Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 26 maggio 2016, n. 10914

Annullamento del diniego di rimborso IVA - Acquisti e importazioni di beni ammortizzabili - Processo tributario

 

In fatto e in diritto

 

L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, contro la sentenza resa dalla CTR Liguria n. 738/5/2014, depositata il 9.6.2014.

La CTR, nel confermare la decisione di annullamento del diniego di rimborso IVA avanzato dal Comune dì Santo Stefano d’Aveto relativo ad acquisti e importazioni di beni ammortizzabili effettuati nell’anno 2009 per la realizzazione di una seggiovia, riteneva che per identica fattispecie relativa all’anno precedente la stessa Commissione tributaria aveva riconosciuto il diritto al rimborso con sentenza n. 230/11 del 17.9.2012.

Aggiungeva di condividere il contenuto della sentenza anzidetta, ancorché non definitiva, ‘...ritenendo dimostrata l’attività svolta dal Comune in convenzione con la società di servizi".

Si è costituito in giudizio il comune intimato, chiedendo che il ricorso fosse dichiarato inammissibile e comunque infondato.

La parte controricorrente ha depositato memoria.

L’Agenzia ricorrente deduce la violazione dell’art. 36 dlgs. n. 546/1992, rilevando che la sentenza impugnata non conteneva un riferimento chiaro alla sentenza richiamata dalla CTR a sostegno della decisione né una disamina logico giuridica degli elementi dai quali aveva desunto il proprio convincimento.

La parte intimata ha dedotto l’inammissibilità della censura, concernente un vizio relativo all’omesso esame di fatti già conformemente considerati dal giudice di primo grado e comunque l’infondatezza della censura, risultando la sentenza richiamata dalla CTR già prodotta nel corso del giudizio ed oggetto di discussione tra le parti nel giudizio di merito.

Il ricorso è manifestamente infondato.

Giova ricordare che nel processo tributario la motivazione di una sentenza può essere redatta "per relationem" rispetto ad altra sentenza non ancora passata in giudicato, purché resti "autosufficiente", riproducendo i contenuti mutuati e rendendoli oggetto di autonoma valutazione critica nel contesto della diversa, anche se connessa, causa, in modo da consentire la verifica della sua compatibilità logico - giuridica. La sentenza è, invece, nulla, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., qualora si limiti alla mera indicazione della fonte di riferimento e non sia, pertanto, possibile individuare le ragioni poste a fondamento del dispositivo-cfr. Cass. n. 107/2015.

Ciò posto, premesso che la censura si appunta sul contenuto della sentenza impugnata ipotizzandone la radicale nullità ed è dunque ammissibile, v’è da dire che la decisione resa dalla CTR, nel rimandare al contenuto di altra sentenza del medesimo giudice esitata fra le stesse parti con riguardo ad altra annualità d’imposta per "identica fattispecie", ha non solo indicato il numero di tale decisione, ma altresì specificato le ragioni che avevano indotto quell’organo giudiziario a condividere la soluzione offerta dalla sentenza richiamata, anche se non passata in giudicato. A ciò la CTR ha aggiunto di ritenere dimostrato il rapporto commerciale fra il Comune e la società di servizi che gestiva la seggiovia, in tal modo rendendo ulteriormente esplicite le ragioni che avevano sorretto l’accoglimento della domanda di rimborso dell’IVA.

In aggiunta, va ancora sottolineato, come puntualmente esposto dalla controricorrente, che la sentenza richiamata dalla CTR era stata prodotta nel corso del giudizio di secondo grado, rendendo in tal modo palesemente infondata la censura esposta dall’Agenzia.

Il ricorso va quindi rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in favore della parte controricorrente in euro 5000,00 per compensi, euro 100,00 per esborsi oltre spese generali nella misura del 15% ed oltre accessori come per legge.