Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 22 luglio 2015, n. 15432

Tributi - IVA, alI’IRAP, all’IRPEF e connesse addizionali - Cartelle di pagamento - Impugnazione

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con sentenza n. 936/27/14, depositata il 22 aprile 2014 e non notificata, la Commissione tributaria regionale della Puglia, sezione staccata di Foggia (hinc: «CTR») rigettava l’appello principale proposto dal contribuente R.L.M. nei confronti dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza n. 278/01/11 della Commissione tributaria provinciale di Foggia (hinc: «CTP») e, in accoglimento dell’appello incidentale proposto dalla predetta Agenzia nei confronti del M. avverso la medesima sentenza, dichiarava inammissibile il ricorso introduttivo proposto dal contribuente e condannava quest’ultimo a rimborsare all’Agenzia le spese di lite, liquidate in € 1.000,00 per il primo grado ed in € 1.800,00 per il grado di appello, oltre spese generali nella misura dei 10% ed accessori di legge se dovuti.

Il giudice di appello premetteva che: a) il contribuente, con due distinti ricorsi di contenuto analogo, aveva impugnato davanti alla CTP, rispettivamente, le cartelle di pagamento n. 043/2010/00137635/35 (di € 55.000,29) e n. 043/2010/00066501/46 (di € 8.599,34) relative all’IVA, alI’IRAP, all’IRPEF e connesse addizionali dell’ anno 2006, non notificategli e della cui esistenza aveva avuto notizia presso la sede della s.p.a. Equitalia, ottenendo poi il corrispondente estratto di ruolo; b) a sostegno delle impugnazioni, il ricorrente, dichiarando di ignorare le ragioni della asserita debenza delle imposte, deduceva: b.1.) la mancata indicazione del responsabile del procedimento; b.2.) l’intervenuta decadenza dalla pretesa erariale (ove le cartelle fossero state emesse ai sensi degli artt. 36-bis del d.P.R. n. 602 del 1973 (ndr: artt. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973) e 54-bis del d.P.R. n. 633 del 1972), data l’inesistenza della notificazione degli atti; b.3) comunque, l’infondatezza della pretesa; c) l’Agenzia resistente si era costituita tardivamente in entrambi i giudizi opponendo: c.1.) l’inammissibilità dei ricorsi, in quanto tardivamente proposti rispetto alla tempestiva (cioè rispettosa del termine di cui all’art. 25 del d.P..R. n. 602 del 1973,con riferimento alla dichiarazione presentata dal contribuente nel 2007) oltre che regolare notificazione delle cartelle, avvenuta il 13 ottobre ed il 9 luglio del 2010, secondo quanto risultava dall’anagrafe tributaria; c.2) il proprio difetto di legittimazione passiva, in quanto legittimata a resistere era esclusivamente l’agente della riscossione; d) il contribuente aveva rilevato, a sua volta, che la tardiva costituzione in giudizio della resistente comportava l’applicazione del principio di non contestazione di cui all’art. 115 cod. proc. civ. e che, nel caso di impugnazione di una cartella di pagamento non per vizi propri (come nella specie), la legittimazione passiva spettava all’ente impositore (come precisato dalle sezioni unite della Corte di cassazione con la sentenza n. 16412 del 2007); e) la CTP aveva riunito i ricorsi e li aveva accolti, affermando che il contribuente (in base alla sentenza citata dal ricorrente) poteva agire indifferentemente nei confronti dell’agente della riscossione o dell’ente impositore (il quale ultimo, nella specie, non aveva esercitato la facoltà di chiamare in causa l’agente della riscossione); f) la CTP aveva poi condannato l’Agenzia a rimborsare all’altra parte le spese di lite, liquidate in complessivi € 2.000,00, oltre accessori di legge; g) il contribuente aveva proposto appello principale in ordine alla quantificazione delle spese di lite; h) l’Agenzia, per contro, aveva proposto appello incidentale deducendo che: h.1.) l’onere di indicare il responsabile del procedimento spettava all’agente della riscossione; h.2.) il contribuente si era scientemente sottratto ai propri obblighi fiscali, in quanto aveva scelto, con cognizione di causa, di non ricevere le cartelle di pagamento (precedute dalle comunicazioni di irregolarità), emesse ai sensi degli artt. 36-bis del d.P.R. n. 602 del 1973 (ndr: artt. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973) e 54-bis del d.P.R. n. 633 del 1972 e regolarmente notificate secondo le modalità della irreperibilità soggettiva (l’Agenzia produceva la relata di notifica della cartella n. 043/72010/00066501 e si riservava di produrre la relata dell’altra cartella); i) l’appellato incidentale replicava che: i.1) la prova nella notificazione delle cartelle non era stata fornita in primo grado; i.2) comunque, nella notificazione delle medesime cartelle, nessun avviso era stato affisso alla porta dell’abitazione; i.3.) la controparte non aveva prodotto copia conforme della cartella notificata a norma dell’art. 148 cod. proc. civ.; i.4.) comunque non era stato rispettato il termine di cui all’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973.

