Giurisprudenza - CORTE DI GIUSTIZIA CE-UE - Sentenza 04 febbraio 2016, n. C-194/15

Rinvio pregiudiziale - Articoli 63 TFUE e 65 TFUE - Libera circolazione dei capitali - Articolo 49 TFUE - Libertà di stabilimento - Fiscalità diretta - Tassazione dei dividendi - Convenzione bilaterale volta a prevenire la doppia imposizione - Doppia imposizione giuridica

 

1. La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 49 TFUE, 63 TFUE e 65 TFUE.

2. Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone la sig.ra Baudinet e i suoi figli, Pauline, Adrien e Édouard Boyer, all’Agenzia delle Entrate - Direzione Provinciale I di Torino (in prosieguo: l’"amministrazione tributaria") in merito alla tassazione, in Italia, di dividendi percepiti da una società stabilita in Francia e che sono già stati oggetto di una ritenuta alla fonte in quest’ultimo Stato membro.

 

Contesto normativo

Il diritto italiano

3. La normativa italiana in materia di imposte sui redditi è costituita dal decreto del Presidente della Repubblica del 22 dicembre 1986, n. 917, recante approvazione del testo unico delle imposte sui redditi (Supplemento ordinario alla GURI n. 302, del 31 dicembre 1986), come modificato dal decreto legislativo del 12 dicembre 2003, n. 344, recante riforma dell’imposizione sul reddito delle società, a norma dell’articolo 4 della legge 7 aprile 2003, n. 80 (Supplemento ordinario alla GURI n. 291, del 16 dicembre 2003; in prosieguo: il "TUIR").

4. L’articolo 3, comma 1, del TUIR prevede quanto segue:

"L’imposta si applica sul reddito complessivo del soggetto, formato per i residenti da tutti i redditi posseduti al netto degli oneri deducibili indicati nell’articolo 10 (...)".

5. L’articolo 11, comma 4, del TUIR dispone quanto segue:

"Dall’imposta netta si detrae l’ammontare dei crediti d’imposta spettanti al contribuente a norma dell’articolo 165. Se l’ammontare dei crediti d’imposta è superiore a quello dell’imposta netta il contribuente ha diritto, a sua scelta, di computare l’eccedenza in diminuzione dell’imposta relativa al periodo d’imposta successivo o di chiederne il rimborso in sede di dichiarazione dei redditi".

6. L’articolo 47, comma 1, del TUIR così dispone:

"Salvi i casi di cui all’articolo 3, comma 3, lettera a), gli utili distribuiti in qualsiasi forma e sotto qualsiasi denominazione dalle società o dagli enti indicati nell’articolo 73 (...) concorrono alla formazione del reddito imponibile complessivo limitatamente al 40 per cento del loro ammontare".

7. L’articolo 59, comma 1, del TUIR precisa quanto segue:

"Gli utili relativi alla partecipazione al capitale o al patrimonio delle società e degli enti di cui all’articolo 73, nonché quelli relativi ai titoli e agli strumenti finanziari di cui all’articolo 44, comma 2, lettera a), e le remunerazioni relative ai contratti di cui all’articolo 109, comma 9, lettera b), concorrono alla formazione del reddito complessivo, nella misura del 40 per cento del loro ammontare, nell’esercizio in cui sono percepiti. Si applica l’articolo 47, per quanto non diversamente previsto dal periodo precedente".

8. L’articolo 165, commi 1 e 10, del TUIR così dispone:

"1. Se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi prodotti all’estero, le imposte ivi pagate a titolo definitivo su tali redditi sono ammesse in detrazione dall’imposta netta dovuta fino alla concorrenza della quota d’imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all’estero ed il reddito complessivo (...)

(...)

10. Nel caso in cui il reddito prodotto all’estero concorra parzialmente alla formazione del reddito complessivo, anche l’imposta estera va ridotta in misura corrispondente".

 

 La Convenzione italo-francese

9. La Convenzione tra il governo della Repubblica italiana ed il governo della Repubblica francese per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio e per prevenire l’evasione e la frode fiscali, firmata a Venezia il 5 ottobre 1989 (in prosieguo: la "Convenzione italo-francese"), prevede, al suo articolo 10, quanto segue:

"1. I dividendi pagati da una società residente di uno Stato ad un residente dell’altro Stato sono imponibili in detto altro Stato.

