Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 28 aprile 2016, n. 8449

Rapporto di lavoro - Inquadramento - Mobilità volontaria tra amministrazioni statali - Trattamento economico - Assegno ad personam - Domanda

 

Svolgimento del processo

 

Con sentenza del 26 maggio 2011, la Corte d'Appello di Roma, confermava la decisione resa dal Tribunale di Roma ed accoglieva integralmente la domanda proposta da R.C. nei confronti del Ministero degli Affari Esteri, alle cui dipendenze la predetta, proveniente dai ruoli del Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca, in qualità di docente, era transitata in via definitiva a far data dal 31 luglio 2002 con inquadramento nell’area dei funzionari amministrativi e relativo trattamento economico integrato, ai fini della conservazione della retribuzione già in godimento presso l'Amministrazione di provenienza, da un assegno ad personam qualificato riassorbibile e successivamente ricalcolato e ridotto per lo scorporo della voce "retribuzione professionale docenti" con recupero dell'eccedenza medio tempore versata mediante trattenuta sullo stipendio spettante, domanda avente ad oggetto il riconoscimento del diritto a percepire l'assegno ad personam e nella misura originaria, l'annullamento del disposto recupero e la condanna dell'Amministrazione alla restituzione di quanto trattenuto ed al pagamento delle differenze maturate dal 1 ottobre 2004.

La decisione della Corte territoriale discende dall'aver questa ritenuto applicabile la regola della non riassorbibilità dell'assegno ad personam trattandosi di mobilità volontaria operante tra amministrazioni parimenti statali regolata in questi termini dalla norma speciale di cui all'art. 3, comma 57, I. n. 537/1993 come interpretata in forma autentica dall'articolo unico, comma 226, I. n. 266/2005 e qualificato la voce "retribuzione professionale docenti" come componente fissa e continuativa della retribuzione spettante come docente da includere nella base di computo per la determinazione dell'eventuale trattamento differenziale dovuto ad personam.

Per la cassazione di tale decisione ricorre il Ministero, affidando l'impugnazione a tre motivi, cui resiste, con controricorso, il C.

 

Motivi della decisione

 

Il primo motivo di ricorso denuncia contraddittorietà della motivazione nonché violazione e falsa applicazione dell'art. 30 del d.lgs, n. 165 del 2001, dell’art. 16, comma 1, lettere a) e c) della I. n. 246 del 2005, dell'art. 1406 c.c. Sostiene, in sintesi, il ricorrente che l'amministrazione non era tenuta a riconoscere, a fini giuridici ed economici, l'anzianità maturata presso il Ministero di provenienza, perché nulla disponeva al riguardo l'art. 30 d.lgs. n. 165/2001, nel testo applicabile ratione temporis, e perché contraddittoriamente la sentenza impugnata aveva riconosciuto valenza interpretativa solo alla lettera a) dell'art. 16 I. n. 246/2005 e non anche alla lettera c), che attribuisce al dipendente trasferito per mobilità esclusivamente il trattamento giuridico ed economico previsto dai contratti collettivi dirigenti per il comparto dell’amministrazione di destinazione.

Il secondo motivo censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione delle norme sopra citate nonché dell'art. 3, comma 57, della legge n. 537 del 1993 e dell'art. 202 del d.P.R. n. 3 del 1957. Rileva il ricorrente che, in assenza di disposizioni speciali di diverso tenore, l'assegno ad personam attribuito dall’amministrazione al dipendente, per non incorrere nel divieto della reformatio in peius del trattamento economico acquisito, è riassorbibile con le modalità e le misure previste dai contratti collettivi.

Il terzo motivo denuncia la violazione delle norme di legge sopra citate e dei contratti collettivi del comparto scuola (art. 7 CCNL 15.3.2001 e 50 CCNL 26.5.1999) nonché l'insufficienza e la contraddittorietà della motivazione. Rileva il ricorrente che non poteva essere inclusa nell'assegno Ila "retribuzione professionale docenti", trattandosi di un compenso di natura accessoria che presuppone l'effettiva prestazione dell'attività didattica.

Le questioni di diritto su cui si innesta la presente controversia sono state esaminate da questa Corte con più sentenze, pronunciate all'udienza del 16.10.2014 (nn. Da 24724 a 24726, da 24729 a 24731, 24889, 24890, 24949, 25017, 25018, 25160, 25245 e 25246), tutte relative al trattamento economico e giuridico spettante ai dipendenti del comparto scuola immessi nei ruoli del M.A.E., a seguito delle procedure di mobilità volontaria ex art. 30 d.lgs. n. 165/2001, espletate in epoca antecedente all'entrata in vigore della legge n. 246/2005.

