Prassi - FONDAZIONE STUDI CDL - Circolare 18 gennaio 2017, n. 1

Il nuovo regime fiscale delle imprese minori

 

Premessa

La Legge di Bilancio 2017 rivoluziona la determinazione del reddito delle imprese minori. Le novità sono contenute all’articolo 1, commi 17 e seguenti della legge dicembre 2016, n. 232 -Legge di bilancio 2017, pubblicata nella G.U. 21 dicembre 2016, n. 297 - Suppl. Ordinario n. 57. La disciplina riguarda le imposte sui redditi ma gli effetti si estendono anche ai fini dell’imposta sulle attività produttive. Dal 2017, anche alle imprese minori si applicherà il principio di cassa già previsto per i titolari di lavoro autonomo e che comporterà la rilevanza della manifestazione finanziaria dei ricavi conseguiti e dei costi sostenuti dalle imprese, a prescindere dalla competenza economica. Gli effetti della nuova disciplina saranno positivi nella misura in cui le imprese non sopporteranno più i rischi di dover versare le imposte sui ricavi non riscossi. Fino al periodo di imposta 2016, invece, era prevista esclusivamente la possibilità di portare in diminuzione dal reddito le perdite su crediti ma, salvo casi residuali, se risultavano da elementi certi e precisi (cfr. art. 101 comma 5 TUIR). I ricavi non incassati, infatti, concorreranno a determinare il reddito solo al momento dell’effettivo pagamento del corrispettivo. Tuttavia, dall’altro lato, ci saranno ripercussioni negative soprattutto per quanto concerne l’irrilevanza delle rimanenze finali e di conseguenza delle esistenze iniziali. Analizziamo nel dettaglio le novità in vigore dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016 (nella gran parte dei casi, dal 2017).

 

Quadro Generale

Innanzitutto viene modificato l’articolo 66 del TUIR, rubricato imprese minori. Il comma 1 viene interamente sostituito con la conseguenza che ora il reddito è costituito dalla differenza tra l’ammontare dei ricavi di cui all’articolo 85 e degli altri proventi di cui all’articolo 89 percepiti nel periodo d’imposta e quello delle spese sostenute nel periodo stesso nell’esercizio dell’attività d’impresa. La differenza è aumentata dei ricavi di cui all’articolo 57, dei proventi di cui all’articolo 90, comma 1, delle plusvalenze realizzate ai sensi dell’articolo 86 e delle sopravvenienze attive di cui all’articolo 88 e diminuita delle minusvalenze e sopravvenienze passive di cui all’articolo 101.

Inoltre, vengono eliminati nel comma 3 i riferimenti all’articolo 109 commi 1 e 2 del TUIR, che stabilivano il principio di competenza economica, con la conseguenza che ad assumere rilievo ai fini della determinazione del reddito era il momento di percezione dei ricavi e degli altri componenti positivi e quello di sostenimento delle spese e degli altri componenti negativi, in luogo della formazione nell'esercizio di competenza come invece prevedeva la previgente norma.

La differenza così determinata è aumentata dei ricavi per auto consumo dell’imprenditore calcolati al valore normale (cfr. art. 57 TUIR), dei proventi immobiliari di cui all’articolo 90, comma 1, delle plusvalenze realizzate ai sensi dell’articolo 86 e delle sopravvenienze attive di cui all’articolo 88 e diminuita delle minusvalenze e sopravvenienze passive di cui all’articolo 101.

Non assumono più rilievo le rimanenze finali e le esistenze iniziali che fino al periodo di imposta 2016 incidevano, rispettivamente, in aumento le prime ed in diminuzione le seconde.

A tal fine, l’articolo 1, comma 18, della legge di Bilancio 2017, prevede che il reddito del periodo d’imposta in cui si applicano le disposizioni dell’articolo 66 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, come modificato dal comma 17 del presente articolo, è ridotto dell’importo delle rimanenze finali che hanno concorso a formare il reddito dell’esercizio precedente secondo il principio della competenza.

