Giurisprudenza - COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE MILANO - Sentenza 10 settembre 2015, n. 1756

Appello - Calcolo del CUT - Per ogni singolo atto impugnato - Sussiste

 

Svolgimento del processo e motivi della decisione

 

Oggetto del presente ricorso è l’atto con cui l’Ufficio di Segreteria della Commissione Tributaria Regionale di Milano ha irrogato nei confronti di M.G. la sanzione di € 12.008,75 per insufficiente versamento del contributo unificato tributario (nel prosieguo, CUT) da lui versato in relazione all’appello interposto in data 14.2.2014 avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Como n. 156/4/13, con la quale erano stati respinti i ricorsi riunificati contro cinque distinti avvisi di accertamento e atti di contestazione emessi dall’Agenzia delle Entrate di Como per gli anni dal 2004 al 2008. Secondo l’Ufficio, il contributo avrebbe dovuto essere calcolato e versato non già sommando i valori dei singoli atti impositivi impugnati, come aveva ritenuto di fare il ricorrente, ma sommando i singoli contributi dovuti in relazione a ciascuno degli stessi atti.

All’esito dell’odierna udienza di trattazione, svoltasi alla presenza dei difensori delle parti, la Commissione osserva quanto segue.

Nella presente controversia si discute sulla corretta modalità di calcolo del CUT dovuto in relazione all’appello interposto contro la sopracitata sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Como.

L’attuale ricorrente ha versato l’importo di € 1.500,00, ritenendo che, sommando il valore di ciascun atto impugnato, il valore globale della lite oggetto del giudizio d’appello fosse pari a € 1.579.398,00 e, dunque, il contributo fosse pari a € 1.500,00, corrispondente allo scaglione massimo previsto per le controversie di valore superiore a € 200.000,00.

L’ufficio di Segreteria della Commissione Tributaria Regionale ritiene invece che, nella fase d’appello, il valore del contributo debba essere calcolato sommando i valori - da determinarsi ai sensi dell’art. 14, comma 3 bis, del TU sulle Spese di Giustizia DPR n. 115/2002 - delle singoli liti corrispondenti a ciascuno degli atti tributari impugnati, a nulla rilevando che quegli atti, in primo grado singolarmente impugnati con distinti ricorsi, a seguito della riunificazione fossero poi stati decisi con un’unica sentenza (nel caso in esame, secondo l’Ufficio, il contributo globale ammonterebbe a € 7.500,00, pari alla somma dei singoli contributi dovuti in relazione ai cinque atti tributari impugnati anche in grado d’appello).

A giudizio della Commissione, la tesi del ricorrente non è fondata.

L’art. 14 del DPR n. 115/2002, nel testo vigente prima delle modifiche apportate dalla L. 27 dicembre 2013, n. 147, disponeva che "nei processi tributari, il valore della lite [è] determinato ai sensi del comma 5 dell’articolo 12 del decreto legislativo 31 dicembre 1992 n. 546, e successive modificazioni.

Dopo le modifiche apportate con la L. n. 147/2013, la disposizione prevede ora che "nei processi tributari, il valore della lite [è] determinato, per ciascun atto impugnato anche in appello, ai sensi del comma 5 dell’articolo 12 del decreto legislativo 31 dicembre 1992 n. 546, e successive modificazioni ..."

Il comma 5 dell’art. 12 D.Lgs n. 546/1992 prevede, a sua volta, che "per valore della lite si intende l’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l'atto impugnato; in caso di controversie relative esclusivamente alle irrogazioni di sanzioni, il valore è costituito dalla somma di queste.

