Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 20 maggio 2016, n. 10469

Tributi - TIA - Opifici - Conceria - Aree di lavorazione in cui sono prodotti rifiuti speciali non assimilabili a quelli urbani - Smaltimento in proprio da parte dell’impresa - Esclusione dalla TIA

 

Svolgimento del processo

 

Con sentenza n. 53/09/09, depositata il giorno 8.5.2009 la Commissione Tributaria Regionale della Toscana accoglieva l’appello proposto dalla società P. s.p.a., avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Firenze n. 143 pronunciata il 21.7.2007 che aveva accolto il ricorso avanzato dalla conceria A. spa di Fucecchio. Il contenzioso trae origine dalla impugnazione da parte della predetta società, di tre fatture con la quale P. spa, in qualità di concessionario per l’accertamento e la riscossione della Tariffa Igiene Ambientale - TIA - aveva richiesto € 20.393,45 a saldo del dovuto per gli anni 2002, 2003, 2004 e 2005.

In primo grado, i giudici avevano respinto la tesi della concessionaria, secondo la quale, ai fini TIA, rilevano anche se con riduzioni, le superfici dei locali nei quali sono prodotti rifiuti speciali che devono essere smaltiti autonomamente.

Con atto di appello, P. spa rilevava come la conceria A. spa conciava cuoio in vari locali dell’azienda, e che il Comune di Fucecchio, fin dal 2002 aveva approvato il regolamento per l’applicazione della Tia per rifiuti solidi urbani e assimilati: sancendo, di fatto, il passaggio dalla Tarsu alla Tia. Mentre, nel 2003, il medesimo Comune di Fucecchio aveva approvato un nuovo regolamento attuativo; da qui, l’emissione della fattura impugnata per gli anni 2002-2005, nella quale si distingue la parte fissa, con l’applicazione di riduzioni concordate con l’associazione di categoria, e la parte variabile, con le riduzioni del 70% per il 2002 e dell’80% dal 2003. La concessionaria ribadiva la non impugnabilità della fattura, perché atto non opponibile, ed in ogni caso, doveva considerarsi legittima, perché applicava una tariffa a superfici, che non risultavano modificate rispetto ai mq presi a base per il precedente calcolo della TARSU, né vi era bisogno di avviso di accertamento (basandosi su dichiarazioni, con efficacia ultrannuale), pertanto, si poteva procedere direttamente alla riscossione. La conceria ribadiva la necessaria esclusione delle aree assoggettate a lavorazioni nelle quali si producono rifiuti speciali o assimilabili (in pratica, la società richiedeva l’applicazione della TIA per i soli locali adibiti ad uffici e servizi igienici, perché nei restanti spazi produceva rifiuti smaltiti autonomamente), richiamava, inoltre, le autocertificazioni MUD, con le quali attestava le superfici destinate alla produzione di rifiuti speciali non assimilabili a quelli urbani. Si costituiva il Comune di Fucecchio, con appello incidentale.

La CTR accoglieva l’appello, in quanto nell'importo della tariffa era incluso non solo la refusione del costo di smaltimento del rifiuto, ma anche le quote fisse per l’intera igiene ambientale (discariche, spazzamento strade, manutenzione del verde, ecc.), alla luce dell’art. 25 del regolamento comunale, che per le categorie produttive di cui trattasi, è prevista una riduzione dell’80% delle superfici complessive degli opifici, sulle quali applicare la tariffa.

La conceria A. spa ricorre davanti a questa Corte di Cassazione sulla base di un unico articolato motivo, mentre la P. spa, resiste con controricorso.

 

Motivi della decisione

 

