Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 27 agosto 2015, n. 17248

Lavoro subordinato - Indennità di fine rapporto - Ferie non godute - CCNL - Deroga ai criteri dell’articolo 2120 cc

 

Svolgimento del processo

 

Con sentenza 7 marzo 2009, la Corte d'appello di Brescia respingeva l’appello di R. s.p.a. avverso la sentenza di primo grado, che l’aveva condannata al pagamento in favore dei dipendenti G.A., A.M., L.G., D.G. e A.S. al pagamento di differenze sul T.f.r., per omesso conteggio, nella sua liquidazione, dell’indennità sostitutiva del preavviso e per ferie non godute. Preliminarmente disattesa l'eccezione datoriale di prescrizione per inammissibilità del relativo mezzo, non confutativo dell’analitica argomentazione della sentenza del Tribunale sugli atti interruttivi compiuti dai lavoratori e comunque per infondatezza in quanto neppure tempestivamente contestali, la Corte territoriale riteneva il corretto computo delle suddette indennità nella liquidazione del T.f.r., in quanto emolumenti aventi loro causa e non mera occasione nel rapporto di lavoro, pertanto rientranti nella previsione dell’art. 2120 c.c.: nell’inconferenza degli accordi collettivi richiamati, riguardanti i vari elementi della retribuzione.

Con atto notificato il 26 - 28 maggio 2009, R. s.p.a. ricorre per cassazione con unico motivo, cui resistono L.G. e A.S. con controricorso; restano intimati G.A., A.M. e D.G.; le parti costituite hanno comunicato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.

 

Motivi della decisione

 

Con unico motivo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 ss. c.c. in riferimento agli artt. 117 CCNL 1998 e 2120 c.c. e degli accordi collettivi nazionali sul T.f.r. 1 febbraio 1996 e 24 settembre 1996, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., per erronea inclusione nella base di computo del T.f.r. delle indennità di mancato preavviso e mancato godimento delle ferie, in quanto espressamente escluse dalla tassativa previsione delle voci da conteggiare, secondo la chiara volontà manifestata dalle parti sociali, in continuità con la precedente regolamentazione dell’indennità di buonuscita ai sensi della l. 829/1973 e degli artt. 76 CCNL 1987/89 e 96 CCNL 1990/92, in cui tali voci non sono state mai comprese.

In via preliminare, deve essere esclusa l’improcedibilità del ricorso, a norma dell’art. 369, secondo comma, n. 4 c.p.c. come modificato dall’art. 7 d.lg. 40/2006, per la soddisfazione dell’onere dei ricorrente di produzione degli atti processuali, dei documenti, dei contratti o degli accordi collettivi sui quali il ricorso si fondi, sulla base del principio di strumentalità delle forme processuali, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo di parte, anche mediante la produzione del fascicolo nel quale essi siano contenuti e, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo d’ufficio, mediante il deposito della richiesta di trasmissione di detto fascicolo presentata alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnala e restituita al richiedente munita di visto ai sensi dell’art. 369, terzo comma c.p.c.: ferma in ogni caso l'esigenza di specifica indicazione, a pena di inammissibilità ai sensi dell’art. 366, primo comma n. 6 c.p.c., degli atti, dei documenti e dei dati necessari al reperimento degli stessi (Cass. s.u. 3 novembre 2011, n. 22726; Cass, s.u. 7 novembre 2013, n. 25038).

A tali oneri, a fini di procedibilità e di ammissibilità del ricorso sotto il profilo di autosufficienza, R. s.p.a. ha, infatti, adempiuto con la produzione nel proprio fascicolo di primo grado e la specifica indicazione della sede di produzione, nonché debita trascrizione degli accordi collettivi nazionali 1 febbraio 1996 e 24 settembre 1996, di specifica disciplina del T.f.r. (e con rilevanza dell’art. 117 CCNL 1996/98 solo per loro richiamo), sui quali ha imperniato l’unico motivo in esame.

Premesso ancora il potere di interpretazione diretta delle norme contrattuali collettive dalla Corte di Cassazione per effetto del novellato art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. senza più il veicolo indiretto della violazione del canone interpretativo denunciato degli artt. 1362 ss. c.c. (Cass. 19 marzo 2014, n. 6335), il mezzo è fondato.

Quanto all'indennità di mancato preavviso, essa non rientra nella base di computo del T.f.r., siccome non dipendente dal rapporto di lavoro, per la sua riferibilità ad un periodo non lavorato, una volta avvenuta la cessazione del predetto rapporto (Cass. 29 novembre 2012, n. 21270; Cass. 5 ottobre 2009, n. 21216): e ciò per effetto della natura obbligatoria del preavviso, comportante (al contrario di una non ravvisabile efficacia reale produttiva, in mancanza di accordo tra le parti sulla cessazione immediata del rapporto, del diritto alla prosecuzione del rapporto stesso e di tutte le connesse obbligazioni fino alla scadenza del termine) la risoluzione immediata del rapporto, con l’unico obbligo della parte recedente di corrispondere l'indennità sostitutiva e senza che da tale momento possano avere influenza eventuali avvenimenti sopravvenuti, a meno che la parte recedente, nell’esercizio di un suo diritto potestativo, acconsenta, avendone interesse, alla continuazione del rapporto lavorativo, protraendone l’efficacia sino al termine del periodo di preavviso (Cass. 4 novembre 2010, n. 22443; Cass. 11 giugno 2008, n. 15495; Cass. 21 maggio 2007, n. 11740).