Su queste premesse, la CTR dichiarava che: a) l’appello principale era inammissibile per la mancata dimostrazione del deposito di copia dell’appello nella segreteria della CTP ai sensi del comma 2 dell’art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992; b) l’appello incidentale era, invece, ammissibile, nonostante che detto deposito fosse stato omesso anche da parte dell’appellante incidentale, perché quest’ultimo non aveva obbligo dì notificare l’impugnazione incidentale e, pertanto (contrariamente a quanto affermato dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 4679 del 2012), non era tenuto ad alcun deposito, anche in considerazione del fatto che è vietato applicare in via analogica ipotesi di inammissibilità dell’appello e che la ratio della disposizione è "oscura" e non può essere quella di impedire il rilascio della copia esecutiva della sentenza di primo grado, visto che analogo deposito non è previsto né per il ricorso per revocazione né per quello per cassazione e visto che l’indicata esigenza è già soddisfatta dalla richiesta della segreteria della CTR alla segreteria della CTP di trasmettere il fascicolo d’ufficio, ai sensi del comma 3 dello stesso art. 53; c) nel merito, l’appello incidentale era fondato, perché: c.1.) l’agente della riscossione può assumere la veste di parte del processo tributario non quando sia contestata la debenza del tributo, ma solo quando l’atto sia stato impugnato per vizi ad esso direttamente imputabili (compresa la notificazione); c.2.) l’agente della riscossione, nelle cause promosse nei suoi confronti che non riguardino esclusivamente la regolarità e la validità degli atti esecutivi, deve chiamare in causa l’ente impositore (ai sensi dell’art. 39 del d.lgs. n. 112 del 1999 e, in precedenza, dell’art. 40 del d.P.R. n. 43 del 1988) ove non voglia rispondere, in quanto adiectus solutionis causa, delle conseguenze della lite; c.3) invece, nel caso in cui vengano dedotti motivi di impugnazione relativi all’inesistenza del credito, anche se con riferimento alla regolarità della notificazione, la legittimazione passiva spetta all’ ente impositore, il quale non può chiamare in causa l’agente della riscossione (in quanto, ai sensi dell’art. 19, lettera e, del d.lgs. n. 112 del 1999, l’agente della riscossione può ottenere ugualmente il discarico di responsabilità se i vizi procedurali a lui imputabili non abbiano influito sull’esito della procedura); c.4.) il convenuto ente impositore può chiamare in giudizio l’agente della riscossione solo nel caso in cui la lite sia comune; c.5) la domanda proposta nei confronti dell’ente impositore per vizi riguardanti esclusivamente l’attività dell’agente della riscossione è inammissibile, come è inammissibile, simmetricamente, la domanda proposta nei confronti dell’agente della riscossione per vizi riferibili esclusivamente all’ente impositore; c.6.) la sentenza delle sezioni unite della Corte di cassazione n. 16412 del 2007, secondo cui il ricorrente può indifferentemente, a sua scelta, convenire l’ente impositore o l’Agente della riscossione, riguarda l’ipotesi in cui sia stato notificato solo l’atto consequenziale e non l’atto presupposto e, pertanto, il caso non si attaglia a quello di causa, in cui il contribuente fa valere, invece, solo la mancata notificazione della cartella (emessa per la liquidazione di imposte in base alle dichiarazioni), cioè fa valere l’inerzia relativa ad un’attività rientrante «nella competenza esclusiva del concessionario, non chiamato in giudizio», e che non incide sull’esistenza del credito, se non prescritto, ma esclusivamente sul «procedimento speciale esattoriale»; c.7) anche la deduzione del contribuente circa la nullità per omessa indicazione del responsabile del procedimento nella cartella (peraltro asseritamente non ricevuta) riguardava un’attività propria dell’agente della riscossione; c.8) pertanto, dato il difetto di legittimazione passiva dell’Agenzia delle entrate, era inammissibile il ricorso introduttivo, con conseguente manifesta infondatezza dell’appello principale e preclusione delle questioni sollevate in appello; d) ad abundantiam doveva sottolinearsi l’inammissibilità del ricorso introduttivo anche nel merito, perché: d.1) nel giudizio di primo grado, l’amministrazione finanziaria non aveva potuto documentare (se non con i dati dell’anagrafe tributaria) la notificazione delle impugnate cartelle, in quanto l’attività notificatoria è riservata all’agente della riscossione e la relata va conservata dall’Agente della riscossione (art. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973); d.2.) la medesima amministrazione finanziaria aveva prodotto in appello sia la relata di notificazione di una delle due cartelle impugnate, sia gli avvisi postali di ricevimento (il 13 agosto 2009, con sottoscrizione della moglie convivente; ed il 24 settembre 2009, con sottoscrizione del M. personalmente) ed aveva perciò dimostrato la pretestuosità e genericità dell’assunto del ricorrente secondo il quale «nulla era dovuto»; d.3.) la dedotta mancata affissione dell’avviso di deposito alla porta dell’abitazione, con richiamo difensivo alla sentenza della Corte costituzionale n. 258 del 2012, era inconferente, dal momento che le norme dichiarate incostituzionali non possono avere applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale e dal momento che nella specie era stata seguita la procedura notificatoria dell’art. 140 cod. proc. civ. («suggerita» dalla Corte costituzionale), con deposito dell’avviso nell’albo del piccolo Comune di Bovino e con successivo invio di una lettera raccomandata informativa, non ritirata dal contribuente e restituita per compiuta giacenza, con conseguente sanatoria dell’eventuale mancata affissione sulla porta dell’abitazione (adempimento, peraltro, non previsto nel modello ministeriale di notifica), come precisato da numerose pronunce della Corte di cassazione (n. 8829 del 1998; n. 15856 del 2009; n. 11713 del 2011; n. 258 del 201); d.4.) la relata di cui all’art. 148 cod. proc. civ. è prevista solo per le notificazioni effettuate per il tramite dell’ufficiale giudiziario e non per le notificazione effettuate per mezzo del servizio postale o ai sensi degli artt. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973 e 60 del d.P.R. n. 600 del 1973 (secondo il modello ministeriale di cartella, comprensivo di due parti: una "matrice" staccabile, concernente la relata di notificazione; l’altra concernente il contenuto della cartella), come risultava dalla sentenza della Corte di cassazione n. 14105 del 2000; d.4.) il disconoscimento, da parte del contribuente, della conformità all’originale della copia della relata di notificazione della cartella n. 04320100006650146000 era irrilevante, in quanto l’ente impositore non era in possesso dell’originale e l’art. 2719 cod. civ. riguarda solo il privato, non l’ente pubblico autorizzato a rilasciare copie di atti in suo possesso.

