Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 30 marzo 2016, n. 6136

Tributi - INVIM - Avviso di liquidazione della maggiore imposta

 

Svolgimento del processo

 

I signori A. P. e R. S. impugnarono dinanzi alla Commissione tributaria di primo grado di Roma l’avviso di liquidazione della maggiore imposta INVIM dovuta riguardo alla vendita di terreno in Roma con atto registrato il 3 giugno 1982, avviso emesso in forza di accertamento di maggior valore ritenuto dall’Ufficio definitivo per mancata impugnazione nei termini.

I contribuenti eccepirono l’illegittimità dell’avviso di liquidazione impugnato per invalidità della notifica dell’atto presupposto, notificato senza il rispetto delle formalità prescritte ex art. 140 c.p.c., ciò che aveva impedito ai contribuenti di averne legale conoscenza e di proporre quindi nei termini impugnazione avverso il predetto avviso di accertamento di valore.

In subordine e nel merito dedussero che si trattava di terreno agricolo sul quale non esisteva alcun manufatto con destinazione abitativa, come si rilevava da verbale di sequestro eseguito nei confronti dell’acquirente dopo la stipula dell’atto, avuto riguardo alle caratteristiche della struttura da quest’ultimo realizzata, come descritte nel suddetto verbale.

II giudice tributario di primo grado adito, riuniti i ricorsi, li respinse.

Su appello dei contribuenti, la Commissione tributaria di secondo grado di Roma accolse il gravame, ritenendo la nullità della notifica dell’atto presupposto, atteso che nella fattispecie non poteva aver luogo, come invece assunto dall’Ufficio, la notifica ai sensi dell’art. 60, Io comma lett. e) del D.P.R. n. 600/1973, poiché i contribuenti avevano la propria residenza nel Comune di Roma e non poteva imputarsi ai contribuenti il contemporaneo cambiamento di residenza, sempre nell’ambito del Comune di Roma, ma al tempo stesso dell’accesso del messo notificatore non ancora emergente dalle risultanze anagrafiche.

L’Ufficio del Registro di Roma impugnò quindi la sentenza di secondo grado dinanzi alla Commissione tributaria centrale, che, a seguito della dichiarazione, resa dall’Agenzia delle Entrate, di persistenza d’interesse alla prosecuzione del giudizio ai sensi dell’art. 55 del D.L. n. 112/2008, convertito, con modificazioni, in L. n. 133/2008, accolse il ricorso con sentenza n. 2183 dell’8 maggio 2009, ritenendo la legittimità della notifica dell’avviso di accertamento di maggior valore eseguita ai sensi dell’art. 60 1° comma lett. c) del D.P.R. n. 600/1973.

Avverso detta sentenza i contribuenti ricorrono per cassazione ex art. 111 Cost., affidando il ricorso, notificato sia al Ministero dell’Economia e delle Finanze, sia all’Agenzia delle Entrate, ad otto motivi, ulteriormente illustrati da memoria.

L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

 

Motivi della decisione

 

1. Con il primo motivo i ricorrenti deducono "violazione o falsa applicazione art. 140 e 148 c.p.c.; art. 60, comma 1, lett. e), D.P.R. n. 600/1973, art. 6 comma 1, L. n. 212/2000; principi generali dell’ordinamento in materia di notificazioni, alla luce anche della sentenza della Corte costituzionale n. 3/2010 e degli altri arresti ivi indicati; violazione L. 24 dicembre 1954, n. 1228; D.P.R. 30 maggio 1989, n. 223.

