Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 27 maggio 2016, n. 10991

Tributi - IVA - Operazioni esenti - Rimanenze di merci - Cessione gratuita ad ente con finalità di beneficenza - Prova - Fattura accompagnatoria, controfirmata dal destinatario - Rilevazione nella contabilità aziendale - Sufficiente

 

Ritenuto in fatto

 

1. Con avviso notificato il 24 dicembre 2005 per gli anni d'imposta 1998 e 1999 il fisco accertava induttivamente maggiori ricavi a carico di G. R. e recuperava maggiori imposte dirette e IVA, avendo riscontrato l'emissione di due fatture per cessioni di beni in esenzione d'imposta (art. 10 n.12 d. Iva) senza che risultassero l'invio della comunicazione di cui alla lett. a) dell'art. 2 co. 2 d.p.r. 441/1997, l'emissione del documento di trasporto prescritta dalla lett. b), la dichiarazione sostitutiva di notorietà del destinatario della merce prescritta dalla lett. c)..

2. La contribuente ricorreva al giudice tributario precisando di aver chiuso l'attività sin dal 9 luglio 1998 a seguito atto di cessione d'azienda rogato dal notaio P. e regolarmente comunicato al fisco. Osservava che le rimanenze di magazzino non trasferite con l'azienda erano state donate, come cessioni gratuite in esenzione d'imposta, alla Caritas diocesana di Potenza e alla Parrocchia dei SS. Anna e Gioacchino di Potenza. Evidenziava che le operazioni erano state regolarmente contabilizzate e documentate mediante fatture accompagnatorie contenenti la descrizione delle merci, nonché i timbri delle destinatarie e la relativa sottoscrizione per ricevuta. La C.t.p. di Potenza rigettava il ricorso ritenendo che la omissione degli adempimenti richiesti dal precitato art. 2 rendeva non più esenti ma imponibili le operazioni contestate.

3. Per la riforma di tale decisione la contribuente proponeva appello accolto dalla C.t.r. della Basilicata che, con sentenza 3 febbraio 2009, riteneva provata la destinazione benefica delle merci e quindi inoperante la presunzione di vendita invocata dal fisco.

4. Per la cassazione della decisione d'appello, l'Agenzia delle entrate ha proposto ricorso con unico motivo, al quale la contribuente resiste con controricorso e memoria.

 

Considerato in diritto

 

1. Con l'unico motivo la ricorrente denuncia violazione di norme di diritto sostanziali - art.2, co. 2 e co.4, d.p.r. 441/1997; art. 10, n. 12), d.p.r. 633/1972 - e censura la sentenza d'appello laddove sostiene che la presunzione di legge, circa l'avvenuta vendita dei beni non reperiti, non trova applicazione qualora il contribuente fornisca la prova di aver dato la destinazione fiscalmente dichiarata ai beni oggetto di verifica anche tramite documenti diversi da quelli prescritti e, in particolare, attraverso la produzione delle sole fatture accompagnatorie controfirmate. Afferma, invece, che la mancanza anche di uno solo dei documenti e degli adempimenti previsti dal precitato art. 2 renderebbe ipso iure non più esente ma imponibile l'operazione.

2. La censura non può essere condivisa.

Per l'art. 10, n. 12), d.p.r. 633/1972, sono esenti dall'imposta le cessioni di cui al n. 4) dell'art. 2 fatte ad enti pubblici, associazioni riconosciute o fondazioni aventi esclusivamente finalità di assistenza, beneficenza, educazione, istruzione, studio o ricerca scientifica e alle ONLUS. Si tratta cioè di quelle cessioni gratuite di beni - la cui produzione o il cui commercio rientra nell'attività propria dell'impresa - che sono considerate normalmente imponibili. In sostanza, come è stato osservato in dottrina, il legislatore considera quasi fossero stati distrutti i beni ceduti gratuitamente a organismi aventi finalità di beneficenza e alle Onlus, purché nel rispetto delle norme procedurali dell'art. 2 d.p.r. 441/1997.

Il d.p.r. 441/1997 stabilisce che si presumono ceduti i beni che non si trovano nei luoghi in cui il contribuente svolge le proprie operazioni, né in quelli dei suoi rappresentanti (art. 1) e che tale presunzione non opera qualora vengano osservati gli adempimenti ivi stabiliti (art.2). In particolare le cessioni previste dall’art. 10, n. 12), del decreto IVA, cioè le cessioni gratuite a Onlus ed enti benefici sono provate, in primo luogo, con comunicazione scritta da parte del cedente agli uffici dell’amministrazione finanziaria e ai comandi della Guardia di finanza di competenza, con l'indicazione della data, ora e luogo di inizio del trasporto, della destinazione finale dei beni, nonché dell'ammontare complessivo, sulla base del prezzo di acquisto, dei beni gratuitamente ceduti. La comunicazione deve pervenire ai suddetti uffici almeno cinque giorni prima della consegna e può non essere inviata qualora l'ammontare del costo dei beni stessi non sia superiore a lire dieci milioni. Inoltre dette cessione gratuite sono provate mediante emissione del documento di accompagnamento previsto dal d.p.r. 14 agosto 1996, n. 472, progressivamente numerato, e dichiarazione sostitutiva di atto notorio, con la quale l'ente ricevente attesti natura, qualità e quantità dei beni ricevuti corrispondenti ai dati contenuti nel documento di accompagnamento.