In buona sostanza, considerato che nel periodo di imposta 2016 rilevano in aumento le rimanenze finali in quanto si applica ancora il principio di competenza, il reddito del 2017 deve essere diminuito in misura corrispondente.

Soffermandoci su tale aspetto, le conseguenze molto rilevanti per le imprese con un importo significativo di giacenze finali che non riusciranno a razionalizzare le scorte di magazzino entro la fine del 2017.

Infatti, tali imprese verosimilmente conseguiranno una perdita d’esercizio che salvo i casi in cui potrà trovare utilizzo in diminuzione dagli altri redditi conseguiti ai sensi dell’articolo 8 del TUIR, verrà perduta in quanto non potrà essere riportata nei periodi di imposta successivi.

Va ricordato che dal 2008, dopo le modifiche apportate dalla Legge n. 244/2007, non è più previsto il riporto delle perdite dai redditi dei periodi di imposta successivi, anche se è auspicale che su questo punto si giunga ad una modifica della legge.

Proviamo a fare un esempio riferito ad un imprenditore individuale

Ipotizziamo una impresa con rimanenze finali al 31 dicembre 2016 pari a € 150.000.

Nel periodo di imposta 2017 i componenti positivi siano stati di € 350.000 e quelli negativi 300.000.

Al 31 dicembre 2017 le rimanenze finali siano pari a € 160.000 le quali, come dicevamo, non potranno essere prese in considerazione.

Il reddito del 2017 sarà negativo, ovvero una perdita pari a: € 100.000.

Cioè la somma algebrica di

- € 350.000 (componenti positivi);

- € 300.000 (componenti negativi);

- € 150.000 (rimanenze finali 2016 in quanto hanno concorso a determinare il reddito 2016)

L’impresa potrà utilizzare la perdita di € 100.000 nella determinazione del reddito complessivo del periodo di imposta 2017 con altri redditi. La parte che non troverà capienza, verrà definitivamente perduta.

Ora ipotizziamo che nel 2018 la stessa impresa abbia consumato gran parte delle esistenze iniziali e vediamo gli effetti.

Nel periodo di imposta 2017 i componenti positivi siano stati di € 540.000 e quelli negativi 300.000.

Al 31 dicembre 2017 le rimanenze finali siano pari a € 10.000

Il reddito del 2018 sarà pari a: € 240.000.

Cioè la somma algebrica di € 540.000 (componenti positivi)

Saranno neutre le esistenze iniziali pari a € 160.000 e quelle finali pari a € 10.000

L’impresa non potrà neanche utilizzare la perdita dell’esercizio precedente.

Nel biennio l’imponibile assoggettato a tassazione è stato di € 240.000 con imposta Irpef lorda a debito pari a € 96.370.

Applicando il regime di competenza, l’impresa avrebbe conseguito:

- Nel 2017 un reddito di € 60.000 (cioè aggiungendo alla perdita del regime di cassa di € 100.000 le rimanenze finali di € 160.000), con relativa Irpef lorda pari a 19.270;

- Nel 2018 un reddito di € 90.000 (cioè decurtando al risultato del regime di cassa di € 240.000, € 160.000 per esistenze iniziali ed aggiungendo € 10.000 per rimanenze finali) con relativa Irpef lorda pari a € 31.870;

- Per un totale di reddito imponibile nel biennio di € 150.000 ed imposta Irpef complessiva pari a € 51.140.

In definitiva, nell’esempio, l’imprenditore individuale avrebbe versato Irpef per € 45.230 in più, ovvero il l’88% in più, senza considerare l’incidenza delle addizionali Irpef regionale e comunale, dell’IRAP e degli eventuali contributi INPS quale iscritto alla gestione commercianti o artigiani dovuti sull’eccedenza rispetto al minimale.

Quello che emerge dall’esempio è che verosimilmente il periodo di imposta 2017 farà conseguire per molte imprese in contabilità semplificate un risultato negativo e tali contribuenti rischiano di dover versare più imposte nei periodi successivi non avendo la possibilità di riportare la perdita d’esercizio non scomputata nel periodo di imposta 2017.