2. - Avverso la sentenza di appello, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a nove motivi, notificato all’Agenzia delle entrate il 24 - 30 giugno 2014 ed illustrato con memoria presentata ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ.

3.- La predetta Agenzia resiste con controricorso notificato alla ricorrente il 17 - 19 settembre 2014.

 

Considerato in diritto

 

1. — Con il primo motivo del ricorso, il ricorrente denuncia — in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.- la violazione dell’art. 53, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992 (come modificato dall’art. 3-bis del d.l. n. 203 del 2005, quale convertito dalla legge n. 248 del 2005), in quanto la CTR ha ritenuto ammissibile l’appello incidentale proposto dall’Agenzia delle entrate, nonostante il mancato deposito di copia dell’impugnazione nella segreteria della CTP. Secondo la ricorrente, infatti, tale deposito si sarebbe reso necessario a séguito della propria inottemperanza, quale appellante principale, all’incombente del deposito di copia dell’appello principale nella segreteria della CTP.

II motivo di ricorso è fondato.

1.1. - Va preliminarmente rilevato che l’interesse al motivo di ricorso discende dalla doppia pronuncia della CTR, emessa d’ufficio, secondo cui, per un verso, l’appello principale del contribuente è inammissibile per il suddetto mancato deposito (pronuncia non oggetto di ricorso per cassazione) e, per altro verso, l’appellante incidentale (l’Agenzia delle entrate), anche in caso di mancato deposito dell’appello principale, non è tenuto al deposito nella segreteria della CTP dell’appello incidentale (pronuncia oggetto di ricorso per cassazione).

1.2 - In particolare, la CTR si pone in esplicito contrasto con la sentenza di questa Corte n.4679 del 2012, affermando l’inesistenza dell’obbligo di deposito dell’appello incidentale in caso di mancato deposito dell’appello principale. Il giudice di secondo grado motiva sulla base delle seguenti argomentazioni: a) l’appellante incidentale non ha l’obbligo di notificare l’impugnazione incidentale e, pertanto, a lui non si applica l’evocato art. 53, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, che, invece, presuppone la notifica dell’appello; b) la ratio della disposizione relativa all’onere del deposito è "oscura" e non può essere quella di impedire il rilascio, da parte della segreteria della CTP, di una erronea attestazione del passaggio in giudicato di una sentenza di primo grado in realtà impugnata, visto che analogo deposito non è previsto né per il ricorso per revocazione né per quello per cassazione e visto che l’indicata esigenza è già soddisfatta dalla richiesta della segreteria della CTR alla segreteria della CTP di trasmettere il fascicolo d’ufficio, ai sensi del comma 3 dello stesso art. 53; c) è vietato applicare in via analogica l’inammissibilità per mancato deposito dell’appello principale notificato alla diversa ipotesi di appello incidentale non notificato.

Nessuna di tali argomentazioni è fondata.

1.2.1. - In primo luogo, il secondo periodo del comma 2 dell’art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992 (come modificato dall’art. 3-bis del d.l. n. 203 del 2005, quale convertito dalla legge n. 248 del 2005) non presuppone, sul piano testuale (diversamente dal primo periodo), la notificazione dell’appello, perché la sua formulazione («Ove il ricorso non sia notificato a mezzo di ufficiale giudiziario») non riguarda le sole ipotesi di appello notificato (non equivale, cioè, alla formulazione «Ove il ricorso sia notificato non a mezzo di ufficiale giudiziario») e, pertanto, si riferisce anche all’appello incidentale, che, non essendo notificato, a maggior ragione non può ritenersi «notificato a mezzo ufficiale giudiziario».

