Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 09 dicembre 2015, n. 24837

Inps - Contribuzione previdenziale - Fondo di integrazione delle pensioni della assicurazione obbligatoria invalidità e superstiti - Contributo di solidarietà

 

Svolgimento del processo

 

1. La Corte d'Appello di Ancona, con la sentenza n. 80 del 2009, depositata il 23 aprile 2009, decidendo sull'appello proposto da C.O. nei confronti dell'INPS, avverso la sentenza del Tribunale Ancona n. 426 del 2008, riformava la suddetta sentenza del Tribunale di Ancona, compensando le spese del giudizio di primo grado, e rigettando nel resto.

2. Il C. aveva premesso di essere, dall'11 giugno 1965, dipendente della allora Cassa di risparmio di Ancona, oggi Unicredit Banca spa, già Cariverona, e di avere sottoscritto all'epoca il Regolamento del Fondo di integrazione delle pensioni della assicurazione obbligatoria invalidità e superstiti gestita dall'INPS. Il patrimonio del Fondo era formato in parte da contributi posti a carico della Banca in misura proporzionale all'importo delle retribuzioni di ciascun dipendente (sottoconto A), e da contributi posti a carico dei dipendenti (sottoconto B).

L'INPS con verbale ispettivo del 29 gennaio 1990 accertava un obbligo contributivo con riguardo al contributo a carico dell'azienda, per il periodo 1° maggio 1976 - 30 settembre 1989, da doversi versare entro 30 giorni dal medesimo verbale.

In ragione della legge n. 166 del 1991 che escludeva la contribuzione previdenziale per le somme destinate a finanziare la previdenza privata fino al 15 giugno 1991 e istituiva un contributo di solidarietà del 10 per cento, l'INPS annullava il verbale in data 7 ottobre 1993.

La Corte costituzionale con la sentenza 421 del 1995 dichiarava l'illegittimità costituzionale dell'art. 9-bis della legge 166 del 1991 nella parte in cui escludeva la contribuzione previdenziale sulle somme corrisposte a titolo finanziamento di fondi per il periodo anteriore al 15 giugno 1991.

L'INPS quindi ripristinava il verbale in data 9 novembre 1995 con espressa richiesta di interrompere i termini di prescrizione. Successivamente, con la legge n. 662 del 1996 art. 1, commi 193-194 si esoneravano di nuovo dalla contribuzione previdenziale le somme erogate per il finanziamento della previdenza integrativa, introducendo un più elevato contributo di solidarietà del 15 per cento che retroattivamente risultava operante per il periodo dal 1 settembre 1985 al 31 maggio 1991. L'INPS in data 14 aprile 1997 rinunciava alla pretesa creditoria anche per il periodo anteriore al 10 settembre 1985.

Il C., quindi, aveva adito il Tribunale perché fosse accertata la violazione da parte dell'INPS del proprio diritto alla regolare e corretta posizione contributiva, ciò in ragione dei contributi maturati dal 1° maggio 1976 al 1° settembre 1985 dall'Istituto, con conseguente richiesta di risarcimento del danno patrimoniale e del danno esistenziale e non patrimoniale.

3. Per la cassazione della sentenza resa in grado di appello ricorre il C. con due motivi di ricorso.

4. Resiste con controricorso l'INPS.

 

Motivi della decisione

 

1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione dell'art. 1, comma 193 e 194, della legge n. 662 del 1996. Il ricorrente censura l'interpretazione che la Corte d'Appello offre delle suddette disposizioni la legge 662 del 1996 art. 1, commi 193-194, poiché dal comma 193 si rileva che i versamenti contributivi sulle predette contribuzioni e somme restano salvi e conservano la loro efficacia se effettuati anteriormente alla data di entrata in vigore della medesima legge. Il successivo comma 194 stabilisce quindi per i datori di lavoro inadempienti il versamento del contributo di solidarietà nella misura del 15%. Dal combinato disposto delle due norme, quindi, l'esonero dalla contribuzione ordinaria riguarderebbe solo il caso dei datori di lavoro inadempienti, cioè che risultano aver evaso o omesso la contribuzione ordinaria prevista dalla disciplina previgente. Nel caso di specie espone il ricorrente le somme relative ai contributi ordinari erano già state quantificate essendo state oggetto di accertamento del 29 gennaio 1990.

