Giurisprudenza - CORTE DI GIUSTIZIA CE-UE - Sentenza 21 settembre 2016, n. C-478/15

«Rinvio pregiudiziale - Fiscalità - Accordo tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Confederazione svizzera, dall’altra, sulla libera circolazione delle persone - Parità di trattamento - Imposta sul reddito - Esenzione dei redditi provenienti dall’esercizio di un’attività di insegnamento in via accessoria al servizio ad una persona giuridica di diritto pubblico con sede in uno Stato membro dell’Unione europea o in uno Stato al quale si applica l’accordo sullo Spazio economico europeo, del 2 maggio 1992 - Normativa di uno Stato membro che esclude da tale esenzione i redditi provenienti da detta attività esercitata al servizio di una persona giuridica di diritto pubblico con sede in Svizzera»

 

1. La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’accordo tra la Comunità europea ed i suoi Stati membri, da una parte, e la Confederazione svizzera, dall’altra, sulla libera circolazione delle persone, firmato a Lussemburgo il 21 giugno 1999 (GU 2002, L 114, pag. 6; in prosieguo: l’«accordo sulla libera circolazione delle persone»).

2. Tale domanda è stata presentata nel contesto di una controversia che vede opporre, da una parte, il sig. P.R. e sua moglie, la sig.ra L.R. (in prosieguo, congiuntamente: i «coniugi R.»), cittadini tedeschi residenti in Germania, e, dall’altra, il Finanzamt Ettlingen (servizio tributario di Ettlingen, Germania; in prosieguo: l’«amministrazione tributaria») con riguardo al diniego, da parte di detta amministrazione, di tener conto, quali redditi esenti dall’imposta sul reddito per l’esercizio fiscale 2009, dei redditi percepiti dal sig. R. nel contesto di un’attività di insegnamento esercitata da quest’ultimo in via accessoria presso un istituto di diritto pubblico con sede in Svizzera.

 

Contesto normativo

 

Diritto dell’Unione

 

3. La Comunità europea ed i suoi Stati membri, da una parte, e la Confederazione svizzera, dall’altra, hanno firmato, il 21 giugno 1999, sette accordi, tra i quali figura l’accordo sulla libera circolazione delle persone. Con decisione 2002/309/CE, Euratom del Consiglio e della Commissione, per quanto riguarda l’Accordo sulla Cooperazione Scientifica e Tecnologica, del 4 aprile 2002, relativa alla conclusione di sette accordi con la Confederazione svizzera (GU 2002, L 114, pag. 1), tali accordi sono stati approvati in nome della Comunità e sono entrati in vigore il 1° giugno 2002.

4. Ai sensi del preambolo dell’accordo sulla libera circolazione delle persone, le parti contraenti sono «decis[e] ad attuare la libera circolazione delle persone tra loro basandosi sulle disposizioni applicate nella Comunità europea».

5. L’articolo 1 dell’accordo recita quanto segue:

«Il presente Accordo a favore dei cittadini degli Stati membri della Comunità europea e della Svizzera si prefigge di:

a) conferire un diritto di ingresso, di soggiorno e di accesso a un’attività economica dipendente, un diritto di stabilimento quale lavoratore autonomo e il diritto di rimanere sul territorio delle parti contraenti;

(...)

d) garantire le stesse condizioni di vita, di occupazione e di lavoro di cui godono i cittadini nazionali».

6. L’articolo 2 di detto accordo, rubricato «Non discriminazione», prevede quanto segue:

«In conformità delle disposizioni degli allegati I, II e III del presente Accordo, i cittadini di una parte contraente che soggiornano legalmente sul territorio di un’altra parte contraente non sono oggetto, nell’applicazione di dette disposizioni, di alcuna discriminazione fondata sulla nazionalità».

7. L’articolo 4 di detto accordo, rubricato «Diritto di soggiorno e di accesso a un’attività economica», così recita:

«Il diritto di soggiorno e di accesso a un’attività economica è garantito (...) conformemente alle disposizioni dell’allegato I».

