Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 04 maggio 2016, n. 8850

Tributi - IVA - Spese di ospitalità per la partecipazione di giornalisti alle mostre organizzate dall’impresa - Qualificazione come spese di pubblicità - Detrazione dell’imposta - Sussiste - Funzionalità alla produzione di ricavi caratteristici - Attività dell’impresa di organizzazione di rassegne fieristiche

 

Ritenuto in fatto

 

1. La CTR Toscana con l'epigrafata sentenza ha confermato la decisione che in primo grado, su ricorso di P.I. s.r.l., aveva ritenuto illegittimo il recupero a tassazione dell'IVA portata in detrazione dalla contribuente in relazione alle spese di intrattenimento sostenute per la partecipazione dei giornalisti alle mostre da essa organizzate nell'anno 2000.

La CTR, richiamato l'oggetto dell'attività di impresa proprio della contribuente ("costruire manifestazioni fieristiche, conferendo loro prestigio e reputazione"), ha affermato che "l'attrazione, e la conseguente domanda di acquisto degli spazi espositivi, è certamente frutto di un battage pubblicitario che passa anche e soprattutto attraverso la risonanza che l'evento acquisisce presso i media e l'editoria specializzata. La convocazione ed il richiamo dei giornalisti che inevitabilmente determinano l'indicato rilievo mediatico, fanno, quindi, parte del sistema di pubblicità e propaganda che rappresenta l'imprescindibile corollario dell’oggetto sociale della contribuente. Questo stato di cose induce a ritenere che le spese di ospitalità, i rimborsi, ecc. non siano spese di rappresentanza indeducibili, ma spese di pubblicità funzionalmente collegate a fatti generatori di ricavi e, dunque, deducibili ai fini IVA".

Per la cassazione di detta sentenza l'erario si affida ad un solo motivo di ricorso, cui resiste la parte con controricorso e memoria.

 

Considerato in diritto

 

2.1. Con l'unico motivo di ricorso, l'Agenzia ricorrente lamenta ex art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c. errore di diritto nell'applicazione dell’art. 19 bis1, lett. e) ed h), D.P.R. 633/72, in quanto la CTR, contravvenendo ai noti insegnamenti in materia di distinzione tra spese di pubblicità e spese di rappresentanza, "ha considerato le spese recuperate dall'ufficio come rientranti tra quelle di nonostante fosse pacifico in giudizio che le stesse erano state gratuite e dirette non a clienti bensì terzi e, dunque, andassero ricomprese tra le spese di rappresentanza" non detraibili ai sensi della norma citata.

2.2. Il motivo è infondato.

2.3. Non dubita per vero il collegio della correttezza che in linea di principio assiste il criterio di distinzione richiamato dalla ricorrente, alla stregua del quale, come questa Corte ha più volte ribadito, costituiscono spese di rappresentanza quelle affrontate per iniziative volte ad accrescere il prestigio o l'immagine dell'impresa ed a potenziarne le possibilità di sviluppo, mentre vanno qualificate come spese di pubblicità o di propaganda quelle sostenute per iniziative tendenti, prevalentemente anche se non esclusivamente, alla pubblicizzazione di prodotti, marchi e servizi, o comunque dell'attività svolta. E ciò sebbene, con riguardo alla speciale tipologia di spesa, qualche oscillazione del quadro giurisprudenziale non sia del tutto mancata, per esempio, in relazione alle spese sostenute per l'organizzazione di congressi e convegni di breve durata, che in passato erano state incluse tra le spese pubblicitarie (25053/06; 15268/00), mentre ora si riconducono stabilmente alle spese di rappresentanza (24932/13; 2276/11; 21270/08; o ancora rispetto alle spese per i pranzi offerti alla clientela, talora intese come spese di pubblicità se sussista una diretta finalità promozionale di incremento delle vendite (10959/07; 7803/00) e, più di recente, insieme alle spese di alloggio, considerate invece puramente e semplicemente come spese di rappresentanza (9715/15).

Giova poi ricordare - in questo sostanziandosi un aspetto della questione che anche questa Corte non ha mancato di ricordare sottolineando, con diretto riferimento al principio di inerenza che governa tanto nella disciplina dell'IVA che in quella delle imposte dirette il meccanismo della detraibilità/deducibilità, "che entrambe le tipologie di costi debbono trovare giustificazione in iniziative coerenti con gli scopi dell'impresa" (9567/07) - l'orientamento a suo tempo espresso dal soppresso Comitato consultivo per l'applicazione delle norme antielusive, che nel prendere posizione sull'argomento nel proprio parere n. 16 del 16.5.2006, è venuto significativamente ad affermare che "se tra i costi e i ricavi esiste uno stringente legame eziologico non si verte nell’ambito delle spese di rappresentanza o pubblicità, bensì in quello dei componenti negativi di reddito direttamente afferenti l’attività d’impresa, in quanto tali interamente deducibili dal reddito".

