Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 25 febbraio 2016, n. 3715

Previdenza - Inps - Socio amministratore di Sas - Contributi non versati - Notificazione del titolo esecutivo

 

Svolgimento del processo

 

Il giudice del lavoro presso il TRIBUNALE di ROSSANO con sentenza n. 115/26-07-2011, pubblicata mediante deposito in pari data, rigettava l’opposizione di cui al ricorso in data 17 novembre 2008, proposta da C.I., in proprio e nella qualità di già socio amministratore della sas E. di C.I. & C. in liquidazione, nonché da L.F.M., avverso il precetto con il quale l’I.N.P.S. aveva loro intimato il pagamento della complessiva somma di euro 903,70, giusta la sentenza n. 1022 in data 13 luglio 2005, a titolo di contributi previdenziali non versati, sanzioni, spese ed interessi.

Secondo il giudicante, premessa la validità della notifica dell’atto di precetto, eseguita ex art. 145 c.p.c. (modificato dalla L. n. 263/05) e respinta l’eccezione di estraneità opposta dalla L.F. e dal C., in proprio (essendo la prima socia accomandante ed il secondo accomandatario delle suddetta sas E., come tali tenuti a rispondere delle obbligazioni ex artt. 2313 e 2324 c.c., essendo stata la società cancellata dal registro delle imprese il 12 giugno 2006), doveva ritenersi, alla luce della citata giurisprudenza (Cass. sez. un. n. 4060/2010), che la sentenza del 13 luglio 2007 costituiva valido titolo esecutivo nei confronti dei soci (per la L.F. limitatamente alla quota da costei conferita quale accomandante), trattandosi di soggetti tenuti per legge a rispondere delle obbligazioni sociali.

Inoltre, il tribunale con la pronuncia del 26 luglio 2011 rigettava l’eccezione di nullità di mancata notifica del titolo esecutivo, in quanto l’opposto I.N.P.S. aveva dimostrato chela sentenza del 13 luglio 2005, esecutiva in data primo ottobre 2008, era stata notificata unitamente al precetto, come peraltro ivi indicato.

Veniva respinta anche l’eccezione di nullità di omessa notificazione del titolo esecutivo a ciascuno degli intimati, poiché la notifica del precetto, insieme al titolo, era stata validamente eseguita nei confronti del legale rappresentante (della società), mediante consegna dell’atto al coniuge L.F.M., socia anch’essa, sebbene accomandante, all’uopo essendo sufficiente la consegna di una sola copia dell’atto da notificare, richiamando sul punto il principio affermato da Cass. I civ. n. 14094 del 27/07/2004 (secondo cui l'obbligo di notificare gli atti processuali in numero di copie corrispondente al numero dei destinatari non sussiste qualora una persona fisica stia in giudizio in nome proprio e, nel contempo, in veste di legale rappresentante di altro soggetto, essendo in tale ipotesi sufficiente la notificazione dell'atto in una sola copia, attesa la unicità, sul piano processuale della persona che agisce contemporaneamente in proprio e nella veste di legale rappresentante di altro soggetto - in senso conforme v. peraltro Cass. n. 11738 del 20/05/2009, n. 18761 del 13/09/2011, nonché n. 3205 del 1995).

Infine, con la sentenza de qua veniva disattesa anche la contestazione relativa al quantum intimato con il precetto, poiché la somma richiesta era quella di cui all’originario titolo esecutivo, cui andavano aggiunti gli ulteriori conseguenti oneri, risultando altresì corretti i calcoli dell’Istituto previdenziale per la quantificazione degli interessi dovuti sui contributi, nonché per gli importi dovuti ex L. n. 662/96 e succ. modifiche, dal 16-09-1996 all’otto ottobre 2008.

Da ultimo, poi, gli opponenti venivano pure condannati alle spese di lite, a favore del resistente I.N.P.S., liquidate anche in relazione alla fase cautelare, in virtù del principio della soccombenza.

