamente possibile i casi di pagamento insufficiente dell’imposta e, pertanto, a raggiungere l’obiettivo di assicurare l’esatta riscossione della stessa.

63. Ai sensi dell’articolo 170, paragrafo 1, di tale legge, l’importo della sanzione è pari, automaticamente, al 50% dell’importo dell’IVA che il soggetto passivo è tenuto a versare all’amministrazione tributaria. L’articolo 171, paragrafo 1, di tale medesima legge precisa che l’aliquota della sanzione può essere ridotta, o la sanzione può addirittura essere condonata, d’ufficio o su istanza, in presenza di circostanze che meritano di essere considerate eccezionali e che consentano di concludere che il soggetto passivo all’origine del debito d’imposta ha agito con il discernimento che ci si poteva aspettare da lui in quella determinata situazione. Tale disposizione prevede altresì di determinare la riduzione della sanzione prendendo in considerazione tutte le circostanze del caso di specie, segnatamente l’entità del debito d’imposta, le circostanze in cui è sorto, la gravità e la frequenza della condotta illecita del soggetto passivo.

64. Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 63 delle sue conclusioni, tali modalità di determinazione di detta sanzione consentono, in linea di principio, di garantire che quest’ultima non ecceda quanto necessario al fine di garantire l’esatta riscossione dell’imposta e di evitare la frode.

65. Per quanto riguarda la proporzionalità della sanzione irrogata al sig. Farkas nell’ambito del procedimento principale, occorre constatare, riguardo alla natura e alla gravità dell’infrazione di cui trattasi nel procedimento principale, in linea con le osservazioni scritte che la Commissione ha presentato alla Corte, che tale infrazione consiste in un errore relativo all’applicazione del meccanismo dell’IVA, il quale integra un illecito amministrativo e che, tenuto conto degli elementi di fatto risultanti dal fascicolo trasmesso alla Corte, da un lato, non ha causato all’amministrazione tributaria alcuna perdita di gettito e, dall’altro, è caratterizzata dall’assenza di indizi di frode.

66. In tali circostanze, l’imposizione al sig. Farkas di una sanzione pari al 50% dell’importo dell’IVA applicabile all’operazione di cui trattasi risulta essere sproporzionata, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

67. Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che il principio di proporzionalità deve essere interpretato nel senso che esso osta a che, in una situazione come quella oggetto del procedimento principale, le autorità tributarie nazionali irroghino a un soggetto passivo, che ha acquistato un bene alla cui cessione si applica il regime dell’inversione contabile, una sanzione tributaria pari al 50% dell’importo dell’IVA che egli è tenuto a versare all’amministrazione tributaria, qualora quest’ultima non abbia subito alcuna perdita di gettito e non sussistano indizi di frode fiscale, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

 

Sulle spese

68. Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

P.Q.M.

 

Dichiara:

1) L’articolo 199, paragrafo 1, lettera g), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva 2010/45/UE del Consiglio, del 13 luglio 2010, deve essere interpretato nel senso che esso si applica alla cessione di beni immobili in una vendita giudiziale al pubblico incanto da parte di un debitore giudiziario.

2) Le disposizioni della direttiva 2006/112, come modificata dalla direttiva 2010/45, nonché i principi di neutralità fiscale, di effettività e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a che, in una situazione come quella oggetto del procedimento principale, l’acquirente di un bene venga privato del diritto a detrazione dell’imposta sul valore aggiunto che ha indebitamente versato al venditore sulla base di una fattura redatta conformemente alle norme relative al regime ordinario dell’imposta sul valore aggiunto, benché l’operazione rilevante fosse soggetta al meccanismo dell’inversione contabile, nel caso in cui il venditore ha versato detta imposta all’Erario. Tali principi esigono, tuttavia, a condizione che il rimborso, da parte del venditore all’acquirente, dell’imposta sul valore aggiunto indebitamente fatturata diventi impossibile o eccessivamente difficile, segnatamente in caso d’insolvenza del venditore, che l’acquirente sia legittimato ad agire per il rimborso direttamente nei confronti dell’autorità tributaria.

3) Il principio di proporzionalità deve essere interpretato nel senso che esso osta a che, in una situazione come quella oggetto del procedimento principale, le autorità tributarie nazionali irroghino a un soggetto passivo, che ha acquistato un bene alla cui cessione si applica il regime dell’inversione contabile, una sanzione tributaria pari al 50% dell’importo dell’imposta sul valore aggiunto che egli è tenuto a versare all’amministrazione tributaria, qualora quest’ultima non abbia subito alcuna perdita di gettito e non sussistano indizi di frode fiscale, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.