2. Con il secondo motivo di ricorso è dedotto il vizio di omessa ed insufficiente motivazione circa un fatto decisivo della controversia.

Il ricorrente ribadisce che la disciplina in esame riguarda l'omissione o evasione del versamento dei contributi ordinari e non, come nel caso di specie, situazioni in cui l'accertamento effettuato, la quantificazione della contribuzione non versata e la conseguente ingiunzione non facevano risultare il datore di lavoro meramente inadempiente.

Tale aspetto sarebbe stato trascurato dalla Corte d'Appello che, quindi, applicava le disposizioni sopra richiamate anche al caso in esame.

3. I suddetti motivi devono essere trattati congiuntamente in ragione della loro connessione. Gli stessi non sono fondati e devono essere rigettati in ragione dei principi già enunciati da questa Corte in materia.

3.1. Occorre premettere che, in ragione dell'inosservanza dell'obbligo, previsto dall'art. 12 della legge 12 aprile 1969, n. 153, di includere nella retribuzione imponibile ai fini previdenziali anche i contributi versati dai datori di lavoro per trattamenti di previdenza integrativa, istituiti da contratti collettivi anche aziendali o da regolamenti, il legislatore adottava l'art. 9-bis del decreto-legge n. 103 del 1991, come introdotto, in sede di conversione, dalla legge n. 166 del 1991.

Detta disposizione, definita di interpretazione autentica, prevedeva: che l'art. 12 citato doveva essere interpretato nel senso della esclusione dalla base imponibile dei contributi di previdenza e assistenza sociale delle contribuzioni e somme versate o accantonate per il finanziamento dei trattamenti integrativi previdenziali o assistenziali;

che restavano salvi i versamenti effettuati anteriormente all'entrata in vigore della legge; che dal primo periodo di paga successivo all'entrata in vigore della nuova normativa, per le contribuzioni o le somme destinate al finanziamento dei trattamenti integrativi era dovuto, ad esclusivo carico dei datori di lavoro, un contributo di solidarietà del dieci per cento in favore delle gestioni pensionistiche di legge cui erano iscritti i lavoratori.

Veniva, quindi, sollevata questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 3, primo comma, Cost., del citato art. 9-bis, comma 1, secondo periodo, del d.l. n. 103 del 1991, nella parte in cui disponeva che per i contributi versati anteriormente all'entrata in vigore di tale norma valesse il principio della soluti retentio in favore delle gestioni degli istituti ed enti previdenziali esercenti la previdenza e l'assistenza obbligatorie.

La Corte costituzionale, con ordinanza di autoremissione, dispose la trattazione dinanzi a sé della questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 38 e 81 Cost., della norma (tertium comparationis nella prospettazione del giudice a quo) di cui al primo periodo del citato art. 9-bis, comma 1, nella parte in cui esonerava dal pagamento dei contributi di previdenza e assistenza sociale dovuti fino all'entrata in vigore della legge di conversione, sulle contribuzioni o somme versate o accantonate a finanziamento di casse, fondi, gestioni o forme assicurative previsti da contratti collettivi o da accordi o regolamenti aziendali, i datori di lavoro che alla data suddetta non avessero ancora provveduto al pagamento o avessero adempiuto posteriormente.

Con la sentenza n. 421 del 1995, la Corte costituzionale accolse quest'ultima questione e nel motivare la statuizione di accoglimento, individuò i principi costituzionali cui il legislatore avrebbe dovuto uniformarsi nel disciplinare la materia.

Con tale pronuncia la Corte, infine, ha affermato che, per rendere la normativa esaminata conforme alla Costituzione, sarebbe stata necessaria l'istituzione anche per il passato di una "contropartita" analoga al contributo di solidarietà, idonea a dare ragione dell'esonero dalla contribuzione in favore della previdenza obbligatoria.

In ottemperanza alla suindicata decisione, i commi 193 e 194 dell'art. 1 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, hanno nuovamente disciplinato la materia.

Con la prima delle suddette disposizioni é stato riprodotto, privandolo della definizione di interpretazione autentica, il comma 1 dell'art. 9-bis del d.l. n. 103 del 1991; con la seconda é stato istituito per il passato il richiesto contributo di solidarietà.

