Giurisprudenza - CORTE DI GIUSTIZIA CE-UE - Sentenza 21 settembre 2016, n. C-221/15

Rinvio pregiudiziale - Direttiva 2011/64/UE - Articolo 15, paragrafo 1 - Libera determinazione, da parte dei produttori e degli importatori, dei prezzi massimi di vendita al dettaglio dei prodotti del tabacco lavorato - Normativa nazionale che vieta la vendita di tali prodotti da parte dei venditori al dettaglio a prezzi inferiori a quelli indicati dal bollo fiscale - Libera circolazione delle merci - Articolo 34 TFUE - Modalità di vendita - Articolo 101 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 3, TUE

 

1. La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2011/64/UE del Consiglio, del 21 giugno 2011, relativa alla struttura e alle aliquote dell’accisa applicata al tabacco lavorato (GU 2011, L 176, pag. 24), in combinato disposto con gli articoli 20 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la "Carta"), dell’articolo 34 TFUE, nonché dell’articolo 101 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 3, TUE.

2. Tale domanda è stata proposta nell’ambito di un procedimento penale promosso a carico dell’Établissements Fr. Colruyt NV (in prosieguo: la "Colruyt"), riguardo alla vendita da parte di quest’ultima di prodotti del tabacco ad un prezzo unitario inferiore al prezzo che il fabbricante o l’importatore ha indicato sul bollo fiscale apposto su tali prodotti.

 

Contesto normativo

 Diritto dell’Unione

3. I considerando 2, 3, 9 e 10 della direttiva 2011/64 sono così formulati:

"(2) La normativa dell’Unione in materia di tassazione dei prodotti del tabacco deve garantire il corretto funzionamento del mercato interno e, al contempo, un livello elevato di protezione della salute (...).

(3) Uno degli obiettivi del trattato nei riguardi dell’Unione europea è preservare un’unione economica che presenti caratteristiche analoghe a quelle di un mercato interno in cui ci sia una sana concorrenza. La realizzazione di tale obiettivo nel settore dei tabacchi lavorati presuppone l’applicazione, negli Stati membri, di accise sui prodotti di tale settore che non falsino le condizioni di concorrenza e non ne ostacolino la libera circolazione nell’Unione.

(...)

(9) L’armonizzazione delle strutture per quanto riguarda le accise dei tabacchi deve, in particolare, far sì che la competitività delle varie categorie di tabacchi lavorati appartenenti a uno stesso gruppo non sia falsata dagli effetti dell’imposizione e che, di conseguenza, sia realizzata l’apertura dei mercati nazionali degli Stati membri.

(10) Le esigenze della concorrenza implicano un sistema di prezzi che si formino liberamente per tutti i gruppi di tabacchi lavorati".

4. L’articolo 1 di tale direttiva, che figura nel capo 1, intitolato "Oggetto", così prevede:

"La presente direttiva stabilisce taluni principi generali di armonizzazione della struttura e delle aliquote dell’accisa che gli Stati membri applicano ai tabacchi lavorati".

5. L’articolo 7, paragrafo 1, primo comma, della direttiva suddetta così dispone:

"Le sigarette prodotte nell’Unione e quelle importate da paesi terzi sono soggette, in ciascuno degli Stati membri, a un’accisa ad valorem calcolata sul prezzo massimo di vendita al minuto, compresi i dazi doganali, nonché a un’accisa specifica calcolata per unità di prodotto.

(...)".

6. L’articolo 15, paragrafo 1, della stessa direttiva così recita:

"I produttori o, se del caso, i loro rappresentanti o mandatari nell’Unione, nonché gli importatori di tabacco da paesi terzi stabiliscono liberamente i prezzi massimi di vendita al minuto di ciascuno dei loro prodotti per ciascuno Stato membro in cui sono destinati a essere immessi in consumo.

Il primo comma non osta, tuttavia, all’applicazione delle legislazioni nazionali sul controllo del livello dei prezzi o sull’osservanza dei prezzi imposti, sempreché siano compatibili con la normativa dell’Unione".