2. Tuttavia, tali dividendi sono imponibili anche nello Stato in cui la società che paga i dividendi è residente ed in conformità della legislazione di detto Stato, ma, se la persona che percepisce i dividendi ne è l’effettivo beneficiario, l’imposta così applicata non può eccedere:

a) il 5 per cento dell’ammontare lordo dei dividendi se l’effettivo beneficiario è una società assoggettabile all’imposta sulle società che ha detenuto direttamente o indirettamente nel corso di un periodo di almeno 12 mesi precedenti la data della delibera di distribuzione dei dividendi, almeno il 10 per cento del capitale della società che paga i dividendi;

b) il 15 per cento dell’ammontare lordo dei dividendi, in tutti gli altri casi".

(...)".

10. L’articolo 24, comma 2, della Convenzione italo-francese indica che, per quanto concerne la Repubblica italiana, la doppia imposizione è evitata come segue:

"Se un residente dell’Italia possiede elementi di reddito che sono imponibili in Francia, l’Italia, nel calcolare le proprie imposte sul reddito specificate nell’articolo 2 della presente Convenzione, può includere nella base imponibile di tali imposte detti elementi di reddito, a meno che espresse disposizioni della presente Convenzione non vi si oppongano.

In tal caso, l’Italia deve dedurre dalle imposte così calcolate l’imposta sui redditi pagata in Francia, ma l’ammontare della deduzione non può eccedere la quota di imposta italiana attribuibile ai predetti elementi di reddito nella proporzione in cui gli stessi concorrono alla formazione del reddito complessivo.

Tuttavia, nessuna deduzione sarà accordata ove l’elemento di reddito venga assoggettato in Italia ad imposizione mediante ritenuta alla fonte a titolo di imposta su richiesta del beneficiario del reddito in base alla legislazione italiana".

 

Procedimento principale e questione pregiudiziale

11. L’amministrazione tributaria ha emesso, per gli anni 2007 e 2008, una serie di avvisi di accertamento relativi ai redditi da dividendi provenienti da partecipazioni azionarie qualificate in una società stabilita in Francia, detenute dai ricorrenti nel procedimento principale, la cui residenza fiscale è situata a Torino.

12. Conformemente alla Convenzione italo-francese, detta società ha applicato a tali dividendi una ritenuta alla fonte del 15%. I ricorrenti nel procedimento principale hanno regolarmente dichiarato detti dividendi nella dichiarazione dei redditi effettuata in Italia.

13. Tuttavia, i ricorrenti nel procedimento principale hanno detratto dall’imposta dovuta in Italia l’importo totale dell’imposta pagata in Francia e, di conseguenza, rivendicano il beneficio di un credito d’imposta di origine estera di cui l’amministrazione tributaria contesta la legittimità.

14. Secondo tale amministrazione, il credito d’imposta di cui possono beneficiare i ricorrenti nel procedimento principale è limitato alla quota della ritenuta alla fonte pagata in Francia che corrisponde all’importo dei dividendi preso in considerazione dalla normativa tributaria italiana, ossia al 40% dell’importo lordo di tali dividendi.

15. Ritenendo che dall’imposta dovuta in Italia debba essere detratta l’intera ritenuta alla fonte pagata in Francia, i ricorrenti nel procedimento principale hanno adito la Commissione tributaria provinciale di Torino.

16. Secondo quest’ultima, la normativa italiana riserva un trattamento più favorevole ai dividendi distribuiti da società stabilite in Italia rispetto a quelli distribuiti da società stabilite in Francia, dove essi sono assoggettati a una ritenuta alla fonte che è soltanto parzialmente detraibile in Italia. Ne deriverebbe che la normativa italiana e la Convenzione italo-francese sarebbero atte a dissuadere le persone fisiche residenti in Italia e che ivi sono assoggettate all’imposta sul reddito dall’investire i loro capitali in società stabilite fuori dall’Italia.

17. Il giudice del rinvio ritiene, pertanto, che non sia irragionevole considerare che la normativa italiana in materia di tassazione dei dividendi di origine estera, rendendo meno conveniente la detenzione di partecipazioni in società non residenti rispetto a quella di partecipazioni in società residenti, possa essere in contrasto con il principio della libera circolazione dei capitali.

18. In tale contesto, la Commissione tributaria provinciale di Torino ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

"[S]e gli articoli 63 e 65 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea ostino alla normativa di uno Stato membro in forza della quale, allorché un residente di tale Stato - azionista di una società stabilita in uno Stato membro diverso - percepisca dividendi tassati in entrambi gli Stati, non si ponga rimedio alla doppia imposizione mediante l’imputazione nello Stato di residenza di un credito d’imposta almeno pari all’importo dell’imposta versata nello Stato della società distributrice".

 

Sulla questione pregiudiziale

19. Ai sensi dell’articolo 99 del regolamento di procedura della Corte, quando la risposta a una questione pregiudiziale può essere chiaramente desunta dalla giurisprudenza, la Corte, su proposta del giudice relatore, sentito l’avvocato generale, può statuire in qualsiasi momento con ordinanza motivata.

