Giurisprudenza - COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE MILANO - Sentenza 09 febbraio 2016, n. 1307

Concordato preventivo - Sì alle sanzioni pagate in moneta fallimentare - Rapporto fra disciplina fiscale e norme che regolano il concordato preventivo - Prevalenza di queste ultime su quelle tributarie - Il pagamento percentuale delle sanzioni chirografarie finisce con l’estinguerne la complessiva obbligazione

 

Ricorso contro cartella di pagamento n. 068 2013 0165394428000, di importo complessivo pari a €. 20.795,96.=, notificata da E.N. S.p.A., a mezzo PEC in data 9 agosto 2013, a seguito di decisione della CTR. L’iscrizione a ruolo, n. 2013/002301, avveniva da parte dell’Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale II di Milano, e relativa all’omesso versamento di ritenute alla fonte, anno 2007.

Come accennato in epigrafe la cartella promanava dalla sentenza della CTR n. 38/18/13 depositata il 2 aprile 2013, favorevole all’ufficio. La questione discussa in quella sede verteva sul tardivo versamento di sanzioni amministrative, per tardivo versamento di ritenute IRPEF per €. 17.702,50.=, sanzioni per tardivo versamento addizionale reginale IRPEF per €. 1.916,00 = e sanzione pecuniaria IRPEF per €. 247,80.=, per redditi soggetti a tassazione separata. Le ritenute in questione si riferivano ai pagamenti che la società faceva, a favore dei propri lavoratori, nel periodo immediatamente precedente all’istanza di ammissione a concordato preventivo, presso il Tribunale di Milano, sulla base di una proposta che prevedeva il pagamento integrale dei crediti pre-deducibili e di quelli privilegiati, nonché il pagamento del 30% dei crediti chirografari. Il Tribunale ammetteva la società al piano concordatario, in data 29 novembre 2007 e, in data 25 giugno 2008 lo omologava. Il ricorrente continuava asserendo che, il G.D. non autorizzava la società al pagamento di dette ritenute, stante la specifica richiesta fatta dalla società, in quanto detto pagamento avrebbe alterato l’ordine dei privilegi. Solo con l’approvazione del piano di riparto la società pagava dette ritenute in relazione al periodo d’imposta 2007, le cui sanzioni e interessi sono oggetto della cartella quivi impugnata. In aggiunta a questo, il ricorrente evidenziava come il G.D., in data 8 maggio 2010 disponeva - attesa l’avvenuta esecuzione del piano concordatario - la chiusura della procedura e che, solo in data successiva, ovvero il 18 maggio 2010, la cartella n. 068 2009 0424310241 veniva notificata. La cartella da ultimo richiamata era stata oggetto di sgravio con la sentenza CTP 49/31/11, favorevole al contribuente che ha costituito oggetto della controversia decisa con la sentenza della CTR 38/18/13, favorevole all’ufficio. Premesso quanto sopra la Società ricorrente (...) presentava ricorso, depositato in data 13 marzo 2014, ritenendo il ruolo contenuto nella cartella e la cartella stessa illegittimi per i seguenti motivi.

Violazione e falsa applicazione dell’art. 2752, comma 1 c.c. (nella formulazione vigente ante entrata in vigore dell’art. 23, comma 37, D.L. 98/11, convertito dalla L. 111/11). Tale articolo disciplinava il privilegio dei crediti dello Stato tra cui i tributi, ma non le sanzioni. Infatti, a detta del contribuente, la sentenza della Cassazione n. 5246/93, aveva riconosciuto la non estendibilità del privilegio generale mobiliare, previsto dal citato art. del c.c., ai crediti per sopratasse (ora sanzioni amministrative) per omessi versamenti IRPEF, sulla scorta della natura sanzionatoria della sanzione e non di tributo.

Aggiungeva il fatto che, in materia di IVA, era stato espressamente previsto il privilegio delle sanzioni comminate in relazione a tale tipo di imposta e che, quindi, non avendolo previsto espressamente per le dirette, quest’ultime, non godevano di tale privilegio. Concludeva affermando che, data la natura chirografaria delle sanzioni oggetto della presente impugnazione e, per effetto della L.F., si è avuta l'estinzione totale dell’obbligazione con il pagamento in misura concordataria del 30 %. (allegava al presente fascicolo processuale la ricevuta di avvenuto pagamento della cartella in questione nell’ordine del 30%). Metteva in risalto poi, la sentenza della Corte Costituzionale n. 170 che ha sancito l’illegittimità dell’art. 23, comma 37, ultimo periodo e del comma 40 del medesimo articolo del D.L. 98/11 (disciplina che ha attribuito il privilegio anche alle sanzioni dei crediti per imposte dirette) laddove attribuiva effetti retroattivi a tale previsione. Eccepiva altresì la violazione e falsa applicazione dell’art. 184 L.F. evidenziando la circostanza per cui, se avvenisse il pagamento integrale da parte del ricorrente dell’atto impugnato, sarebbe eseguito in violazione dell’appena richiamato articolo della L.F. che, appunto, stabilisce l’obbligatorietà per tutti i creditori anteriori al decreto di apertura del concordato preventivo, delle statuizioni e disposizioni contenute all’interno del concordato omologato. Corroborava tale ultimo assunto richiamando la sentenza della Corte di Cassazione n. 22931/11. Chiedeva la declaratoria di parziale nullità della cartella in epigrafe, nella misura del 70 %, in quanto illegittima. In data 31 marzo 2014 l’ufficio si costituiva in giudizio, considerando corretto il suo operato e di contro, illegittime le eccezioni di contropaerte. Esordiva evidenziando come l’iscrizione a ruolo in epigrafe scaturiva da sentenza della CTR, favorevole all’ufficio e impugnazione versamento originario e che la pretesa inapplicabilità delle sanzioni non era applicabile. Chiedeva il rigetto del ricorso.