 

Diritto belga

7. L’articolo 7, paragrafo 2 bis, punto 1, della wet betreffende de bescherming van de gezondheid van de gebruikers op het stuk van de voedingsmiddelen en andere produkten (legge relativa alla tutela della salute dei consumatori riguardo alle derrate alimentari e agli altri prodotti, Belgisch Staatsblad dell’8 aprile 1977, pag. 4501), del 24 gennaio 1977, nella versione applicabile alla data dei fatti di cui al procedimento principale (in prosieguo: la "legge sulla tutela della salute"), così prevede:

"Sono vietate la pubblicità per il tabacco, i prodotti a base di tabacco e i prodotti affini, in prosieguo denominati prodotti del tabacco, e la sponsorizzazione da parte degli stessi.

Viene considerata pubblicità e sponsorizzazione ogni comunicazione o azione volta direttamente o indirettamente a promuovere la vendita a prescindere dal luogo, dai mezzi di comunicazione o dalle modalità utilizzate".

 

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

8. La Colruyt gestisce in Belgio una catena di supermercati recanti lo stesso nome.

9. In seguito ad un’indagine del federale overheidsdienst van volksgezondheid (servizio pubblico sanitario federale, Belgio), l’openbaar ministerie (pubblico ministero, Belgio) ha constatato che la Colruyt si è avvalsa, nei suoi supermercati, di atti pubblicitari per il tabacco, vietati in applicazione dell’articolo 7, paragrafo 2 bis, punto 1, della legge sulla tutela della salute. La Colruyt avrebbe quindi venduto diversi prodotti del tabacco:

- ad un prezzo unitario inferiore al prezzo che il produttore o l’importatore ha indicato sul bollo fiscale apposto su tali prodotti;

- con una riduzione in funzione della quantità, segnalata da uno sfondo giallo e rosso sull’etichetta nello scaffale;

- con una riduzione generale temporanea del 3% a tutti i clienti;

- con uno sconto generale del 3% per talune categorie di persone, ossia i soci di organizzazioni giovanili mediante la "kampkorting" (letteralmente la "riduzione camp").

10. Con sentenza del correctionele rechtbank te Brussel (tribunale penale di Bruxelles, Belgio) del 10 maggio 2013, la Colruyt è stata condannata, in particolare, ad un’ammenda di EUR 270 000 per violazione della disposizione suddetta.

11. La Colruyt ha interposto appello avverso tale sentenza dinanzi allo Hof van beroep te Brussel (Corte d’appello di Bruxelles, Belgio), facendo valere, in particolare, che il divieto di praticare prezzi di vendita al dettaglio inferiori al prezzo che il produttore o l’importatore ha indicato sul bollo fiscale apposto sui prodotti derivanti dal tabacco è incompatibile con l’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2011/64, con l’articolo 34 TFUE e con l’articolo 101 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 3, TUE.

12. Alla luce di quanto sopra, lo Hof van beroep te Brussel (Corte d’appello di Bruxelles) ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

"1) Se l’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2011/64, eventualmente in combinato disposto con gli articoli 20 e 21 della Carta, osti ad una disposizione nazionale che obbliga i dettaglianti a rispettare prezzi minimi, vietando di applicare per prodotti del tabacco prezzi inferiori al prezzo indicato dal fabbricante/importatore sul bollo fiscale.

2) Se l’articolo 34 TFUE osti ad una disposizione nazionale che obbliga i dettaglianti a rispettare prezzi minimi, vietando di applicare per prodotti del tabacco prezzi inferiori al prezzo indicato dal fabbricante/importatore sul bollo fiscale.

3) Se l’articolo 4, paragrafo 3, [TUE], in combinato disposto con l’articolo 101 TFUE, osti ad una disposizione nazionale che obbliga i dettaglianti a rispettare prezzi minimi, vietando di applicare per prodotti del tabacco prezzi inferiori al prezzo indicato dal fabbricante/importatore sul bollo fiscale".