Inoltre, gli effetti del reddito negativo del periodo 2017 si riverbereranno anche ai fini delle referenze bancarie in quanto le imprese si troveranno a documentare redditi negativi, utile per l’ISEE e tutti gli altri casi in cui viene preso a riferimento il reddito ai fini fiscali.

Ma c’è di più, visto che anche confrontando le imposte a debito, probabilmente il regime di Cassa per le imprese con rimanenze significative risulterà non conveniente anche se questo aspetto negativo si potrebbe verificare nel primo anno di passaggio al nuovo regime.

Pertanto, è necessario andare a valutare, caso per caso, se all’azienda non convenga optare per il regime di competenza, e quindi impegnandosi per il triennio alla tenuta della contabilità ordinaria, piuttosto che rientrare nel regime naturale di cassa ed azzerare, in pratica, il valore delle rimanenze che come abbiamo visto incide sostanzialmente sulla situazione reddituale e sulle imposte.

 

PASSAGGI DI REGIME

La regolamentazione del passaggio da contabilità semplificata a ordinaria e viceversa è disciplinata dall’articolo 1, comma 19 della Legge n. 232/2016.

E’ previsto che in tali ipotesi i ricavi, i compensi e le spese che hanno già concorso alla formazione del reddito, in base alle regole del regime di determinazione del reddito d’impresa adottato, non assumono rilevanza nella determinazione del reddito degli anni successivi.

Analoga considerazione riguarda, per il periodo di imposta 2016, il trattamento dei componenti positivi e negativi che abbiano già concorso a determinare il reddito secondo il principio di competenza e che siano conseguiti o sostenuti nel 2017 o nei periodi di imposta successivi.

 

SCELTA DEL REGIME CONTABILE

I contribuenti che riterranno di svincolarsi dall’applicazione del regime di cui all’articolo 66 del TUIR avranno quale unica alternativa quella di optare per il regime di contabilità ordinaria.

Non è infatti consentita l’applicabilità del regime delle imprese minori ed il mantenimento del principio di competenza.

L’unico regime applicabile per le imprese minori è quello di cassa, salvo - come si dirà - la possibilità di applicare un criterio di determinazione del reddito sulla base della data di registrazione in contabilità dei documenti.

Si tenga conto che se il contribuente decide di optare per il regime ordinario, ai sensi dell’articolo 18 comma 8 del D.P.R. n. 600 del 1973, l’opzione ha effetto dall’inizio del periodo d’imposta nel corso del quale è esercitata l’opzione e fino a quando non è revocata e, in ogni caso, per il periodo stesso e per i due successivi.

 

I RIFLESSI PER LE SOCIETÀ PROFESSIONALI

Le modifiche assumeranno rilievo anche per i professionisti per gli effetti che avranno sulle società professionali (costituite non sotto forma di società di capitali) di cui all’articolo 10 della Legge 183/2011 e dal Decreto del Ministero della Giustizia n.34 dell’8 febbraio 2013 adottato in attuazione della medesima.

Ricordiamo, infatti, che l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che tali società non costituiscono un genere autonomo con causa propria, ma appartengono alle società tipiche disciplinate dai titoli V e VI del libro V del codice civile e, pertanto, sono soggette integralmente alla disciplina legale del modello societario prescelto.

Di conseguenza, anche ad esse si applicano le previsioni del TUIR in materia di classificazione dei redditi ed in particolare che ai sensi del comma 3 dell’articolo 6 i redditi delle società in nome collettivo e in accomandita semplice, da qualsiasi fonte provengano e quale che sia l'oggetto sociale, sono considerati redditi di impresa e sono determinati unitariamente secondo le norme relative a tali redditi. Pertanto, ai fini della qualificazione del reddito prodotto dalle STP, non assume alcuna rilevanza, pertanto, l'esercizio dell'attività professionale, risultando a tal fine determinante il fatto di operare in una veste giuridica societaria (cfr. Consulenza giuridica n.954-55/2014 16 ottobre 2014 della Direzione Centrale Normativa dell’Agenzia delle Entrate).