Né infine va taciuto, poiché si iscrive indirettamente in questo stesso ordine di idee, il fatto che anche la giurisprudenza comunitaria, attinta in ordine all'applicabilità dell'art. 6, par. 2, n 2 della Dir CEE 388/77, trasfuso ora nell'art. 26, par. 1, lett. b) della Dir CEE 112/06 - che assimila alle prestazioni di servizi a titolo oneroso le prestazioni di servizi a titolo gratuito effettuate dal soggetto passivo per il proprio uso privato o ad uso del suo personale o, più generalmente, per fini estranei alla sua impresa - ad una fattispecie in cui era in discussione la detraibilità dell'imposta sulla somministrazione gratuita di pasti effettuata nei rapporti d'affari durante le riunioni di lavoro, ha avuto modo di chiarire che onde venire a capo della questione occorra, "in primo luogo, esaminare se la fornitura a titolo gratuito di pasti da parte delle mense d'imprese nei rapporti d'affari durante le riunioni di lavoro costituisca una prestazione di servizi effettuata dal soggetto passivo per scopi estranei alla sua impresa" (C. Giust. 11.2.2008, C-371/07, Danfoss).

2.4. Procedendo lungo questa linea di pensiero è dunque convinzione del collegio che la CTR, nell'occasione, all'atto di ritenere che le spese sostenute dalla contribuente per l'ospitalità dei giornalisti invitati a presenziare alle proprie iniziative fieristiche "non siano spese di rappresentanza indeducibili, ma spese di pubblicità funzionalmente collegate a fatti generatori di ricavi e, quindi, deducibili ai fini IVA", non sia incorsa in alcun errore di diritto.

Diversamente da quanto mostra di credere la deducente, occorre invero muovere - onde aver contezza del sostanziale allineamento della decisione rispetto al ricordato quadro di riferimento - dalla constatazione che il giudice d'appello ha inteso legare nella specie la propria determinazione "all'oggetto dell'attività di impresa proprio della P.I. s.r.l.".

E' un dato di fatto riconosciuto dalla sentenza - e da cui non dissente la ricorrente Agenzia - che l'attività in concreto disimpegnata dalla contribuente consista nella produzione e nella realizzazione di eventi finalizzati alla valorizzazione del comparto attraverso un'ampia articolazione di standard operativi che culminano in genere nell'organizzazione di importanti rassegne fieristiche. In questa cornice non può sfuggire che il successo delle iniziative realizzate da P.I. - e quindi fiscalmente parlando la vendibilità del bene offerto ovvero l'utilità del servizio prestato - dipendono in larga misura, oltre che dall'indubbio glamour che tradizionalmente esercita la moda italiana, dalla risonanza che gli eventi da essa organizzati sono in grado di conquistarsi nella vasta platea degli interessati, risultando intuitivo che maggiore è la capacità dell'evento di catalizzare l'attenzione del pubblico, maggiore sarà l'interesse degli operatori del settore a prendervi parte. In tutto questo, nella creazione, segnatamente, intorno alla singola manifestazione di un clima di diffusa sensibilizzazione mediatica un ruolo certo non secondario giocano la stampa e l'editoria specializzata, giacché è per mezzo dell'attenzione che esse riservano all'evento che si realizza profittevolmente la mission aziendale della contribuente. E dunque, se il bene o il servizio si vendono perché gli operatori del settore lo considerano utile al proprio business e se a suscitare l'interesse di costoro sono i resoconti che la stampa specializzata vi dedica, non è censurabile la conclusione a cui è pervenuta la CTR nel ritenere che le spese oggetto di ripresa "non siano spese di rappresentanza indeducibili, ma spese di pubblicità funzionalmente collegate a fatti generatori di ricavi". Non diversamente, del resto, dalle comune spese di pubblicità che sono dirette a promuovere la conoscenza tra i consumatori dei beni prodotti o dei servizi prestati dall’azienda in tal modo perseguendo finalità direttamente incrementative delle vendite, anche le spese per l'ospitalità della stampa specializzata che è chiamata a presenziare agli eventi fieristici organizzati dalla contribuente contribuiscono alla vendibilità del bene o del sevizio che essa produce e vanno conseguentemente inquadrate tra le spese pubblicitarie, onde del tutto legittima ne è la loro detrazione.

3. Il ricorso va dunque respinto.

Le spese seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Respinge il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in euro 2800,00, di cui euro 250,00= per spese borsuali oltre ad accessori come per legge.