8. L’articolo 11, paragrafo 1, dell’accordo sulla libera circolazione delle persone, intitolato «Trattazione dei ricorsi», riconosce alle persone di cui all’accordo medesimo il diritto di presentare ricorso alle autorità competenti per quanto riguarda l’applicazione delle disposizioni dell’accordo.

9. Secondo l’articolo 15 dell’accordo sulla libera circolazione delle persone, gli allegati e i protocolli di quest’ultimo ne costituiscono parte integrante.

10. Il paragrafo 2 dell’articolo 16 di detto accordo, intitolato «Riferimento al diritto comunitario», è formulato come segue:

«Nella misura in cui l’applicazione del presente Accordo implica nozioni di diritto comunitario, si terrà conto della giurisprudenza pertinente della Corte di giustizia delle Comunità europee precedente alla data della sua firma. La giurisprudenza della Corte successiva alla firma del presente Accordo verrà comunicata alla Svizzera. Per garantire il corretto funzionamento dell’Accordo, il Comitato misto determina, su richiesta di una delle parti contraenti, le implicazioni di tale giurisprudenza».

11. L’articolo 21 dello stesso accordo, rubricato «Relazione con gli accordi bilaterali in materia di doppia imposizione», prevede quanto segue:

«1. Le disposizioni del presente Accordo lasciano impregiudicate le disposizioni degli accordi bilaterali tra la Svizzera e gli Stati membri della Comunità europea in materia di doppia imposizione. In particolare, le disposizioni del presente Accordo non devono incidere sulla definizione di lavoratore frontaliero secondo gli accordi di doppia imposizione.

2. Nessun elemento del presente Accordo vieta alle parti contraenti di operare distinzioni, nell’applicare le disposizioni pertinenti della loro normativa tributaria, tra contribuenti la cui situazione non è comparabile, segnatamente per quanto riguarda il luogo di residenza.

(...)».

12. L’allegato I dell’accordo è dedicato alla libera circolazione delle persone ed il capo II di tale allegato contiene le disposizioni relative ai lavoratori dipendenti.

13. L’articolo 6, paragrafo 1, di detto allegato, rubricato «Disciplina del soggiorno», prevede che «[i]l lavoratore dipendente cittadino di una parte contraente (in appresso denominato lavoratore dipendente) che occupa un impiego di durata uguale o superiore a un anno al servizio di un datore di lavoro dello Stato ospitante riceve una carta di soggiorno della durata di almeno 5 anni a decorrere dalla data del rilascio (...)». Il paragrafo 2 di questo articolo disciplina la questione della carta di soggiorno rilasciata ai lavoratori dipendenti che occupano un impiego per un periodo inferiore ad un anno. Quanto ai paragrafi da 3 a 7 di detto articolo, essi contengono disposizioni procedurali relative al diritto di soggiorno dei lavoratori dipendenti.

14. Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, di detto allegato, «[i]l lavoratore dipendente frontaliero è un cittadino di una parte contraente che ha la sua residenza sul territorio di una parte contraente e che esercita un’attività retribuita sul territorio dell’altra parte contraente e ritorna al luogo del proprio domicilio di norma ogni giorno, o almeno una volta alla settimana».

15. L’articolo 9, paragrafi 1 e 2, dell’allegato I dell’accordo sulla libera circolazione delle persone, intitolato «Parità di trattamento», così recita:

«1. Il lavoratore dipendente cittadino di una parte contraente non può ricevere sul territorio dell’altra parte contraente, a motivo della propria cittadinanza, un trattamento diverso da quello riservato ai lavoratori dipendenti nazionali per quanto riguarda le condizioni di impiego e di lavoro, in particolare in materia di retribuzione, licenziamento, reintegrazione professionale o ricollocamento se disoccupato.

2. Il lavoratore dipendente e i membri della sua famiglia di cui all’articolo 3 del presente allegato godono degli stessi vantaggi fiscali e sociali dei lavoratori dipendenti nazionali e dei membri delle loro famiglie».

