Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 09 dicembre 2015, n. 24833

Lavoro - Assunzione a tempo pieno ed indeterminato - Richiesta di avviamento a selezione ex art. 16, L. 56/87 - Prova di idoneità

 

Svolgimento del processo

 

Con sentenza in data 13-12-2011 il Giudice del lavoro del Tribunale di Campobasso, accoglieva soltanto in parte il ricorso proposto da M.B. nei confronti di M.A. - A.S.R., rimasta contumace, per sentir dichiarare la illegittimità ed inefficacia del provvedimento con il quale l’azienda aveva revocato, asserendo essere in corso procedure di riformulazione della pianta organica, la richiesta di avviamento a selezione ex art. 16 l. 56/87 finalizzata all’assunzione a tempo pieno ed indeterminato di due informatici, cat. Bl, a cui esso ricorrente aveva partecipato risultando secondo in graduatoria.

In particolare il giudice respingeva la suddetta domanda principale e, per l’effetto, quella di costituzione del rapporto di lavoro sin dalla data di approvazione della graduatoria con il riconoscimento delle spettanze economiche con pari decorrenza, ritenendo che non fosse mai venuto ad esistenza un diritto all’assunzione, pur giudicando illegittima la revoca della procedura avvenuta successivamente alla pubblicazione della graduatoria, e ciò perché in ogni caso residuava, a quel momento, in capo all’azienda, un potere di valutazione della idoneità al lavoro del concorrente.

Il primo giudice, invece, riteneva che il B. avesse diritto al risarcimento del danno da perdita di chance, quantificato equitativamente in euro 9.000,00, in quanto certamente posto in condizioni, per effetto della selezione e della posizione in graduatoria, di essere giudicato idoneo ed avviato al lavoro.

Il B. proponeva appello avverso la detta sentenza chiedendone la riforma con l’accoglimento integrale della domanda introduttiva.

La M.A. si costituiva, con memoria risultata non notificata alla controparte, resistendo e proponendo appello incidentale, invocando la riforma relativamente alla statuizione risarcitoria.

La Corte d’Appello di Campobasso, con sentenza depositata il 30-1-2014 (notificata il 14-2-2014), rigettava l’appello principale e dichiarava improcedibile l’appello incidentale, compensando le spese del grado.

In sintesi la Corte territoriale rilevava che, pur riconoscendosi la illegittimità della revoca della procedura, da tanto non poteva discendere la affermazione del diritto di coloro che erano stati utilmente collocati in graduatoria, semplicemente perché la procedura di avviamento al lavoro de qua non era stata completata con la verifica di idoneità secondo l’ordine della graduatoria ed, a fronte dell’atto di revoca insindacabile nel merito, l’interessato avrebbe potuto e dovuto formulare un’istanza di riapertura della procedura, della quale non vi è traccia nel caso in esame. Peraltro, nella specie, veniva in evidenza la questione delle chances frustrate del concorrente già utilmente collocato in graduatoria e della relativa risarcibilità, rilevata ed apprezzata dal primo giudice con congrua motivazione.

Per la cassazione di tale sentenza il B. ha proposto ricorso con tre motivi.

La M.A. ha depositato controricorso non notificato.

Il B. ha altresì depositato memoria ex art. 378 c.p.c.

 

Motivi della decisione

 

Preliminarmente, considerato che nel caso in esame il controricorso depositato (con la relativa procura a margine) non risulta notificato e che la M.A. Azienda Speciale Regionale ha altresì depositato "procura speciale" del 9-10-2015 "per la discussione in giudizio" autenticata dal difensore avv. S.M., osserva il Collegio che tali atti non possono ritenersi validi.