 

Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale

13. Il governo belga afferma che la domanda di pronuncia pregiudiziale è irricevibile in quanto, in primo luogo, l’articolo 7, paragrafo 2 bis, punto 1, della legge sulla tutela della salute sarebbe privo di attinenza con l’oggetto della controversia principale, poiché i prezzi di rivendita al dettaglio di prodotti del tabacco in Belgio sono disciplinati da altre disposizioni nel diritto belga. Esso sostiene, in secondo luogo, che l’interpretazione della direttiva 2011/64 è priva di rilievo ai fini della soluzione della presente controversia, poiché detto articolo 7, paragrafo 2 bis, punto 1, non sarebbe diretto a trasporre nel diritto belga tale direttiva. Esso considera, in terzo luogo, che la decisione di rinvio non soddisfa le condizioni previste all’articolo 94 del regolamento di procedura della Corte, dato che non conterrebbe sufficienti informazioni sul contesto in fatto e in diritto di tale controversia e neanche un’esposizione delle motivazioni precise che hanno condotto il giudice del rinvio a interrogarsi sull’interpretazione delle disposizioni del diritto dell’Unione. Anche il governo francese avanza dubbi quanto alla ricevibilità di detta domanda.

14. Al riguardo, è sufficiente ricordare che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione sollevate dal giudice nazionale nel contesto di diritto e di fatto che egli individua sotto la propria responsabilità, del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. Il diniego della Corte di statuire su una domanda di pronuncia pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale è possibile solo qualora risulti manifestamente che la richiesta interpretazione del diritto dell’Unione non presenta alcun nesso con la realtà o con l’oggetto del procedimento principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le sono sottoposte (sentenza del 16 luglio 2015, Sommer Antriebs- und Funktechnik, C‑369/14, EU:C:2015:491, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

15. Riguardo al primo motivo d’irricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale, è sufficiente ricordare che, nel contesto del procedimento istituito dall’articolo 267 TFUE, non spetta alla Corte né pronunciarsi sull’interpretazione delle disposizioni del diritto nazionale né stabilire se l’interpretazione datane dal giudice del rinvio sia corretta (sentenza del 7 ottobre 2010, dos Santos Palhota e a., C‑515/08, EU:C:2010:589, punto 18).

16. Per quanto attiene al secondo motivo di irricevibilità sollevato dal governo belga, non risulta in modo manifesto che la situazione in causa nel procedimento principale sia esclusa dall’ambito d’applicazione della direttiva 2011/64 o, quantomeno, che l’articolo 7, paragrafo 2 bis, punto 1, della legge sulla tutela della salute non sia affatto idoneo a privare dell’effetto utile alcune delle disposizioni di tale direttiva e che l’interpretazione richiesta della direttiva suddetta non presenti un nesso con la realtà o l’oggetto della controversia principale. Inoltre, tale obiezione rientra nel merito della prima questione pregiudiziale.

17. Per quanto riguarda il terzo motivo di irricevibilità, va constatato che il giudice del rinvio ha, nella specie, esposto il contesto in fatto e in diritto in cui si inscrive la controversia principale in modo sufficientemente preciso, tale da consentire alla Corte di rispondere utilmente alle questioni ad essa sottoposte, nonché agli interessati previsti dall’articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea di presentare osservazioni. Inoltre, la decisione di rinvio permette di comprendere che il giudice del rinvio nutre dubbi in merito alla compatibilità della normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale con le disposizioni del diritto dell’Unione di cui è richiesta l’interpretazione e che, in assenza di compatibilità di tale normativa con le disposizioni suddette, gli addebiti formulati contro la Colruyt sarebbero considerati infondati.

18. Ciò premesso, la domanda di pronuncia pregiudiziale deve essere ritenuta ricevibile.

 

Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

19. Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2011/64, letto alla luce degli articoli 20 e 21 della Carta, deve essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che vieta ai venditori al dettaglio di vendere prodotti del tabacco a prezzi unitari inferiori al prezzo che il produttore o l’importatore ha indicato sul bollo fiscale apposto su tali prodotti.

20. Come risulta dal suo articolo 1, la direttiva 2011/64 ha l’obiettivo di fissare i principi generali dell’armonizzazione delle strutture e delle aliquote dell’accisa cui gli Stati membri assoggettano i tabacchi lavorati. Tale direttiva rientra quindi nella normativa tributaria dell’Unione applicabile ai prodotti del tabacco, la quale, ai sensi del considerando 2 della medesima direttiva, è finalizzata a garantire in particolare il buon funzionamento del mercato interno.