I ricorrenti assumono che nella fattispecie in esame la sentenza impugnata avrebbe ritenuto erroneamente applicabile l’art. 60, 1° comma lett. e) del D.P.R. n. 600/1973 e non già l’art. 140 c.p.c., in considerazione del fatto che la residenza anagrafica dei medesimi era pur sempre in Roma, di modo che non poteva dirsi perfezionata la notifica dell’avviso di accertamento di valore - una volta non rinvenuti, perché trasferiti, i destinatari dal messo notificatore il 15 marzo 1984 presso la residenza tuttavia ancora risultante alla Via della Bufalotta 15/7 in Roma, come da ricerca anagrafica del 17 marzo 1984, stante la comunicazione del trasferimento della residenza in Via Carlo Marx 1, se. B, int. 5 solo in data 3 aprile 1984 - con la mera affissione dell’avviso presso la casa comunale per la durata di otto giorni (1-8 aprile 1984) occorrendo all’uopo la spedizione della raccomandata informativa, con avviso di ricevimento, prevista dall’art. 140 c.p.c.

2. Doglianza sostanzialmente analoga è esposta con il secondo motivo, la cui epigrafe reca "violazione a falsa applicazione dell'art. 140 c.p.c. e art. 600’’ (recte 60) lett. e)D.P.R. n. 600/1973".

3. Con il terzo motivo, per l’ipotesi in cui per diritto vivente fosse ritenuta irrilevante, ai fini di escludere l’applicabilità dell’art. 60, 1° comma lett. e) del D.P.R. n. 600/1973, la circostanza che i contribuenti avessero mantenuto la propria residenza anagrafica nel Comune ove doveva essere eseguita la notificazione, i ricorrenti sollevano "questione di illegittimità costituzionale dell’art. 140 c.p.c. e dell’art. 60, lett. e, D.P.R. n. 600/1973, per violazione degli artt. 3, 24, 97, 111 e 113 Cast.", richiamando la pronuncia già resa dalla Corte costituzionale n. 3/2010 di parziale illegittimità costituzionale dell’art. 140 c.p.c., e lo stesso art. 6 della L. n. 212/2000, a norma del quale "l’amministrazione dive assicurare l’effettiva conoscenza da parte del contribuente degli atti a lui destinati".

4. Con il quarto motivo, che costituisce ulteriore specificazione del primo, i ricorrenti deducono ancora il vizio di "violazione e falsa applicazione art. 140 e 148 c.p.c.; art. 60, lett. e) D.P.R. 600/1973", nel quale sarebbe incorsa l’impugnata pronuncia, rilevando, tra l’altro, come l’Amministrazione finanziaria non avesse ottemperato all’ordinanza con la quale la Commissione tributaria di 2° grado aveva richiesto, avvalendosi dei propri poteri istruttori, l’acquisizione dell’avviso di accertamento e della relativa relata di notifica, in luogo della quale l’Ufficio si era limitato a depositare una nota riepilogativa delle vicende inerenti alla notifica in contestazione.

5. Con il quinto motivo i ricorrenti lamentano il "difetto di motivazione" dell’impugnata sentenza, non essendo dato comprendere nel percorso argomentativo della medesima in forza di quali elementi, la CTC abbia ritenuto non contestata la circostanza che alla data dell’accesso del messo notificatore presso l’indirizzo di Via della Bufalotta n. 15/7, i contribuenti fossero già trasferiti, in ragione di quanto dagli stessi dedotto nell’originario ricorso, nell’atto d’appello e nella memoria depositata dinanzi alla CTC, tanto più che le ricerche anagrafiche successivamente esperite ne attestavano ancora la persistente residenza in loco, ragione per la quale la notifica avrebbe dovuto essere espletata nella forme dell’art. 140 c.p.c. con la spedizione della successiva raccomandata informativa dell'avvenuto deposito dell’atto presso la casa comunale.

6. Con il sesto motivo i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per "violazione e falsa applicazione D.L. n. 112/2008, convertito nella L. n. 133/2008 - Estinzione del giudizio", deducendo l’erroneità dell’impugnata pronuncia che, decidendo la controversia nel merito, avrebbe violato le norme di cui in epigrafe, per non avere rilevato l’inidoneità della dichiarazione d’interesse alla prosecuzione del giudizio, resa dall’Amministrazione, provenendo quest’ultima dall’Agenzia delle Entrate e non dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, unicamente in capo al quale, come parte del giudizio, avrebbe dovuto riconoscersi la legittimazione e rendere la prescritta dichiarazione.

