Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 20 maggio 2016, n. 10475

Tributi - Accertamento sintentico - Redditometro - Indici di capacità contributiva - Spese per auto e per acquisto di immobili - Capacità reddituale insufficiente - Giustificazioni - Perdita di possesso dell’auto per furto e erogazioni liberali del convivente - Legittimità

 

Ritenuto in fatto

 

L'Agenzia delle Entrate emetteva nei confronti di D.C.R. un avviso di accertamento, relativo all'anno di imposta 2000, con il quale determinava sinteticamente il reddito a norma dell'art. 38 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600. A fronte di un reddito dichiarato di lire 29.019.000, l'Ufficio accertava che la contribuente aveva effettuato l'acquisto di un immobile per il prezzo di lire 1.200.000.000. Pertanto l'Ufficio determinava un maggior reddito pari ad un quinto dell'importo delle spese per incremento patrimoniale (lire 240.000.000) con applicazione delle corrispondenti maggiori imposte Irpef, addizionali regionale e comunale, oltre sanzioni.

Contro l'avviso di accertamento D.C.R. proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Roma che con sentenza n. 174 del 2008 lo accoglieva nel merito.

L'Agenzia delle Entrate proponeva appello alla Commissione tributaria regionale di Roma che con sentenza n. 190 del 5.10.2010 lo accoglieva, riformando la sentenza impugnata e confermando la legittimità dell'atto impositivo. Il giudice di appello riteneva la evidente inadeguatezza delle capacità reddituali della contribuente in riferimento all'entità dell'investimento effettuato per l'acquisto dell'immobile, ed affermava che i fondi messi a disposizione del convivente "non sono di per sé sufficienti a dimostrare la capacità di acquisto del bene del valore di un miliardo e 200 milioni di lire".

Contro la sentenza di appello la contribuente propone ricorso per i seguenti motivi: 1) nullità della sentenza per violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360 comma primo n.4 cod. proc. civ., per omessa pronuncia sulla eccezione di decadenza dell'Amministrazione finanziarla che ha emesso l'avviso oltre il termine previsto dall'art. 43 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, dovendosi ritenere che i termini per l'accertamento non possono essere prorogati ostandovi il disposto dell'art. 10 legge n. 212 del 2000; 2) violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 cod.civ. e 38 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600; 3) omessa o insufficiente motivazione ai sensi dell'art. 360 n.5 cod. proc. civ. con specifico riferimento alla mancata valutazione degli atti di liberalità ricevuti dalla contribuente, provati dalle dichiarazioni rese dal convivente G.V., e dalla documentazione bancaria prodotta (assegni circolari addebitati al convivente utilizzati per il pagamento del prezzo dell'immobile; 4) omessa motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia relativo al mancato esame del documento attestate il patito furto dell'autoveicolo utilizzato quale indice di capacita contributiva per la determinazione sintetica del reddito. Deposita memoria.

L'Agenzia delle Entrate resiste con controricorso

 

Considerato in diritto

 

Il ricorso deve essere parzialmente accolto nei termini di seguito indicati.

1. Il primo motivo di ricorso evidenzia profili di inammissibilità, atteso che la ricorrente stessa afferma che nell'atto di costituzione davanti alla Commissione tributaria regionale non ha espressamente riproposto l'eccezione di decadenza formulata in via subordinata nel giudizio di primo grado, ma si è limitata a richiamare "i motivi che hanno sorretto il ricorso e le memorie aggiuntive", in violazione del dovere di specifica riproposizione in appello delle eccezioni non esaminate dal giudice di primo grado, stabilito a pena di rinuncia dall'art. 56 decreto legislativo 31 dicembre 1992 n. 546. In ogni caso questa Corte, in caso di mancanza di motivazione su questione di diritto ed in presenza di una statuizione del giudice di merito corretta, è legittimata ad integrare la motivazione anche a fronte di un "error in procedendo". (Sez. 1, Sentenza n. 28663 del 27/12/2013, Rv. 629571).

In tal senso si rileva l'infondatezza in diritto della eccezione di decadenza proposta dalla contribuente. L'art. 10 della legge n. 289 del 2002 prevede che i termini per l'accertamento stabiliti dall'art. 43 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 sono prorogati di due anni per i contribuenti che non si avvalgono della facoltà di definizione dei rapporti tributari prevista dalla legge stessa. L'art. 3 comma 3 della legge n. 212 del 2000 (e non l'art.10 stessa legge indicato nel motivo di ricorso), secondo cui i termini di decadenza per l'accertamento delle imposte non possono essere prorogati, ha natura di legge ordinaria, passibile di essere derogata ad opera di una norma di pari rango, come avvenuto con l'art. 10 legge n. 289 del 2002 contenente l'espressa statuizione che i termini di decadenza sono prorogati " in deroga all'art. 3 comma 3 della legge n. 212 del 2002 (in ordine alla natura di legge ordinaria dello "Statuto dei diritti del contribuente" approvato con la legge n. 212 del 2000, Sez. 5, Sentenza n. 8145 del 11/04/2011, Rv. 617695).

2. Il secondo ed il terzo motivo sono fondati sotto il profilo della mancanza o insufficienza della motivazione. Il giudice dì appello ha affermato che le disponibilità della contribuente e del coniuge (già convivente) non sono sufficienti a giustificare la capacità di spesa risultante dal pagamento del prezzo di acquisto dell'immobile (lire 1.200.000.000) facendo esclusivo riferimento al modesto valore del ricavato della vendita di quote azionarie (per euro 5.000). Il giudice di appello ha omesso ogni motivazione sia in ordine all'esame della documentazione contabile prodotta dalla contribuente (copia assegni circolari relativi al pagamento del prezzo ad opera del convivente), sia in ordine alla valenza o meno della dichiarazione sostitutive dell'atto di notorietà con la quale V.G. ha affermato di avere fornito a D.C.R. i mezzi finanziari necessari per l'acquisto dell'immobile.

3. Il quarto motivo è fondato. In riferimento al possesso di autovettura indicato nell'avviso di accertamento quale indice di capacità contributiva ai sensi dell'art. 38 d.P.R. 29 settembre 1973 n.600, la contribuente ha allegato estratto del registro del PRA attestante la perdita del possesso del veicolo in data antecedente all'anno di imposta preso in considerazione con l'atto impositivo. Sul punto il giudice di merito non ha compiuto alcuna valutazione.

La sentenza deve pertanto essere cassata, in riferimento ai motivi accolti, con rinvio per nuovo giudizio alla Commissione tributaria regionale del Lazio in diversa composizione. Le spese di questo giudizio saranno regolate all'esito del giudizio di rinvio.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il primo motivo e accoglie i restanti; cassa la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio, anche sulle spese, alla Commissione tributaria regionale del Lazio in diversa composizione.