16. Il capo III dell’allegato I di tale accordo, rubricato «Autonomi», contiene disposizioni concernenti i lavoratori autonomi.

 

Diritto tedesco

 

17. Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, della Einkommensteuergesetz (legge relativa all’imposta sui redditi, BGBl. 2002 I, pag. 4212), nella sua versione risultante dalla legge tributaria annuale, del 19 dicembre 2008, relativa al periodo d’imposta 2009 (BGBl. 2009 I, pag. 2794; in prosieguo: l’«EStG»), le persone fisiche che hanno il loro domicilio o la loro residenza abituale sul territorio nazionale sono ivi soggette ad imposta per la totalità dei loro redditi.

18. L’articolo 3, punto 26, dell’EStG prevede che le entrate derivanti da attività esercitate in via accessoria, in qualità di titolare di un corso, di formatore, di educatore o di istruttore o da altre attività comparabili esercitate in via accessoria al servizio o per conto di una persona giuridica di diritto pubblico con sede in uno Stato membro dell’Unione europea o in uno Stato in cui si applica l’Accordo sullo Spazio economico europeo, del 2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3; in prosieguo: l’«accordo SEE»), sono esenti da imposta fino a concorrenza dell’importo totale annuo di EUR 2 100.

 

Procedimento principale e questione pregiudiziale

 

19. Dal fascicolo sottoposto alla Corte risulta che i coniugi R. sono cittadini tedeschi e risiedono in Germania. Essi sono assoggettati congiuntamente all’imposta sui redditi in questo Stato membro. Da detto fascicolo risulta parimenti che il sig. R. è integralmente assoggettato all’imposta sui redditi in tale Stato membro.

20. Nel 2009, il sig. R. esercitava un’attività d’insegnamento in via accessoria presso un istituto di diritto pubblico in Svizzera. L’esercizio di questa attività è stato oggetto di un contratto di lavoro tra il sig. R. e detto istituto. Per tenere le lezioni, il sig. R. viaggiava verso Zurigo, in Svizzera, per poi ritornare in Germania e percepiva, per detta attività, un importo pari a 4 095 franchi svizzeri (CHF) (circa EUR 2 702). Secondo i coniugi R., a tali emolumenti andava applicata l’esenzione prevista dall’articolo 3, punto 26, dell’EStG.

21. Nel suo avviso di accertamento d’imposta relativo all’esercizio 2009, l’amministrazione tributaria assoggettava questo importo all’imposta sui redditi, dopo aver dedotto dalla somma dovuta per tale imposta quella percepita alla fonte dall’amministrazione tributaria svizzera, pari a EUR 121,44.

22. Avverso il suddetto avviso i coniugi R. presentavano reclamo, che l’amministrazione tributaria rigettava in quanto infondato, argomentando che il rifiuto di concedere l’esenzione prevista dall’articolo 3, punto 26, dell’EStG non costituisce un ostacolo all’accordo sulla libera circolazione delle persone.

23. I coniugi R. hanno proposto ricorso dinanzi al giudice del rinvio, il Finanzgericht Baden-Württemberg (giudice tributario del Baden-Württemberg, Germania). Nel qualificare il sig. R. come «lavoratore dipendente frontaliero», ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, dell’allegato I dell’accordo sulla libera circolazione delle persone, il giudice del rinvio si chiede se i principi risultanti dalla sentenza del 18 dicembre 2007, Jundt (C-281/06, EU:C:2007:816), possano applicarsi anche nell’ambito di tale accordo.

24. In tale contesto, detto giudice sottolinea che, dal punto di vista del diritto tributario tedesco, rileva poco che l’attività per la quale si chiede l’esenzione sia esercitata in veste di lavoratore indipendente o dipendente. Inoltre, secondo detto giudice anche se la sentenza del 18 dicembre 2007, Jundt (C-281/06, EU:C:2007:816), è successiva alla firma di tale accordo, questa sentenza si limita a precisare la situazione in diritto che già sussisteva precedentemente alla firma dell’accordo medesimo.

