Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 26 maggio 2016, n. 10913

Accertamento fiscale - Questionario in ordine al compimento di operazioni finanziarie - Rilevati maggiori redditi

 

In fatto e diritto

 

L’Agenzia delle entrate del Lazio inviava a B.P. un questionario in ordine al compimento di operazioni finanziarie per l’importo di euro 684.811,00.

Il contribuente restituiva il questionario e l’Ufficio provvedeva all’emissione di due avvisi di accertamento per gli anni di imposta 2005 e 2006 rilevando maggiori redditi sulla base degli acquisti effettuati e degli indici di maggiore capacità contributiva derivanti dai costi gestionali dei beni nella disponibilità del contribuente.

Il contribuente impugnava l’atto innanzi alla CTP di Roma che accoglieva il ricorso ritenendo violato l’art. 12 c. 7 L. n. 212/2000 in ragione del mancato rispetto del termine dilatorio di 60 giorni della formazione del pvc.

La sentenza del giudice di primo grado veniva confermata dalla CTR del Lazio con la pronunzia n. 3307/2014/38, depositata il 19.5.2014.

Secondo il giudice di appello il mancato rispetto del termine dilatorio di cui all’art. 12 c. 7 L. 212/2000, applicabile ai casi di verifica ed accesso dell’amministrazione fiscale presso i locali in uso al contribuente, integrava un’ipotesi di nullità dell’atto, come acclarato dalla giurisprudenza di questa Corte.

L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, al quale ha resistito con controricorso la parte intimata.

L’Agenzia ricorrente deduce col primo motivo la violazione dell’art. 12 c. 7 L. n. 212/2000, 31 e 38 dPR n. 600/73.

La CTR aveva tralasciato di applicare il modo corretto i principi espressi da questa Corte a proposito della portata dell’art. 12 ult. Cit., applicabile unicamente alle ipotesi di accesso o ispezione nei locali del contribuente e non a quelli in cui via sia stato un mero rinvio di un questionario per l’acquisizione di informazioni senza accesso e senza formazione di processo verbale di costatazione, come era accaduto nel caso di specie.

Con il secondo motivo la ricorrente deduce vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, avendo la CTR tralasciato di considerare che nel caso di spese non vi era stato alcun accesso nei locali dell’imprenditore, fondandosi l’accertamento sulla segnalazione di movimentazioni finanziarie verso l’estero.

Il B., nel controricorso, ha dedotto l’infondatezza del primo motivo di ricorso e l’inammissibilità del secondo motivo, in assenza di prova sul fatto che il provvedimento impugnato non si fondava sulle stesse ragioni di fatto poste a base della decisione appellata.

Il secondo motivo di ricorso, che va esaminato con priorità, è ammissibile e nel merito fondato, assorbendo l’esame del primo.

Occorre anzitutto chiarire che in parte qua non trova applicazione il principio di cui all’art. 348 ter c.p.c. in relazione all’epoca di notifica dell’atto di appello-avvenuta il giorno 10.9.2012- e dunque antecedente all’entrata in vigore della cennata disposizione (11 settembre 2012)- cfr. sul punto Cass. n. 26860/2014-.

Ciò posto, giova ricordare che le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza questa sottosezione con ordinanza interlocutoria n. 527/2015, hanno chiarito che le garanzie fissate nell’art. 12, comma 7, L. 212/2000 trovano applicazione esclusivamente in relazione agli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si esercita l’attività imprenditoriale o professionale del contribuente; ciò, peraltro, indipendentemente dal fatto che l’operazione abbia o non comportato constatazione di violazioni.

Nella medesima occasione le Sezioni Unite hanno chiarito che <<Differentemente dal diritto dell’Unione europea, il diritto nazionale, allo stato della legislazione, non pone in capo all’Amministrazione fiscale che si accinga ad adottare un provvedimento lesivo dei diritti del contribuente, in assenza di specifica prescrizione, un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, comportante, in caso di violazione, l’invalidità dell’atto.

Ne consegue che, in tema di tributi "non armonizzati", l’obbligo dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito; mentre in tema di tributi "armonizzati", avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione, la violazione dell’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l’invalidità dell’atto, purché, in giudizio, il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutare con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto.>>

Orbene, la CTR ha tralasciato di considerare la circostanza fattuale che l’accertamento non era stato compiuto con accesso presso i locali della parte contribuente-circostanza pacifica fra le parti (v. pagg. 3, 4 e 7 primo cpv. controricorso).

Sulle base di tali considerazioni, va accolto il secondo motivo di ricorso, assorbito il primo e la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altra sezione della CTR del Lazio anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Visti gli artt. 375 e 380-bis c.p.c.

Accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbito il primo.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR del Lazio anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.