Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 22 febbraio 2017, n. 4585

Tributi - Accertamento - Irregolare tenuta delle scritture contabili - Valore nei contratti di vendita immobiliare sproporzionato rispetto al valore reale degli immobili

 

Fatti di causa

 

La P. srl impugnò, innanzi alla CTP di Torino, un avviso d'accertamento avente ad oggetto iva, irap ed ires, per l'anno 2004, elaborato mediante ricostruzione analitico-induttiva dei ricavi, rilevando l'irregolare tenuta delle scritture contabili.

Il contribuente lamentò una serie di vizi formali dell'accertamento, nonché l'erronea determinazione dei ricavi e la violazione dei criteri afferenti all'accertamento.

La CTP respinse il ricorso con sentenza appellata dal contribuente.

La CTR rigettò l'appello, confermando le motivazioni del giudice di primo grado. In particolare, il giudice d'appello, premessa la correttezza dell'accertamento espletato dall'ufficio fiscale, in quanto fondato sull'irregolare tenuta della contabilità, ritenne che il valore dichiarato nei contratti di vendita immobiliare risultasse sproporzionato rispetto al valore reale degli immobili, considerando le risultanze del libro-giornale in ordine alle caparre rese ingiustificatamente ai clienti, e la metratura degli stessi immobili ceduti come ricostruita dall'ufficio. Avverso tale sentenza, la P. srl ha proposto ricorso per cassazione, formulando undici motivi.

Con il primo motivo, è stata denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 5, 1° e 3° comma, del d.p.r. n. 322/98, art. 42 del d.p.r. n. 600/73, art. 62 del d.lgs. n. 546/92.

Con il secondo, è stata denunziata la violazione e falsa applicazione degli artt. 4, 2° comma, del d.lgs. n. 165/01, artt. 19 e 53 del d.lgs. n. 300/99, art. 42 del d.p.r. n. 600/73, 57, 1° comma, del d.p.r. n.633/72, art. 5 del d.lgs. n. 446/97, 62 del d.lgs. n. 546/92, nonché dell'art. 2697 c.c.

Con i terzo motivo, è stata invocata la violazione e falsa applicazione dell'art. 60, 1° comma, del d.p.r. n.600/73, art. 40, del d.p.r. n. 600/73, art. 56 del d.p.r. n. 633/72, art. 5 del d.lgs. n. 446/97, art. 62 del d.lgs. n. 546/92.

Con il quarto motivo, è stata dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 39, 1° comma, lett. d), d.p.r. n. 600/73, art. 40 del d.p.r. n. 600/73, art. 56 d.p.r. n. 633/72 e art. 62 del d.lgs. n. 546/92.

Con il quinto motivo, parte ricorrente ha parimenti dedotto la violazione e falsa applicazioni in ordine alle medesime norme invocate per i motivi precedenti. Con il sesto motivo, parte ricorrente ha lamentato la violazione e falsa applicazione degli artt. 7, 1° comma, art. 16, 2° comma, del d.lgs. n. 472/97, nonché delle norme di cui alla circolare n. 180/98 per eccesso di potere.

Con il settimo motivo, è stata denunciata la violazione e mancata applicazione della norma interna di cui alla circolare n. 561064/90, nonché degli artt. 654 c.p.p., art. 12, 2° comma, d.l. n. 429/82, art. 4, 2°comma, I. n. 2248/1865, all. E, art. 62 del d.lgs. n. 546/92.

Con l'ottavo motivo, parte ricorrente ha denunciato violazione e falsa applicazione di norme oggetto di identica censura nei precedenti motivi.

Con il nono motivo, è stata invocata la violazione e falsa applicazione degli artt. 15, 1° comma, n.5, del d.p.r. n. 633/72, artt. 51 e 75 del d.p.r. n.917/86, 19 del d.p.r. n. 633/72 e 62 del d.lgs. n. 546/92.