25. È in tali circostanze che il Finanzgericht Baden-Württemberg (giudice tributario del Baden-Württemberg) ha deciso di sospendere la decisione e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se le disposizioni dell’accordo sulla libera circolazione delle persone, in particolare il preambolo, gli articoli 1, 2, 4, 11, 16 e 21, nonché l’allegato I, articoli 7, 9 e 15, debbano essere interpretate nel senso che ostano alla normativa di uno Stato membro secondo cui un cittadino integralmente assoggettato ad imposta in questo Stato vede negarsi la detrazione di un importo esente per un’attività d’insegnamento esercitata in via accessoria, poiché questa non viene prestata al servizio o per conto di una persona giuridica di diritto pubblico con sede in uno Stato membro dell’Unione o in uno Stato in cui trova applicazione l’accordo SEE, ma viene prestata al servizio o per conto di una persona giuridica di diritto pubblico stabilita nel territorio della Confederazione svizzera».

 

Sulla questione pregiudiziale

 

Sulla ricevibilità

 

26. In primo luogo, il governo tedesco e la Commissione europea sostengono che l’interpretazione dell’articolo 11 dell’accordo sulla libera circolazione delle persone, relativo alla trattazione dei ricorsi, e quella dell’articolo 15 dell’allegato I di detto accordo, relativo ai lavoratori autonomi, sono inconferenti ai fini dell’esito della controversia pendente dinanzi al giudice del rinvio.

27. A tal riguardo, secondo consolidata giurisprudenza della Corte, le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione sollevate dal giudice nazionale nel contesto normativo e fattuale che egli definisce sotto la propria responsabilità, e del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. Il rifiuto, da parte della Corte, di statuire su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale è possibile solo qualora risulti manifestamente che la richiesta interpretazione del diritto dell’Unione non ha alcuna relazione con la realtà o con l’oggetto del procedimento principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le sono sottoposte (sentenza del 7 aprile 2016, KA Finanz, C-483/14, EU:C:2016:205, punto 41 e giurisprudenza ivi menzionata).

28. Nella specie, da una parte, risulta dall’articolo 11 dell’accordo sulla libera circolazione delle persone che tale articolo garantisce alle persone che ricadono nell’accordo stesso il diritto di presentare ricorso per quanto riguarda l’applicazione delle disposizioni di detto accordo dinanzi alle autorità competenti. Orbene, non risulta dal fascicolo sottoposto alla Corte che tale diritto sia stato negato ai coniugi R..

29. Dall’altra parte, è pacifico che l’attività esercitata dal sig. R. in Svizzera sia un’attività di lavoro dipendente. Dato che l’articolo 15 dell’allegato I dell’accordo sulla libera circolazione delle persone si applica ai lavoratori autonomi, vale a dire alle persone che non esercitano un’attività di lavoro dipendente, il sig. R. non ricade nella sfera di applicazione di tale articolo.

30. In tale contesto, risulta evidente che l’interpretazione dell’articolo 11 dell’accordo sulla libera circolazione delle persone e quella dell’articolo 15 dell’allegato I di tale accordo sono inconferenti ai fini dell’esito della controversia pendente dinanzi al giudice del rinvio. Pertanto, la questione pregiudiziale, nella parte in cui verte sull’interpretazione di tali disposizioni, è irricevibile.

31. In secondo luogo, il governo tedesco ritiene che il sig. R. non possa essere qualificato come «lavoratore dipendente frontaliero», ai sensi dell’articolo 7 dell’allegato I dell’accordo sulla libera circolazione delle persone. Di contro, tale governo non sostiene che il sig. R., per l’esercizio dell’attività dipendente in parola, non abbia fatto uso del suo diritto alla libera circolazione.

32. Come si evince dal punto 27 della presente sentenza, ricade nella responsabilità del giudice nazionale la definizione del contesto normativo e fattuale della controversia dinanzi ad esso pendente. Dato che il giudice del rinvio ha qualificato in modo inequivoco il sig. R. come «lavoratore dipendente frontaliero», ai sensi dell’articolo 7 dell’allegato I di detto accordo, occorre, per la Corte, fondarsi sulla premessa che il sig. R. possieda tale status.

