Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 23 novembre 2015, n. 23871

Tributi - Accertamento catastale - Poli fieristici - Classamento e attribuzione rendita catastale - Atto firmato dal responsabile del Settore gestione della banca dati dell’Ufficio provinciale dell’Agenzia del Territorio - Assenza di una delega specifica del capo dell’Ufficio - Nullità dell’atto

 

Svolgimento del processo

 

F.R. s.p.a. propose ricorso avverso l’avviso di accertamento con cui l’Agenzia del Territorio determinava la rendita degli immobili adibiti a "Fiera permanente di Roma" accertando la categoria catastale D/8 in rettifica di quella E/9 indicata dalla Società.

La Commissione tributaria provinciale adita, annullò l’atto impositivo ritenendolo illegittimo per carenza di motivazione e perché i poli fieristici non dovevano essere accatastati nella categoria D/8 bensì in quella E/9.

La decisione, appellata da entrambe le parti, è stata, con la sentenza indicata in epigrafe, confermata dalla Commissione tributaria regionale del Lazio nella parte relativa all’attribuzione della categoria catastale E/9 e riformata, in accoglimento dell’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, nella parte relativa alla determinatone della rendita catastali.

In particolare, il Giudice di appello, riteneva di confermare la sentenza di primo grado in ordine alla determinazione della categoria catastale atteso l’interesse pubblicistico inerente alle manifestazioni fieristiche, mentre, contrariamente al primo Giudice, rilevava che l’atto impositivo era congruamente motivato in punto di calcolo delle superfici rilevanti.

La C.T.R., infine, rigettava l’appello incidentale proposto dalla Società in ordine alla eccepita carenza di delega in capo al funzionario sottoscrittore dell’atto rilevando che quest’ultimo era il responsabile del Settore gestione della banca dati dell’Ufficio provinciale di Roma dell’Agenzia del Territorio per cui non era necessaria un’apposita delega scritta potendosi la stessa presumere.

Avverso la sentenza l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione affidato ai seguenti motivi:

1) con il primo motivo-rubricato: violazione di legge per erronea e falsa applicazione degli artt. 8, 30 e 61 d.p.r. n. 1142/1949 nonché falsa applicazione dell’art. 2, commi 40 e ss. D.l. n. 262/2006 convertito, con modificazioni, nella legge n. 286/2006, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. - si censura la Commissione tributaria regionale per avere ritenuto l’illegittimità dell’attribuzione, all’immobile in oggetto, del classamento della categoria D/8, riconoscendo implicitamente l’attribuzione della categoria E/9, laddove secondo l’art. 2 del d.l. n. 262/2006 "nelle unità, immobiliari censite nelle categorie catastali e non possono essere ricompresi immobili o porzioni di immobili destinati ad uso commerciale, industriale, ad ufficio privato ovvero ad usi diversi qualora gli stessi presentino autonomia funzionale e reddituale";

2) con il secondo motivo - rubricato: violazione di legge per erronea e falsa applicatone dell’art. 4, comma 5, d.p.r. n. 633/72 e violazione del provvedimento del Direttore dell’Agenda del Territorio del 2.1.2007, in relazione all’art. 360, I comma, n. 3 c.p.c. - la ricorrente Agenzia censura il Giudice di appello per avere ritenuto che l’attività del complesso fieristico non fosse commerciale ed avesse un interesse pubblicistico, laddove l’art. 4 citato stabilisce che è considerata commerciale la gestione delle fiere con la conseguenza che non può non iscriversi l’immobile, oggetto di contenzioso, nel gruppo delle categorie speciali D, ed in quella speciale D/8 assegnata ai fabbricati costruiti o adattati a speciali esigenze di un’attività commerciale;

3) Con il terzo ed ultimo motivo, articolato ai sensi del n. 5, I comma, dell’art. 360 c.p.c. l’Agenzia delle Entrate lamenta l’insufficiente motivazione della sentenza impugnata relativamente al fatto controverso e decisivo costituito dall’accatastabilità del compendio fieristico in categoria E/9 in ragione della "pubblica utilità" delle attività ivi svolte, affermata dalla C.T.R. con argomentazione generica. Inoltre, secondo la prospettazione difensiva, la sentenza avrebbe omesso di pronunciare sul motivo di appello proposto dall’Ufficio avverso il capo della sentenza di primo grado che aveva affermato l’illegittimità dell’atto impositivo perché carente di motivazione.

