Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 23 novembre 2015, n. 23890

Tributi - Imposte sui redditi - Associazione no profit - Somme erogate agli associati a titolo di rimborso spese - In misura forfetaria - Assenza di documentazione a supporto - Riqualificazione delle somme come compensi soggetti a tassazione

L'Agenzia delle Entrate ricorre contro l’Associazione volontaria pubblica assistenza C.B. ed il legale rappresentante della stessa, sig. L.M., per la cassazione della sentenza n. 71/36/13, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, riformando la sentenza di primo grado, ha annullato l'avviso di accertamento con il quale l’Ufficio - previa riqualificazione delle somme erogate dell’Associazione ai propri associati nel 2008 come compensi, invece che come rimborsi spese - recuperava a tassazione la relativa ritenuta alla fonte.

Secondo la Commissione Tributaria Regionale, le somme de quibus dovevano considerarsi rimborsi di spese effettivamente sostenute dai volontari, e non compensi, "sia per l'esiguità della somma annua corrisposta sia per le modalità di pagamento".

Il ricorso si fonda su tre motivi.

Con il primo motivo, riferito all'art. 360, comma 1°, n.5 c.p.c., si denuncia l'apoditticità della motivazione della sentenza e si lamenta l’omesso esame delle circostanze, valorizzate dal primo giudice, che l’effettivo sostenimento delle spese per il cui rimborso l’Associazione avrebbe erogato ai volontari le somme de quibus non era stato documentato e che tali somme erano di importo superiore alla previsione contenuta nel bilancio preventivo dell’Associazione.

Con il secondo motivo, sempre riferito all'art. 360, comma 1°, n. 5 c.p.c., si lamenta illogicità e la contraddittorietà della motivazione della sentenza gravata, argomentandosi che l’esiguità delle somme corrisposte ai volontari e le modalità di tale corresponsione non dimostrerebbero che le stesse fossero necessaria a rimborsare spese effettivamente sostenute e che anzi proprio la misura forfettaria di dette somme farebbe deporre per la loro natura di compensi. Con il terzo motivo, riferito all'art. 360, comma 1°, n.3 c.p.c., il ricorrente contesta la violazione e la falsa applicazione dell'articolo 2 della L. 266/91 e dell'art. 23 del D.P.R. 600/73 in cui la Commissione Tributaria Regionale sarebbe incorsa qualificando le somme erogate dall’Associazione ai volontari come rimborsi, senza alcun’accertamento in ordine alla sussistenza dei requisiti contemplati da tale disposizione, ossia che si trattasse di spese effettivamente sostenute e contenute entro i limiti preventivamente determinati dall’associazione di volontariato.

Né il sig. M. né l'Associazione si sono costituiti in questa sede.

Prima di procedere all’esame dei mezzi di gravame, è opportuno chiarire l’esatta portata della disposizione, contenuta nell'articolo 2, secondo comma, della legge n. 266/91, secondo la quale "Al volontario possono essere soltanto rimborsate dall'organizzazione di appartenenza le spese effettivamente sostenute per l'attività prestata, entro limiti preventivamente stabiliti dalle organizzazioni stesse."

La prima parte di tale disposizione significa che non possono essere considerati rimborsi di spese - e vanno quindi qualificati come compensi, come tali soggetti a tassazione - gli esborsi erogati dalle associazioni di volontariato ai propri associati a titolo di rimborso forfettario, ossia senza specifico collegamento con spese, singolarmente individuate, effettivamente sostenute dai percettori. Ciò implica, sul piano probatorio, che grava sulla parte contribuente che contesti la pretesa erariale (associazione, per quanto riguarda la ritenuta alla fonte, ed associato, per quanto riguarda l’intero prelievo IRPEF) l’onere di documentare il sostenimento delle spese di cui le somme erogate dall’associazione costituirebbero specifico rimborso.

La seconda parte di tale disposizione significa che non possono essere considerati rimborsi di spese - e vanno quindi qualificati come compensi, come tali soggetti a tassazione - gli esborsi erogati dall’associazione di volontariato ai propri associati qualora gli stessi eccedano limiti preventivamente stabiliti dalle organizzazioni stesse". In ordine alla interpretazione di questo disposto, peraltro, non appare persuasivo l’assunto della difesa erariale secondo cui tali limiti andrebbero individuati nell’importo iscritto nel bilancio preventivo dell’associazione come contributi agli associati; considerazioni legate alla ratio legis - orientata a garantire la genuinità della natura volontaristica dell’attività degli associati e non a disciplinare le modalità di tenuta della contabilità delle associazioni - inducono infatti a ritenere che detti limiti siano riferibili a previsioni relative a massimali di rimborso per singolo associato (complessivi o frazionati in tipologie di spese,come, ad esempio, trasporti o indumenti o telefonia) e non all’entità della posta iscritta nel bilancio preventivo dell’associazione per i rimborsi spese agli associati. Tale conclusione risulta avvalorata, per un verso, dal rilievo che nell’incipit della disposizione si legge: "al volontario", al singolare, e non "ai volontari"; per altro verso, dalla considerazione che lo scostamento tra bilancio preventivo e bilancio consuntivo può fisiologicamente derivare da eventi gestionali non previsti all’inizio dell’esercizio che diano luogo a spese legittimamente disposte dagli organi amministrativi dell’associazione, previamente autorizzate o successivamente ratificate dall’assemblea; si pensi, banalmente, all’ipotesi che in corso di esercizio aumenti il numero dei volontari e, quindi, l’attività dell’associazione e le conseguenti spese ed i conseguenti rimborsi ai singoli volontari che le spese abbiano sostento.