Avverso l’anzidetta sentenza, relativamente all’opposizione agli atti esecutivi circa l’asserita omessa notifica del titolo esecutivo unitamente al precetto, C.I., nella suddetta qualità, e L.F.M. proponevano ricorso per cassazione, notificato come da relate del 26 luglio 2012, poi depositato ed iscritto il tre agosto 2012, affidato a DUE motivi, ex art. 360 nn. 3, 4 e 5, c.p.c. in relazione agli artt. 137, 148, 479, 480 e 617 dello stesso codice di rito, nonché con riferimento all’art. 2700 c.c., 132 n. 4, 118 disp. Att. c.p.c. e 111 Cost..

L’I.N.P.S. è rimasto intimato, non avendo svolto alcuna difesa mediante rituale controricorso. Non risulta depositata alcuna memoria ex art. 378 c.p.c. da parte ricorrente, sebbene ritualmente e tempestivamente avvisata (il tredici novembre sono state depositate soltanto due note spese dall’avv. P.).

 

Motivi della decisione

 

Parte ricorrente si duole della omessa considerazione circa la dedotta mancata notifica del titolo esecutivo, all’uopo richiamando l’originario ricorso in opposizione riprodotto nei seguenti termini: «Il precetto, infine, è nullo per difetto di notifica del titolo esecutivo nei confronti di tutti gli opponenti.

Invero, nella fattispecie, al di la di quanto preannunziato nel corpo dell’atto, in realtà, nessuna notifica del titolo azionato è stata eseguita unitamente al precetto, per come risulta inequivocabilmente dal chiaro tenore letterale della relata di notifica, nella quale l’ufficiale giudiziario procedente dà atto di aver solo "notificato copia del sopra esteso atto di precetto" e niente altro.

Ciò costituisce causa di nullità ex art. 480, 2° comma, c.p.c., deducibile come motivo di posizione agli atti esecutivi» (pag. 4 del ricorso).

Sul punto parte ricorrente ha denunciato una macroscopica violazione delle anzidette disposizioni di legge, laddove l’impugnata sentenza assumeva che l’opposto Istituto aveva dimostrato che il titolo (ossia la sentenza, esecutiva il primo ottobre 2008), era stata notificata unitamente al precetto, come peraltro indicato nel medesimo atto, mentre era stata omessa anche l’indicazione del modo in cui sarebbe stata fornita la prova della notifica del titolo esecutivo. Per contro, nella relata di notifica (come da richiesta dell’avv. N.D.N., procuratore dell’I.N.P.S.) si faceva riferimento soltanto al sopra esteso atto di precetto, con in calce la data del 27-10-2008, il timbro S.F. ufficiale giudiziario Tribunale di Rossano e relativa firma siglata illeggibile.

Pertanto, ad avviso dei ricorrenti, rebus sic stantibus, nella specie non si poteva non ritenere che fosse stato notificato unicamente l’atto di precetto, essendo assolutamente irrilevante che nel corpo dell’atto in questione si evocasse la notifica in forma esecutiva contestualmente allo stesso titolo che si sarebbe dovuto azionare. Evidentemente, il titolo de quo non era stato portato alla notifica, tant’é che l’ufficiale giudiziario non lo aveva notificato e di conseguenza non lo aveva attestato.

La sentenza impugnata si connotava di chiara violazione dell’art. 137, co. II, e dell’art. 148, co. I, co., nonché dell’art. 2700 c.p.c., (ndr art. 2700 c.c.) dato che il giudice aveva ritenuto di superare l'attestazione fidefaciente dell’ufficiale giudiziario (il quale peraltro non aveva neppure indicato di aver notificato copia conforme all’originale iter titolo), pur essendo mancato l’unico rimedio idoneo ad infirmare la stessa, ossia l’esperimento di querela di falso. Quindi, era stata posta in essere una indubbia violazione anche degli artt. 4379 e 480 c.p.c., poiché, diversamente da quanto ritenuto in sentenza, l’opposizione agli atti esecutivi proposta, in relazione allo specifico dedotto motivo, dell’omessa notifica del titolo, era chiaramente fondata, donde la nullità dell’opposto precetto, in ossequio alla normativa posta da tali specifiche disposizioni di legge vigenti in materia, mancando altresì l’indicazione della eventuale diversa data di notifica del titolo azionato.