Orbene, il tenore letterale del citato art. 14, sia nel testo originario che in quello ora vigente, non lascia alcun dubbio sul fatto che, quantomeno in relazione al giudizio di primo grado, il CUT debba essere calcolato con riferimento a ciascun atto tributario impugnato e al corrispondente valore della lite determinato ai sensi del citato comma 5 dell’art. 12. Tale interpretazione non è giustificata soltanto dalla lettera della legge, ma si impone anche in considerazione del fatto che essa è l’unica che evita l’assurda conseguenza per cui, in caso di più atti tributari relativi a rapporti soggettivamente e oggettivamente connessi, l’ammontare del contributo dipenda dalla volontà del contribuente di impugnare i singoli atti non separatamente, ma - come certamente è legittimo fare - con un unico ricorso, così determinando l’instaurazione di una lite il cui valore - si potrebbe sostenere - sarebbe globalmente costituito dalla somma dei tributi pretesi con ciascuno degli atti impugnati.

La questione qui in discussione, però, riguarda il CUT dovuto in relazione ad un atto di appello proposto contro una sentenza di primo grado che ha deciso cumulativamente più ricorsi proposti dal medesimo soggetto. Si tratta dunque di stabilire se, anche con riferimento a tale ipotesi, è applicabile la regola che, come si è appena detto, disciplina il calcolo del contributo nel giudizio tributario di primo grado.

Un primo argomento a favore della tesi sostenuta dall’Ufficio è ancora una volta di natura letterale. Quali che siano state le ragioni del legislatore, non par dubbio che la modifica operata dalla L. n. 147/2013 mediante l’aggiunta, nel comma 3 bis del DPR n. 115/2002, dell’inciso "per ciascun atto impugnato anche in appello ", non ha in alcun modo riguardato la natura dell'atto impugnato, nel senso cioè che non può ritenersi che, nel giudizio d’appello, esso non sia più l’atto tributario, ma la sentenza di primo grado. La lettera della disposizione e la sua evoluzione nel tempo impongono di ritenere l’unicità del concetto di atto impugnato e la sua validità, sia in primo che in secondo grado, come primo necessario parametro di riferimento per la determinazione del contributo.

Ma, ancora una volta, a rafforzare la tesi accolta vale il medesimo argomento logico prima indicato, giacché la volontà del contribuente di impugnare singolarmente o cumulativamente più atti tributari risulterebbe determinante anche ai fini dell’ammontare del contributo dovuto nell’eventuale giudizio di secondo grado, a seconda infatti che siano state pronunciate più sentenze (in caso di separati ricorsi) ovvero una sola sentenza (in caso di ricorso cumulativo).

Ciò detto, deve però osservarsi che la specificità del giudizio d’appello non consente che ad esso siano applicabili i medesimi criteri di determinazione del valore della lite che valgono nel giudizio di primo grado. Mentre in questo, infatti, ai sensi del comma 5 dell’art. 12 del D.Lgs n. 546/92, vale il riferimento all’ammontare del tributo o della sanzione pretesi con l’atto amministrativo, nel giudizio d’appello instaurato in caso di rigetto o di parziale accoglimento del ricorso del contribuente, il riferimento al tributo o alla sanzione deve essere rapportato alle singole statuizioni della sentenza impugnata. Nel senso, cioè, che per ogni singolo atto tributario impugnato sarà sì dovuto un autonomo CUT, ma l’ammontare di ciascuno di essi sarà determinato avendo riguardo all’ammontare del tributo o della sanzione determinati dal giudice: in caso di rigetto del ricorso, il valore della lite sarà uguale a quello di primo grado; in caso di accoglimento parziale, il valore sarà invece corrispondente al minore ammontare del tributo o della sanzione rideterminato con la sentenza impugnata.

Venendo adesso al caso in esame, e facendo applicazione dei principi sopra esposti, deve dunque affermarsi che correttamente l’Ufficio di Segreteria della Commissione Tributaria Regionale di Milano ha contestato l’insufficiente versamento del CUT: avendo la sentenza impugnata rigettato i ricorsi proposti dal G., il parametro per la determinazione del contributo complessivamente dovuto per l’atto di appello continua ad essere costituito dai tributi e dalle sanzioni accertati o irrogati con gli atti originariamente impugnati.

La natura controversa della questione giustifica la compensazione delle spese.

 

P.Q.M.

 

La Commissione respinge il ricorso. Spese compensate.