33. In ogni caso, dato che è pacifico che il sig. R. abbia fatto uso del suo diritto alla libera circolazione per esercitare un’attività di lavoro dipendente sul territorio di un’altra parte contraente dell’accordo sulla libera circolazione delle persone, vale a dire la Confederazione svizzera, l’interpretazione richiesta delle disposizioni di tale accordo relative alla parità di trattamento dei lavoratori dipendenti non risulta di natura ipotetica, sicché la questione pregiudiziale, nella parte in cui verte su detta interpretazione, è ricevibile.

34. Infatti, l’accordo sulla libera circolazione delle persone opera una distinzione tra i lavoratori dipendenti frontalieri solo in un articolo, nella specie l’articolo 7 del suo allegato I, e a fini particolari, vale a dire, come si evince da detto articolo 7, letto in combinato disposto con l’articolo 6 dell’allegato medesimo, per stabilire nei loro confronti talune regole più favorevoli in materia di diritto di soggiorno rispetto a quelle fissate per altri lavoratori dipendenti che ricadono nella sfera di applicazione di detto accordo (v., in tal senso, sentenza del 22 dicembre 2008, Stamm e Hauser, C-13/08, EU:C:2008:774, punto 39).

 

Nel merito

 

35. Con la sua questione, il giudice del rinvio intende chiarire, in sostanza, se le disposizioni dell’accordo sulla libera circolazione delle persone relative alla parità di trattamento dei lavoratori dipendenti vadano interpretate nel senso che ostano alla normativa di uno Stato membro, come quella oggetto del procedimento principale, che non concede a un cittadino residente integralmente assoggettato all’imposta sui redditi, che abbia fatto uso del suo diritto alla libera circolazione per esercitare in via accessoria un’attività dipendente di insegnamento al servizio di una persona giuridica di diritto pubblico stabilita in Svizzera, il beneficio dell’esenzione dall’imposta relativa al reddito proveniente da detta attività di lavoro dipendente, mentre la stessa esenzione sarebbe stata concessa se tale attività fosse stata esercitata al servizio di una persona giuridica di diritto pubblico stabilita in tale Stato membro, in un altro Stato membro o in un altro Stato al quale si applichi l’accordo SEE.

36. Come risulta dal preambolo, dagli articoli 1 e 16, paragrafo 2, dell’accordo sulla libera circolazione delle persone, quest’ultimo mira a realizzare, a favore dei cittadini dell’Unione e di quelli della Confederazione svizzera, la libera circolazione delle persone nei territori delle parti contraenti di tale accordo basandosi sulle disposizioni applicate nell’Unione, le cui nozioni devono essere interpretate conformemente alla giurisprudenza della Corte (sentenza del 19 novembre 2015, Bukovansky, C-241/14, EU:C:2015:766, punto 40).

37. In tale contesto, occorre rilevare che tra tali obiettivi è compreso, ai sensi dell’articolo 1, lettere a) e d), di detto accordo, quello di concedere a detti cittadini, inter alia, un diritto di ingresso, di soggiorno, di accesso a un’attività economica dipendente nonché le stesse condizioni di vita, di occupazione e di lavoro di cui godono i cittadini nazionali.

38. In tal senso, l’articolo 4 dell’accordo sulla libera circolazione delle persone garantisce il diritto di accesso a un’attività economica conformemente alle disposizioni di cui all’allegato I di detto accordo, mentre il capitolo II di tale allegato contiene le disposizioni relative alla libera circolazione dei lavoratori dipendenti, e in particolare quelle relative al principio di parità di trattamento.

39. In tale contesto, occorre ricordare che l’articolo 9 dell’allegato I dell’accordo sulla libera circolazione delle persone, intitolato «Parità di trattamento», garantisce l’applicazione del principio di non discriminazione sancito dall’articolo 2 di detto accordo nell’ambito della libera circolazione dei lavoratori (sentenza del 19 novembre 2015, Bukovansky, C-241/14, EU:C:2015:766, punto 47).

