Giurisprudenza - COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE SONDRIO - Sentenza 03 settembre 2015, n. 115

Accertamento - Sottoscrizione accertamento - Sentenza n. 37/2015 della Corte costituzionale - Nullità dell'accertamento - Non sussiste

 

Motivi della decisione

 

Con ricorso depositato in data 6/03/2015 P.C., titolare dell'omonima ditta individuale con sede in Albosaggia, impugnava l'avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate di Sondrio relativo all'imposta IVA per il periodo 2008, chiedendo, in via cautelare, la sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato e, nel merito, l'annullamento dell'avviso di accertamento con vittoria di spese, competenze e onorari.

La ricorrente eccepiva, innanzi tutto, l'illegittimità dell'accertamento per decadenza dell'Amministrazione finanziaria dal potere impositivo ai sensi degli artt. 43 d.p.r. 600/73 e 57 d.p.r. 633/72, essendo stato l'avviso notificato in data 1/8/2014 e quindi dopo il termine prescrizionale, per l'anno di imposta 2008, del 31/12/2013.

Eccepiva, inoltre, l'illegittimità dell'accertamento per carenza di prova in ordine alla sussistenza nel caso concreto dei presupposti oggettivi e soggettivi dell'obbligazione tributaria, poiché le fatture non si riferivano ad operazioni inesistenti, in quanto erano state regolarmente registrate e pagate ed i lavori (costruzione di box per il ricovero dei cavalli e la fornitura di attrezzatura ad essa pertinente) erano stati realmente effettuati.

Infine, la ricorrente chiedeva che l'accertamento fosse dichiarato illegittimo per infondatezza delle contestazioni, in quanto per le opere realizzate non era stato richiesto alcun contributo regionale.

L’Ufficio si costituiva in giudizio e chiedeva il rigetto del ricorso in quanto non si era verificata alcuna decadenza tenuto conto del raddoppio del termine per effetto della presentazione della denuncia penale da parte dei verbalizzanti della Guardia di Finanza, come evidenziato a foglio 4 del pvc.

Nel merito l'Ufficio faceva presente che le fatture in questione erano state emesse per operazioni inesistenti in quanto la società fornitrice delle opere (R.A. sas di B.P. e C.) non aveva mai avuto personale alle proprie dipendenze, era sprovvista di qualsivoglia struttura, non possedeva mezzi di trasporto, non si avvaleva di prestazione di terzi, la merce indicata nelle fatture era stata a sua volta acquistata dalle società A. srl e F. srl, non era stato riscontrato alcun pagamento delle fatture da parte della società R.A. alle due società venditrici.

All'udienza del 28/4/2015 la della ricorrente.

Con memoria depositata in data 3/6/2015 la ricorrente chiedeva che, in applicazione della sentenza n. 37/15 emessa dalla Corte Costituzionale in data 25/2/2015, che aveva dichiarato l'incostituzionalità dell'art. 8, comma 24, del d.l. n. 16/2012, che autorizzava l’Agenzia delle Entrate ad attribuire incarichi dirigenziali ai propri funzionari in attesa dell'espletamento delle procedure concorsuali, fosse dichiarato nullo l'atto di accertamento impugnato in quanto sottoscritto da funzionario che non aveva la qualifica dirigenziale richiesta dall'art. 42 del d.p.r. n. 600/73.

L'Ufficio con memoria depositata in data 16/6/2015 eccepiva in via principale l'inammissibilità del nuovo motivo di impugnazione dell'atto in quanto non proposto con il ricorso ed in subordine la conferma della validità della sottoscrizione dell' accertamento.

All’udienza del 28/7/2015 le parti hanno concluso chiedendo l’accoglimento delle loro rispettive richieste. Quindi, la Commissione ha deciso la controversia come da dispositivo.

Osserva innanzi tutto questa Commissione che per quanto riguarda il motivo aggiunto non sussiste l'inammissibilità eccepita dall'Ufficio dato che la pronuncia della sentenza della Corte Costituzionale depositata in data 17/3/2015 e pubblicata sulla G.U. in data 25/3/2015 è successiva al deposito del ricorso (6/3/2015).