21. Inoltre, dal considerando 3 della direttiva 2011/64 risulta che, per realizzare detto obiettivo, quest’ultima è diretta a garantire che l’applicazione, in seno agli Stati membri, delle imposte sul consumo dei prodotti del settore dei tabacchi lavorati non falsi le condizioni di concorrenza e non ostacoli la libera circolazione di tali prodotti nell’Unione. In particolare, il considerando 9 di tale direttiva enuncia che l’armonizzazione delle strutture delle accise deve far sì che la concorrenza delle varie categorie di tabacchi lavorati appartenenti a uno stesso gruppo non sia falsata dagli effetti dell’imposizione e che, di conseguenza, sia realizzata l’apertura dei mercati nazionali degli Stati membri.

22. Da quanto precede risulta che la direttiva 2011/64 è diretta a garantire il buon funzionamento del mercato interno per quanto riguarda l’applicazione, in seno agli Stati membri, delle accise sui prodotti del settore dei tabacchi lavorati.

23. L’articolo 15, paragrafo 1, primo comma, della direttiva suddetta deve essere interpretato alla luce di tale finalità. Esso prevede che i produttori o, se del caso, i loro rappresentanti o mandatari nell’Unione, nonché gli importatori di tabacco da paesi terzi stabiliscono liberamente i prezzi massimi di vendita al minuto di ciascuno dei loro prodotti per ciascuno Stato membro in cui sono destinati ad essere immessi in consumo, e ciò al fine di garantire effettivamente il libero gioco della concorrenza tra essi.

24. La Corte ha statuito che tale disposizione mira, da un lato, a garantire che la determinazione della base imponibile dell’accisa proporzionale sui prodotti derivati dal tabacco, cioè il prezzo massimo di vendita al minuto di tali prodotti, sia assoggettata alle stesse regole in tutti gli Stati membri e, dall’altro, a tutelare la libertà di tali operatori, che consente loro di beneficiare effettivamente del vantaggio concorrenziale risultante da eventuali prezzi di costo inferiori (v., per analogia, sentenza del 4 marzo 2010, Commissione/Francia, C‑197/08, EU:C:2010:111, punto 36).

25. Peraltro, detta disposizione si inscrive nel meccanismo impositivo del tabacco, il quale implica che il prezzo stabilito dal produttore o dall’importatore e approvato dall’autorità pubblica si imponga quale prezzo massimo e che esso come tale sia rispettato a tutti i livelli del circuito di distribuzione fino alla vendita al consumatore, al fine di evitare che, con il superamento di tale prezzo, possa essere pregiudicata l’integrità delle entrate fiscali (v., in tal senso, sentenza del 4 marzo 2010, Commissione/Francia, C‑197/08, EU:C:2010:111, punto 43).

26. L’articolo 15, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2011/64 ha quindi lo scopo di garantire che l’applicazione delle regole relative alle accise sui prodotti del tabacco non arrechi pregiudizio ai principi concorrenziali, i quali implicano, come risulta dal considerando 10 di tale direttiva, un regime dei prezzi formati liberamente dai produttori o dagli importatori per tutti i gruppi di tabacchi lavorati.

27. Pertanto, la Corte ha dichiarato, in sostanza, che l’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2011/64 non può essere interpretato nel senso che osta ad una normativa, la quale, per la vendita al consumatore di tabacchi lavorati importati o prodotti nello stesso Stato, impone un prezzo di vendita, cioè il prezzo apposto sul bollo fiscale, alla condizione che tale prezzo sia stato fissato liberamente dal produttore o dall’importatore (v., per analogia, sentenza del 16 novembre 1977, GB-Inno-BM, 13/77, EU:C:1977:185, punti 63 e 64).

28. Riguardo alla fattispecie di cui al procedimento principale, una disposizione di una normativa nazionale come l’articolo 7, paragrafo 2 bis, punto 1, della legge sulla tutela della salute, la quale, secondo le informazioni fornite dal giudice del rinvio, vieta ai venditori al dettaglio, in particolare, di vendere prodotti derivanti dal tabacco a un prezzo unitario inferiore al prezzo che il produttore o l’importatore ha indicato sul bollo fiscale apposto su essi, ha certamente l’effetto, tenuto conto delle particolarità del meccanismo della tassazione del tabacco, di imporre a tali operatori, ai fini della vendita al consumatore di detti prodotti, il prezzo iscritto su detto bollo. Tuttavia, non risulta dal fascicolo sottoposto alla Corte che detta disposizione abbia la funzione di disciplinare la fissazione del prezzo indicato dal produttore o dall’importatore su tale bollo, né peraltro che essa riguardi l’applicazione dell’accisa sui prodotti del tabacco.