20. Tale disposizione deve essere applicata nel presente procedimento.

 

Sulla libertà in esame

21. Si deve constatare che, sebbene il giudice nazionale interroghi la Corte sull’interpretazione degli articoli 63 TFUE e 65 TFUE, la Commissione europea ritiene che si debba esaminare la presente causa alla luce dell’articolo 49 TFUE.

22. Orbene, secondo una giurisprudenza costante, per fornire una soluzione utile al giudice che ha sottoposto una questione pregiudiziale, la Corte può essere indotta a prendere in considerazione norme di diritto dell’Unione alle quali il giudice nazionale non ha fatto riferimento nelle sue questioni pregiudiziali (ordinanza Amorim Energia, C‑38/11, EU:C:2012:358, punto 36 e giurisprudenza ivi citata).

23. A tale proposito occorre ricordare che il trattamento fiscale dei dividendi può ricadere nella sfera di applicazione dell’articolo 49 TFUE, riguardante la libertà di stabilimento, e in quella dell’articolo 63 TFUE, relativo alla libera circolazione dei capitali (sentenza Bouanich, C‑375/12, EU:C:2014:138, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).

24. Quanto alla questione se una normativa nazionale rientri nell’una o nell’altra libertà di circolazione, da una giurisprudenza costante della Corte risulta che occorre prendere in considerazione l’oggetto della normativa di cui trattasi (sentenza Bouanich, C‑375/12, EU:C:2014:138, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).

25. In proposito è già stato dichiarato dalla Corte che una normativa nazionale destinata ad applicarsi esclusivamente alle partecipazioni che consentono di esercitare una sicura influenza sulle decisioni di una società e di determinarne le attività ricade nella sfera di applicazione delle disposizioni del Trattato FUE relative alla libertà di stabilimento. Per contro, disposizioni nazionali che siano applicabili a partecipazioni acquisite al solo scopo di realizzare un investimento finanziario, senza l’intento di influire sulla gestione e sul controllo dell’impresa, devono essere esaminate esclusivamente alla luce della libera circolazione dei capitali (sentenza Bouanich, C‑375/12, EU:C:2014:138, punto 28 e giurisprudenza ivi citata).

26. Per quanto riguarda il procedimento principale, dal fascicolo sottoposto alla Corte risulta che la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale si applica indipendentemente dall’importo della partecipazione detenuta in una società. Così, l’applicazione di tale normativa non dipende dall’entità delle partecipazioni in una società non residente e non si limita alle situazioni nelle quali il titolare di quote può esercitare una sicura influenza sulle decisioni della società considerata e determinarne le attività.

27. Di conseguenza, nei limiti in cui tale normativa si riferisce a dividendi che hanno origine in uno Stato membro, l’oggetto di tale normativa non consente di stabilire se quest’ultima ricada in maniera preponderante nella sfera di applicazione dell’articolo 49 TFUE oppure in quella dell’articolo 63 TFUE. In simili circostanze, la Corte tiene conto degli elementi di fatto del caso di specie al fine di stabilire se la situazione oggetto della controversia principale ricada sotto l’una o l’altra delle suddette disposizioni (sentenza Bouanich, C‑375/12, EU:C:2014:138, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).

28. Orbene, la Corte non dispone di elementi sufficienti per determinare la natura della partecipazione di cui trattasi. Non si può escludere, quindi, che la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale si possa applicare a dividendi versati da una società non residente ad azionisti residenti che detengano una partecipazione che attribuisca loro una sicura influenza sulle decisioni di tale società e consenta loro di determinarne le attività. Di conseguenza, tale normativa deve anche essere esaminata alla luce delle disposizioni del Trattato relative alla libertà di stabilimento.

29. Pertanto, si deve ritenere che, con la sua questione, il giudice del rinvio chieda, in sostanza, se gli articoli 49 TFUE, 63 TFUE e 65 TFUE debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa di uno Stato membro, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, in forza della quale, allorché un residente di tale Stato membro, azionista di una società stabilita in un altro Stato membro, percepisce da tale società dividendi tassati in entrambi gli Stati membri, non si ponga rimedio alla doppia imposizione, nello Stato di residenza dell’azionista, mediante l’imputazione di un credito d’imposta almeno pari all’importo dell’imposta versata nello Stato membro della fonte di tali dividendi.