Come è stato ripetutamente affermato da questa Corte, "nel giudizio di cassazione, il controricorso deve essere notificato alla controparte ai sensi dell'art. 370 cod. proc. civ., non potendosi considerare sufficiente il mero deposito presso la Corte perché l'atto possa svolgere la sua funzione di strumento di attivazione del contraddittorio rispetto alla parte ricorrente; ne consegue che, in mancanza di notificazione, poiché l'atto depositato non è qualificabile come controricorso, all'intimato non è consentito il deposito di memorie ex art. 378 cod. proc. civ. ed è preclusa la partecipazione alla discussione orale del ricorso" (v. Cass. 5-12-2014 n. 25735, Cass. 28-7-2010 n. 17688, Cass. 9-9-2008 n. 22928, Cass. 8-10-2007 n. 21055, Cass. 28-1-2005 n. 1737). A tal fine, quindi, la procura speciale se non rilasciata negli atti indicati nell’art. 83 terzo comma c.p.c. è necessario che sia conferita nella forma prevista dal secondo comma dello stesso articolo, e cioè con atto pubblico o con scrittura privata autenticata, facenti riferimento agli elementi essenziali del giudizio, quali l’indicazione delle parti e della sentenza impugnata (v. fra le altre Cass. 9-4-2009 n. 8708, Cass. 20-8-2009 n. 18528).

Orbene nella specie non essendovi un controricorso qualificabile come tale, non può ritenersi valida la procura a margine dello stesso.

Peraltro, non può riconoscersi validità alla "procura speciale" autenticata dal difensore, da ultimo depositata, neppure in ragione del nuovo testo dell’art. 83, terzo comma citato (pur applicabile nella specie essendo stato instaurato il giudizio in primo grado dopo la data di entrata in vigore dell’art. 45 della l. n. 69 del 2009), giacché la detta mera procura non risulta "apposta in calce o a margine" di una "memoria di nomina di nuovo difensore, in aggiunta o in sostituzione del difensore originariamente designato".

Stante, quindi la invalidità del controricorso e di entrambe le citate procure, deve ritenersi preclusa all’intimata anche la partecipazione alla discussione orale.

Tanto premesso, con il primo motivo il ricorrente, denunciando violazione dell’art. 16 della legge n. 56/1987, e dell’art. 27 comma 3 del d.P.R. 9-5-1994, nullità della sentenza e vizio di motivazione, in sostanza ribadisce che la normativa citata "qualifica la posizione delle amministrazioni e delle aziende come un preciso obbligo di sottoporre i lavoratori avviati alla prova di idoneità, secondo l’ordine di graduatoria", per cui "simmetricamente la posizione soggettiva dei lavoratori collocati utilmente in graduatoria ed avviati a selezione dall’ufficio di collocamento si qualifica come diritto soggettivo di essere sottoposti alla prova di idoneità e non come semplice facoltà derivante dal non divieto di sottoporre l’avviato a prova di mestiere".

Secondo il ricorrente, quindi, erroneamente la Corte di merito, pur riconoscendo la illegittimità della revoca e la natura di "atto dovuto ed indefettibile" della prova di idoneità (atto conclusivo della selezione), "tuttavia ne ha desunto la non titolarità del B. di un vero e proprio diritto all’assunzione", affermando, peraltro, altrettanto erroneamente, che "l’interessato avrebbe potuto e dovuto formulare un’istanza di riapertura della procedura di selezione prima di poter affermare di aver maturato un diritto soggettivo all’assunzione e chiederne il riconoscimento giudiziale".

Con il secondo motivo, denunciando violazione della medesima normativa, nullità della sentenza e vizio di motivazione, il ricorrente evidenzia che sin dal ricorso di primo grado egli, richiamando un caso analogo sanzionato dal Consiglio di Stato con sentenza n. 5271 del 2001, in sostanza aveva lamentato il mancato completamento della procedura, chiedendo anche, nelle note autorizzate depositate l’1-12-2011, la condanna della Azienda Speciale "a riprendere il procedimento per l’assunzione" (richiesta ribadita in appello).

Entrambi i detti motivi, connessi fra loro, non meritano accoglimento.