1.2.2. - In secondo luogo, la ratio della disposizione non è "oscura", ma è stata identificata dalla Corte costituzionale (con riguardo all’appello principale) e da questa Corte nella finalità di rendere nota alla CTP l’impugnazione della sentenza ed impedire, cosi il rilascio della copia esecutiva di una sentenza di primo grado impugnata. In particolare, come rilevato dalla Corte costituzionale con le pronunce n. 321 del 2009, n. 43 del 2010 e n. 17 del 2011: a) la disposizione ha l’apprezzabile scopo di informare tempestivamente la segreteria del giudice di primo grado dell’appello notificato senza il tramite dell’ufficiale giudiziario e, quindi, di impedire l’erronea attestazione del passaggio in -giudicato della sentenza della Commissione tributaria provinciale (sentenza n. 321 del 2009); b) tale finalità non è soddisfatta dall’obbligo, posto a carico della segreteria del giudice di appello dall’art. 53, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992, di richiedere alla segreteria presso il giudice di primo grado la trasmissione del fascicolo processuale con la copia autentica della sentenza impugnata «subito dopo il deposito del ricorso in appello», perché la suddetta richiesta viene avanzata dalla segreteria del giudice di appello solo «dopo» la costituzione in giudizio dell’appellante e, pertanto, non consente alla segreteria del giudice di primo grado di avere tempestiva notizia della proposizione dell’appello, considerando anche il tempo necessario a che essa pervenga alla segreteria della Commissione tributaria provinciale e, di conseguenza, tale richiesta non è idonea ad evitare il rischio di una erronea attestazione del passaggio in giudicato della sentenza di primo grado, limitandosi essa a consentire al giudice di secondo grado di ottenere la disponibilità del fascicolo in tempo utile per la trattazione della causa in appello; d) l’applicabilità della disposizione censurata ai soli casi in cui l’appello non venga notificato per il tramite dell’ufficiale giudiziario trova adeguata giustificazione nel fatto che, nei casi in cui la notificazione sia invece effettuata mediante ufficiale giudiziario, la tempestiva notizia della proposizione dell’appello è fornita alla segreteria del giudice di primo grado dallo stesso ufficiale giudiziario, ai sensi dell’art. 123 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile (applicabile al processo tributario in virtù del generale richiamo alle norme del codice di procedura civile, effettuato dal comma 2 dell’art. 1 del d.lgs. n. 546 del 1992), secondo cui «L’ufficiale giudiziario che ha notificato un atto d’impugnazione deve dame immediatamente avviso scritto al cancelliere del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata»; e) il rischio del rilascio di erronee attestazioni di passaggio in giudicato delle sentenze delle Commissioni tributarie provinciali non è affatto escluso o ridotto dalla possibilità di revocare successivamente l’erronea attestazione del passaggio in giudicato della sentenza; f) l’inammissibilità dell’appello per mancata o tardiva costituzione in giudizio dell’appellante (ai sensi degli artt. 53, comma 2, primo periodo, e 22, commi 1, 2 e 3, del d.lgs. n. 546 del 1992) può sempre essere dimostrata dall’interessato quando richieda l’attestazione del passaggio in giudicato della sentenza di primo grado per la quale sia stato effettuato il deposito di cui alla disposizione censurata; g) là dove l’appellante abbia scelto di notificare il ricorso in appello non avvalendosi dell’ufficiale giudiziario, l’unico deterrente per indurre l’appellante a fornire tempestivamente alla segreteria del giudice di primo grado la documentata notizia della proposizione dell’appello stesso è rappresentato dalla sanzione della inammissibilità prevista dalla norma; g) l’adempimento del deposito non comporta, per la parte, particolari difficoltà e, dunque, non rende estremamente difficile l’esercizio del suo diritto di difesa.