 

Sulla sussistenza di una restrizione alle libertà di circolazione

30. Occorre ricordare che da una giurisprudenza costante della Corte deriva che spetta a ciascuno Stato membro organizzare, in osservanza del diritto dell’Unione, il proprio sistema di tassazione degli utili distribuiti e definire, in tale ambito, la base imponibile nonché il tasso d’imposizione che vengono applicati in capo all’azionista beneficiario (sentenza Haribo Lakritzen Hans Riegel e Österreichische Salinen, C‑436/08 e C‑437/08, EU:C:2011:61, punto 167 e giurisprudenza ivi citata).

31. Ne consegue, da un lato, che i dividendi distribuiti da una società stabilita in uno Stato membro a un azionista residente in un altro Stato membro possono subire una doppia imposizione giuridica qualora i due Stati membri decidano di esercitare la propria competenza fiscale e di assoggettare tali dividendi a tassazione in capo all’azionista (sentenza Haribo Lakritzen Hans Riegel e Österreichische Salinen, C‑436/08 e C‑437/08, EU:C:2011:61, punto 168 e giurisprudenza ivi citata).

32. Dall’altro lato, le conseguenze svantaggiose che possono derivare dall’esercizio parallelo da parte di diversi Stati membri della loro competenza fiscale, se e in quanto tale esercizio non sia discriminatorio, non costituiscono restrizioni vietate dal Trattato (sentenza Haribo Lakritzen Hans Riegel e Österreichische Salinen, C‑436/08 e C‑437/08, EU:C:2011:61, punto 169 e giurisprudenza ivi citata).

33. In tale contesto, si deve rilevare che, conformemente alla giurisprudenza della Corte, poiché il diritto dell’Unione, al suo stato attuale, non stabilisce criteri generali per la ripartizione delle competenze tra gli Stati membri per quanto riguarda l’eliminazione della doppia imposizione all’interno dell’Unione europea, la circostanza che tanto lo Stato membro della fonte dei dividendi quanto lo Stato di residenza dell’azionista possano tassare tali dividendi non implica che lo Stato membro di residenza sia tenuto, in forza del diritto dell’Unione, a prevenire gli svantaggi che potrebbero derivare dall’esercizio della competenza così ripartita da parte dei due Stati membri (sentenza Haribo Lakritzen Hans Riegel e Österreichische Salinen, C‑436/08 e C‑437/08, EU:C:2011:61, punto 170 e giurisprudenza ivi citata).

34. Nel caso di specie, si deve constatare che la normativa italiana di cui trattasi non fa alcuna distinzione tra i dividendi distribuiti da una società stabilita in Italia e quelli distribuiti da una società stabilita in Francia. In forza di tale normativa, infatti, nell’ambito del calcolo dell’imposta sul reddito, la base imponibile e il tasso d’imposizione di tali dividendi sono identici per la totalità degli stessi.

35. Sebbene, in siffatte circostanze, i dividendi distribuiti da una società stabilita in Francia siano assoggettati ad un onere tributario più pesante rispetto a quello gravante sui dividendi distribuiti da una società stabilita in Italia, tale svantaggio non è imputabile alla normativa italiana di cui trattasi nel procedimento principale, ma deriva dall’esercizio parallelo, da parte dello Stato membro della fonte di tali dividendi e dello Stato membro di residenza dell’azionista, della loro competenza fiscale.

36. Infatti, com’è stato menzionato al punto 33 della presente ordinanza, lo Stato membro di residenza dell’azionista non è tenuto, in forza del diritto dell’Unione, a compensare uno svantaggio fiscale derivante dall’esercizio parallelo da parte di tale Stato membro e dello Stato membro della fonte dei dividendi della loro competenza fiscale.

37. Da tutte le considerazioni che precedono risulta che occorre rispondere alla questione dichiarando che gli articoli 49 TFUE, 63 TFUE e 65 TFUE devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa di uno Stato membro, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, in forza della quale, allorché un residente di tale Stato membro, azionista di una società stabilita in un altro Stato membro, percepisce da tale società dividendi tassati in entrambi gli Stati membri, non si ponga rimedio alla doppia imposizione, nello Stato membro di residenza dell’azionista, mediante l’imputazione di un credito d’imposta almeno pari all’importo dell’imposta versata nello Stato membro della fonte di tali dividendi.

 

Sulle spese

38. Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

P.Q.M.

 

Dichiara:

Gli articoli 49 TFUE, 63 TFUE e 65 TFUE devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa di uno Stato membro, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, in forza della quale, allorché un residente di tale Stato membro, azionista di una società stabilita in un altro Stato membro, percepisce da tale società dividendi tassati in entrambi gli Stati membri, non si ponga rimedio alla doppia imposizione, nello Stato membro di residenza dell’azionista, mediante l’imputazione di un credito d’imposta almeno pari all’importo dell’imposta versata nello Stato membro della fonte di tali dividendi.