Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 22 febbraio 2017, n. 4566

Accertamento - Dichiarazione di successione - Violazioni - Sanzioni

 

Svolgimento del processo

 

Nel 2005 P.M. propose ricorso avverso l’avviso di liquidazione dell’imposta e irrogazione della sanzione notificato il 18 ottobre 2005, con cui l’Agenzia delle Entrate le aveva liquidato e richiesto il pagamento di euro 89.155,00 a titolo di imposta sul valore globale con riferimento alla dichiarazione di successione presentata dalla ricorrente a seguito del decesso di sua madre, avvenuto il 17 giugno 2000.

In particolare la contribuente rappresentò, tra l’altro, di aver accettato l’eredità con beneficio d’inventario con atto del 18 settembre 2002, cui era seguita la dichiarazione di successione, sostitutiva e modificativa della precedente, risalente al 18 dicembre 2000, precisando che l’accettazione beneficiata spostava il termine per la dichiarazione di successione ad una data successiva al 31 dicembre 2000, data quest’ultima che segnava il passaggio tra la vecchia e la nuova normativa, con conseguente applicazione della disciplina di cui all’art. 7, comma 1, del d.lgs. n. 346 del 1990, come modificato dall’art. 69 della legge n. 342 del 2000, che prevedeva l’applicazione dell’imposta nella misura fissa del 4% e non con aliquote "a scaglioni", come invece applicata dall’Ufficio.

La Commissione Tributaria Provinciale di Roma rigettò il ricorso, statuendo, per quanto rileva in questa sede, l’irrilevanza della seconda dichiarazione di denuncia di successione con beneficio d’inventario, appalesandosi la stessa come un "marchingegno per giovarsi del beneficio ex art. 69 L. 342/2000".

La Commissione Tributaria Regionale di Roma, con sentenza depositata il 17 ottobre 2011, rigettò il gravame proposto dalla M. e compensò le spese tra le parti.

Avverso tale decisione la contribuente ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

La sola Agenzia delle Entrate - Roma 1 si è costituita al fine di partecipare all’udienza di discussione.

 

Motivi della decisione

 

1. Con il primo motivo, lamentando "Violazione e falsa applicazione degli artt. 485 e 487 del codice civile, in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c.. Vizio di motivazione", la contribuente censura la sentenza impugnata per aver la Commissione Tributaria Regionale, pur riconoscendo la legittimità della seconda successione, affermato che la mancata redazione dell’inventario entro il termine di tre mesi dall’apertura della successione rendeva la M. erede pura e semplice. Ad avviso della contribuente, nella specie non dovrebbe trovare applicazione, per la redazione dell’inventario, il termine di cui all’art. 485 cod. civ., decorrente dall’apertura della successione (17 giugno 2000, con conseguente scadenza in data 17 settembre 2000), che sarebbe applicabile agli eredi nel possesso dei beni ereditari, bensì il termine di cui all’art. 487 cod. civ., non essendo la M. nel possesso dei predetti beni.

2. Con il secondo motivo, rubricato "Violazione e falsa applicazione degli artt. 485 e 487 del codice civile e dell’art. 28 del D.Lgs. 346/1990, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.", la ricorrente sostiene che la Commissione Tributaria Regionale sarebbe incorsa in errore pure statuendo che il mancato deposito dell’inventario nel termine - erroneamente individuato, secondo la ricorrente, per le ragioni espresse nel secondo motivo - renderebbe valida e produttiva di effetti la prima dichiarazione di successione da lei presentata. Ad avviso della ricorrente il giudice del secondo grado avrebbe preteso di far decadere o rendere nulla la seconda dichiarazione senza che tale decadenza o nullità sia comminata dalla legge.

Assume la M. che un siffatto effetto non potrebbe neppure conseguire alla semplice sua riqualificazione come erede pura e semplice e non beneficiata, potendo tale riqualificazione avere effetti, ai fini dell’applicazione dell’imposta, solo con riferimento alla seconda dichiarazione di successione e asserisce che, in virtù di quanto previsto dall’art. 28 del d.lgs. n. 346 del 1990, la modifica della qualità di erede da beneficiato a puro e semplice potrebbe eventualmente dar luogo all’obbligo, per l’erede, di presentare una nuova dichiarazione sostitutiva o integrativa e che, comunque, "la definitiva applicabilità della seconda dichiarazione di successione" inciderebbe sull’efficacia dell’avviso impugnato, basato sulla prima dichiarazione.

3. I due motivi che precedono, i quali, essendo strettamente connessi ben possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.

Tanto per l’assorbente rilievo che la contribuente è comunque decaduta dal beneficio d’inventario.

Risulta infatti dalla sentenza impugnata, né tanto è stato in alcun modo censurato, che nella specie l’inventario è stato redatto solo in data 29 luglio 2011 e registrato il 2 agosto 2011, quindi ben oltre anche i termini di cui all’art. 487 cod. civ. invocati dalla contribuente, la quale neppure ha dedotto la sussistenza di una proroga del termine per tale redazione accordata dall’autorità giudiziaria.

Ne consegue che la M. va considerata erede pura e semplice e, pertanto, risulta del tutto corretta, in sostanza, la decisione della Commissione Tributaria Regionale e non pertinente al caso all’esame il richiamo della ricorrente all’art. 28 del d.lgs. n. 346 del 1990.

4. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.

5. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore dell’Agenzia delle Entrate - Roma 1, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 7.000,00, oltre spese prenotate a debito.