40. Detto articolo 9 sancisce, al suo paragrafo 2, una norma specifica, volta a far godere il lavoratore dipendente e i membri della sua famiglia degli stessi vantaggi fiscali e sociali dei lavoratori dipendenti nazionali e dei membri delle loro famiglie. In materia di vantaggi fiscali, la Corte ha già avuto occasione di dichiarare che il principio della parità di trattamento, previsto in tale disposizione, può essere invocato anche da un lavoratore cittadino di una parte contraente, che abbia esercitato il suo diritto alla libera circolazione nei confronti del suo Stato d’origine (sentenza del 19 novembre 2015, Bukovansky, C-241/14, EU:C:2015:766, punto 36 e giurisprudenza ivi richiamata).

41. Quanto al procedimento principale, come è stato indicato al punto 33 della presente sentenza, è pacifico che il sig. R. abbia fatto uso del suo diritto alla libera circolazione esercitando un’attività di lavoro dipendente sul territorio della Confederazione svizzera. Ne consegue che ricade nella sfera di applicazione del capitolo II dell’allegato I dell’accordo sulla libera circolazione delle persone e, pertanto, può invocare l’articolo 9 del capitolo II di detto allegato nei confronti del suo Stato di provenienza.

42. Occorre pertanto verificare se il sig. R. abbia subito uno svantaggio fiscale rispetto ad altri cittadini tedeschi residenti in Germania che esercitano un’attività di lavoro dipendente simile alla sua e che, contrariamente a lui, esercitano tale attività al servizio di una persona giuridica di diritto pubblico stabilita sul territorio nazionale, in un altro Stato membro dell’Unione o in un altro Stato al quale si applichi l’accordo SEE.

43. Nella specie, è sufficiente rilevare che la normativa nazionale oggetto del procedimento principale, nel negare ai contribuenti residenti in Germania che esercitano in via accessoria un’attività d’insegnamento al servizio di una persona giuridica di diritto pubblico stabilita in Svizzera il beneficio dell’esenzione dall’imposta sui redditi relativa alla retribuzione proveniente da tale attività di lavoro dipendente, mentre una tale esenzione sarebbe stata concessa se detta attività fosse stata esercitata al servizio di una persona giuridica di diritto pubblico stabilita sul territorio nazionale, in un altro Stato membro dell’Unione o in un altro Stato al quale si applichi l’accordo SEE, provoca una differenza di trattamento fiscale tra i contribuenti tedeschi residenti in Germania in funzione dell’origine dei loro redditi.

44. Tale differenza di trattamento è tale da dissuadere i contribuenti tedeschi residenti in Germania dall’esercitare il loro diritto alla libera circolazione svolgendo un’attività di lavoro dipendente di insegnamento sul territorio svizzero continuando a risiedere nel loro Stato di residenza e, pertanto, costituisce una disparità di trattamento, in contrasto con l’articolo 9, paragrafo 2, dell’allegato I dell’accordo sulla libera circolazione delle persone.

45. Tuttavia, occorre parimenti tener conto, in primo luogo, dell’articolo 21, paragrafo 2, di tale accordo, che consente l’applicazione di un trattamento differenziato, in materia fiscale, ai contribuenti che non si trovano in una situazione comparabile, in particolare per quanto riguarda il loro luogo di residenza.

46. In secondo luogo, quando i contribuenti si trovino in una situazione comparabile, da costante giurisprudenza della Corte relativa alla libertà di circolazione garantita dal Trattato si evince che una differenza di trattamento può ancora essere giustificata da motivi imperativi d’interesse generale. In tal caso occorre, inoltre, che tale differenza di trattamento sia idonea a garantire il conseguimento dell’obiettivo perseguito e non ecceda quanto necessario per conseguirlo (v., inter alia, sentenze del 31 marzo 1993, Kraus, C-19/92, EU:C:1993:125, punto 32 e giurisprudenza ivi richiamata, nonché del 16 marzo 2010, Olympique Lyonnais, C-325/08, EU:C:2010:143, punto 38 e giurisprudenza ivi richiamata).

