Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 24 marzo 2016, n. 5898

Lavoro - Licenziamento - Termini processuali - Ricorso in Cassazione - deposito - Tempestività

 

Fatto

 

Con ricorso ex art. 700 cpc depositato presso il Tribunale di Lecce in data 30.6.2000 F.A.L., dipendente della ditta A.C. fino al 14.6.2000, impugnava il licenziamento intimatole, chiedendo accertarsene la nullità, illegittimità, inefficacia ed ordinarsi la propria reintegra nel posto di lavoro oltre al risarcimento del danno.

Si costituiva il datore di lavoro chiedendo rigettarsi il ricorso.

Il Giudice del Lavoro, con ordinanza del 13.9.2000, rigettava la domanda di reintegra per mancanza del fumus boni iuris e dichiarava inammissibili le ulteriori domande in quanto dirette a pronunzie di mero accertamento.

Con successivo ricorso del 16.11.2000 F.A.L. introduceva il giudizio di merito, chiedendo accertarsi la illegittimità del licenziamento e condannarsi A.C. al risarcimento del danno; agiva altresì per la condanna del datore di lavoro alla regolarizzazione della posizione contributiva (ed in subordine il risarcimento del danno) nonché al pagamento delle differenze di retribuzione maturate nel corso del rapporto di lavoro.

Si costituiva A.C. resistendo alla domanda.

Il Tribunale, con sentenza dell’11.10.2011 (nr. 10119/11), dichiarava inammissibile la domanda concernente il licenziamento per mancata impugnazione stragiudiziale del recesso nel termine di decadenza; rigettava per mancanza di prova la domanda di pagamento delle differenze di retribuzione.

Proponeva appello F.A.L. con atto notificato in data 11.7.2012.

Resisteva parte appellata.

Con sentenza del 18.2-12.4/ 2013 la Corte di Appello di Lecce rigettava l’appello.

Rilevava che nessun motivo di appello era stato introdotto quanto alle pretese differenze retributive; quanto al licenziamento, il primo atto di impugnazione consisteva nel ricorso ex art. 700 cpc, del quale risultava la data di deposito nel termine di 60 giorni di cui all’art. 6 L. 604/1966 ma non anche la data di notifica, rilevante ai fini dell’impedimento della decadenza.

Propone ricorso in Cassazione F.A.L., articolato in due motivi.

A.C. è rimasta intimata.

 

Diritto

 

Con il primo motivo di ricorso la parte denunzia ai sensi dell’art. 360 co. 1 nr. 3 cpc violazione degli articoli:

a) 115 co 1 cpc

b) 6 L.604/66 e 2966 cc

c) 2696 cc.

a) Sotto il primo profilo (art. 115 co. 1, cpc) il ricorrente deduce che la Corte territoriale nell’affermare che dagli atti non risultava la data di notifica del ricorso ex art. 700 cpc, aveva omesso di rilevare che la data di notifica era attestata dallo stesso ricorso, tanto alla pagina 1 - ove era impressa a stampa la richiesta di notifica urgente del 5.7.2000 - che alla pagina 5, ove era apposta la richiesta di notifica del 6.7.2000. Era dunque provato il rispetto del termine di decadenza, decorrente dal 20 giugno 2000, data di comunicazione del licenziamento (come da allegato nr. 4 della produzione del primo grado).

II ricorrente aggiunge che la controparte si era costituita nel procedimento ex art. 700 cpc - (con memoria prodotta agli atti del giudizio di merito come documento 3) - senza contestare la tempestività della notifica del ricorso.

b) Sotto il secondo profilo (art. 6 L. 604/66 e art. 2966 cc) il decisum della Corte territoriale viene censurato nella parte in cui assume che ai fini dell’ impedimento della decadenza rileva la data di comunicazione della impugnazione del licenziamento - atto recettizio- al datore di lavoro.

La ricorrente deduce che dal combinato disposto degli articoli 6 L. 604/66 e 2966 cc. risulta che l’atto idoneo ad impedire la decadenza è qualsiasi atto scritto con cui il lavoratore rende nota la propria volontà di impugnare il licenziamento senza che assuma rilievo la sua successiva comunicazione; a sostegno dell’assunto la ricorrente richiama i principi affermati da Cass. SU nr. 8830/2010. In particolare, contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata, doveva aversi riguardo al deposito in Cancelleria del ricorso ex art. 700 cpc, avvenuto in data 30.6.2000.

e) La violazione dell’art. 2969 cc. viene denunziata per avere la Corte territoriale rilevato d’ufficio la decadenza dall’impugnativa del licenziamento - in mancanza della relativa eccezione del datore di lavoro - laddove si trattava di eccezione in senso stretto (in conformità a Cass. sez. lav. nr 19405/2011).