Con il secondo motivo, inoltre, i ricorrenti hanno censurato l’impugnata pronuncia per motivazione assolutamente insufficiente e del tutto apparente, perciò evidentemente mancante, avendo omesso di indicare gli elementi del convincimento circa la ritenuta notifica del titolo unitamente al precetto, così da impedire la verifica del processo logico seguito ai fini della formulazione di tale decisiva valutazione. In tal modo il primo giudicante non avrebbe neanche percepito la proprio immotivata valutazione contrastava platealmente con l’efficacia probatoria fidefaciente della relazione di notifica, come peraltro ribadito con le note illustrative verbalizzate all’udienza del 12 maggio 2009, richiamando in proposito altresì gli obblighi di motivazione ai sensi dei succitati artt. 111, 132 n. 4 e 118.

Gli anzidetti motivi, che possono esaminarsi congiuntamente, poiché tra loro strettamente connessi, sono infondati, di guisa che vanno disattesi.

Va premesso che il ricorso in esame appare carente in ordine al requisito dell’autosufficienza, mancando del tutto una esauriente indicazione del tenore in cui era stato formulato il precetto notificato il 27 ottobre 2008, nonché del relativo titolo (sentenza n. 1022 del 13 luglio 2005), di cui sono riportati soltanto alcuni cenni, però contenuti per estratto nel ricorso in opposizione depositato il 17-11-2008 a tenore dell’atto opposto, la sentenza in questione sarebbe stata "notificata in forma esecutiva contestualmente ..." al precetto stesso»).

Né i ricorrenti hanno enunciato le difese all’uopo svolte dall’I.N.P.S. avverso l’anzidetta opposizione, della cui costituzione per resistere alle pretese avversarie pure sommariamente vi è cenno nella sentenza qui impugnata (Costituendosi in giudizio, l’Inps contestava la fondatezza dell’opposizione, deducendo in particolare la correttezza dell’intimazione anche nei confronti dei soci ... v. altresì pag. 11 del ricorso de quo, laddove nel richiamare le deduzioni di parte opponente verbalizzate all’udienza del 12 maggio 2009 si accennava alle difese dell’I.N.P.S. ritenendo irrilevante - diversamente da quanto ritenuto dal giudice del reclamo - la produzione documentale avversaria, peraltro costituita da fotocopie e, pertanto, priva di valenza probatoria ... è chiaro che il resistente non ha fatto altro che unire materialmente il precetto al titolo e produrlo...).

Sotto altro profilo, poi, va osservato che, a fronte di quanto ad ogni modo constatato dal primo giudicante, li dava atto che l’opposto istituto previdenziale (ente pubblico) aveva dimostrato che la sentenza, esecutiva, era stata notificata unitamente al precetto, come peraltro indicato nello stesso atto, per giunta aggiungendo che ciò era avvenuto validamente nei confronti del legale rappresentante, mediante consegna alla moglie, nonché socia accomandante, L.F.M., la parte debitrice intimata, opponente ed attuale ricorrente, non ha fornito idonea prova di quanto dalla stessa asserito.

Invero, non sussiste la fidefacienza, nei sensi prospettati da parte ricorrente, poiché l’ufficiale giudiziario si era limitato a attestare di aver notificato copia del sopra esteso atto di precetto, così come letteralmente indicato dal procuratore dell’I.N.P.S. nella relativa istanza, di modo che in effetti detto p.u. procedente non aveva fatto altro che apporre in calce all'atto da consegnate la data e la sua firma, aggiungendovi soltanto le persone cui aveva consegnato le copie (a mani proprie di L.F.M., a mani della moglie L.F.M. capace e conv. t.q. per l’atto diretto al C. in proprio ed a mani di L.F.M. moglie del titolare C.I. per la copia diretta alla società, quest’ultima peraltro come visto già cancellata il 12-06-2006 dal registro delle imprese ed estinta).

