Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 28 gennaio 2016, n. 1608

Rapporto di lavoro - Trasferimento - Insindacabilità - Sussistenza di serie ragioni familiari ostative al trasferimento -Soluzioni organizzative meno gravose per il lavoratore

 

Svolgimento del processo

 

La Corte d’appello di Napoli, con sentenza depositata il 18 gennaio 2012, ha confermato la decisione di primo grado, che aveva respinto la domanda proposta da G.M., inquadrato quale operaio specializzato, nei confronti di E. s.p.a. - Divisione Refining & Marketing, volta alla declaratoria di illegittimità del trasferimento disposto dalla predetta società nei suoi confronti e del successivo licenziamento intimatogli dalla società, per non avere egli ottemperato al trasferimento, omettendo di presentarsi presso la nuova sede di lavoro.

Il G. , a seguito di sentenza con la quale era stata accertata una illecita interposizione di manodopera ed era stata disposta la sua reintegrazione nel posto di lavoro, era stato invitato dalla società datrice a prendere servizio presso lo stabilimento di Livorno - Collesalvetti, sede questa presso la quale il lavoratore, contestando il provvedimento di trasferimento, non si era presentato.

La Corte di merito ha respinto l’eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. proposta dal dipendente, rilevando che il trasferimento era legittimo, essendo sorretto da ragioni tecniche, organizzative e produttive e non avendo la società datrice violato i criteri di buona fede e correttezza; ha altresì escluso che il trasferimento del G. fosse persecutorio o ritorsivo ed avesse quale unica finalità quella di indurre il lavoratore a non prendere servizio in una località lontana dal suo luogo di residenza (provincia di Napoli); ha ritenuto che in caso di trasferimento la società è tenuta a considerare, ove possibile, le richieste del lavoratore in relazione alle condizioni di vita e alle esigenze familiari, se ed in quanto compatibili con le ragioni tecniche ed organizzative, non essendo obbligato il datore di lavoro a doverle soddisfare; ha precisato che il controllo giurisdizionale non può estendersi al merito della scelta operata dall’imprenditore e che quest’ultima non deve necessariamente presentare il carattere della inevitabilità, essendo sufficiente che il trasferimento concreti una delle possibili scelte che il datore di lavoro può adottare sul piano tecnico, organizzativo e produttivo; infine ha ritenuto che il termine di 18 giorni concesso al dipendente per recarsi in Toscana fosse congruo, non avendo il medesimo prospettato alcuna esigenza familiare, e che la mancata corresponsione dell’indennità di trasferimento, prevista dal contratto collettivo, non poteva considerarsi un inadempimento tale da giustificare il rifiuto del dipendente di prendere servizio presso la nuova sede.

Contro questa sentenza ricorre per cassazione il G. sulla base di dieci motivi. L’E. resiste con controricorso.

 

Motivi della decisione

 

1. Con il primo motivo è denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 2103, 1175 e 1375 cod. civ.

Si deduce che la Corte di merito, nel confermare la decisione di primo grado, non ha considerato che la nuova sede di destinazione del lavoratore avrebbe dovuto essere individuata tenendo anche conto delle esigenze familiari del ricorrente e che la sussistenza delle ragioni tecniche, organizzative e produttive doveva essere valutata non solo con riferimento alla sede di provenienza ma anche a quella di destinazione, nel rispetto dei criteri di buona fede e correttezza.

All’epoca del trasferimento, vi erano moltissime sedi più vicine dove potere impiegare il ricorrente, in modo altrettanto proficuo; il trasferimento è stato invece disposto in una sede sita ad oltre 600 chilometri di distanza dal luogo di residenza del lavoratore, non tenendo conto delle condizioni economiche estremamente disagiate in cui il medesimo versava, determinate anche dalla inadempienza della società datrice, la quale, dopo oltre un anno dalla sentenza che gli aveva riconosciuto, oltre alla reintegrazione nel posto di lavoro, il diritto alle retribuzioni medio tempore maturate, non aveva ancora ottemperato alla sentenza; la società non aveva altresì provveduto a versargli l’indennità di trasferimento prevista dall’art. 42 del contratto collettivo di settore.

2. Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ. nonché omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il decisivo.

Si sostiene che la società datrice non solo non ha fornito alcuna prova in ordine alla sussistenza delle ragioni tecniche, organizzative e produttive che hanno giustificato il trasferimento presso la sede di Livorno-Collesalvetti, ma nemmeno ha dedotto e rappresentato quali fossero tali ragioni.

La Corte di merito, nel ritenere che esse fossero state provate, si è limitata a questa sola apodittica affermazione senza spiegare in base a quali elementi era pervenuta a tale convincimento.

