Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 05 gennaio 2016, n. 36

Pubblico impiego - Assunzione dell’Ufficiale Giudiziario indagato - Sospensione - Responsabilità contrattuale ex art. 1218 c.c. - Ritardata assunzione - Risarcimento del danno per il vincitore del concorso

 

Svolgimento del processo

 

La Corte d’appello di Bari, in riforma della sentenza del Tribunale , ha rigettato la domanda di C. F. operatore UNEP collocatasi al 10 posto della graduatoria al concorso indetto il 4/3/1993 per esami a 98 posti di assistente Unep, alla ricostruzione della carriera ex art. 97 TU degli impiegati dello stato n. 3/1957 con equiparazione alla posizione degli altri vincitori in quanto la sua assunzione come assistente era stata sospesa per la pendenza di un procedimento penale dal quale era stata successivamente assolta.

La Corte ha affermato, per quel che qui rileva, che la F. non era stata promossa ad un grado superiore, ma aveva superato un concorso per aiutante giudiziario (ora assistente) disciplinato dall’art. 160 DPR 1229/1959 mentre prima era coadiutore (ora operatore) e dunque la sua posizione era equiparabile a quella di chi viene assunto per la prima volta essendo stata immessa in altro e diverso ruolo.

Ha rilevato, inoltre, che l’art. 97 TU (che disciplina la ricostruzione della carriera in caso di sospensione cautelare per procedimento penale conclusosi con assoluzione) era applicabile solo all’ipotesi di un rapporto già validamente costituito e consolidato e non anche all’omessa o ritardata assunzione e che trattandosi di norma speciale (di deroga al principio di corrispettività del contratto di lavoro), non era applicabile in via analogica.

Ha, infine, rilevato che la F. avrebbe potuto richiedere solo il risarcimento del danno sul presupposto dell’illegittimità del rinvio dell’assunzione, ma un’azione del genere non era stata proposta.

Avverso la sentenza ricorre la F. con 4 motivi ulteriormente illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c. Resiste il Ministero.

 

Motivi della decisione

 

Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione degli artt. 72, 74, 75 e 76 DPR n 1229/1959 (ordinamento ufficiali giudiziari ed aiutanti ufficiali giudiziari).

Rileva che la Corte aveva ritenuto applicabile le norme sulla sospensione cautelare dal servizio e non anche gli ulteriori principi previsti dallo stesso DPR n 1229/1959 disciplinante il concorso per aiutante ufficiale giudiziario al quale aveva partecipato la F. Il concorso ad aiutante giudiziario era disciplinato dall’art. 160 DPR 1229/1959 ovvero da norma che ha recepito i principi generali dettati per tutti gli impiegati statali ed il Ministero, una volta intervenuta l’assoluzione, non aveva alcun potere di ritardare la nomina e di non provvedere alla reintegra ai sensi dell’art. 76 citato.

Con il secondo motivo denuncia vizio di motivazione in ordine alla disciplina applicabile alla procedura concorsuale ed alla conseguente immissione in ruolo. La Corte ha riconosciuto che il concorso per assistente Unep era disciplinato dall’art. 160 del DPR 1229/1959, ma ha escluso che alla dipendente assunta con detta procedura fosse applicabile l’art. 76 del DPR e la restituito in integrami.

Con il terzo motivo denuncia violazione dell’art. 27 Cost e 97 DPR n. 3/1997.

Deduce che in applicazione dell’art. 27 Cost. e 97 DPR n. 3/1957 nonché dei principi di giustizia, equità ed uguaglianza il Ministero, avendo avuto notizia dell’assoluzione della F., avrebbe dovuto disporre la restituito in integrum della lavoratrice al fine di tenerla indenne da ogni pregiudizio ed evitare ogni disparità di trattamento rispetto agli altri ufficiali immessi in ruolo dopo la partecipazione al medesimo concorso.

I motivi, congiuntamente esaminati stante la loro connessione, sono infondati.

La correttezza della decisione impugnata permane anche alla luce della normativa sugli ufficiali giudiziari in quanto tale normativa trova applicazione nei confronti dell’ufficiale giudiziario e dell’aiutante e dunque presuppone l’avvenuta acquisizione di una delle due qualifiche.

Come invece ha osservato la Corte d’appello la posizione del ricorrente era equiparabile a quella del nuovo assunto. La sentenza impugnata ha, infatti, sottolineato che la F., operatore Unep, non era stata promossa ad un grado superiore, ma aveva superato il concorso per aiutante giudiziario disciplinato dagli art. 160 dpr 1229/1959 acquisendo, pertanto, una nuova posizione funzionale con nuove e diverse mansioni e responsabilità così che, dovendo essere immessa in altro e diverso ruolo/la sua situazione era equiparabile a quella di chi viene assunto per la prima volta con la conseguenza che non poteva essergli riconosciuto alcun diritto alla ricostruzione della carriera e al pagamento delle differenze retributive che presuppongono una carriera già in essere, un rapporto già validamente costituito temporaneamente interrotto per un procedimento penale successivamente conclusosi con esclusione della colpevolezza dell’impiegato.