Con il decimo motivo, è stata invocata la violazione e falsa applicazione degli artt. 67, 1° comma, lett. a), art. 66, 68, 71, 3° comma, del d.lgs. n. 300/99, art. 1, lett. b), art. 4, 1° comma, r.d. n. 262/42, art. 4, 1° comma, della delibera 30.11.2000, n.4, nonché della delibera n. 4/2000.

L'ultimo motivo, infine, afferisce alla violazione e falsa applicazione dell'art. 91, 1° comma, c.p.c., in ordine alla liquidazione delle spese del giudizio.

Resiste l'agenzia delle entrate, mediante il deposito del controricorso, eccependo l'inammissibilità dei motivi relativi alla censura dell'accertamento analitico-induttivo e l'infondatezza di tutti i motivi di ricorso.

 

Ragioni della decisione

 

Il ricorso è infondato.

Il primo motivo riguarda l'asserita violazione delle norme richiamate, in quanto l'ufficio avrebbe dovuto redigere due avvisi d'accertamento, in ordine alle due dichiarazioni reddituali depositate dal contribuente (infrannuali di cui la prima fino alla data delle messa in liquidazione della società e l'altra per il periodo successivo) mentre ne era stato redatto uno.

La doglianza non è fondata, in quanto, come rilevato dal giudice d'appello, l'ufficio ha dichiarato di aver redatto l'avviso solo per il periodo anteriore all'ordinaria gestione, prima della messa in liquidazione.

Circa il secondo motivo, da trattare congiuntamente al decimo attesa la connessione, parte ricorrente ha lamentato la violazione delle norme in tema di sottoscrizione dell'avviso d'accertamento.

Al riguardo, in punto di diritto, l’avviso di accertamento è nullo, ai sensi dell'art. 42 del d.p.r. n. 600/73, se non reca la sottoscrizione del capo dell'ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato; è stato affermato che se la sottoscrizione non è quella del capo dell'ufficio titolare ma di un funzionario, incombe all'Amministrazione dimostrare, in caso di contestazione, l'esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore o la presenza della delega del titolare dell'ufficio (Cass., 9.11.2015 n. 22800). Tuttavia, nel caso concreto, la parte ricorrente si è limitata a contestare genericamente che l'avviso non fosse stato firmato da un dirigente, senza alcun riferimento specifico al soggetto che l'aveva sottoscritto che, peraltro (come esposto nello stesso ricorso, alla pag. 40) è un direttore dell'agenzia fiscale locale di Rivoli che deve presumersi munito di rappresentanza in ordine agli atti emessi dallo stesso ufficio, salva prova contraria che il contribuente non ha fornito.

Circa il terzo motivo, afferente alla questione della qualità di messo speciale del funzionario che ha notificato l'atto, la critica è inammissibile, in quanto diretta al riesame di un accertamento di fatto compiuto dal giudice di merito. Sono altresì da ritenere inammissibili i motivi quarto e quinto- da esaminare congiuntamente data la relativa connessione che li avvince- in quanto diretti al riesame delle valutazione fattuali operate dall'ufficio in ordine ai presupposti dell'accertamento analitico-induttivo contestato (ciò che è reso vieppiù evidente dal rilievo formulato dalla stessa parte ricorrente, alla pag. 32 del ricorso, laddove si contrappone la ricostruzione analitica fatta dalla società a quella dell'ufficio verificatore).

Parimenti inammissibili, per carenza del requisito dell'autosufficienza, s'appalesano i motivi sesto, settimo e ottavo, afferenti alla critica dei criteri di liquidazione delle sanzioni e all'omessa valutazione di un procedimento penale, poiché non sono stati allegati la parte dell'avviso impugnato contenente l'applicazione delle stesse sanzioni e l'asserito provvedimento del giudice penale.

Il nono motivo è altresì inammissibile, poiché tendente al riesame del merito della questione dell'ammontare della base imponibile.

Infine, è infondato l'ultimo motivo, in quanto la CTR ha correttamente liquidato la somma di euro 5000,00, imputando la somma di euro 798,00 ai diritti, dovendo implicitamente, ma chiaramente desumersi che la restante parte è da ascrivere agli onorari.

Le spese seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso, condannando la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida nella somma di euro 10000,00.