3.2. Tanto premesso, come si è accennato, la questione in esame ha già costituito oggetto di esame da parte del giudice di legittimità, che ha affermato (Cass. n. 995 del 1999) con riguardo al pagamento dei contributi previdenziali sulle somme versate dal datore di lavoro al fondo previdenziale, che «tale obbligo di versamento è stato espressamente escluso non solo dall'art. 9-bis della legge n.166/91, che ha costituito il referente normativa di entrambi i giudici di merito, ma anche, con altrettanta chiarezza, dai due richiamati commi (193 e 194) della legge n.662 del 1996 e, segnatamente, dal comma 193».

Ed infatti, il comma 193 ha confermato il principio, contenuto nell'art. 9-bis, concernente l'esclusione dal regime della contribuzione previdenziale delle somme corrisposte dalle imprese per il finanziamento di casse, fondi, gestioni o forme assicurative regolate da contratti o accordi collettivi o da regolamenti aziendali;

confermava, altresì, la salvezza dei versamenti contributivi già effettuati prima dell'entrata in vigore della legge del 1991.

Il comma 194 ha previsto, invece, che, limitatamente al periodo contributivo dal 1° settembre 1985 al 1° giugno 1991 e in deroga al generale regime prescrizionale della contribuzione previdenziale, i datori di lavoro che non abbiano versato i contributi di previdenza e assistenza sociale sulle somme in questione, sono tenuti al pagamento, anche rateale, dei contributi previdenziali sulle medesime somme nella misura del 15%, da devolversi alle gestioni pensionistiche di iscrizione del lavoratore.

Né può ravvisarsi, come già affermato nella citata sentenza di legittimità, una sorta di fungibilità tra i contributi destinati al predetto fondo e quelli, qualificati dallo stesso legislatore "di solidarietà", da devolversi alle gestioni assicurative di iscrizione del lavoratore, privi di qualsiasi riflesso sulla posizione pensionistica individuale.

Trattasi di entità con funzione e natura diversa, alimentate da contributi commisurati a percentuali diverse, non suscettibili di essere ricondotti gli uni agli altri.

3.3. Si può, inoltre ricordare come, nella sentenza della Corte costituzionale n. 121 del 2002, che ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art 1, comma 194, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 sollevata, in riferimento all'art. 3 Cost., nel ripercorre le vicende dei giudizi di legittimità costituzionale che hanno interessato i commi 193 e 194, si ricorda che «Sollevate da numerosi giudici di merito questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, commi 193 e 194, della legge n. 662 del 1996, tra le quali quella riproposta nel presente giudizio, la Corte, con la sentenza n. 178 del 2000, mentre ha dichiarato l'inammissibilità di quest'ultima per carenza di motivazione sulla rilevanza, ha dichiarato l'infondatezza delle altre attinenti alla disparità di trattamento tra datori di lavoro che avevano adempiuto all'obbligo della contribuzione e datori inadempienti, nonché tra datori che avevano istituito trattamenti di previdenza integrativa e datori che non lo avevano fatto, ed alla eccessività della misura del quindici per cento determinata per il passato rispetto a quella del dieci per cento stabilita per il contributo di solidarietà a regime, ormai svincolato da ogni riferimento all'art. 12 della legge n. 153 del 1969 ed alla composizione della retribuzione imponibile.

(...) numerosi elementi - quali lo stretto collegamento con le specifiche particolarità del caso; la delimitazione temporale del periodo contributivo di riferimento; la necessità di disciplinare ex novo in generale, per tale periodo, l'obbligazione contributiva dei datori di lavoro esonerati dalla contribuzione (senza alcuna "contropartita"), in forza dell'art. 9-bis, comma 1, prima parte, del decreto legge n. 103 del 1991, norma dichiarata illegittima (...) con sentenza n. 421 del 1995 - danno, poi, nel loro complesso, piena ragione dell'efficacia retroattiva e della funzione di sanatoria assolta dalla norme denunciate, così da doversi escludere, anche sotto tali profili, la violazione dell'art. 3 Cost.».

3.4. Correttamente e con congrua motivazione, in ragione dei principi sopra richiamati, quindi, la Corte d'Appello ha statuito che l'INPS, che pure aveva accertato un credito contributivo nei confronti della Banca con verbale ispettivo del 29 gennaio 1990, aveva poi preteso unicamente il contributo di solidarietà, in ragione della normativa entrata in vigore.

4. Il ricorso deve esser rigettato.

5. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che liquida in euro cento per esborsi, euro tremila per compensi professionali, oltre accessori.