29. Pertanto, una disposizione nazionale siffatta non ricade nella situazione prevista dall’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2011/64. Dunque, quest’ultimo non vi osta.

30. Tale interpretazione non è posta nuovamente in discussione dall’argomento della Colruyt, in forza del quale il fatto di non riconoscere ai venditori al dettaglio la libertà, a norma del summenzionato articolo 15, paragrafo 1, di fissare il prezzo di vendita al consumatore dei prodotti del tabacco costituisce una discriminazione ingiustificata, contraria agli articoli 20 e 21 della Carta, tra i venditori al dettaglio che sono anche importatori e quelli che non lo sono. Infatti, tali disposizioni della Carta non possono, comunque, avere l’effetto di estendere l’ambito di applicazione della direttiva 2011/64 alla fissazione del prezzo minimo praticato dai venditori al dettaglio, non essendo quest’ultima, in linea di principio, interessata dall’applicazione dell’accisa sui prodotti del tabacco.

31. Dall’insieme delle considerazioni che precedono risulta che occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2011/64 deve essere interpretato nel senso che non osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che vieta ai venditori al dettaglio di vendere prodotti del tabacco a un prezzo unitario inferiore al prezzo che il produttore o l’importatore ha indicato sul bollo fiscale apposto a tali prodotti, nei limiti in cui tale prezzo sia stato fissato liberamente dal produttore o dall’importatore.

 

Sulla seconda questione

32. Con la sua seconda questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 34 TFUE debba essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che vieta ai venditori al dettaglio di vendere prodotti del tabacco a un prezzo unitario inferiore al prezzo che il produttore o l’importatore ha indicato sul bollo fiscale apposto a tali prodotti.

33. L’articolo 34 TFUE vieta le restrizioni quantitative all’importazione e tutte le misure di effetto equivalente tra gli Stati membri. Secondo costante giurisprudenza, ogni misura di uno Stato membro idonea ad ostacolare direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, il commercio nell’ambito dell’Unione deve essere considerata come una misura di effetto equivalente a restrizioni quantitative ai sensi di tale disposizione (sentenze dell’11 luglio 1974, Dassonville, 8/74, EU:C:1974:82, punto 5, e del 23 dicembre 2015, Scotch Whisky Association e a., C‑333/14, EU:C:2015:845, punto 31).

34. Pertanto, costituiscono misure di effetto equivalente a restrizioni quantitative gli ostacoli alla libera circolazione delle merci derivanti, in assenza di armonizzazione delle legislazioni nazionali, dall’assoggettamento delle merci provenienti da altri Stati membri, in cui siano legalmente fabbricate e immesse in commercio, a norme che dettino requisiti ai quali le merci stesse devono rispondere, anche qualora tali norme siano indistintamente applicabili a tutti i prodotti (v., in tal senso, sentenza del 20 febbraio 1979, Rewe-Zentral, detta "Cassis de Dijon", 120/78, EU:C:1979:42, punti 6, 14 e 15).

35. Al contrario non può costituire ostacolo diretto o indiretto, in atto o in potenza, agli scambi commerciali tra gli Stati membri ai sensi di tale giurisprudenza l’assoggettamento di prodotti provenienti da altri Stati membri a disposizioni nazionali che limitino o vietino talune modalità di vendita, sempre che tali disposizioni valgano nei confronti di tutti gli operatori interessati che svolgono la propria attività sul territorio nazionale e sempre che incidano in ugual misura, tanto sotto il profilo giuridico quanto sotto quello sostanziale, sulla commercializzazione dei prodotti nazionali e su quelli provenienti da altri Stati membri. Infatti, ove tali condizioni siano adempiute, l’applicazione di normative di tal genere alla vendita di prodotti provenienti da un altro Stato membro e rispondenti alle norme stabilite da tale Stato non costituisce elemento atto ad impedire l’accesso di tali prodotti al mercato o ad ostacolarlo più di quanto possono risultarne ostacolati i prodotti nazionali (sentenza del 10 febbraio 2009, Commissione/Italia, C‑110/05, EU:C:2009:66, punto 36).