L’art. 16 della legge n. 56 del 1987 prevede che: "Le amministrazioni dello Stato anche ad ordinamento autonomo, gli enti pubblici non economici a carattere nazionale e quelli che svolgono attività in una o più regioni, le province, i comuni e le unità sanitarie locali effettuano le assunzioni dei lavoratori da inquadrare nei livelli retributivo-funzionali per i quali non è richiesto il titolo di studio superiore a quello della scuola dell'obbligo, sulla base di selezioni effettuate tra gli iscritti nelle liste di collocamento ed in quelle di mobilità che abbiano la professionalità eventualmente richiesta e i requisiti previsti per l'accesso al pubblico impiego. Essi sono avviati numericamente alla selezione secondo l'ordine delle graduatorie risultante dalle liste delle circoscrizioni territorialmente competenti.

L’art. 27 del d.P.R. n. 487/1994, poi, stabilisce che: "1. Le amministrazioni e gli enti, entro dieci giorni dalla ricezione delle comunicazioni di avviamento, ovvero la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, entro dieci giorni dalla pubblicazione delle graduatorie integrali, debbono convocare i candidati per sottoporli alle prove di idoneità, rispettivamente secondo l'ordine di avviamento e di graduatoria integrata, indicando giorno e luogo di svolgimento delle stesse. 2. La selezione consiste nello svolgimento di prove pratiche attitudinali ovvero in sperimentazioni lavorative i cui contenuti sono determinati con riferimento a quelli previsti nelle declaratorie e nei mansionari di qualifica, categoria e profilo professionale dei comparti di appartenenza od eventualmente anche delle singole amministrazioni e comunque con riferimento ai contenuti ed alle modalità stabilite per le prove di idoneità relative al conseguimento degli attestati di professionalità della regione nel cui ambito ricade l'amministrazione che deve procedere alla selezione, alla stregua degli articoli 14 e 18 della legge 21 dicembre 1978, n. 845. 3. La selezione deve tendere ad accertare esclusivamente l'idoneità del lavoratore a svolgere le relative mansioni e non comporta valutazione comparativa. 4..."

Come è stato chiarito da questa Corte, l'assunzione de qua, "mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento tenute dagli uffici circoscrizionali del lavoro, deve avvenire senza alcuna valutazione comparativa tra i candidati" e tale divieto "riguarda esclusivamente i criteri di valutazione da adottare in sede di convocazione degli avviati, in numero doppio rispetto ai posti e secondo il rigoroso ordine di graduatoria, ma non vieta la contemporanea sottoposizione a prova di tutti i lavoratori avviati a selezione, sia pure da effettuare secondo l'ordine della graduatoria delle liste di collocamento." (v. Cass. 1-10-2010 n. 20545). Peraltro è stato anche affermato che la legge non attribuisce all'amministrazione una potestà discrezionale nell’accertamento dei relativi presupposti (cfr. Cass. 7-3-2012 n. 3549) e che il diritto alla costituzione del rapporto può sì configurarsi ma soltanto "all’esito della procedura selettiva", che si conclude con la prova di idoneità, all’esito della quale, peraltro, comunque "la costituzione del rapporto di lavoro, pur obbligatoria, non è automatica, richiedendo necessariamente l'intervento della volontà delle parti ai fini della concreta specificazione del suo contenuto in ordine ad elementi essenziali" (come la retribuzione, le mansioni e la qualifica), in mancanza dei quali elementi il lavoratore ha soltanto il diritto al risarcimento del danno (cfr. Cass. 3-3-2014 n. 4915).

Orbene nel caso in esame la Corte di merito, premesso che "il lavoratore avviato e utilmente collocato in graduatoria non è ancora titolare di un vero e proprio diritto soggettivo all’assunzione, sia pure se la sua posizione si collochi, come nella fattispecie, nei limiti della chiamata numerica (2 informatici)", ha rilevato che nel caso in esame è risultato pacifico in atti che l’amministrazione appellata non ha mai provveduto alla verifica di idoneità secondo l’ordine della graduatoria, avendo invece provveduto alla revoca della richiesta di avviamento.

La Corte territoriale, quindi, al pari del primo giudice, pur riconoscendo la illegittimità di tale revoca, ha ritenuto che da tale illegittimità "non può farsene discendere automaticamente l’affermazione del diritto di coloro che sono stati utilmente collocati in graduatoria perché, assai semplicemente, la procedura di avviamento al lavoro non era stata validamente completata".

