Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 20 maggio 2016, n. 10479

Tributi - Dichiarazione rettificativa con liquidazione di un credito di imposta per eccedenza di versamento - Istanza di rimborso - Onere di allegare documentazione che prova la sussistenza del credito - Decorrenza dei termini di accertamento - Consolidamento del credito esposto in dichiarazione - Esclusione

 

Ritenuto in fatto

 

A seguito di dichiarazione annuale rettificativa del 25.2.1994, con la quale aveva corretto a proprio favore la dichiarazione annuale mod.780/94 presentata il 31.1.1994, la società F.I. spa formulava istanza di rimborso della somma di lire 8.882.000 versata in eccedenza per imposta sostitutiva sui titoli industriali del Fondo I. relativa all'anno di imposta 1993, avendo erroneamente applicato la ritenuta dello 0,25% in luogo della ritenuta agevolata dello 0,10% prevista dall'art. 9 della legge n.77 del 1983.

A seguito del silenzio-rifiuto della Agenzia delle Entrate la società F.I., con ricorso notificato all'Ufficio in data 24.2.2004, adiva la Commissione tributaria provinciale di Roma che con sentenza n.299 del 11.6.2007 lo accoglieva, dichiarando il diritto della ricorrente alla restituzione della eccedenza di imposta versata.

L'Agenzia delle Entrate proponeva appello deducendo che alla istanza di rimborso non era stata allegata la documentazione richiesta dall’art. 5 lett.c) e d) della legge n. 77 del 1983 per fruire della aliquota agevolata e neppure tale documentazione era stata prodotta in giudizio. La Commissione tributaria regionale di Roma con sentenza n.128 del 19.3.2009 rigettava l'appello, sul rilievo che "stante il superamento dei termini di rettifica della dichiarazione, si deve affermare la legittimità e la definitività del richiesto rimborso di imposta, poiché è ormai preclusa all'Amministrazione finanziaria qualsiasi attività di verifica documentale in ordine al credito vantato dalla società".

Contro la sentenza di appello l'Agenzia delle Entrate ricorre deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 9 e 38 d.P.R. 29 settembre 1973 n.600 , art. 38 d.P.R. 29 settembre 1973 n.602 e 2697 cod.civ., articolando con unico motivo una duplice censura della sentenza impugnata: 1) nella parte in cui ha ritenuto che il contribuente fosse legittimata a presentare una dichiarazione integrativa prima che tale facoltà fosse riconosciuta dall'art. 2 comma 8 bis del d.P.R. n. 322 del 1998; 2) nella parte in cui ha ritenuto che tale dichiarazione integrativa non rettificata abbia consolidato il diritto alla restituzione del preteso credito di imposta anche in assenza di idonea documentazione.

La società F.I. spa resiste con controricorso chiedendo di dichiarare inammissibile o rigettare il ricorso.

 

Considerato in diritto

 

Il ricorso deve essere accolto nei termini di seguito indicati.

1. La prima parte del motivo di ricorso è infondata.

Prima dell'entrata in vigore dell'art. 2 comma 8 bis del d.P.R. 22 luglio 1998 n. 322, che a decorrere dal 1 gennaio 2002 ha introdotto l'onere di presentare tempestiva ( entro determinati termini) di una dichiarazione integrativa anche per l'ipotesi in cui siano stati dichiarati redditi maggiori del dovuto, era applicabile l'art. 9 commi 7 e 8 del d.P.R. 29 settembre 1973 che stabiliva un termine per la presentazione della dichiarazione integrativa valevole soltanto in caso di rettifica "a favore del fisco" per errori commessi in danno dell'Amministrazione finanziaria; diversamente, la dichiarazione integrativa "a favore del contribuente" era ammessa senza imposizione di limiti temporali alla emendabilità della dichiarazione, salvo il limite della sopravvenienza di decadenze o dell'esaurimento del rapporto tributario. (in tal senso Sez. U, Sentenza n. 15063 del 25/10/2002, Rv. 558050; Sez. U, Sentenza n. 17394 del 06/12/2002, Rv. 559050; Sez. 5, Sentenza n. 22490 del 04/11/2015, Rv. 637077).

2. La seconda parte del motivo di ricorso è fondata.

La presentazione di una dichiarazione annuale dei redditi (originaria o integrativa) contenente l'esposizione di un credito di imposta, alla quale non sia seguita alcuna rettifica da parte dell'Amministrazione finanziaria nei termini di decadenza per l'azione accertatrice previsti dalla legge, non determina, per ciò solo, un consolidamento del credito di imposta indicato in dichiarazione e la definitiva costituzione del diritto al rimborso.

L'intervenuta decadenza dei termini per l'azione accertatrice determina la preclusione per l'Amministrazione finanziaria allo svolgimento di attività di accertamento di un credito fiscale, a proprio favore, maggiore di quello risultante dalla dichiarazione; non determina, invece, alcuna preclusione alla facoltà della Amministrazione di contestare la sussistenza di un proprio debito qualora sia destinataria di una richiesta di rimborso di un presunto credito di imposta.

La decadenza dalla facoltà di rettificare la dichiarazione integrativa non incide sulla procedura di rimborso prevista dall'art. 38 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602, che pone a carico del contribuente, che assume di avere versato una somma superiore al dovuto, l'onere di dimostrare l'inesistenza totale o parziale dell'obbligo di versamento, e consente all'Amministrazione finanziaria, presunta debitrice, di allegare i fatti impeditivi della richiesta, in conformità alla regola di distribuzione dell'onere probatorio desumibile dall'art. 2697 cod.civ. ( in tal senso Sez.U. sentenza n.5069 del 15.3.2016).

La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, perché proceda a nuovo giudizio, anche sulle spese, esaminando nel merito il motivo di appello relativo alla dedotta insussistenza della documentazione necessaria a comprovare l'esistenza del credito di imposta chiesto a rimborso.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il motivo di ricorso quanto alla prima parte, lo accoglie quanto alla seconda parte; cassa la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio, anche sulle spese, alla Commissione tributaria regionale del Lazio in diversa composizione.