Più delicato è invece il discorso in relazione all'indennità dì mancato godimento delle ferie. Occorre innanzi tutto evidenziare come tutti i lavoratori siano stati collocati in quiescenza nel dicembre 1998 (G.A., A.M. e L.G. dal 1° dicembre 1998, D.G. e A.S. dal 31 dicembre 1998: così a pg. 2 del ricorso, senza avversaria contestazione), sicché essi hanno ricevuto, in quanto dipendenti delle F., fino al 31 dicembre 1995 l'indennità di buonuscita in base alla l. 829/1973 e dal 1° gennaio 1996 alla fine del rapporto il T.f.r. in base alla l. 297/1982, in virtù dell’art. 13 d.l. 98/1995 conv. in l. 204/1995 (Cass. 20 marzo 2013, n. 6977).

Ora, per il primo periodo la questione neppure si pone, nella vigenza dell’art. 14 l. 829/1973 e dell’art. 76 CCNL 1987 (trascritto a pg. 4 del ricorso), di rimando alle disposizioni della prima, individuanti il tassativo elenco delle voci incluse nella base di calcolo dell’indennità di buonuscita erogata dall’O.p.a.f.s., tra le quali non è compresa l’indennità di mancato godimento delle ferie.

Ma essa nemmeno può essere inclusa nel T.f.r., ancorché dipendente dal rapporto di lavoro e tuttavia non indicata nell’elenco di voci della base di computo del T.f.r. dagli accordi collettivi nazionali 1 febbraio 1996 e 24 settembre 1996 sopra citati.

Il primo, dopo avere in particolare previsto l’applicabilità dal 1° gennaio 1996 al personale delle F. dei Tf.r. così come previsto dall'art. 2120 c.c., nel testo sostituito dall’art. 1 l. 297/1982, stabilisce al p.to 2): "A far tempo dal 1.1.1996 agli effetti del primo comma, secondo periodo e del secondo comma dell’art. 2120 c.c. si considera la retribuzione dovuta e corrisposta in ciascun anno in base all’ordinamento contabile della società. Tale retribuzione, ai sensi del secondo comma dell’art. 2120 c.c. ed in base alle norme del CCNL 1990/1992 e del successivo CCNL, è composta dagli elementi retributivi riportati nell’allegato 1) scaturenti dagli accordi vigenti". E tale allegato, integralmente trascritto (a pgg- 7 e 8 del ricorso), non annovera, nel pur analitico elenco delle ‘'Competenze per TFR", l’indennità di mancato godimento delle ferie. E parimenti il successivo accordo 24 settembre 1996 (come illustrato a pg. 9 del ricorso). E la circostanza è apertamente ammessa dai controricorrenti (a pg, 3 del controricorso), anche se diversamente interpretata.

Come noto, I’art. 2120, secondo comma c.c. disciplina il T.f.r. secondo il principio di omnicomprensività della retribuzione, nel senso della computabilità in esso di ogni compenso di natura retributiva della prestazione di lavoro, salvo che avvenga a titolo occasionale o di rimborso spese. La previsione è tuttavia derogabile, secondo l'incipit della disposizione: "Salvo diversa previsione dei contratti collettivi".

La giurisprudenza di questa Corte è consolidata nell'intendere la possibilità di deroga in modo chiaro ed univoco e non indiretto (Cass. 15 marzo 2010, n. 6204; Cass. 6 febbraio 2008, n. 2781). E tale requisito sì esplicita ulteriormente nella doverosa formulazione della norma collettiva in termini appunto chiari ed univoci, tenuto conto che "anche le relazioni sindacali, come i rapporti negoziali, devono ispirarsi a buona fede": sicché, atteso che la deroga al criterio dell'onnicomprensività rappresenta un condizionamento del diritto del lavoratore che cessa dal rapporto di lavoro, "questa limitazione non può essere introdotta in modo indiretto e quasi surrettizio, ma richiede ... che la deroga sia dichiarata espressamente o sia comunque desumibile in modo chiaro ed univoco" (così, in motivazione: Cass. 18 settembre 2007 n. 19350).

Ora, una tale deroga non deve necessariamente esprimersi in una specifica esclusione dì alcuni emolumenti dal calcolo del T.f.r., ben potendo la contrattazione collettiva dettare in via più generale un’autonoma e diversa nozione di retribuzione ai detti fini (Cass. 15 marzo 2010, n. 6204).

Ed è appunto ciò che nel caso di specie le parti sociali hanno operato con l’accordo 1 febbraio 1996 sopra citato, secondo il quale "A far tempo dal 1.1.1996 agli effetti del primo comma, secondo periodo e del secondo comma dell’art. 2120 c.c. si considera la retribuzione dovuta e corrisposta in ciascun anno ... composta dagli elementi retributivi riportati nell'allegato 1) scaturenti dagli accordi vigenti da cui ben ricavabile, in modo non indiretto ma chiaro ed univoco, l’esclusione dell'indennità di mancato godimento delle ferie in questione.

Dalle superiori argomentazioni discende allora coerente l’accoglimento del ricorso, con la cassazione della sentenza impugnata e rinvio, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Brescia in diversa composizione, che si atterrà al seguente principio di diritto: "Né l’indennità di mancato preavviso, né l’indennità di mancato godimento delle ferie rientrano nella base di computo del T.f.r. del personale delle F. s.p.a. Non la prima, siccome non dipendente dal rapporto di lavoro, per la sua riferibilità ad un periodo non lavorato, una volta avvenuta la cessazione del predetto rapporto, per la natura obbligatoria del preavviso, comportante la risoluzione immediata del rapporto. Non la seconda, in quanto esclusa dal calcolo del T.f.r. in modo non indiretto ma chiaro ed univoco, non già per espressa menzione e tuttavia ben ricavabile dalla disciplina, in via più generale, di un'autonoma e diversa nozione di retribuzione ai detti fini, contenuta negli accordi collettivi nazionali I febbraio 1996 e 24 settembre 1996".

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Brescia in diversa composizione.