Con le richiamate pronunce si è stabilito, in sintesi, che:

a) Il "passaggio diretto", di cui all'art. 30 d.lgs. n. 165/2001, nella sua formulazione originaria, è riconducibile all'istituto civilistico della cessione del contratto, sicché detto passaggio è caratterizzato dalla conservazione dell'anzianità e dal mantenimento del trattamento economico goduto presso l'amministrazione di provenienza;

b) L'art. 16 della legge n. 246/2005 non ha natura di norma interpretativa per cui lo stesso, privo di efficacia retroattiva, non trova applicazione alle procedure di mobilità espletate antecedentemente alla sua entrata in vigore;

c) Il trattamento economico acquisito dal lavoratore deve essere determinato con il computo di tutti i compensi fissi e continuativi erogati al prestatore di lavoro, quale corrispettivo delle mansioni svolte ed attinenti, logicamente, alla professionalità tipica della qualifica rivestita;

d) Secondo le previsioni del CCNL del comparto scuola la retribuzione professionale docenti costituisce un compenso fisso e continuativo, in quanto corrisposto in misura non variabile e per dodici mensilità e va quindi incluso nell'assegno personale, non potendo l'esclusione essere giustificata dal rilievo che il compenso fosse finalizzato alla valorizzazione professionale della funzione docente;

e) In caso di passaggio di personale da un'amministrazione all'altra, il mantenimento dei trattamento economico, collegato al complessivo status posseduto dal dipendente prima del trasferimento, opera nell'ambito e nei limiti della regola del riassorbimento in occasione dei miglioramenti di inquadramento e di trattamento economico riconosciuti dalle normative applicabili per effetto del trasferimento;

f) Infatti, in assenza di diversa specifica indicazione normativa, il divieto di reformatio in peius giustifica la conservazione del trattamento più favorevole, attraverso l'attribuzione dell'assegno ad personam, solo fino a quando non subentri, per i dipendenti dell'amministrazione di destinazione ( e quindi anche per quelli transitati alle dipendenze dell'ante a seguito della cessione) un miglioramento, retributivo, del quale occorre tener conto nella quantificazione dell'assegno, poiché, altrimenti, il divario sarebbe privo di giustificazione;

g) Non è applicabile alla fattispecie la regola della non riassorbibilità dell'assegno, contenuta nella legge n. 537 del 1993, art. 3, comma 57, riferibile alla diversa ipotesi, ormai residuale, dei passaggi di carriera disciplinati dal d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3:

Gli scritti difensivi delle parti non prospettano argomenti che possano indurre a disattendere detto orientamento, al quale va data continuità, poiché le ragioni indicate a fondamento dei principi affermati, da intendersi qui richiamate, sono integralmente condivise dal Collegio.

Privo di rilevanza è il richiamo all'art. 3, comma 57, I. n. 537/1993 contenuto nel D.M. con il quale è stato determinato l'assegno ad personam spettante alla contro ricorrente, atteso che non è consentito alle amministrazioni pubbliche attribuire trattamenti economici, anche se di miglior favore, in contrasto con le previsioni delta legge e della contrattazione collettiva di comparto:

La sentenza impugnata è conforme ai principi di diritto sopra indicati quanto ai capi aventi ad oggetto il riconoscimento dell'anzianità maturata presso l'amministrazione di provenienza e l'inclusione nell'assegno ad personam della retribuzione professionale docente. La pronunzia, invece, nella parte in cui afferma la non riassorbibilità dell'assegno personale, si pone in contrasto con i principi di diritto sintetizzati nelle lettere e) f) e g) di cui sopra.

Il giudice del rinvio, attenendosi a quanto sopra indicato, dovrà preliminarmente accertare e quantificare i miglioramenti retributivi e di inquadramento riconosciuti al contro ricorrente e al personale di pari qualifica del Ministero degli Affari Esteri in epoca successiva al trasferimento e provvederà, nei limiti della domanda e delle originarie allegazioni, a quantificare l'assegno ad personam e le eventuali differenze retributive, includendo nella base di calcolo la retribuzione professionale docenti e portando via via in detrazione, dall’importo dell'assegno dovuto al momento del primo inquadramento, gli eventuali miglioramenti del trattamento economico complessivo, successivamente attribuiti per effetto delle dinamiche contrattuali dell'amministrazione di destinazione e della progressione professionale.

In sintesi, vanno rigettati il primo ed il terzo motivo, mentre deve essere accolto il secondo, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Corte d'Appello di Roma, in diversa composizione, che si atterrà ai principi di diritto sopra enunciati, provvedendo anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

Accoglie il secondo motivo, rigetta il primo e il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'Appello di Roma, in diversa composizione.