Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 05 novembre 2015, n. 22641

Rapporto di lavoro a tempo determinato - Nullità - Dipendenti postali - Clausola di contingentamento - Procedura sindacale - Violazione

 

Svolgimento del processo

 

Con sentenza resa pubblica in data 17/11/09 la Corte d'appello di Roma confermava la pronuncia emessa dal Tribunale della stessa sede con cui era stata respinta la domanda proposta da C.R. nei confronti della s.p.a. P.I. intesa a conseguire la declaratoria di nullità del termine apposto al contratto stipulato dal 19 ottobre 2001 al 31 gennaio 2002 ai sensi dell'art. 25 del C.C.N.L. del 2001 "per esigenze di carattere straordinario conseguenti ai processi di riorganizzazione, ivi ricomprendendo un più funzionale riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche, ovvero conseguenti all'introduzione e/o sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o servizi". Nel pervenire a tali conclusioni la Corte territoriale rimarcava che non risultava fornita dal lavoratore - su cui incombeva il relativo onere probatorio in virtù della disposizione di cui all'art. 2697 c.c. - la dimostrazione delle ragioni di violazione della cd. clausola di contingentamento di cui all'art. 25 c.c.n.l. del 2001 oggetto di specifica allegazione.

Ulteriormente argomentava in ordine alla genericità della doglianza inerente al mancato rispetto della procedura di confronto sindacale prevista dall'art. 25 comma secondo del c.c.n.l. 2001, che reputava altresì infondata, alla stregua di consolidato orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità.

Avverso tale decisione interpone ricorso per cassazione il C. formulando cinque motivi ulteriormente illustrati con memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.

Resiste con controricorso la società P.I.

 

Motivi della decisione

 

1. Con i primi due motivi, sotto il profilo della violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 c.c. e dell'art. 3 L. 230/62 si stigmatizza la pronuncia impugnata per aver ritenuto gravante a carico del lavoratore l'onus probandi inerente alla violazione delle quote numeriche di assunzione del personale con contratto a tempo determinato, sancite dall'art. 25 c.c.n.l. 11 gennaio 2001.

I motivi sono fondati.

1.2. Con riferimento al rispetto della clausola di contingentamento è stato, infatti, ripetutamente affermato da questa Corte il principio secondo cui "nel regime di cui alla L. 28 febbraio 1987, n. 56, la facoltà delle organizzazioni sindacali di individuare ulteriori ipotesi di legittima apposizione del termine al contratto di lavoro è subordinata dall'art. 23 alla determinazione delle percentuali di lavoratori che possono essere assunti con contratto a termine sul totale dei dipendenti; pertanto, non è sufficiente l'indicazione del numero massimo di contratti a termine, occorrendo altresì, a garanzia di trasparenza ed a pena di invalidità dell'apposizione del termine nei contratti stipulati in base all'ipotesi individuata ex art. 23 citato, l'indicazione del numero dei lavoratori assunti a tempo indeterminato, sì da potersi verificare il rapporto percentuale tra lavoratori stabili e a termine. L'onere della prova dell'osservanza di detto rapporto è a carico del datore di lavoro, in base alle regole di cui alla L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 3, secondo cui incombe al datore di lavoro dimostrare l'obiettiva esistenza delle condizioni che giustificano l'apposizione di un termine al contratto di lavoro" (v. fra le altre, Cass. 10-8-15 n. 16672, Cass. 12-6-13 n. 14760, Cass. 19-1-2010 n. 839).

1.3. Orbene, nella fattispecie la sentenza impugnata, mentre correttamente ha ritenuto dimostrata l'osservanza della procedura di confronto sindacale, per quanto riguarda il rispetto della clausola di contingentamento, ha invertito l'onere probatorio addossando sul lavoratore l'onere di indicare elementi concreti dai quali presumere il superamento della percentuale del 5% del numero dei lavoratori in servizio alla data del 31 dicembre dell'anno precedente, e ritenendo non allegati sufficienti elementi da cui desumere il superamento da parte della società P.I., del limite numerico fissato dal c.c.n.l. Detta statuizione si pone, dunque, in violazione dei principi innanzi enunciati, e consolidati nella giurisprudenza di questa Corte. In tal senso, vanno quindi accolti i primi due motivi.

2. Con il terzo mezzo di impugnazione, si denuncia la nullità della sentenza per violazione dell'art. 112 c.p.c. in relazione all'art. 360 primo comma n. 4 c.p.c.

Si deduce di aver fondato il gravame anche sul fatto che il primo giudice non si fosse pronunciato sulla questione relativa alla nullità del termine stante il mancato rispetto della clausola di contingentamento prevista dall'art. 25 c.c.n.l. di settore. Si lamenta, quindi, che la Corte distrettuale, a propria volta non si sia pronunciata su tale ragione di gravame.