Deve, invece, essere dichiarata infondata la richiesta di nullità dell'accertamento, in quanto lo stesso risulta legittimamente sottoscritto da funzionario regolarmente delegato dal capo dell'ufficio. Né può avere alcuna conseguenza sulla validità dell'atto impugnato la citata sentenza della Corte Costituzionale poiché è la stessa sentenza a sostenere che "considerando le regole organizzative interne dell'Agenzia delle entrate e la possibilità di ricorrere all'istituto della delega, anche a funzionari, per l'adozione di atti di competenza dirigenziale come affermato dalla giurisprudenza tributaria di legittimità sulla provenienza dell'atto dall'ufficio e sulla sua idoneità ad esprimerne all'esterno la volontà, la funzionalità delle Agenzie non è condizionata dalla validità degli incarichi dirigenziali previsti dalla disposizione censurata".

Quindi, deve affermarsi che la questione relativa alla validità degli incarichi dirigenziali non si riflette sull'idoneità degli atti emessi ad esprimere la volontà all'esterno dell'Amministrazione finanziaria.

Come più volte affermato dalla Corte di Cassazione per la validità dell'atto è sufficiente che lo stesso provenga e sia riferibile all'ufficio che lo ha emanato (Cass. 9/1/2014 n. 220; 10/7/2013 n. 17044; 10/8/2010 n. 18515; 11/10/2012 n. 17400).

Dello stesso avviso è anche la giurisprudenza amministrativa, secondo cui ai fini della validità di un atto è sufficiente l'intestazione dell'atto e la circostanza che l'amministrazione non l'ha mai disconosciuto come proprio, ciò che impedisce in radice di ritenere sussistente alcuno stato di incertezza circa l'attribuibilità dello stesso all'Amministrazione (Cons. Stato 4/12/ n. 6190).

La Commissione ritiene, inoltre, che nel caso in esame non si è verificata alcuna decadenza, atteso il raddoppio del termine per effetto della denuncia presentata dai verbalizzanti anche a carico della P. per fatti penalmente rilevanti, come risulta a foglio 4 del pvc. Comunque, come evidenziato dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 247 del 2011, il raddoppio del termine non presuppone la materiale presentazione della denuncia penale essendo sufficiente la presenza di fattispecie che richiedono in astratto l'obbligo della denuncia.

Per quanto riguarda, poi, il merito della questione si osserva che non è stata fornita la prova dell'inesistenza delle operazioni di cui alle cinque fatture registrate dalla ditta intestata alla P., dato che esse sono state regolarmente pagate e le opere sono state effettivamente eseguite, anche se i verbalizzanti non sono stati in grado di stabilire con certezza l'anno in cui le stesse opere sarebbero state realizzate. E' evidente che tale dubbio non può ricadere sulla ricorrente. L'onere della prova è a carico naturalmente dell'Ufficio che contesta l'inesistenza delle operazioni indicate nelle fatture. I verbalizzanti hanno, infatti, riscontrato nel 2011 la presenza delle opere presso l'azienda agricola della P., ma hanno poi rilevato, senza fornire la minima dimostrazione, che le stesse erano state effettivamente realizzate prima del 2008. E' questa solo una semplice presunzione o addirittura un'ipotesi dei varbalizzanti fatta propria dall'Ufficio.

Non è provato, inoltre, che la ricorrente fosse a conoscenza della reale situazione della società fornitrice e dei rapporti della stessa con le altre due società che hanno materialmente venduto la merce alla prima e che tutte facessero parte di un'unica organizzazione.

L'accertamento, pertanto, si fonda su una presunzione semplice che non ha le caratteristiche richieste (gravità, precisione e concordanza) per costituire prova.

Né è provato che le fatture siano state emesse successivamente alla realizzazione delle opere solo per ottenere un contributo regionale, perché è emerso che tale contributo non risulta essere stato neanche richiesto.

Pertanto, il ricorso deve essere accolto con la compensazione tra le parti delle spese del giudizio, tenuto conto dell’incertezza derivante dalla natura della materia (presunzioni) e della questione (interpretazione di norme).

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso e compensa le spese del giudizio tra le parti.