Non è pertinente, infine, l’osservazione del ricorrente che analogo deposito non è previsto né per il ricorso per revocazione né per quello per cassazione. Infatti, la revocazione è proposta davanti allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata (con conseguente agevole conoscenza, mediante semplici accorgimenti organizzativi interni al singolo ufficio giudiziario, della proposizione del ricorso per revocazione); il ricorso per cassazione, poi, è proposto con notificazione tramite ufficiale giudiziario (o soggetti equiparati), ai sensi dell’art. 137 cod. proc. Civ., con obbligo della sopra menzionata comunicazione di cui all’art. 123 disp. att. cod. proc. civ. alla segreteria della CTR.

1.2.3. - In terzo luogo, va ribadito quanto osservato da questa Corte con la citata sentenza n. n. 4679 del 2012 (seguita da Cass. n. 12017 e n. 27420 del 2013, nonché n. 7220 del 2015 e, quindi, contrariamente a quanto affermato dalla controricorrente Agenzia delle entrate, niente affatto «isolata»), secondo cui l’appello incidentale è inammissibile, anche se tempestivamente proposto, quando non sia depositata copia dello stesso nella segreteria della CTP che ha pronunciato la sentenza impugnata, ove sia inammissibile, per il mancato deposito nella segreteria della CTP, anche l’appello principale. Infatti, benché l’impugnazione incidentale non tardiva non sia travolta dall’inammissibilità di quella principale, l’incombente del deposito deve ritenersi imposto anche all’appellante incidentale tempestivo, ai sensi dell’art. 53, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, in quanto diretto ad evitare il rischio di un’erronea attestazione del passaggio in giudicato della sentenza impugnata. Né la previsione di tale onere rende estremamente difficile l’esercizio del diritto di difesa dell’appellante incidentale, il quale può utilizzare il termine di sessanta giorni dalla notifica dell’appello principale per costituirsi e, quindi, per verificare se l’appellante principale abbia effettuato l’adempimento o se, invece, egli debba a lui "surrogarsi" (in senso lato, non potendo essere sanata l’inammissibilità dell’appello principale) per evitare la pronuncia di inammissibilità. Il tenore testuale dell’art. 53, comma 2, secondo periodo, del d.lgs. n. 546 del 1992 (come evidenziato al punto 1.2.1.) consente tale interpretazione, in coerenza con le indicate esigenze sistematiche di ridurre il rischio di erronee attestazioni di giudicato. Non sussiste, pertanto, alcuna applicazione analogica a fattispecie diverse, ma solo la diretta applicazione della citata disposizione all’ipotesi di appello incidentale, in coerenza con la lettera della legge e con la ratio della norma (evidenziata dalla Corte costituzionale, come sopra visto, con riguardo all’appello principale).