3. Con il quarto motivo si deduce la nullità della sentenza per violazione dell'art. 345 c.p.c in relazione all'art. 360 n. 4 c.p.c. Si argomenta, in particolare, sulla novità dell'eccezione sollevata dalla società P.I. in ordine alla questione del rispetto della procedura di convocazione delle 00.SS. atteso che il richiamo all'accordo del 18/1/01 che avrebbe dovuto integrare prova dell'espletamento della procedura di consultazione delle OO.SS. era stato oggetto di un'allegazione proposta per la prima volta in grado di appello.

3.1. I motivi, che possono essere congiuntamente trattati per presupporre la soluzione di questioni giuridiche connesse, sono infondati.

Invero, dal tenore del ricorso e della memoria di costituzione in grado di appello, nonché della memoria di costituzione di primo grado della società - riportati per il principio di autosufficienza - si desume che nella materia del contendere sono compresi tutti i profili di illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro inter partes, sicché da un canto, la sentenza impugnata non è incorsa in vizio di omessa pronuncia, rimanendo centrata nel thema decidendum; dall'altro, non ha statuito in ordine ad eccezioni nuove, giacché la deduzione in ordine al rispetto della procedura di confronto sindacale, deve ritenersi già contenuta nelle difese articolate dalla società in primo grado.

4. Con il quinto motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 25 c.c.n.l. 11/1/01. Si stigmatizza la pronuncia impugnata per aver ritenuto rispettata la cd. clausola di contingentamento, sulla scorta di dati concernenti l'accordo sindacale del 18/1/01, ed attestanti l'adempimento della procedura sindacale, tardivamente introdotti dalla società nella dinamica processuale, solo in grado di appello.

4.1 La censura è priva di pregio.

Al di là di ogni considerazione in merito alla statuizione con cui si è qualificata in termini di genericità l'eccezione sollevata dal ricorrente, che non è stata oggetto di specifica impugnazione, va rimarcato che la questione del rispetto della procedura sancita dalla citata disposizione contrattuale collettiva - come già dedotto in relazione al quarto mezzo di impugnazione - risulta tempestivamente allegata dalla società sin dal primo grado di giudizio, e sorretta da documentazione ritualmente prodotta.

4.2. In tale prospettiva, gli approdi ai quali è pervenuta la Corte distrettuale si presentano in linea con la giurisprudenza di questa Corte che, con riferimento alla prevista condizione (art. 25, comma 2, del citato c.c.n.l.) della attivazione del previo "confronto sindacale", ha, invero, più volte ritenuto integrata tale condizione con l'accordo del 18-1-2001, in base all'"evidente e univoco" significato letterale delle espressioni usate dalle parti collettive (v. fra le altre Cass. 1-10-2007 n. 20608, Cass. 11-12-2012 n. 22679, Cass. 15-7-2014 n. 16147, Cass. cit. n. 16672 del 2015).

E' stato, infatti affermato che l'accordo del 18 gennaio 2001 costituisce espletamento della procedura di confronto sindacale prevista dallo stesso art. 25 del contratto collettivo - a norma del quale, "Prima di dare corso alle conseguenti assunzioni, la materia formerà oggetto di confronto:

a) a livello nazionale, qualora risultino interessate più regioni;

b) a livello regionale, qualora risulti interessata una sola regione...

Nel testo del suddetto accordo è altresì sancito che "le OO.SS. ... convengono ancora che i citati processi, tuttora in corso, saranno fronteggiati in futuro anche con il ricorso a contratti a tempo determinato, stipulati nel rispetto della nuova disciplina pattizia delineata dal c.c.n.l. 11.1.2001".

Il significato letterale delle espressioni usate è così evidente ed univoco che non necessita di un più diffuso ragionamento al fine della ricostruzione della volontà delle parti, con conseguente preclusione del ricorso a ulteriori criteri interpretativi dovendo pertanto ritenersi integrata, sulla base di tale accordo, anche la condizione prevista dal citato art. 25. In tal senso la pronuncia impugnata si sottrae alla formulata censura.

In definitiva, vanno accolti il primo e il secondo motivo, respinti gli ulteriori.

L'impugnata sentenza va, pertanto cassata con rinvio alla Corte d'Appello di Roma in diversa composizione la quale, statuendo anche sulle spese del presente giudizio di cassazione, provvederà attenendosi ai principi sopra richiamati.

 

P.Q.M.

 

Accoglie i primi due motivi, rigettati gli altri; cassa in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'Appello di Roma in diversa composizione.