Tale interpretazione ha frenato la scelta delle società professionali proprio perché in tale ipotesi i professionisti non potevano determinare il reddito applicando il regime di cassa previsto per i lavoratori autonomi.

Le modifiche all’articolo 66 del TUIR, fermo restando la classificazione del reddito di impresa anche per le società professionali, consentono la determinazione del reddito per le società di persone applicando il principio di cassa.

 

ACCESSO AL REGIME E CONTABILITÀ

Il regime delle imprese minori di cui all’articolo 66 del TUIR è un regime naturale ed è applicabile, secondo quanto previsto dall’articolo 18 del D.P.R. n. 600/1973, ai soggetti di seguito indicati, con ricavi percepiti in un anno intero, ovvero conseguiti nell’ultimo anno di applicazione dei criteri previsti dall’articolo 109, comma 2, del TUIR, non abbiano superato l’ammontare di 400.000 euro per le imprese aventi per oggetto prestazioni di servizi, ovvero di 700.000 euro per le imprese aventi per oggetto altre attività:

- imprenditori individuali;

- società in nome collettivo;

- società in accomandita semplice;

- società ad esse equiparate.

Tale regime si applica anche nei periodi di imposta successivi se i predetti limiti non vengono superati.

Il citato articolo 18 del D.P.R. n. 600/1973 è stato sostituito dall’art. 1, comma 22 della Legge n. 232/2016 e prevede, rispetto alla versione previgente, il riferimento al principio di cassa anche ai fini della verifica dei limiti di accesso al regime per le imprese minori.

Il comma 11 del medesimo art. 18 prevede, infatti, che si assumono come ricavi conseguiti nel periodo d’imposta le somme incassate registrate nei registri contabili previsti.

Nel caso di inizio di attività nel corso dell’anno, se il contribuente presume di percepire ricavi per un ammontare, ragguagliato ad un anno, non superiore ai limiti previsti, possono, per il primo anno, tenere la contabilità semplificata.

Per quanto concerne la tenuta della contabilità, ferme restando l’esonero dalla tenuta delle scritture previste dal codice civile, è previsto che le imprese devono annotare cronologicamente:

- in un apposito registro i ricavi percepiti e gli altri componenti positivi di reddito;

- in un altro registro con riferimento alla data di pagamento, le spese sostenute e gli altri componenti negativi di reddito nell’esercizio.

In tali registri per ciascun incasso e spesa occorre indicare i dati previsti al comma 2 del citato articolo 18.

Sono validi ai fini dell’obbligo i registri tenuti ai fini IVA a condizione che vengano iscritte separate annotazioni delle operazioni non soggette a registrazione IVA.

In tal caso, se l’incasso o il pagamento non sia avvenuto nell’anno di registrazione, nei registri deve essere riportato l’importo complessivo dei mancati incassi o pagamenti con indicazione delle fatture cui le operazioni si riferiscono.

Al momento in cui vengono incassati o pagati, i ricavi percepiti e i costi sostenuti devono essere annotati separatamente nei registri stessi, indicando il documento contabile già registrato ai fini IVA.

 

CRITERIO DELLA REGISTRAZIONE

Il comma 5 dell’art. 18 prevede che i contribuenti possono optare, con vincolo per almeno un triennio, per la tenuta dei registri IVA senza annotazione degli incassi e pagamenti, fermo restando l’obbligo della separata annotazione delle operazioni non soggette a registrazione ai fini IVA.

In tal caso, si presume che la data di registrazione dei documenti nei registri IVA coincida con quella in cui è intervenuto il relativo incasso o pagamento.

 

PROVVEDIMENTO ATTUATIVO

L’articolo 1, comma 23 della Legge di Bilancio 2017 prevede che possono essere adottate disposizioni attuative con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge.