Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 12 aprile 2016, n. 7122

Lavoro - Concorso pubblico - Infermiera professionale - Mancato superamento del periodo di prova - Licenziamento - Scarsissima integrazione professionale

 

Svolgimento del processo

 

1. La Corte d'Appello di Roma, con sentenza del 23/5/2012, ha confermato la decisione del giudice di primo grado che aveva respinto la domanda avanzata da P. A. nei confronti di Asl Roma D, diretta all'accertamento dell'illegittimità del licenziamento comminatole e alla reintegra nel posto di lavoro. La P., dopo aver superato un concorso pubblico per l'assunzione nella qualifica di infermiera professionale ed essere stata assunta presso la predetta Asl il 15 gennaio 2007, aveva ricevuto il 9 agosto 2007 comunicazione di recesso dal rapporto per mancato superamento del periodo di prova.

2. A fondamento della decisione i giudici del merito ponevano l'esplicitazione nel provvedimento della A. della insufficiente collaborazione della lavoratrice con le professionalità sanitarie in servizio nella struttura e la scarsissima integrazione professionale con il gruppo infermieristico ivi operante. Rilevavano che l'elemento della collaborazione in ambito lavorativo, negativamente valutato dall'amministrazione datrice di lavoro, era requisito fondamentale dell'attività richiesta alla lavoratrice. Gli stessi giudici evidenziavano, inoltre, che quella della inidoneità della prova espletata allo scopo valutativo, in ragione della mancata assegnazione delle mansioni oggetto del patto di prova, era deduzione del tutto nuova e, pertanto, inammissibile in appello.

3. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione la P. in base a un unico motivo articolato in due punti. Resiste Asl Roma D con controricorso.

 

Motivi della decisione

 

1. La ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 360 n. 3 in relazione agli artt. 345, 437, 112 e 113 c.p.c. Censura la sentenza per avere affermato che nell'atto d'appello era stata introdotta la deduzione nuova, e pertanto inammissibile, della inidoneità della prova espletata allo scopo valutativo, per non essere stata la lavoratrice adibita alle mansioni oggetto del patto. Rileva che alcuna domanda nuova era ravvisabile, poiché erano stati indicati i fatti costitutivi derivanti dal materiale allegato agli atti dalle parti nel giudizio di primo grado, utilizzati per fornire una diversa qualificazione giuridica della domanda, ben individuabile da parte dello stesso giudice in base al principio iura novit curia. Evidenzia che, per quanto riconosciuto dalla stessa ASL con la memoria di costituzione, la ricorrente avrebbe svolto le mansioni tipiche per soli tre giorni, durata evidentemente inidonea a una puntuale e corretta valutazione dei requisiti professionali.

2.Sotto altro profilo deduce violazione dell'art. 360 n. 5 per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, fatto costituito dall'essere stata adibita la lavoratrice dapprima alle mansioni di capo sala e poi a mansioni di carattere amministrativo. Rileva che l'omessa valutazione della circostanza aveva viziato le conclusioni cui era pervenuto il giudice del gravame.

3. I profili di doglianza non sono fondati. Va premesso che i rilievi contenuti sub 1) difettano di adeguata specificità. Deve rilevarsi, infatti, che non risultano allegati né riportati gli atti del giudizio di primo grado dai quali trarre l'esatta prospettazione dei termini della domanda e delle difese, né di tali atti è specificata la collocazione nel fascicolo processuale, mediante . puntuale indicazione della loro ubicazione. Ed invero il motivo di impugnazione, al di là delle indicazioni contenute in rubrica, si colloca nell'ambito dei vizi del procedimento, talché la Corte è investita "del potere di esaminare direttamente gli atti ed i documenti sui quali il ricorso si fonda, purché la censura sia stata proposta dal ricorrente in conformità alte regole fissate al riguardo dal codice di rito (ed oggi quindi, in particolare, in conformità alle prescrizioni dettate dagli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ.)" (così Sezioni Unite del 22 maggio 2012 n. 8077). Ne consegue che, poiché si assume che la deduzione dei fatti costitutivi sia avvenuta già nel processo di primo grado, è necessario che il ricorrente indichi le espressioni con le quali tate deduzione è avvenuta o, in alternativa, provveda alle allegazioni documentali nel rispetto dagli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., così da consentire di verificare contenuto e limiti della domanda azionata.

4. Correttamente, peraltro, la Corte territoriale ha evidenziato che con l'atto d'appello era stata enunciata una nuova causa petendi rispetto al petitum originario, osservando che tale operazione era cosa ben diversa dalla presunta diversa qualificazione giuridica della fattispecie. Le affermate conclusioni si pongono in linea con il costante orientamento della Corte di legittimità in punto di immutabilità della causa petendi (cfr., tra le tante, Cass Sez. 1, Sentenza n. 23813 del 20/11/2015, Rv. 637868, Cass. Sez. L, Sentenza n. 15506 del 23/07/2015, Rv. 636234).

5. Quanto rilevato riguardo all'infondatezza del primo profilo di doglianza vale a fondare il rigetto anche del secondo profilo di censura, non potendosi ravvisare, per quanto evidenziato in precedenza, la mancata considerazione di fatti originariamente posti dalla ricorrente a fondamento della domanda.

6. Il ricorso, pertanto, va integralmente rigettato. Le spese del presente giudizio di legittimità sono liquidate secondo soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese sostenute dalla Asl Roma D, che liquida in € 100,00 per esborsi ed € 3.000,00 per compensi, oltre accessori di legge.

Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.