36. Occorre perciò considerare misure di effetto equivalente a restrizioni quantitative all’importazione ai sensi dell’articolo 34 TFUE le misure di uno Stato membro che abbiano per oggetto o per effetto di penalizzare i prodotti provenienti da altri Stati membri, come anche le misure di cui al punto 34 della presente sentenza. Nella medesima nozione rientra altresì ogni altra misura che ostacoli l’accesso al mercato di uno Stato membro di prodotti originari di altri Stati membri (v., in tal senso, sentenza del 10 febbraio 2009, Commissione/Italia, C‑110/05, EU:C:2009:66, punto 37).

37. Al riguardo, nei limiti in cui una disciplina nazionale sul prezzo dei prodotti del tabacco, come quella contenuta nell’articolo 7, paragrafo 2 bis, punto 1, della legge sulla tutela della salute, non riguardi le caratteristiche di tali prodotti, ma esclusivamente le modalità secondo cui questi ultimi possono essere venduti, si deve ritenere che essa riguardi le modalità di vendita (v., per analogia, sentenza del 30 aprile 2009, Fachverband der Buch- und Medienwirtschaft, C‑531/07, EU:C:2009:276, punto 20).

38. Quanto alla questione se tale normativa soddisfi le condizioni esposte al punto 35 della presente sentenza, occorre osservare, da un lato, che una disposizione nazionale come l’articolo 7, paragrafo 2 bis, punto 1, che vieta ai venditori al dettaglio di vendere prodotti del tabacco a un prezzo unitario inferiore al prezzo che il produttore o l’importatore ha indicato sul bollo fiscale apposto ad essi, si applica a tutti gli operatori interessati che esercitano la loro attività sul territorio nazionale.

39. D’altro lato, nei limiti in cui essa non riguarda la determinazione da parte degli importatori di prodotti provenienti da altri Stati membri del prezzo indicato su tale bollo e nei limiti in cui tali importatori rimangono liberi di fissare tale prezzo, tale disposizione non è idonea a impedire l’accesso al mercato belga ai prodotti del tabacco provenienti da un altro Stato membro o ad ostacolarlo in misura maggiore di quanto non ostacoli quello dei prodotti del tabacco nazionali.

40. Di conseguenza, una normativa siffatta non costituisce una misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa all’importazione, vietata dall’articolo 34 TFUE.

41. Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 34 TFUE deve essere interpretato nel senso che non osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che vieta ai venditori al dettaglio di vendere prodotti del tabacco a un prezzo unitario inferiore al prezzo che il produttore o l’importatore ha indicato sul bollo fiscale apposto a tali prodotti, nei limiti in cui tale prezzo sia stato fissato liberamente dall’importatore.

 

Sulla terza questione

42. Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 101 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, debba essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che vieta ai venditori al dettaglio di vendere prodotti del tabacco a un prezzo unitario inferiore al prezzo che il produttore o l’importatore ha indicato sul bollo fiscale apposto ad essi.

43. Risulta da una giurisprudenza costante della Corte che, se è pur vero che l’articolo 101 TFUE riguarda esclusivamente la condotta delle imprese e non disposizioni legislative o regolamentari emanate dagli Stati membri, resta il fatto che tale articolo, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, che instaura un dovere di collaborazione tra l’Unione e gli Stati membri, obbliga questi ultimi a non adottare o a non mantenere in vigore provvedimenti, anche di natura legislativa o regolamentare, idonei ad eliminare l’effetto utile delle regole di concorrenza applicabili alle imprese (sentenza del 4 settembre 2014, API e a., da C‑184/13 a C‑187/13, C‑194/13, C‑195/13 e C‑208/13, EU:C:2014:2147, punto 28 e giurisprudenza ivi citata).

