Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 22 luglio 2015, n. 15395

Tributi - Condoni - Ltii fiscali pendenti ex art. 16, L. n. 289/2002 - Rottamazione ruoli ex art. 12, L. n. 289/2002 - Ricorso in cassazione - Quesito di censura meramente generico e teorico - Inammissibilità ricorso

 

Svolgimento del processo

 

G.S. ricorre con tre motivi per la cassazione della sentenza della CTR del Piemonte (n. 10/33/07 dep. 19.4.2007), che, confermando la decisione di primo grado, aveva respinto l'appello del contribuente contro il rigetto della definizione ex art. 16 l. 289/02 relativa a cartella esattoriale emessa ai sensi dell'art. 36 bis d.P.R. 600/73 per omessi versamenti di ritenute alla fonte relative all'anno 1996.

L'Agenzia delle entrate si costituisce con controricorso ribadendo l'infondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto.

 

Motivi della decisione

 

1. Col primo motivo, deducendo violazione e mancata applicazione dell'art. 16 co. 2 e dell'art. 17 co. 3 del d.lgs. 472/1997; violazione e mancata applicazione dell'art. 16, comma 3 lett. a) e lett. c) l. 289/2002; denunzia ai sensi dell'art. 62 d.lgs. 546/92 e art. 360 n. 3 c.p.c., il ricorrente chiede a questa Corte di dire: "se imposte e sanzioni (con quest'ultime collegate al tributo), congiuntamente iscritte nel ruolo a seguito dell'opzione dell'Ente impositore il quale si è avvalso della facoltà di omettere la previa formazione, e notificazione, dell'atto di contestazione delle (sole) sanzioni (collegate al tributo), risulti essere atto definibile in quanto, se è vero che qualitativamente risulta essere avviso di irrogazione delle sanzioni, quantitativamente, ai fini della definizione, deve essere definito in materia "mediata" tramite la definizione delle imposte (soltanto) con assorbimento delle sanzioni stesse".

2. Col secondo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione dell'art. 16 co. 3 lett. a) della l. 289/2002 nonché dell'art. 3 Cost. denunzia ai sensi dell'art. 62 d.lgs. 546/92 e 360 n. 3 c.p.c., il ricorrente chiede a questa Corte di dire: "se imposte e sanzioni (con quest'ultimo collegate al tributo), congiuntamente iscritte a ruolo a seguito dell'opzione dell'Ente impositore il quale si è avvalso della facoltà di omettere la previa formazione, e notificazione, dell'atto di contestazione della (sole) sanzioni (collegate al tributo), risulti essere atto definibile in quanto atto inquadrabile formalmente e sostanzialmente in "ogni altro atto d'imposizione".

3. Col terzo motivo, denunciando violazione e mancata applicazione dell'art. 10 della l. 212/2000, nonché dell'art. 8 del d.lgs. 546/92, ai sensi degli artt. 62 d.lgs. 546/92 e 360 n. 3 c.p.c., affermando che deve essere riconosciuta - nelle more del giudizio - al contribuente incorso in errore in buona fede, la possibilità di utilizzare gli altri strumenti deflattivi del contenzioso offerti dall'art. 12 della l. 289/2002 (rottamazione dei ruoli), il ricorrente chiede a questa Corte di dire: "se con atti (ruoli) che risultano oggettivamente "rottamabili" (il ricorrente si collocava in una situazione passiva nei confronti del Concessionario, in quanto aspettava il c.d. "invito") nonché soggettivamente "definibili" (il ricorrente si collocava in una situazione attiva nei confronti del concessionario, in quanto aveva predisposto l'atto introduttivo), possa essere riconosciuta la facoltà al ricorrente, nelle more del giudizio, di "convertire" la definizione della lite contestata all'Agenzia delle entrate in un'altra definizione (rottamazione) a seguito dell'errore riconoscibile in capo al ricorrente di aver utilizzato la definizione della lite art. 16 anziché la rottamazione dei ruoli art. 12".

4. I motivi sono inammissibili per evidente inammissibilità dei relativi quesiti. Le Sez. Un. di questa Corte hanno avuto più volte modo di affermare che il quesito di diritto deve essere formulato, ai sensi dell'art. 366 bis c.p.c. (applicabile ratione temporis, tenuto conto delle sopra indicate date di pronunzia e pubblicazione della sentenza impugnata), in termini tali da costituire una sintesi logico-giuridica unitaria della questione, onde consentire alla Corte l'enunciazione di una regula iuris suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata (Cass. S.U. n. 21672/2013).

Ai sensi della disposizione indicata, invero, il quesito inerente ad una censura di diritto - dovendo assolvere ad una funzione di integrare il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l'enunciazione del principio giuridico generale - non può essere meramente generico e teorico, ma deve essere calato nella fattispecie concreta, per mettere la Corte in grado di poter comprendere dalla sua sola lettura, l'errore asseritamente compiuto dal giudice a quo e la regola applicabile (Cass. n. 3530/2012).

5. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente alla rifusione delle spese processuali, liquidate come in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessive €. 2.000/00, oltre spese prenotate a debito.