7. Con il settimo motivo i contribuenti deducono ancora la "violazione" degli "artt. 324 c.p.c.e 2909 cod. civ. dei "principi generali in tema di impugnazione", assumendo che la sentenza impugnata avrebbe omesso di rilevare il giudicato interno, formatosi su di una concorrente ed autonoma ratio decidendi per omessa specifica impugnazione della stessa, in relazione alla statuizione con la quale la Commissione tributaria di secondo grado aveva accertato nel merito l’insussistenza delle condizioni per procedere all’accertamento, con riferimento alle risultanze di cui al verbale di sequestro in data 28/12/1982 quanto alle condizioni del manufatto esistente sul terreno, dalle quali era desumibile che all’epoca del trasferimento sul terreno medesimo non v’era alcun fabbricato.

8. Con l’ottavo motivo, infine, i ricorrenti deducono "violazione e falsa applicazione art. 6, D.P.R. n. 643/1972; art. 1306, cod. civ.; art. 2909 cod. civ., art. 324 c.p.c. - violazione del giudicato esterno" formatosi per effetto della sentenza della Commissione tributaria provinciale di Roma n. 628/30/1992, che aveva annullato, su ricorso degli acquirenti A. P. e M. C. il medesimo avviso di accertamento di valore e la successiva liquidazione dell’imposta, affermando in sostanza la correttezza dei valori dichiarati nell’atto d’acquisto, di modo che gli odierni ricorrenti, venditori, quali coobbligati solidali, avrebbero potuto giovarsi degli effetti del giudicato favorevole formatosi sul ricorso degli acquirenti.

9. I primi cinque motivi possono essere esaminati congiuntamente, sia perché tra loro strettamente connessi, sia perché affetti dalla stessa lacuna, carenza di autosufficienza, che ne comporta l’inammissibilità, come eccepito dalla difesa erariale.

Comune, infatti, a ciascun motivo, è l'affermazione dell'erroneità della statuizione della CTC nella parte in cui ha ritenuto legittima la notifica dell’atto impositivo secondo il disposto dell’art. 60, 1° comma, lett. c) del D.P.R. n. 600/1973, laddove i ricorrenti assumono che la notifica doveva rispettare le formalità prescritte dall’art. 140 c.p.c.

I motivi di ricorso sollecitano quindi alla Corte il sindacato sulla valutazione della dedotta nullità della notifica compiuta dal messo notificatore, una volta non rinvenuti i destinatari presso il domicilio fiscale risultante dall’atto di riferimento, per mezzo del deposito dell’atto presso la casa comunale ed affissione, valutazione che, essendo correlata necessariamente a quanto risultante dall’attestazione contenuta nella relata di notifica, richiede, ai fini del soddisfacimento del requisito di autosufficienza del ricorso per cassazione, la necessaria integrale trascrizione della relata medesima (cfr. Cass. civ. sez. 1 20 luglio 2015, n. 15137; Cass. civ. sez. V 28 gennaio 2010, n. 1818; Cass. civ. sez. lav. 29 agosto 2005, n. 17424).

Ne consegue che la mancanza della suddetta trascrizione della relata di notifica comporta l’inammissibilità dei primi motivi per difetto di autosufficienza.

10. Il sesto motivo, con il quale i ricorrenti lamentano che la CTC avrebbe dovuto dichiarare l’estinzione del processo, stante l'inidoneità della dichiarazione di persistenza d’interesse alla definizione del giudizio, secondo quanto richiesto dall’art. 55 del D.L. n. 112/2008 quale convertito, con modificazioni, nella L. n. 133/2008, per essere stata la detta dichiarazione resa dall’Agenzia delle Entrate c non dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, che aveva instaurato il giudizio dinanzi alla Commissione tributaria centrale, è infondato.