Tale rilievo, conforme ai principi sopra richiamati, è di per sé idoneo a sostenere la sentenza qui impugnata che legittimamente ha ritenuto "corretta la conclusione raggiunta dal primo giudice stando alla quale, superata ed assorbita ogni altra questione e/o domanda presupponente il diritto all’assunzione come dal B. invocato in via principale nella presente controversia viene in evidenza la sola questione delle chances frustrate di un concorrente già utilmente collocato in graduatoria e della relativa risarcibilità".

Peraltro, come si evince chiaramente dalla lettura delle conclusioni del ricorso di primo grado del B. (riportate nel ricorso per cassazione a pag.6/7) la domanda risarcitoria per perdita di chances era l’unica richiesta introduttiva subordinata che non presupponeva la sussistenza del diritto dell’attore all’assunzione de qua, mentre nelle dette conclusioni non era presente alcuna "richiesta di riapertura e conclusione del procedimento", di guisa che infondato risulta l’assunto del ricorrente, secondo cui la detta richiesta sarebbe stata soltanto "ribadita" successivamente.

Il primo e il secondo motivo vanno pertanto respinti.

Con il terzo motivo, denunciando violazione degli artt. 2043, 2059, 1176, 1226, 1227, 1223 c.c., e nullità della sentenza per insufficienza e illogicità della motivazione, il ricorrente censura l’impugnata sentenza nella parte in cui "ha apprezzato come congruamente motivato il risarcimento dei danni per perdita di chance, come limitato dal primo giudice al solo danno patrimoniale, correlato all’ammontare della retribuzione mensile di sei mesi".

In particolare il ricorrente lamenta che la limitazione operata dal primo giudice (e confermata in appello), motivata poiché "il ricorrente avrebbe dovuto attivarsi nelle more a cercare altra occupazione", presupponeva infondatamente e senza prova alcuna che il ricorrente non si fosse attivato, laddove invece egli si era reiscritto nelle liste di collocamento e, dopo due anni, di forsennata ricerca era riuscito a trovare, sempre a seguito di avviamento a selezione, una occupazione con contratto a progetto di 24 mesi presso la Regione Molise.

Peraltro il ricorrente rileva che nelle aree geografiche come quella in oggetto e nel particolare periodo di recessione la ricerca di un’altra occupazione, "secondo dati statistici a carattere scientifico", impegna l’aspirante lavoratore in un lasso di tempo pari a non meno di 17 mesi (impegno che in concreto si è protratto in 24 mesi).

Il ricorrente conclude quindi per l’applicazione del parametro delle retribuzioni infratemporali che l’avviato avrebbe percepito dalla data dell’avviamento alla data della assunzione e per il riconoscimento altresì del danno non patrimoniale.

Premesso che sul punto la Corte d’Appello ha rilevato la mancanza di "specifiche censure da parte appellante" e "in ogni caso" ha ritenuto "congruamente motivata" la determinazione del risarcimento dell’intero pregiudizio economicamente valutabile operata dal primo giudice, osserva il Collegio che il motivo in esame risulta inammissibile sotto vari profili.

Innanzitutto, a ben vedere, si tratta di censure rivolte direttamente contro la sentenza di primo grado e non contro la sentenza di appello (sulla inammissibilità di siffatte censure v. Cass. 15-3/2006 n. 5637, Cass. 21-3-2014 n. 6733).

Le censure stesse, poi, in sostanza, si risolvono in asseriti vizi di insufficienza della motivazione, non sussumibili nella nuova formulazione dell’art. 360 comma primo n. 5 c.p.c., applicabile nella fattispecie (v. Cass. S.U. 7-4-2014 n. 8053) e, del resto, neppure risultano autosufficienti, giacché il ricorrente non indica se, in quale atto ed in quali termini abbia dedotto davanti ai giudici di appello le circostanze relative alla nuova occupazione trovata soltanto dopo due anni e al dato statistico richiamato (peraltro genericamente).

Il ricorso va pertanto respinto.

Infine non deve provvedersi sulle spese stante la mancanza di una valida attività difensiva da parte dell’intimata.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso, nulla per le spese. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis, dello stesso articolo 13.