La giurisprudenza di questa Corte ha affermato che le presunzioni di cessione e d’acquisto, poste prima dal d.p.r. n. 633/1972, art. 53, e poi dal d.p.r. n. 441/1997, art. 2, sono presunzioni legali annoverabili tra quelle cosiddette "miste" (Cass. n.1976 del 2015), che consentono, cioè, la dimostrazione contraria da parte del contribuente, ma unicamente entro i limiti oggetto e dì mezzi di prova ivi prefigurati e stabiliti a fini antielusivi (Cass. n.4864 del 2015).

Sul versante del diritto dell'UE, secondo la sesta direttiva (art. 5 co.6), "é assimilato a una cessione a titolo oneroso il prelievo di un bene dalla propria impresa da parte di un soggetto passivo il quale ... lo trasferisce a titolo gratuito ... quando detto bene o gli elementi che lo compongono hanno consentito una deduzione totale o parziale dell'imposta sul valore aggiunto"; inoltre (art. 13, lett. A) possono riconosciute dagli Stati membri esenzioni a favore di alcune attività di interesse pubblico aventi carattere sociale, educativo o religioso, "alle condizioni da essi stabilite per assicurare la corretta e semplice applicazione delle esenzioni previste ... e per prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso".

In sintesi, ai fini dell'imposizione sul valore aggiunto, il sistema di presunzione mista stabilita dal d.p.r. 441 e la necessità di specifica procedura (comunicazione preventiva al fisco e alla G.d.F.; bolla di accompagnamento; dichiarazione di notorietà del destinatario) risponde, in tesi generale, allo scopo di prevenire frodi.

3. Nella specie è assolutamente pacifico che non si verta affatto in tema di frodi, ovverosia di cessioni occultate, mascherate o abilmente travisate, tanto da essere eventualmente emerse solo a seguito dei riscontri di magazzino da parte dei verificatori. Al contrario è pacifico che le cessioni gratuite alla Parrocchia e alla Caritas sono tracciate dalla contabilità aziendale e sono documentate da fatture accompagnatorie, descrittive delle merci e controfirmate dai soggetti destinatari, cioè da documento equivalente a quello previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 14 agosto 1996, n. 472, che ha disposto la soppressione dell'obbligo della bolla di accompagnamento delle merci viaggianti. Mancano, invece, la comunicazione preventiva alle autorità di finanza e la dichiarazione di notorietà dei destinatari. Quest'ultima è evidentemente surrogata proprio dalla sottoscrizione apposta per ricezione della merce sulle fatture accompagnatorie, cioè su documento le cui annotazioni si presumono normalmente veridiche perché la loro eventuale falsità materiale e/o ideologica è presidiata da sanzioni penali e costituisce indubbio indice rivelatore di frode, rilievo quest'ultimo neppure adombrato dal fisco in sede di accertamento e di giudizio. Né di fronte all'annotazione contabile delle cessioni gratuite fatte a enti benefici e religiosi, ai primi per legge assimilati, v'è alcuna contestazione circa la corretta osservanza dei principi contabili di chiarezza, verità e correttezza delle scritture nel rappresentare la situazione patrimoniale e finanziaria della società, con prevalenza della sostanza sulla forma. Ciò vale non solo sul piano civilistico delle poste di bilancio, definite dai principi contabili secondo la "vera natura" dell'evento appostato, ma anche sul consequenziale versante tributario, particolarmente rilevante soprattutto riguardo all'imposizione su redditi.

Dunque, la fattispecie in esame si presenta con cartetteristiche del tutto diversa da quella tipica dell'ammanco di magazzino cui è correlata presunzione di vendita, atteso che non è contestato dal fisco (mancando qualsivoglia autosufficiente rilievo del genere in ricorso) ed è accertato del giudice di merito (mancando qualsivoglia impugnazione specifica sul punto), che la merce, residuata all'esito della cessione d'azienda e in prospettiva di chiusura dell'attività, abbia effettivamente ricevuto il suo recapito finale e gratuito presso gli enti benefici e religiosi indicati in fattura, così realizzandosi operazioni per legge esenti.

4. Inoltre, sul versante specifico dell'imposizione armonizzata sul valore aggiunto, si deve rammentare come gli adempimenti formali, prescritti dalla legge fiscale nazionale, possono essere dettati unicamente "per assicurare la corretta e semplice applicazione delle esenzioni previste ... e per prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso", laddove tali misure non possono andare al di là di quanto necessario per il raggiungimento di tali obiettivi senza intaccare sul piano fiscale sostanziale la posizione della parte contribuente, una volta che l'amministrazione finanziaria disponga delle informazioni necessarie per dimostrare che i requisiti sostanziali dell'esenzione siano stati soddisfatti.

5. Infine, si osserva che le presunzioni di cessione fondate sulla normativa specificamente dettata per l'IVA operano ai fini dell'imposizione reddituale nei limiti dell'ordinaria presunzione semplice e in presenza di riscontri adeguati alla disciplina delle imposte dirette (Cass. n. 13667 del 2001, n.17210 e n.16483 del 2006), laddove nella specie la contribuente ha allegato e provato il fatto dell'intervenuta cessione gratuita attraverso documentazione, l'apprezzamento della cui idoneità è rimesso alla libera valutazione del giudice di merito (v. Cass. n. 15087 del 2000) non censurabile in sede di legittimità se non per vizio di motivazione.

6. Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato; le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del giudizio di legittimità liquidate in € 3100,00 per compensi oltre a € 200,00 per borsuali e agli oneri accessori.