Ai sensi dell’art. 62, 2° comma, del D. Lgs. n. 300/1999, si è verificata la successione a titolo particolare nelle liti pendenti dell’Agenzia delle Entrate al Ministero (già) delle Finanze, per effetto della quale si determina la concorrenza della legittimazione processuale dell’Agenzia con quella del Ministero fino a che quest’ultimo non sia estromesso dalla lite (cfr. Cass. civ. sez. unite n. 3116 e 3118 del 14 febbraio 2006, principio al quale si è attenuta la successiva giurisprudenza: cfr. Cass. civ. sez. V 16 febbraio 2007, n. 3680; Cass. civ. sez. V 27 marzo 2015, n. 6196).

Ciò comporta la piena validità ed efficacia della dichiarazione di persistenza d’interesse alla definizione del giudizio resa dall’Agenzia delle Entrate nel giudizio dinanzi alla CTC nella vigenza del succitato art. 55 del D.L. n. 112/2008, come di seguito convertito in legge.

11. Il settimo e l’ottavo motivo sono anch’essi inammissibili per carenza di autosufficienza.

11.1. Con il settimo i ricorrenti assumono che la CTC avrebbe dovuto rilevare il giudicato interno parziale per omessa impugnazione di specifica ed autonoma ratio decidendi contenuta nella decisione della Commissione tributaria di secondo grado, espressasi favorevolmente ai contribuenti non solo in punto d’invalidità della notifica del previo avviso di accertamento, ma anche riguardo all’insussistenza nel merito della pretesa impositiva.

Osservano in proposito i contribuenti che la Commissione tributaria di secondo grado aveva espressamente rilevato che l’avviso di sequestro del manufatto insistente sul terreno, è stato notificato ai compratori il 28.12.1982, ossia circa sei mesi dopo la stipula dell’atto di compravendita; il che dimostra che all’epoca del trasferimento non via era fabbricato di sorta sul terreno, come anche affermato nello stesso atto di alienazione La denuncia del relativo vizio, affinché la Corte fosse posta in condizione di compiere la valutazione richiesta, richiedeva la compiuta trascrizione del ricorso quale proposto dall'Amministrazione finanziaria dinanzi alla Commissione tributaria centrale o, in ogni caso, la chiara indicazione del luogo e sede in cui si trovi, nel fascicolo processuale, detto ricorso, neppure indicato tra i documenti sui quali la censura è basata.

12.1. Infine, riguardo all’ultimo motivo di ricorso, con il quale i ricorrenti invocano la sussistenza del giudicato esterno favorevole che si sarebbe formato per effetto della sentenza della Commissione provinciale di Roma n. 628/30/1992 sui ricorsi delle parti acquirenti, condebitori solidali ai fini dell’imposta in oggetto, manca non solo in ricorso l’indicazione del contenuto della sentenza in parola, della quale genericamente si dice solo avere annullato "l’accertamento dì valore e liquidazione dell’imposta di registro per l’abnormità del valore assunto a fondamento, riaffermando in buona sostanza la correttezza dei valori indicati nell'atto di acquistò", ma è omesso ogni riferimento al se detta eccezione sia stata proposta nel giudizio dinanzi alla CTC, essendo, secondo quanto dichiarato dagli stessi ricorrenti, detto giudicato anteriore alla pronuncia impugnata, ciò che precluderebbe la formulazione dell’eccezione per la prima volta in sede di legittimità (sulle condizioni ed i limiti per la deduzione del giudicato esterno per la prima volta in sede di legittimità cfr. Cass. civ. sez. unite 16 giugno 2006, n. 13916).

Il ricorso va dunque rigettato.

13. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido alla rifusione in favore dell’Agenzia delle Entrate delle spese del presente giudizio, che liquida in € 5.000,00 per compenso, oltre spese prenotate a debito.