3. Con il terzo motivo si sostiene che la Corte di merito, in violazione dell’art. 2909 cod. civ., non ha considerato che una volta ricostituito tra le parti, per via giudiziale, il rapporto di lavoro senza che fosse stata indicata la sede in cui questo avrebbe dovuto trovare attuazione, non poteva la sede di destinazione del lavoratore essere ricercata tra le sole unità produttive rientranti nella Divisione Refining & Marketing, posto che tale divisione costituiva una mera articolazione della struttura organizzativa di E. s.p.a.

4. Con il quarto motivo si deduce che la Corte di merito ha violato gli artt. 2702 e 2707 cod. civ., utilizzando, quale prova della incollocabilità del ricorrente presso l’unità lavorativa di Napoli - Fiumicello, una nota informativa redatta da un funzionario della società datrice, che viceversa non poteva essere considerata quale prova, posto che le scritture private, in base alle disposizioni anzidette, hanno efficacia probatoria contro chi le ha redatte e non a suo favore.

5. Con il quinto motivo si ripropongono le medesime censure con riguardo all’unità di Via (...) - Napoli, in ordine alla quale la Corte di merito, secondo il ricorrente, ha utilizzato, per dimostrare la sua incollocabilità in tale sede, un documento proveniente da un funzionario della società.

6. Con il sesto motivo è censurata la sentenza impugnata per avere ritenuto che il ricorrente non potesse essere destinato ad alcuna sede sita in Campania o comunque a questa vicina, sul presupposto che le unità ivi operanti fossero state vendute, date in comodato o in affitto. Tali cessioni non risultavano iscritte presso il Registro delle Imprese e quindi erano inopponibili ai terzi. Inoltre non risultavano autenticate le sottoscrizioni apposte negli atti di cessione.

7. Con il settimo motivo il ricorrente ripropone le medesime censure già formulate con il quarto e il quinto motivo, questa volta con riferimento all’unità di Via (...) di Napoli, rilevando che anche qui non potevano essere utilizzati dalla Corte di merito documenti redatti da un funzionario della società datrice.

8. Con l’ottavo motivo, denunciando plurime violazioni di disposizioni di legge, il ricorrente evidenzia che, essendo illegittimo il trasferimento per i motivi sopra dedotti, il medesimo non era tenuto ad ottemperarvi. Richiama il ricorrente l’art. 1460 cod. civ. (Eccezione d'inadempimento), secondo cui nei contratti a prestazioni corrispettive ciascuno dei contraenti può rifiutarsi di adempiere la sua obbligazione se l’altro non adempie o non offre di adempiere spontaneamente la propria.

9. Con il nono motivo si deduce che la Corte di merito nulla ha detto circa la congruità del termine di 18 giorni concesso al ricorrente per il trasferimento né ha tenuto conto che la società convenuta all’epoca del trasferimento era ben consapevole del suo nucleo familiare (moglie casalinga e quattro figli minori frequentanti la scuola dell’obbligo) per essere stata rappresentata tale circostanza nel corso del procedimento cautelare di impugnativa del trasferimento.

Inoltre la società era altresì a conoscenza delle precarie condizioni economiche in cui versava il ricorrente in ragione della mancata corresponsione delle retribuzioni a seguito della sentenza a lui favorevole, retribuzioni che solo nel 2010 gli erano state erogate.

10. Con il decimo motivo si afferma che la Corte di merito ha errato nel ritenere, violando l’art. 42 del contratto collettivo di categoria, che l’indennità di trasferimento potesse essere corrisposta anche dopo l’avvenuto trasferimento e che comunque la sua mancata erogazione non poteva giustificare il rifiuto di espletare la prestazione lavorativa presso la nuova sede di destinazione. Tale indennità, in base alla predetta disposizione contrattuale, avrebbe dovuto infatti essere corrisposta "all’atto del trasferimento", a differenza delle spese di viaggio e di trasporto e di quelle dipendenti dall’anticipata risoluzione del contratto di locazione, che erano rimborsabili solo dopo l’avvenuto trasferimento.

11. Il primo, il secondo, il nono e il decimo motivo sono fondati.

Questa Corte ha più volte affermato che il controllo giurisdizionale delle comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive che legittimano il trasferimento del lavoratore subordinato deve essere diretto ad accertare che vi sia corrispondenza tra il provvedimento adottato dal datore di lavoro e le finalità tipiche dell'impresa, e, trovando un preciso limite nel principio di libertà dell'iniziativa economica privata, garantita dall'art. 41 Cost., non può essere dilatato fino a comprendere il merito della scelta operata dall'imprenditore; quest'ultima, inoltre, non deve presentare necessariamente i caratteri dell'inevitabilità, essendo sufficiente che il trasferimento concreti una delle possibili scelte, tutte ragionevoli, che il datore di lavoro può adottare sul piano tecnico, organizzativo e produttivo (Cass. 2 gennaio 2001 n. 27; Cass. 2 agosto 2002 n. 11624; Cass. 29 luglio 2003 n. 11660; Cass. 18 aprile 2005 n. 7930; Cass. 28 aprile 2009 n. 9921; Cass. 2 marzo 2011 n. 5099).