1.2.4.- In conclusione, la CTR doveva dichiarare inammissibile, oltre all’appello principale, anche quello incidentale.

1.3. - Quanto sopra rilevato comporta la cassazione della sentenza (per la parte) impugnata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito dichiarando inammissibile l’appello incidentale.

2. - Con il secondo motivo del ricorso, il ricorrente denuncia - in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.- la violazione degli artt. 10 del d.lgs. n. 546 del 1992 e 39 del d.lgs. n. 112 del 1999, come interpretati dalle sezioni unite della Corte di cassazione con la sentenza n. 16412 del 2007.

Secondo il ricorrente, la CTR, nel ritenere inammissibile il ricorso introduttivo perché proposto nei confronti dell’ente impositore, invece che nei confronti dell’agente della riscossione, ha violato il principio giurisprudenziale (espresso dalla citata sentenza e da altre successive) secondo cui l’omessa notificazione dell’atto presupposto non costituisce vizio proprio dell’atto consequenziale, cosicché la legittimazione passiva resta in capo all’ente impositore e non al «concessionario», il quale, se fatto destinatario dell’impugnazione, dovrà chiamare in giudizio il predetto ente, se non vuole risponde^dell’esito della lite, senza che il giudice possa ordinare l’integrazione del contraddittorio, poiché nella fattispecie non ricorre una ipotesi di litisconsorzio necessario. In particolare - prosegue il contribuente -, detto principio è applicabile al caso (identico a quello di specie) di cartella emessa ai sensi degli artt. 36-bis del d.P.R. n. 602 del 1973 (ndr: artt. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973) e 54-bis del d.P.R. n. 633 del 1972 in relazione alla quale venga dedotta la decadenza del potere impositivo per tardività della notificazione dell’atto, con la conseguenza che legittimato passivo dell’impugnazione è l’ente impositore e non l’agente della riscossione, il quale, se evocato in giudizio, dovrà chiamare in giudizio il predetto agente, se non vuole rispondere dell’esito della lite (Cass. n. 14032 del 2011; n. 10646 del 2013; n. 8137 e n. 10477 del 2014; tutte in contrasto con il diverso principio espresso da Cass. n. 24927 del 2011): pertanto, conclude la ricorrente, l’Agenzia delle entrate doveva ritenersi legittimata passiva in ordine all’impugnazione con cui si faceva valere sia «r omissione/nullità della notifica delle due cartelle di pagamento», sia la decadenza dal potere impositivo ai sensi dell’art. 25, comma 1, del d.P.R. n. 602 del 1973, sia l’omessa indicazione del responsabile del procedimento.

2.1. - Il secondo motivo di ricorso è assorbito dall’accoglimento del primo.

3. - Gli altri sette motivi di ricorso sono dichiaratamente prospettati «ad abundantiam», in quanto il ricorrente assume che le correlative affermazioni della CTR costituiscono obiter dieta e non autonome rationes decidendi.

Con il terzo motivo del ricorso, il ricorrente denuncia - in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.- la violazione degli artt. 136 della Costituzione e 30 della legge «costituzionale» n. 87 del 1953, in quanto la CTR ha erroneamente affermato che la dichiarazione di incostituzionalità di cui alla sentenza della Corte costituzionale n. 258 del 2012 è efficace dal giorno successivo alla sua pubblicazione e, quindi, non ha effetto sulle notificazioni effettuate in data anteriore.

Con il quarto motivo del ricorso, con riguardo alla sola cartella di pagamento n. 04320100006650146000, il ricorrente denuncia - in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ.- sia la violazione dell’art. 140 cod. proc. civ., sia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio. Secondo la ricorrente, la CTR, nel ritenere regolare la notificazione della cartella per temporanea assenza del destinatario, aveva omesso di considerare che era stato omesso l’adempimento dell’affissione alla porta dell’abitazione dell’avviso di deposito nell’albo della casa comunale (violazione di legge) e che la raccomandata informativa non era stata consegnata al contribuente destinatario della notifica, ma era stata restituita al mittente per compiuta giacenza (fatto decisivo), cosi impedendo ogni sanatoria della nullità derivante dalla predetta omissione.