47. Dato che il principio della parità di trattamento costituisce una nozione di diritto dell’Unione (sentenza del 6 ottobre 2011, Graf e Engel, C-506/10, EU:C:2011:643, punto 26), per determinare l’esistenza di una eventuale disparità di trattamento nel contesto dell’accordo sulla libera circolazione delle persone, occorre, come risulta dal punto 36 della presente sentenza, riferirsi, per analogia, ai principi elaborati dalla giurisprudenza della Corte considerata al precedente punto della presente sentenza.

48. Nella specie, si deve rilevare che non è stato fatto valere che dei contribuenti tedeschi residenti in Germania che esercitano in via accessoria un’attività di lavoro dipendente di insegnamento sul territorio svizzero non si trovino, per quanto riguarda l’imposta sui redditi, in una situazione comparabile a quella dei contribuenti tedeschi residenti in Germania ai quali l’esenzione in questione è stata concessa.

49. La giustificazione di una disparità di trattamento, dunque, può essere attinente solo a motivi imperativi d’interesse generale. Anche in tale ipotesi, però, essa dev’essere idonea a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non deve eccedere quanto necessario per raggiungerlo.

50. A tal riguardo, occorre rilevare che, nella sua sentenza del 18 dicembre 2007, Jundt (C-281/06, EU:C:2007:816), la Corte si è trovata ad esaminare, a proposito di persone fisiche che abbiano fatto uso della loro libertà di circolazione, esercitando in via accessoria un’attività di insegnamento a titolo indipendente presso un’università stabilita in un altro Stato membro, continuando a risiedere nel loro Stato di residenza, se la differenza di trattamento vietata, tra tali persone e quelle che esercitano detta attività sul territorio nazionale, risultante dall’articolo 3, punto 26, dell’EStG, poteva essere giustificata da motivi imperativi d’interesse generale.

51. La Corte ha statuito, ai punti 63 e 64 della sentenza del 18 dicembre 2007, Jundt (C-281/06, EU:C:2007:816), che una siffatta differenza di trattamento non poteva essere giustificata dalla ragione di interesse generale connessa alla promozione dell’insegnamento, della ricerca e dello sviluppo, dato che tale differenza arreca pregiudizio alla libertà degli insegnanti che svolgono la loro attività in via accessoria di scegliere il luogo delle loro prestazioni di servizi all’interno dell’Unione senza che sia stato dimostrato che, per raggiungere l’obiettivo dedotto di promozione dell’insegnamento, risulti necessario riservare il beneficio dell’esenzione fiscale in parola ai soli contribuenti che svolgono un’attività simile in università stabilite nel territorio nazionale.

52. Una giustificazione fondata su un motivo imperativo d’interesse generale legata alla necessità di garantire la coerenza del regime fiscale tedesco, in assenza di un legame diretto, dal punto di vista del regime fiscale, tra l’esenzione fiscale delle indennità a titolo di rimborso spese versate da università nazionali ed una compensazione di tale vantaggio con un determinato prelievo fiscale, è stata parimenti esclusa dalla Corte, ai punti da 69 a 71 di questa sentenza.

53. Infine, la Corte ha precisato, ai punti da 83 a 88 di detta sentenza, da una parte, che l’esenzione fiscale prevista dall’articolo 3, punto 26, dell’EStG, non è una misura vertente sul contenuto dell’insegnamento o relativa all’organizzazione del sistema di istruzione, bensì una misura tributaria di carattere generale, che concede un vantaggio fiscale nel caso in cui un singolo si dedichi ad attività a favore della collettività. D’altra parte, gli Stati membri devono, in ogni caso, nell’esercizio della competenza e della responsabilità di cui dispongono per organizzare il loro sistema di istruzione, rispettare le disposizioni del Trattato relative alla libertà di circolazione. Ne consegue che, anche qualora una normativa nazionale costituisse una misura connessa a detta organizzazione, essa resterebbe tuttavia incompatibile con il Trattato in quanto essa incide sulla scelta degli insegnanti che svolgono la loro attività in via accessoria relativamente al luogo delle loro prestazioni di servizi.