E’ stato altresì affermato che ferma restando l’insindacabilità dell’opportunità del trasferimento, salvo che risulti diversamente disposto dalla contrattazione collettiva, il datore di lavoro, in applicazione dei principi generali di correttezza e buona fede (art. 1375 cod. civ.), qualora possa far fronte a dette ragioni avvalendosi di differenti soluzioni organizzative, per lui paritarie, è tenuto a preferire quella meno gravosa per il dipendente, soprattutto nel caso in cui questi deduca e dimostri la sussistenza di serie ragioni familiari ostative al trasferimento (Cass. 28 luglio 2003 n. 11597).

Dal principio, poi, secondo cui il controllo giurisdizionale delle comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive che legittimano il trasferimento del lavoratore deve essere diretto ad accertare che vi sia corrispondenza tra il provvedimento adottato dal datore di lavoro e le finalità tipiche dell’impresa, discende che tale accertamento non può essere limitato alla situazione esistente nella sede di provenienza, ma deve estendersi anche alla sede di destinazione del lavoratore, restando a carico del datore di lavoro l’onere di provare la sussistenza di dette ragioni (cfr., sull’onere della prova, Cass. 17 maggio 2010 n. 11984; Cass. 11 novembre 1998 n. 11400).

Nella specie la Corte di merito, dopo avere richiamato i principi - sopra indicati - elaborati in materia da questa Corte, ha effettuato detto accertamento con riguardo alle unità produttive site a Napoli e nella Regione Campania, esponendo, con motivazione adeguata, coerente e priva di vizi, le ragioni che impedivano alla società datrice di potere impiegare il ricorrente in dette sedi.

Non altrettanto la Corte territoriale ha fatto con riguardo alla sede di destinazione del ricorrente (L.-Collesalvetti) in ordine alla quale si è limitata ad affermare che l’E. aveva "provato che la destinazione dell 'appellante alla sede di Livorno concretava una scelta ragionevole dal punto di vista organizzativo produttivo e/o dì organizzazione", senza dare assolutamente conto delle ragioni di una siffatta affermazione e senza accertare se vi fosse corrispondenza tra il provvedimento adottato dal datore di lavoro e le finalità tipiche dell’impresa, tenuto conto delle mansioni di operaio specializzato svolte dal G.

Non ha altresì la Corte di merito, in relazione al nono motivo del ricorso, adeguatamente motivato in ordine alla congruità del termine di 18 giorni concessi al ricorrente per trasferirsi nella nuova sede di lavoro (Livorno), ritenendo che tale termine fosse congruo sull’esclusivo rilievo "che il dipendente non aveva prospettato - né prima né dopo la comunicazione del trasferimento - alcuna particolare esigenza familiare", senza considerare la consistenza del nucleo familiare del ricorrente (moglie e quattro figli in età scolastica) ed altresì che all’epoca del trasferimento non gli erano state ancora corrisposte le retribuzioni conseguenti all’esito favorevole del giudizio instaurato nei confronti di E. s.p.a.

Ancora, con riguardo al decimo motivo, la sentenza impugnata presenta lacune motivazionali, laddove ritiene che la mancata corresponsione dell'indennità di trasferimento, prevista dall’art. 42 del contratto collettivo, "non avrebbe potuto giustificare il totale rifiuto di prestare attività lavorativa non integrando un inadempimento tale da legittimare una eccezione di inadempimento di siffatto contenuto", non avendo anche qui la Corte di merito considerato che in base alla clausola contrattuale anzidetto, l’indennità in questione avrebbe dovuto essere corrisposta "all ’atto del trasferimento.

Si impone pertanto in relazione alle censure accolte la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio al giudice indicato in dispositivo per un nuovo esame.

12. Resta assorbito l’ottavo motivo, relativo alla eccezione d’inadempimento, il cui esame è demandato al giudice di rinvio, presupponendo l’avvenuta decisione delle questioni poste con i motivi accolti.

13. Sono inammissibili e/o comunque infondate le censure formulate con il quarto, il quinto, il sesto e il settimo motivo, in quanto concernono, in parte, questioni che la Corte di merito non affronta e che il ricorrente non deduce di avere proposto in sede di gravame e comunque non esplicita in quali termini tutto ciò è avvenuto; in parte censure che si risolvono sostanzialmente in una richiesta di riesaminare e valutare il merito della causa, e cioè in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito, e perciò in una richiesta diretta all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura e alla finalità del giudizio di cassazione.

14. Inammissibile, infine, è il terzo motivo oltre che per la novità della censura, anche per la sua genericità, atteso che il ricorrente non fornisce alcun elemento circa le unità produttive, diverse dalla Divisione Refining & Marketing, in cui il medesimo avrebbe dovuto essere impiegato.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione.