Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 19 ottobre 2016, n. 21174

IVA, IRAP ed IRES - Avviso di accertamento  - Maggiori ricavi

 

Ritenuto in fatto

 

1. L’Agenzia delle entrate di Torino notificava alla V.I.A. s.r.l. avviso di accertamento di maggiori ricavi ai fini IVA, IRAP ed IRES, relativamente all’anno di imposta 2004, risultanti dall’applicazione degli studi di settore di cui all’art. 62 sexies d.l. n. 331 del 1993, convertito con modificazioni dalla legge n. 427 del 1993.

2. La Commissione Tributaria Provinciale di Como, adita dal ricorrente, dichiarava inammissibile il ricorso proposto dalla società contribuente perché notificato ad un Ufficio finanziario diverso da quello che aveva emesso l’atto impugnato e, come tale, privo di legittimazione.

3. Con sentenza n. 17 del 3 marzo 2011 la Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, dinanzi alla quale ricorreva la contribuente, riformava la sentenza di primo grado, ritenendo ammissibile il ricorso che, però, rigettava nel merito sostenendo che le ragioni addotte dalla contribuente per giustificare il rilevato scostamento in sede di contraddittorio endoprocedimentale parevano giustificare il risultato economico accertato, avendo l’Amministrazione finanziaria tenuto conto delle difficoltà del settore in cui operava la società riducendo del 20% i maggiori ricavi accertati.

4. Avverso tale statuizione la contribuente propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, il primo dei quali variamente articolato, cui replica l’Agenzia delle entrate con controricorso e ricorso incidentale condizionato affidato ad un motivo.

 

Considerato in diritto

 

1. Con il primo motivo la società ricorrente deduce sia una violazione di legge ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., che un vizio di motivazione ai sensi del n. 5 della citata disposizione.

In relazione alla prima di dette censure deduce che il giudice di merito, violando gli artt. 7 l. 212 del 200 e 3 l. 241 del 1990, non aveva rilevato il difetto di motivazione dell’avviso di accertamento, sostenendo che l’Agenzia delle entrate, ponendosi in contrasto con i principi giurisprudenziali affermati in materia da questa Corte (citando Cass. n. 17229 del 2006 nonché le note sentenze gemelle delle sezioni Unite del 18 dicembre 2009) e con le stesse direttive contenute nella circolare dell’Amministrazione finanziaria n. 58/E del 2002, pur avendo regolarmente attivato il contraddittorio, nel provvedimento impugnato non aveva tenuto <nella giusta considerazione le argomentazioni addotte dalla V.I.A. S.r.l. a giustificazione dello scostamento fra ricavi presunti e ricavi dichiarati (...)> e che le risultanze del contraddittorio non avevano trovato <un congruo riscontro motivazionale> nell’atto impositivo.

Con la seconda delle censure mosse con il primo mezzo, la ricorrente lamenta l’incongrua, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza gravata sostenendo che la Corte territoriale aveva omesso di valutare la carenza di motivazione dell’avviso di accertamento e le molteplici violazioni da parte dell’Ufficio finanziario del principio del contraddittorio.

I motivi, da esaminarsi congiuntamente in quanto diretti a censurare sotto diverso profilo il vizio motivazionale dell’atto impositivo, sono inammissibili.

Invero, la ricorrente, in violazione del principio di autosufficienza, che governa il ricorso per cassazione, e che "impone che esso contenga tutti gli elementi necessari a porre il giudice di legittimità in grado di avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto, di cogliere il significato e la portata delle censure rivolte alle specifiche argomentazioni della sentenza impugnata, senza la necessità di accedere ad altre fonti ed atti del processo, ivi compresa la sentenza stessa" (Cass. n. 7825 del 2006; n. 12688 del 2006), omette di trascrivere nel motivo in esame la parte del ricorso in primo grado in cui aveva proposto l’eccezione di difetto di motivazione dell’avviso di accertamento e la parte del ricorso in appello in cui tale eccezione aveva riproposto, essendosi limitata a dare atto di aver proposto detta eccezione in secondo grado.

Quanto, poi, alla specifica questione dedotta, la ricorrente omette di riportare nel ricorso le argomentazioni addotte in sede di contraddittorio endoprocedimentale per contrastare i risultati dell’accertamento tributario e di trascrivere integralmente la parte motivazionale dell’atto impositivo, limitandosi a riportarne soltanto un parziale stralcio.

Con il secondo motivo la ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. l’omessa e, in ogni caso, insufficiente motivazione della sentenza impugnata sul motivo di impugnazione dell’atto impositivo proposto con riferimento all’inattendibilità dello studio di settore (TD20U) nella specie applicato dall'Ufficio finanziario, avuto riguardo al settore economico di appartenenza della società, e alle condizioni di mercato nell’anno di imposta oggetto di accertamento.

Sostiene che il giudice di appello aveva omesso di valutare le <analitiche censure ed osservazioni> formulate in relazione alla questione dedotta nel motivo e di aver <ampiamente dimostrato e descritto> in una memoria depositata nel giudizio di merito, le condizioni di anormalità economica in cui aveva operato nell’anno in verifica (con la necessità di riconvertire i propri impianti e di praticare commesse sotto costo), tali da evidenziare l’inattendibilità dei risultati dello studio di settore applicato.

Al riguardo deve osservarsi che la ricorrente anche in relazione al mezzo di impugnazione in esame ha del tutto trascurato, in violazione del sopra ricordato principio di autosufficienza, di riportare i passi salienti degli atti in cui aveva formulato quelle censure, con conseguente inammissibilità della censura. A ciò aggiungasi che il motivo in esame si espone ad altro rilievo di inammissibilità, rinvenibile nel fatto che la ricorrente con detta censura intende inammissibilmente rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme e a sé favorevole, l’apprezzamento in fatto compiuto dalla Commissione di appello degli elementi di valutazione prospettati dalla parte, con motivazione che appare in sé coerente e congrua (ex multis, Cass. n. 7921 del 2011, n. 22901 del 2005, n. 15693 del 2004, n. 11936 del 2003).

Diversamente opinando, il motivo di ricorso per cassazione di cui all'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. finirebbe per risolversi in una richiesta di sindacato del giudice di legittimità sulle valutazioni riservate al giudice di merito (Cass. n. 5274 del 2007).

Il ricorso incidentale condizionato che l’Agenzia delle entrate ha proposto per censurare, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la sentenza di appello laddove, in violazione degli artt. 10, 20, 21 e 22 d.lgs. n. 546 del 1992 e 38 d.P.R. n. 602 del 1973, aveva riconosciuto la legittimazione passiva di un Ufficio finanziario diverso da quello che aveva emesso l’avviso di accertamento impugnato, deve ritenersi assorbito.

Conclusivamente, quindi, il ricorso principale va rigettato per inammissibilità dei motivi, quello incidentale condizionato deve ritenersi assorbito e la ricorrente va condannata al pagamento delle spese processuali liquidate come in dispositivo ai seni del d.m. Giustizia n. 55 del 2014, nonché al rimborso in favore dell’Agenzia delle entrate delle eventuali spese prenotate a debito.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso principale, assorbito quello incidentale e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in € 7.500,00 oltre spese prenotate a debito.