Orbene, l'efficacia probatoria dell'atto pubblico, nella parte in cui fa fede sino a querela di falso, è limitata alla provenienza del documento dal pubblico ufficiale che l'ha formato, nonché ai fatti che il pubblico ufficiale attesta essere avvenuti in sua presenza o essere stati da lui compiuti, essa non si estende al contenuto sostanziale delle dichiarazioni rese dalle parti, e l'interpretazione di tali dichiarazioni, risolvendosi in un apprezzamento di fatto, devoluto al giudice di merito, non può essere sindacata in cassazione, quando non sia affetta da vizi logici o da errori di diritto (v. tra le altre Cass. n. 2659 del 23/07/1968, nonché Cass. n. 864 del 18/03/1968, secondo cui l'efficacia probatoria dell'atto pubblico, nella parte in cui fa fede fino a querela di falso, a norma dell'art. 2700 cod. civ., è limitata alla provenienza del documento dal pubblico ufficiale che l'ha formato ed ai fatti che questi attesta essere avvenuti in sua presenza. Essa non si estende al contenuto sostanziale delle dichiarazioni rese dalle parti ossia alla veridicità ed esattezza delle dichiarazioni stesse, che possono essere contrastate ed accertate con tutti i mezzi di prova consentiti dalla legge).

Orbene, nella specie la suddetta fidefacienza è circoscritta unicamente alla consegna del documento alle persone ivi menzionate nella data indicata, ma non vale anche a provare che hi consegnato soltanto l’atto di precetto (come in effetti pretendono i ricorrenti), di guisa che sfugge all’attestazione in esame la circostanza, negativa, dell’asserita mancata notifica del titolo esecutivo unitamente al precetto, tanto più poi che alla stregua dei menzionati elementi di valutazione, peraltro già carenti in base al rilevato difetto di autosufficienza, tra cui il tenore della stessa intimazione, si dava atto del contrario.

Alla stregua delle considerazioni che precedono, pertanto, spettava ai ricorrenti in opposizione fornire adeguata dimostrazione dell’asserita notifica del solo precetto, senza il relativo titolo esecutivo.

In tal sensi, dunque, il collegio ritiene di dover dare continuità all’indirizzo giurisprudenziale in materia di questa Corte (Cass. IlI civ. n. 13212 del 26/06/2015), in assenza di valide ragioni per discostarsene, secondo cui nel giudizio di opposizione agli atti esecutivi promosso dal debitore esecutato per denunciate che il precetto non è stato preceduto o accompagnato dalla notifica del titolo esecutivo, è onere dell'opponente stesso, ai sensi dell'art. 2697 cod. civ., fomite la prova del dedotto fatto impeditivo dell'ulteriore svolgimento della azione esecutiva, senza che la negatività del fatto escluda od inverta l'onere della prova (conforme id. n. 5137 - 08/05/1991, cfr. altresì Cass. lav. n. 3644 del 15/06/1982, secondo cui l’onere della prova dei fatti costitutivi del diritto o di quelli modificativi, impeditivi o estintivi grava su colui che faccia valere il diritto stesso o che ne eccepisca la modificazione, l’impedimento o l'estinzione, anche se tali fatti siano negativi, comportando la loro negatività non già l'inversione dell'onere suddetto, ma soltanto che la relativa prova deve essere fornita mediante quella dei fatti positivi contrari). Pertanto, alla luce del succitato condiviso principio di diritto, tenuto altresì conto della carente esposizione dei fatti e degli atti, nei sensi però richiesti a pena d’inammissibilità dall’art. 366 c.p.c., nonché delle valutazioni probatorie in punto di fatto compiute dal giudice di merito, che invero appaiono immuni da errori logico-giuridici, tutte le doglianze sollevate dai ricorrenti, peraltro non fondate sulla scorta di univoci e sicuri elementi di valutazione, vanno senz’altro disattese, restando cosi pure assorbite le restanti argomentazioni svolte in favore degli stessi ricorrenti.

Nonostante la soccombenza di questi ultimi, stante il rigetto della loro impugnazione, nulla va disposto in ordine alle spese di questo giudizio di legittimità, non avendo l’intimato I.N.P.S. svolto alcuna difesa in suo favore.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Nulla per le relative spese.