44. Sussiste una violazione dell’articolo 101 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, quando uno Stato membro imponga o agevoli la conclusione di accordi in contrasto con l’articolo 101 TFUE, o rafforzi gli effetti di siffatti accordi, ovvero tolga alla propria normativa il suo carattere pubblico, delegando ad operatori privati la responsabilità di adottare decisioni di intervento in materia economica (sentenza del 4 settembre 2014, API e a., da C‑184/13 a C‑187/13, C‑194/13, C‑195/13 e C‑208/13, EU:C:2014:2147, punto 29).

45. Tuttavia, una normativa che non mira a imporre la conclusione di accordi tra fornitori e venditori al dettaglio o altri comportamenti come quelli previsti all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, ma, al contrario, affida alle pubbliche autorità la responsabilità di fissare i prezzi di vendita al consumatore, non viola tale disposizione, letta in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 3, TUE (v., in tal senso, sentenza del 29 gennaio 1985, Cullet/Leclerc, 231/83, EU:C:1985:29, punti 17 e 18). Del pari, non impone né agevola la conclusione di accordi anticoncorrenziali una normativa che sancisce un divieto che è sufficiente di per sé stesso (v., in tal senso, sentenza del 17 novembre 1991, Ohra Schadeverzekeringen, C‑245/91, EU:C:1993:887, punto 11).

46. Come è stato constatato al punto 28 della presente sentenza, una disposizione di una normativa nazionale come l’articolo 7, paragrafo 2 bis, punto 1, della legge sulla tutela della salute produce l’effetto di imporre ai venditori al dettaglio, per la vendita al consumatore di prodotti del tabacco, un prezzo di vendita, cioè quello che il produttore o l’importatore ha indicato sul bollo fiscale apposto su tali prodotti. Siffatta normativa non impone né agevola la conclusione di accordi tra fornitori e venditori al dettaglio, ma è sufficiente di per sé stessa, in quanto ha direttamente l’effetto di fissare il prezzo praticato dai venditori al dettaglio. Inoltre, non risulta dal fascicolo sottoposto alla Corte che l’adozione dell’articolo 7, paragrafo 2 bis, punto 1, della legge sulla tutela della salute sia stata preceduta da un accordo avente ad oggetto prezzi di rivendita imposti nel settore dei prodotti del tabacco.

47. Peraltro, detto articolo 7, paragrafo 2 bis, punto 1, non delega ad operatori privati la responsabilità di fissare il prezzo praticato dai venditori al dettaglio o di adottare altre decisioni di intervento di interesse economico.

48. In tal contesto, una normativa come quella di cui trattasi nel procedimento principale non è idonea a privare di effetto utile l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.

49. Risulta dalle considerazioni che precedono che occorre rispondere alla terza questione dichiarando che l’articolo 101 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, deve essere interpretato nel senso che non osta ad una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che vieta ai venditori al dettaglio di vendere prodotti del tabacco ad un prezzo unitario inferiore al prezzo che il produttore o l’importatore ha indicato sul bollo fiscale apposto a tali prodotti.

 

Sulle spese

50. Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

P.Q.M.

 

Dichiara:

1) L’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2011/64/UE del Consiglio, del 21 giugno 2011, relativa alla struttura e alle aliquote dell’accisa applicata al tabacco lavorato, deve essere interpretato nel senso che non osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che vieta ai venditori al dettaglio di vendere prodotti del tabacco a un prezzo unitario inferiore al prezzo che il produttore o l’importatore ha indicato sul bollo fiscale apposto a tali prodotti, nei limiti in cui tale prezzo sia stato fissato liberamente dal produttore o dall’importatore.

2) L’articolo 34 TFUE deve essere interpretato nel senso che non osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che vieta ai venditori al dettaglio di vendere prodotti del tabacco a un prezzo unitario inferiore al prezzo che il produttore o l’importatore ha indicato sul bollo fiscale apposto a tali prodotti, nei limiti in cui tale prezzo sia stato fissato liberamente dall’importatore.

3) L’articolo 101 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, deve essere interpretato nel senso che non osta ad una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che vieta ai venditori al dettaglio di vendere prodotti del tabacco ad un prezzo unitario inferiore al prezzo che il produttore o l’importatore ha indicato sul bollo fiscale apposto a tali prodotti.