Con il quinto motivo del ricorso, sempre con riguardo alla sola cartella di pagamento n. 04320100006650146000, il ricorrente denuncia - in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.- la violazione del principio dell’onere della prova, la violazione e falsa applicazione degli artt. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973, 60 del d.P.R. n. 600 del 1973, 137 «e seguenti» cod. proc. civ., nonché la violazione e falsa applicazione degli artt. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973, (con l’allegato 1) del d.m. 28 giugno 1999 relativo al modello della cartella di pagamento. Secondo la ricorrente, la CTR, nel ritenere regolare la notificazione della cartella per temporanea assenza del destinatario: a) non aveva considerato che (come ribadito in appello) il solo foglio contenente una relata di notificazione prodotto dall’Agenzia (in luogo della copia conforme all’originale dell’intera cartella completa della relata di notificazione) non dimostrava la notificazione dell’intera cartella; b) aveva erroneamente ritenuto non applicabili gli artt. 137 e seguenti del cod. proc. civ. (in particolare, l’art. 148), invece richiamati dagli artt. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973, 60 del d.P.R. n. 600 del 1973; c) aveva affermato, in contrasto con il citato d.m., che la cartella è composta da due parti, di cui una staccabile (la "matrice", asseritamente concernente la notifica), senza considerare né che non è più prevista alcuna "matrice" staccabile, né che non era stato conservato il doppio originale della cartella con la relata di notificazione o (nell’ipotesi di notificazione a mezzo del servizio postale) l’avviso postale di ricevimento.

Con il sesto motivo del ricorso, il ricorrente denuncia l’illegittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., dell’art. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973, ove interpretato nel senso che non è necessaria la notificazione della cartella di pagamento mediante consegna del doppio originale ai sensi dell’art. 148 cod. proc. civ., perché, in caso contrario, vi sarebbe una ingiustificata disparità di trattamento rispetto alla notificazione dell’avviso di accertamento (come desumibile dalla sentenza della Corte costituzionale n. 258 del 2012). Secondo il ricorrente la questione è rilevante, perché il suo accoglimento comporterebbe la conferma della sentenza di primo grado.

Con il settimo motivo del ricorso, il ricorrente denuncia - in relazione all’art. 360, primo comma, n.3en. 5, cod. proc. civ - la violazione e falsa interpretazione degli artt. 2714 e 2719 cod. civ. e dell’art. 18 del d.P.R. n. 445 del 2000, nonché la motivazione apparente su un fatto decisivo e controverso del giudizio. Secondo il ricorrente, la CTR, nel ritenere provata la notificazione della cartella n. 04320100006650146000 in base alla copia di un foglio contenente la relata di notificazione non aveva tenuto conto dell’espresso disconoscimento della conformità della fotocopia (priva di autenticazione) rispetto all’originale.

Con l’ottavo motivo del ricorso, con riferimento alla cartella n. 043/2010/0013763535, il ricorrente denuncia - in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.- l’omessa pronuncia sull’eccezione (riproposta in appello) della mancata prova (neppure in grado di appello), da parte dell’Agenzia, della notificazione della predetta cartella.

Con il nono motivo del ricorso, espressamente proposto in via gradata rispetto al precedente, il ricorrente, sempre con riferimento alla cartella n. 043/2010/0013763535, denuncia - in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.- l’omessa motivazione del punto decisivo e controverso, oggetto di discussione, circa l’esistenza e la correttezza della notificazione della cartella.

3.1. - I suddetti sette motivi di ricorso (dal terzo al nono) sono assorbiti dall’accoglimento del primo in quanto attengono a pronunce della CTR riguardanti l’appello incidentale dell’Agenzia delle entrate.

4. - Le spese di lite del giudizio di appello, tenuto conto dell’esito complessivo di quella impugnazione (dichiarazione di inammissibilità sia dell’appello principale, sia dell’appello incidentale) vanno integralmente compensate tra le parti.

Le spese del presente giudizio di legittimità, invece, seguono la soccombenza della controricorrente Agenzia.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbiti gli altri motivi di ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile l’appello incidentale proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza di primo grado; compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di appello; condanna la controricorrente Agenzia delle entrate a rimborsare al ricorrente le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi € 4.500,00 (di cui € 4.200,00 per compensi), oltre accessori di legge.