Con l’unico articolato motivo di ricorso, la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 3 della legge n. 241/90 e dell’art. 2697 c.c., nonché dell’art. 116 c.p.c. e dell’art. 2729 c.c., degli artt. 49 e 10 del d.lgs. n. 22/97 e degli artt. 6 e 7 del DPR n. 158/99, dell’art. 23 del regolamento comunale Tia del Comune di Fucecchio n. 25 del 14.3.2003, dell’art. 17 del regolamento comunale per la gestione del servizio rimozione rifiuti urbani n. 24 del 14.3.2003, dell’art. 18 del regolamento comunale per la gestione del servizio rimozione rifiuti urbani n. 17 del 14.3.2002, nonché violazione dei principi affermati dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 238 del 2009, in riferimento ai tratti distintivi della Tia e alla sua sostanziale analogia con la Tarsu, ex art. 360 comma primo n. 3 c.p.c., ed infine, vizio di motivazione, ex art. 360 comma primo n. 5 c.p.c., relativamente alla debenza della Tia per i locali in cui si producono esclusivamente rifiuti speciali non assimilati né assimilabili agli urbani, e in quantità rilevanti e comunque superiori ai massimi stabiliti dall’art. 17 secondo comma del regolamento comunale per la gestione del servizio Tia, n. 24 del 14.3.2003; tali superiori censure, ad avviso della ricorrente, sarebbero fondate, in quanto, innanzitutto, nel 2002, non era ancora vigente il regolamento comunale sulla Tia e, pertanto, per tale anno, l’imposizione non era dovuta, mentre, in riferimento alle restanti annate oggetto d’imposizione, sulla base dell’art. 23 del regolamento comunale n. 25 del 14.3.2003, "sono escluse dall’applicazione della tariffa, i locali in cui si producono rifiuti speciali non assimilati", le cui superfici - pertanto, non assoggettabili a imposta -il ricorrente aveva autocertificato attraverso i modelli MUD; mentre, in riferimento all’art. 17 del medesimo regolamento comunale, era ed è prevista una soglia quantitativa oltre la quale, i rifiuti speciali, non possono, comunque, ritenersi assimilati a quelli urbani, in quanto non potrebbero essere smaltiti dal servizio all’uopo predisposto. Più in generale, il ricorrente, ha lamentato, che la CTR avesse immotivatamente supposto, che sulle superfìcie oggetto di autocertificazioni MUD, attestanti la produzione di rifiuti speciali non assimilati né assimilabili, fossero, invece, prodotti rifiuti qualitativamente misti e quantitativamente tali, da poter essere conferiti al servizio predisposto per i rifiuti urbani, che è il presupposto per l’applicabilità della Tia, in violazione dell’art. 116 c.p.c., per l’erroneo apprezzamento delle risultanze istruttorie, e in violazione dell’art. 2729 c.c., per malgoverno nell’uso delle presunzioni.

Il complesso motivo, nella sola parte in cui deduce la violazione di legge, è fondato.

In tema di TARSU questa Corte ha già avuto occasione di chiarire con riguardo all'art. 62, comma 3, d.lgs. 15 novembre 1993 n. 507 - secondo cui «nella determinazione della superficie tassabile non si tiene conto di quella parte di essa ove per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione si formano, di regola, rifiuti speciali» - che soltanto dovesse incombere all'impresa contribuente l'onere di fornire all'amministrazione comunale i dati relativi all'esistenza ed alla delimitazione delle aree che producendo di regola rifiuti speciali non concorrevano alla quantificazione della complessiva superficie imponibile (Cass. sez. trib. n. 15083 del 2004; Cass. sez. trib. n. 4766 del 2004). Ora, come di nuovo questa Corte ha già avuto modo di dire, l’appena veduta regola deve ritenersi applicabile anche alla TIA. E ciò sia a causa della riconosciuta natura di mera variante TARSU della stessa TIA, della quale quest’ultima mantiene infatti identica natura tributaria (Corte cost. n. 64 del 2010; Corte cost. n. 300 del 2009; Corte cost. n. 238 del 2009; Cass. sez. un, n. 5078 del 2016; Cass. sez. un. n. 23114 del 2015; Cass. sez. n. 25929 del 2011, Cass. sez. un. 14903 del 2010). E sia principalmente perché l’art. 49, comma 3 e 14, d.lgs. n. 22 cit. - laddove stabilisce che «la tariffa deve essere applicata nei confronti di chiunque occupi oppure conduca locali, o aree scoperte ad uso privato non costituenti accessorio o pertinenza dei locali medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale», salva l'applicazione sulla stessa di un «coefficiente di riduzione proporzionale alle quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di recupero dei rifiuti stessi» - chiaramente presuppone l’assoggettamento a TIA dei soli rifiuti urbani e salvo il diritto ad una riduzione della stessa in caso di produzione di rifiuti assimilati «smaltiti in proprio». Cosicché l'impugnata sentenza, che pur ha accertato che nelle superfici in discussione la contribuente produceva «rifiuti speciali, ancorché non assimilabili», ha erroneamente statuito atteso che per le ridette superfici la contribuente non era invece tenuta a versare la parte variabile della TIA (Cass. sez. trib. n. 5829 del 2012; Cass. sez. trib. 3756 del 2012).

Con il controricorso il gestore - oltre che a resistere all’avversario gravame - ha anche chiesto che l’impugnata sentenza venga cassata nella parte in cui quest’ultima ha statuito l’ammissibilità dell’originario ricorso della contribuente avverso la fattura TIA. Ma quella che nella sostanza è un’impugnazione della sentenza della CTR, deve essere dichiarata inammissibile per non essere stata proposta nel rispetto delle forme del ricorso incidentale.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti, la controversia deve essere decisa nel merito con l’accoglimento del ricorso della contribuente.

Nel recente consolidarsi del richiamato orientamento, debbono farsi consistere le ragioni che inducono la Corte a compensare integralmente le spese.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e decidendo nel merito accoglie l’originario ricorso della contribuente; compensa integralmente le spese di ogni fase e grado.