In data 13 gennaio 2016, la Società ricorrente depositava delle memorie attraverso le quali ribadiva le conclusioni già rassegnate in fase di ricorso introduttivo.

Presenti all’udienza le parti che hanno insistito nelle loro richieste ed eccezioni.

La Sezione giudicante così decide. Il ricorso viene accolto alla stregua delle seguenti motivazioni ed argomentazioni.

Come ampiamente illustrato in parte descrittiva, si è in presenza di una iscrizione a molo, ex-art. 36 bis D.P.R. 600/73 relativamente al modello 770 presentato per l’anno d’imposta 2007 dall’odierna ricorrente, le cui somme, a giudizio dell’ufficio, sono dovute a titolo di omessi versamenti di ritenute alla fonte di imposta IRPEF e addizionale Regionale.

Prima di entrare in mesdias res, questo Giudice rileva che il competente ufficio territoriale, a seguito di istanza della società, provvedeva nel luglio 2010 allo sgravio parziale degli importi iscritti a ruolo. Riconosceva gli importi versati, sia pure tardivamente, a titolo d’imposta, riducendo le sanzioni dal 30% al 10%, in quanto la società non aveva ricevuto la prescritta comunicazione d’irregolarità, contenente le sanzioni nella misura ridotta prevista dall’art. 2, comma 2, D. Lgs. 462/97.

La società aveva chiesto di annullare la parte dell’iscrizione a ruolo, non oggetto di sgravio, limitatamente alle sanzioni per un ammontare di € 19.988,65, ed altri diritti della riscossione, eccependo l’inapplicabilità delle sanzioni per causa di forza maggiore, poiché la società non aveva effettuato tempestivamente il versamento delle ritenute, in qualità di sostituto d’imposta, a causa di un preciso obbligo previsto e disciplinato dalle norme speciali della legge fallimentare, essendo la società stata ammessa al concordato preventivo, con decreto del Tribunale di Milano, del novembre 2007 e omologato a giugno 2008. Dalla lettura degli atti allegati al fascicolo processuale, risulta che la società aveva chiesto di ridurre l’obbligo del pagamento delle sanzioni, delle spese, diritti e compensi della riscossione alla sola percentuale chirografaria del 30%, trattandosi di debiti chirografari aventi causa anteriore all’avvio della procedura di concordato.

Quindi, la materia del contendere verte, dopo gli opportuni sgravi dell’ufficio, sulla sanzione di complessivi € 19.988,65, che è il frutto della riduzione della sanzione, dal 30% al 10%. Nel caso de quo, a giudizio di questo Collegio giudicante, a nulla serve il fatto che la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia - Milano, con sentenza n. 38/18/2013 del dicembre 2012, abbia confermato l’operato dell’ufficio, ripristinando così la cartella esattoriale n 43102 42 (2007), già oggetto di sgravio a seguito di sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Milano, favorevole alla contribuente.

Nel caso specifico la questione verte il pagamento della sanzione che, per gli effetti della legge sul concordato preventivo, risulta essere di rango chirografario. Ebbene, poiché il concordato preventivo è stato in grado di soddisfare la massa creditoria chirografaria nella misura del 30%, anche la sanzione riportata nella cartella esattoriale, qui contestata, giustamente è stata pagata, nel rispetto della regola della par condicio creditorum, per le procedure concorsuali, come gli altri creditori, nella misura del 30%. Essendo la società in procedura concorsuale, per questo Consesso giudicante, l'odierna ricorrente ha agito correttamente avendo soddisfatto l’Erario, in via chirografaria, con la percentuale del 30%, che la procedura ha applicato. Ciò perché il concordato omologato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori al decreto di apertura della procedura di concordato. Nel caso che ci interessa, le norme che regolano il concordato preventivo prevalgono sanzione concorsuale.

Avendo il commissario della procedura pagato tale debito con gli altri debiti, giusta la copia fotostatica del pagamento di complessivi € 6.242,90 allegato al fascicolo di causa, nulla ora l’ufficio ha da pretendere. Essendo già stata pagata la sanzione nella misura del 30%, la differenza del 70% riportata nella cartella esattoriale stessa viene annullata tout court, in quanto il pagamento di € 6.242,90 equivale al pagamento dell’intera somma riportata nella cartella medesima. Per effetto dell’applicazione della legge fallimentare, della natura chirografaria della sanzione e del pagamento avvenuto, il debito originario della sanzione tributaria è ora totalmente estinto. Sono queste le ragioni per le quali il ricorso viene accolto ed annullato in foto l’atto impugnato. Le spese di lite seguono la soccombenza, come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso e annulla l’atto impugnato. Condanna l’ufficio al pagamento delle spese di lite, per complessivi € 800,00, oltre contributo unificato.