54. Tali considerazioni possono essere trasposte a una situazione come quella oggetto del procedimento principale. Infatti, la circostanza che l’attività in questione sia esercitata a titolo di lavoro autonomo, come nel procedimento sfociato nella sentenza del 18 dicembre 2007, Jundt (C-281/06, EU:C:2007:816), o a titolo di lavoro dipendente, come nel procedimento principale, non è decisiva. Di contro, in entrambi i casi, la normativa tributaria in oggetto, nella specie l’articolo 3, punto 26, dell’EStG, può incidere sulla scelta dei contribuenti residenti che esercitino in via accessoria un’attività di insegnamento per quanto riguarda il luogo di esercizio di tale attività.

55. Dette considerazioni sono parimenti conformi all’obiettivo dell’accordo sulla libera circolazione delle persone che, come si evince dal suo preambolo, consiste nel realizzare a favore dei cittadini dell’Unione e di quelli della Confederazione svizzera la libera circolazione delle persone sui territori delle parti contraenti di tale accordo, fondandosi sulle disposizioni applicate nell’Unione.

56. Ne consegue che una normativa tributaria nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che nega la concessione di una esenzione ai contribuenti residenti che abbiano fatto uso del loro diritto alla libera circolazione esercitando in via accessoria un’attività di lavoro dipendente di insegnamento al servizio di una persona giuridica stabilita sul territorio svizzero, in ragione del luogo di esercizio di tale attività, instaura una disparità di trattamento non giustificato e, pertanto, si pone in contrasto con l’articolo 9, paragrafo 2, dell’allegato I dell’accordo sulla libera circolazione delle persone.

57. In tale contesto, occorre rispondere alla questione sollevata affermando che le disposizioni dell’accordo sulla libera circolazione delle persone relative alla parità di trattamento dei lavoratori dipendenti vanno interpretate nel senso che ostano alla normativa di uno Stato membro, come quella oggetto del procedimento principale, che non concede a un cittadino residente integralmente assoggettato all’imposta sui redditi, che abbia fatto uso del suo diritto alla libera circolazione per esercitare in via accessoria un’attività dipendente di insegnamento al servizio di una persona giuridica di diritto pubblico stabilita in Svizzera, il beneficio dell’esenzione dall’imposta relativa al reddito proveniente da detta attività di lavoro dipendente, mentre la stessa esenzione sarebbe stata concessa se tale attività fosse stata esercitata al servizio di una persona giuridica di diritto pubblico stabilita in tale Stato membro, in un altro Stato membro dell’Unione o in un altro Stato al quale si applichi l’accordo SEE.

 

Sulle spese

 

58. Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

P.Q.M.

 

Le disposizioni dell’accordo tra la Comunità europea ed i suoi Stati membri, da una parte, e la Confederazione svizzera, dall’altra, sulla libera circolazione delle persone, firmato a Lussemburgo il 21 giugno 1999, relative alla parità di trattamento dei lavoratori dipendenti vanno interpretate nel senso che ostano alla normativa di uno Stato membro, come quella oggetto del procedimento principale, che non concede a un cittadino residente integralmente assoggettato all’imposta sui redditi, che abbia fatto uso del suo diritto alla libera circolazione per esercitare in via accessoria un’attività dipendente di insegnamento al servizio di una persona giuridica di diritto pubblico stabilita in Svizzera, il beneficio dell’esenzione dall’imposta relativa al reddito proveniente da detta attività di lavoro dipendente, mentre la stessa esenzione sarebbe stata concessa se tale attività fosse stata esercitata al servizio di una persona giuridica di diritto pubblico stabilita in tale Stato membro, in un altro Stato membro dell’Unione europea o in un altro Stato al quale si applichi l’accordo sullo Spazio economico europeo, del 2 maggio 1992.