In sostanza, la disposizione in commento - inserita in un articolo di legge che definisce normativamente l’attività di volontariato - tende a garantire che i rimborsi spese non mascherino l’erogazione di compensi, ossia, in definitiva, che il rapporto associativo non mascheri un rapporto di lavoro (si veda, sul punto Cass. Sez. Lav. nn. 12964/08, 10974/10, 9468/13) e a tal fine prescrive che i rimborsi a ciascun singolo volontario, per un verso, siano connessi a "spese effettivamente sostenute " - il che risulta intrinsecamente incompatibile con la determinazione dell’entità del rimborso con criteri forfettari - e, per altro verso, rientrino in "limiti preventivamente stabiliti". Quest’ultima prescrizione, nella prospettiva teleologica fin qui delineata, non può che essere letta nel senso che - fermo il limite costituito dalla documentabilità delle spese per le quali viene erogato il rimborso - al singolo volontario non possono erogarsi rimborsi illimitati, ma solo rimborsi contenuti in limiti individuali quantitativi e/o qualitativi (per tipologia di spesa) preventivamente individuati da parte degli organi deliberativi dell’associazione; cosicché nessun rilievo può attribuirsi, ai fini della verifica del suo rispetto, alle previsione di uscite per rimborsi agli associati appostate nei bilanci preventivi delle associazioni.

Tanto premesso in diritto, si può precedere all’esame dei mezzi di ricorso.

Con riferimento ai primi due mezzi, entrambi riferiti all'articolo 360, comma 1°, n.5 c.p.c., va in primo luogo osservato che la riformulazione di tale disposizione effettuata dall'articolo 54 del decreto legge n. 83/2012, convertito in legge con la legge n. 134/2012, consente di denunciare in Cassazione solo l’omesso esame di fatti storici decisivi che abbiano formato oggetto di discussione tra le parti ed esclude qualunque rilevanza della semplice insufficienza o contraddittorietà della motivazione (sentenze nn. 7983/14 e 8053/2014).

Ciò posto, di tali due mezzi può giudicarsi ammissibile solo la censura dì omesso esame di fatti decisivi svolta nel primo mezzo e, segnatamente, la doglianza relativa all’omesso esame della circostanza - emergente dall’atto impositivo, come riportato nella narrativa della sentenza gravata (secondo capoverso della motivazione: "L’Ufficio, constatato che tali rimborsi non avevano documentazione a supporto, erano stati erogati in misura forfettaria") - che i rimborsi erano stati erogati in misura forfettaria, senza documentazione delle spese per le quali venivano erogati. Detta circostanza risulta infatti del tutto trascurata nella motivazione della sentenza gravata, la quale si fonda esclusivamente su due rilievi - "l’esiguità" delle somme erogate e le relative "modalità di pagamento" - irrilevanti, a mente dell’articolo 2 l. 266/91, ai fini della qualificazione come rimborsi spese, invece che come compensi, delle somme erogate dall’associazione ai volontari.

Va invece disattesa la censura relativa all’omesso esame della circostanza che le somme erogate ai volontari nell’anno di imposta in esame erano di importo superiore alla previsione contenuta nel bilancio preventivo dell’Associazione, trattandosi di circostanza priva, per quanto sopra precisato, del carattere della decisività.

Va infine disatteso anche il terzo mezzo di ricorso, giacché la sentenza gravata non incorre nel denunciato vizio di violazione di legge, in quanto non nega che debbano considerarsi rimborsi solo le somme erogate a fronte di spese effettivamente sostenute, ma afferma, con l’accertamento in fatto censurato col primo mezzo di ricorso, che, nella specie, le somme erogate dall’associazione ai volontari corrispondevano a spese effettivamente da costoro sostenute.

Si propone quindi l’accoglimento del primo mezzo di ricorso, rigettati gli altri, e la cassazione con rinvio della sentenza gravata..» che la contribuente non si è costituita in questa sede; che la relazione è stata notificata alla ricorrente; che non sono state depositate memorie difensive;

che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide gli argomenti esposti nella relazione;

che, pertanto, si deve accogliere il ricorso e cassare con rinvio la sentenza gravata.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza gravata e rinvia ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, che regolerà anche le spese del presente giudizio.