Secondo la ricorrente la sospensione sarebbe stata effettuata in base all’art. 72, dell’ordinamento degli ufficiali giudiziari, norma che il Ministero avrebbe applicato in via analogica , con la conseguenza che avrebbero dovuto trovare applicazione anche le altre norme dell’ordinamento dell’ufficiale giudiziario, ivi comprese quelle che prevedono la restituito in integrum.

Anche tali affermazioni non valgono ad accogliere la domanda della ricorrente. Tale tesi, infatti, da un lato non trova riscontro in quanto, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso in cassazione (cfr tra le tante da ultimo Cass. 1926/2015), non è neppure riprodotto il contenuto del provvedimento di sospensione ed eventualmente le norme richiamate. Dall’altro lato la norma citata è inapplicabile in quanto presuppone un rapporto di impiego regolarmente costituito e nella specie manca la nomina ad aiutante ufficiale giudiziario e, infine, la ricorrente nulla ha osservato con riferimento alle norme di reclutamento del personale che nel settore della giustizia ordinaria e amministrativa richiede il possesso delle qualità morali e di condotta stabilite per l’ammissione ai concorsi della magistratura ordinaria (cfr art. 35, comma 6, dlgs n. 165/2001, già art. 36, comma 6, dlgs n. 29/1993) con la conseguenza che, come osservato dal Ministero, ben avrebbe potuto costituire circostanza rilevante in vista dell’assunzione nel nuovo ruolo di assistente .

Deve, infine, rilevarsi che la Corte d’appello ha correttamente osservato che la F. avrebbe potuto richiedere solo il risarcimento del danno sul presupposto dell’illegittimità del rinvio dell’assunzione ma un’azione del genere non era stata proposta.

La motivazione della Corte sul punto è ,a riguardo, conforme a quanto affermato da questa Corte secondo cui (cfr Ord. 9807/2012, sent. n. 22835/2014, n. 1309/2009) "In tema di concorsi nel pubblico impiego privatizzato, l'approvazione della graduatoria è, ad un tempo, provvedimento terminale del procedimento concorsuale e atto negoziale di individuazione del contraente, da essa discendendo, per il partecipante collocatosi in posizione utile, il diritto all'assunzione e, per l'amministrazione che ha indetto il concorso, l'obbligo correlato, quest'ultimo soggetto al regime di cui all'art. 1218 cod. civ.; sicché, in caso di ritardata assunzione, spetta al vincitore del concorso il risarcimento del danno, salvo che l'ente pubblico dimostri che il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione, derivante da causa ad esso non imputabile."

Nella specie , oltre alla mancanza di una azione risarcitoria ai sensi dell’art. 1218 cc, come evidenziato dalla Corte d’appello, il provvedimento di sospensione della nomina alla nuova figura di aiutante ufficiale giudiziario (ora assistente) a seguito dell’accertata esistenza di un procedimento penale, non ha neppure formato oggetto di rilievi da parte della ricorrente e la sua legittimità non è qui in discussione.

Dall’altro lato la pendenza del procedimento penale esclude qualsiasi arbitrarietà del ritardo della nomina della F.

Non sussiste, infine, con riferimento al terzo motivo, nessuna violazione delle norme citate atteso che la "restituito in integrum" può trovare applicazione solo nei casi previsti dalla legge e, comunque, nella specie mancano i presupposti per il ricorso all’interpretazione analogica quali la mancanza di una norma specifica e la presenza di elementi di identità tra le fattispecie da regolare (cfr. Cass. 8278/2014 sull’interpretazione analogica proprio con riferimento all’art. 97 citato).

Con il quarto motivo la ricorrente eccepisce l’illegittimità costituzionale dell’art. 72 e 76 del DPR n. 1229/1959 e degli artt. 91 e 97 DPR n. 3/1957 in relazione agli artt 3 e 97 Cost. nella parte in cui non prevedono l’estensione anche ai vincitori di concorso in attesa di assunzione degli istituti della sospensione cautelare dal servizio e della restitutio ad integrum negli stessi casi e condizioni previsti per i dipendenti già in servizio.

Non sussiste alcuna violazione delle norme citate risultando evidente la diversità della posizione di coloro che sono titolari di un rapporto di impiego già in atto temporaneamente interrotto per motivi successivamente venuti meno per effetto della sentenza penale che ha escluso ogni loro responsabilità, rispetto a coloro la cui assunzione è stata legittimamente differita, diversità che giustificano il diverso trattamento.

Per le considerazioni che precedono il ricorso deve essere rigettato con condanna della ricorrente a pagare le spese del presente giudizio.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare le spese processuali liquidate in € 100,00 per esborsi ed € 3.500,00 per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito.