Prassi - MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO - Parere 03 febbraio 2016, n. 27782

Cancellazione SAS dal registro delle imprese - Mancata iscrizione del recesso del socio accomandante da parte del socio accomandatario.

 

Si fa riferimento al messaggio di posta elettronica del 4 novembre scorso con il quale il si espone quanto segue:

"- il 31/12/2013 la società è stata resa inoperativa alla CCIAA e cancellazione INPS;

- il 22/1/2014 il socio accomandante ha comunicato alla società, all’altro socio e alla CCIAA il proprio recesso (purtroppo per svista non è stata riconfermata dal socio accomandatario il recesso dell’accomandante).

Ora la procedura di cancellazione costa almeno 1500 euro perché ci sono sanzioni dovute alla mancata conferma del recesso del socio e costi del commercialista. Non vorremmo pagare tanto, ma anche 1000 euro non sono pochi.

Per contro per la cancellazione d’ufficio vengono chiesti 3 anni di inattività, dove per inattività (dicono) si intende l’assenza di ogni minima comunicazione (compreso il non pagamento del diritto annuale), e sarebbe gratuita. Viene citato il DPR 247/2004. Non bastano quindi i 6 mesi di non ricostituzione del numero minimo dei soci ma anche 3 anni di assenza di ogni comunicazione. Pertanto bisognerebbe non pagare nemmeno il diritto annuale per tre anni solari ... fatto che poi genera cartelle di recupero.

Vorremmo chiedere a qualcuno esperto se nelle diverse normative e risoluzioni si può trovare una soluzione non onerosa per la chiusura pacifica e, magari, veloce senza costi di commercialista e penali per regolarizzare il recesso del socio. In caso il socio può presentare nuova domanda di recesso con contestuale conferma della società per evitare la sanzione?."

Si precisa in primo luogo che le valutazioni e la decisione conclusiva sul caso sopra esposto, spettano esclusivamente al conservatore, responsabile dell’Ufficio del registro delle imprese della competente camera di commercio, a cui la presente è inviata per conoscenza.

La scrivente, tuttavia, ritiene di poter rappresentare quanto segue. Il d.P.R. 23 luglio 2004, n.247 ("Regolamento di semplificazione del procedimento relativo alla cancellazione di imprese e società non più operative dal registro delle imprese") a cui si accenna nella predetta e-mail, - a cui si rimanda per approfondimenti -, prevede l’accertamento da parte dell’ufficio del registro delle imprese delle circostanze la cui sussistenza costituisce presupposto per l’avvio di un procedimento di cancellazione "d’ufficio".

Esse, quindi, non comportano la cancellazione in via automatica, a cura della stessa camera di commercio, dell’impresa "inerte", ma consentono all’ufficio di attivare un procedimento di verifica, in esito al quale, accertati i presupposti previsti dall’ordinamento, il conservatore trasmette gli atti al Presidente del Tribunale il quale può nominare il liquidatore o, qualora non lo ritenga necessario, può trasmettere direttamente gli atti al giudice del registro per l'adozione delle iniziative necessarie a disporre la cancellazione della società.

A norma di legge l’atto iniziale della procedura ex d.P.R. 247/04 è costituito dall’accertamento delle circostanze di cui l’ufficio è venuto a conoscenza direttamente o tramite segnalazione di altro ufficio pubblico.

E’ da escludersi, quindi, che il promotore della verifica dell’accertamento possa essere l’impulso del privato (ad es.: titolare dell’impresa, erede, amministratore), infatti nel caso in cui quest’ultimo comunichi al registro delle imprese l’avverarsi di una delle circostanze indicate dal regolamento come sintomo di inattività, si dovrà attivare il procedimento di cancellazione ai sensi delle disposizioni dettate dal codice civile. La distinzione fra i casi in cui si attiva il procedimento di cui al d.P.R. n. 247/04 ed i casi in cui scatta la normale procedura prevista dal codice civile, assume rilevanza anche in relazione all’obbligo di corrispondere i diritti annuali relativi al periodo di inattività che, nel primo caso è rimesso alla valutazione dell’ufficio, anche se limitatamente ai crediti maturati successivamente alla data di avvio del procedimento di cancellazione d’ufficio, - secondo quanto dispone l’art. 2, comma 6, e, nella fattispecie, l’art. 3, comma 5 del predetto decreto -, mentre nel secondo caso, con riguardo al suddetto obbligo, non sono previste esenzioni, e, pertanto, sono comunque dovuti i diritti non corrisposti riferiti all’intero periodo di inattività.

Per meglio chiarire tale principio si riporta di seguito uno stralcio della circolare n. 3585/C del 14 giugno 2005 che fornisce chiarimenti interpretativi sia in merito all’ambito di applicazione, che riguardo la procedura disciplinata dal regolamento in parola:

"Con la norma in esame si intende consentire la rinuncia alla riscossione solo dei crediti indicati (cioè quelli maturati solo successivamente all’ iniziativa d'ufficio, e non anche quelli maturati dal momento in cui si sono verificate le circostanze giustificative dell'iniziativa d'ufficio). Ciò per evitare ogni effetto elusivo da parte delle imprese individuali e societarie che, in caso contrario,potrebbero decidere di non pagare i diritti dovuti, anche nel corso della loro attività operativa nella speranza che, in seguito alla loro cessazione di fatto, l'ufficio del Registro possa stabilire di non procedere alla riscossione di tutto quanto dovuto."(punto 3.10)

In conclusione va evidenziato che in materia di recesso del socio di società di persone (art. 2285 c.c.) è stata emanata di recente dallo scrivente d’intesa con il Ministero della giustizia, la direttiva n. 2609 del 13 luglio 2015 avente ad oggetto "Decesso, recesso ed esclusione del socio di società di persone", di cui si allega copia, pertanto la situazione prospettata nella predetta e-mail relativamente alla mancata iscrizione nel registro delle imprese della notizia del recesso del socio, sarà valutata dalla camera di commercio alla luce delle indicazioni ivi contenute.