Con il secondo motivo di ricorso la parte deduce, ai sensi dell’art. 360 co 1 nr. 4 cpc, la omessa pronunzia in ordine ai motivi di cui ai numeri 2-3- e 4 del ricorso in appello relativi, rispettivamente alla inattendibilità delle dichiarazioni dei testi, alla carenza, illogicità e contraddittorietà della motivazione della sentenza di primo grado ed alla omessa pronunzia sulla domanda di declaratoria di illegittimità del licenziamento.

Preliminarmente la Corte evidenzia che l’avviso della odierna udienza di discussione è stato regolarmente comunicato al difensore ai sensi dell’art. 136, co.2 e 3, cpc (richiamato dall’art. 366 ultimo comma cpc).

Deve darsi atto che il ricorrente ha fatto richiesta di invio di copia dell’avviso della udienza di discussione mediante lettera raccomandata con tassa a carico del destinatario, ai sensi dell’art. 135 d.a. cpc.

Tuttavia tale formalità non rileva ai fini del perfezionamento della comunicazione, che si verifica comunque nei modi ordinari di cui all’art. 366 u.c. cpc mentre l’art. 135 d.a. cpc ha funzione solo informativa - e non costitutiva - ponendosi su un piano funzionale equivalente a quello della notizia dell’avviso di udienza che il domiciliatario è tenuto ad inviare al domiciliato.

In termini Cass. SU 24/06/2011, n. 13908 "Quanto all’art. 135 disp. att., che consente agli avvocati non residenti in Roma, che ne abbiano fatto richiesta, di ricevere in copia, mediante lettera raccomandata, l'avviso di udienza della discussione, le sezioni unite della corte hanno chiarito che, nell'ipotesi di difetto di elezione di domicilio in Roma, la comunicazione dell'avviso di udienza al difensore va effettuata e si perfeziona con il deposito dell'avviso stesso presso la cancelleria della Corte di cassazione, così realizzandosi compiutamente il diritto di difesa della parte, mentre l’invio di copia dell'avviso stesso al difensore, ai sensi dell'art. 135 disp. att. c.p.c., come sostituito dalla L. 7 febbraio 1979, n. 59, art. 4, svolge una funzione meramente informativa (Cass. Sez. un. 24 luglio 2003 n. 11526, nonché Sez. un. 25 gennaio 2007 n. 1614; conformi le successive pronunce delle singole sezioni, per le quali v. Cass. 6 settembre 2007 n. 18721; Cass. 16 luglio 2010 n. 16615). La norma in questione, infatti, con l'uso del termine "copia" e con l'impiego dello strumento della "raccomandata" (e non della raccomandata con avviso di ricevimento, richiesta invece dalla L. 20 novembre 1982, n. 890), rende evidente che la formalità prevista si pone su un piano funzionale equivalente a quello della notizia che il domiciliatario è tenuto ad inviare al domiciliato dell'avviso di udienza pervenutogli".

II ricorso deve essere dichiarato improcedibile ai sensi dell’art. 369 co. 1 cpc, per non avere il ricorrente assolto all’onere di deposito del ricorso nel termine di venti giorni dalla notifica alla controparte, nella specie avvenuta in data 11.4.2011.

Il ricorrente si è avvalso della facoltà di deposito del ricorso a mezzo della posta - ex art. 134 d.a. cpc- fattispecie nella quale il deposito si considera avvenuto, ai sensi del comma 5 del citato art. 134, alla data di spedizione del plico.

Dalla busta di spedizione acclusa al fascicolo d’ufficio non risulta tuttavia la data di spedizione della raccomandata; dagli atti risulta soltanto il momento di ricezione del piego da parte dell’ufficio del protocollo, in data 9.5.2014, a termine decorso (scadenza del termine in data 1.5.2014).

Nulla per le spese, per la mancata costituzione di controparte.

Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto- ai sensi dell’art. 1 co 17 L. 228/2012 (che ha aggiunto il comma 1 quater all’art. 13 DPR 115/2002) - della sussistenza dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione integralmente rigettata. La norma, infatti, non prevede esenzioni per il caso in cui la parte soccombente sia stata ammessa al patrocinio a spese dello Stato.

 

P.Q.M.

 

Dichiara il ricorso improcedibile.

Nulla per le spese.

Ai sensi dell’art. 13 co. 1 quater del DPR 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo, di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.