I. s.p.a. (già F.R. s.p.a.) resiste con controricorso e propone ricorso incidentale affidato ai seguenti motivi:

1) con il primo motivo si deduce l’omesso esame, ai sensi della nuova formulazione del n.5, I comma, dell’art. 360 c.p.c., ad opera della CTR del fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, costituito dalla circostanza per cui le superfici utilizzabili su cui calcolare la rendita erano, in realtà, inferiori rispetto a quelle effettivamente disponibili ed utilizzabili;

2) con il secondo mezzo, in subordine, qualora non si ritenesse applicabile la nuova disposizione dell’art. 360, 1 comma, n. 5 c.p.c., si ribadisce l’omissione di esame del medesimo fatto ai sensi della precedente formulazione della norma;

3) con il terzo motivo si deduce la violazione dell’art. 132 c.p.c., dell’art. 36 d.lgs. n. 546/92 e dell’art. 111 Cost., in relazione al n. 4 comma I dell’art. 360 c.p.c. In particolare la Società lamenta il difetto assoluto di motivazione in relazione alla eccepita illegittimità dell’avviso impugnato per carenza di motivazione in relazione alla rettifica del classamento dell’immobile per cui è causa dalla categoria E/9 alla categoria D/8;

4) con il quarto motivo la ricorrente incidentale deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 21 septies legge n. 241/1990 laddove la C.T.R. aveva ritenuto l’atto legittimamente sottoscritto dal funzionario senza verificare se il sottoscrittore ricoprisse posizione funzionale apicale nell’ambito dell’Ufficio e se fosse stato validamente delegato dal Direttore alla sottoscrizione di atti di accertamenti.

L’Agenzia delle Entrate resiste al ricorso incidentale con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c.

 

Motivi della decisione

 

Per ragioni di ordine logico giuridico delle questioni rassegnate all’esame di questa Corte va esaminato da primo il ricorso incidentale proposto dalla I. s.p.a. ed, in particolare, il secondo motivo (rubricato sub 4 del controricorso con ricorso incidentale). Con tale motivo si è, infatti, dedotta la violazione di legge perpretata dal Giudice di appello per avere, a fronte di specifica contestazione, ritenuto che potesse presumersi in capo al sottoscrittore dell’atto impositivo, la delega da parte del Direttore l’Ufficio.

La censura è fondata.

In materia, l’orientamento di questa Corte risulta consolidato nel senso di ritenere che, in base al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42, commi 1 e 3, gli accertamenti in rettifica e gli accertamenti d'ufficio sono nulli tutte le volte che gli avvisi nei quali si concretizzano non risultino sottoscritti dal capo dell'ufficio emittente o da un impiegato della carriera direttiva (addetto a detto ufficio) validamente delegato dal reggente di questo. Ne consegue che la sottoscrizione dell'avviso di accertamento - atto della p.a. a rilevanza esterna - da parte di funzionario diverso (il capo dell'ufficio emittente) da quello istituzionalmente competente a sottoscriverlo ovvero da parte di un soggetto da detto funzionario non validamente ed efficacemente delegato non soddisfa il requisito di sottoscrizione previsto, a pena di nullità, dall'art. 42, commi 1 e 3, dinanzi citato" (Cass. 14195/00). Ed ancora che: "L'avviso di accertamento è nullo, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42, se non reca la sottoscrizione del capo dell'ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato. Se la sottoscrizione non è quella del capo dell'ufficio titolare ma di un funzionario, quale il direttore tributario, di nona qualifica funzionale, incombe all'Amministrazione dimostrare, in caso di contestazione, l'esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore o la presenza della delega del titolare dell'ufficio. Fermi, infatti, i casi di sostituzione e reggenza di cui al D.P.R. 8 maggio 1987, n. 266, art. 20, comma 1, lett a) e b), è espressamente richiesta la delega a sottoscrivere: il solo possesso della qualifica non abilita il direttore tributario alla sottoscrizione, dovendo il potere di organizzazione essere in concreto riferibile al capo dell'ufficio", (Cass. 14626/00).

A tale oramai consolidato orientamento hanno dato ulteriore continuità la sentenza n. 17400/12, ed in materia di iva, le sentenze n. 14942 del 14 giugno 2013 e n. 18758 del 5 settembre 2014 ribadendo che, nella individuazione del soggetto legittimato a sottoscrivere l'avviso di accertamento, in forza del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, incombe all'Agenzia delle entrate l'onere di dimostrare il corretto esercizio del potere e la presenza di eventuale delega.

La sentenza impugnata la quale, a fronte della specifica contestazione in ordine alla sussistenza di delega, ha ritenuto che la stessa dovesse presumersi per essere il sottoscrittore dell’atto impugnato, il responsabile del Settore gestione banca dati, si è discostata dai superiori principi.

L'accoglimento del pregiudiziale mezzo comporta l’assorbimento di tutte le altre censure.

Ne consegue, in accoglimento del quarto motivo di ricorso incidentale (comportante l’assorbimento dei restanti e dei motivi del ricorso principale), la cassazione della sentenza impugnata e la rimessione della controversia alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, in diversa composizione, perché provveda al riesame alla luce dei superiori principi oltre che al regolamento delle spese processuali.

 

P.Q.M.

 

In accoglimento del solo quarto motivo di ricorso incidentale, assorbiti gli altri ed i motivi del ricorso principale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, anche per le spese processuali.