Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 09 dicembre 2015, n. 24908

Assegno di invalidità - Domanda - Controversia - Spese giudiziali civili - Compensazione

 

Fatto e diritto

 

La Corte di appello di Messina, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Patti, su concorde richiesta delle parti, ha dichiarato cessata la materia del contendere nella controversia avente ad oggetto la domanda di assegno di invalidità formulata da S.P.G. ed accolta dal giudice di primo grado, stante l’avvenuto riconoscimento della prestazione in via definitiva da parte dell’Istituto appellante.

La Corte territoriale ha poi compensato tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio.

Di tale ultima statuizione si duole il PG che articola due motivi con i quali denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1 commi 7 e 8 della legge n. 222 del 1984 in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.; la violazione dell’art. 132 c.p.c. n. 4; il vizio di omessa insufficiente e contraddittoria motivazione e la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. e 118 disp. Att. C.p.c. oltre che ancora una volta l’omessa e/o insufficiente motivazione.

Il ricorso è manifestamente infondato.

Premesso che il giudizio è stato iniziato prima dell’entrata in vigore dell’art. 39 quater del decreto legge 28.12.2005 n. 263 convertito in legge 23.2.2006 n. 51 il regime delle spese applicabile è quello dettato dall’allora vigente art. 92 c.p.c. che così recitava "se vi è soccombenza reciproca o concorrono altri giusti motivi, il giudice può compensare parzialmente o per intero le spese tra le parti".

Ciò posto va poi rammentato che la cessazione della materia del contendere che sopravvenga nel corso del processo di impugnazione non esime il giudice dal provvedere sulle spese dell’intero giudizio, anche in difetto di istanza di parte, valutando, al riguardo, se sussistano giusti motivi di totale o parziale compensazione, ovvero addossando dette spese all’una o all’altra parte secondo il criterio della soccombenza virtuale (cfr. Cass. 11494 del 2004).

La scelta del giudice di merito di compensare per intero le spese dell’intero processo, motivata da giusti motivi ravvisati nel comportamento processuale della parte appellante, non è censurabile in sede di legittimità poiché il sindacato della Cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa mentre esula da tale sindacato, e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell’opportunità di compensare, in tutto o in parte, le spese di lite, e ciò sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell’ipotesi di concorso di altre giuste ragioni, che il giudice di merito non ha obbligo di specificare, senza che la relativa statuizione sia censurabile in cassazione, poiché il riferimento a "giusti motivi" di compensazione denota che il giudice ha tenuto conto della fattispecie concreta nel suo complesso, quale evincibile dalle statuizioni relative ai punti della controversia (cfr. tra le tante Cass. n. 20457 del 2011).

Per tutto quanto sopra considerato, il ricorso, manifestamente infondato, va rigettato con ordinanza ex art. 375 cod. proc. Civ., n. 5.

Le spese vanno dichiarate non ripetibili a norma dell’art. 152 disp. Att. C.p.c.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso, dichiara non ripetibili le spese del giudizio.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13 comma 1 bis del citato d.p.r.