Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 22 luglio 2015, n. 15428

IVA - Rimborso -Fattispecie

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con sentenza n. 117/32/08, depositata il 24 ottobre 2008 e non notificata, la Commissione tributaria regionale della Campania (hinc: «CTR») rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate nei confronti della s.r.l. A.L Agricola C. (hinc: «s.r.l.») avverso la sentenza n. 185/08/2007 della Commissione tributaria provinciale di Caserta (hinc: «CTP») e compensava tra le parti, per «giusti motivi», le spese del giudizio.

Il giudice di appello premetteva che: a) in primo grado, la s.r.l. aveva impugnato l’atto con cui l’Agenzia delle entrate, adducendo la mancanza di operazioni imponibili attive con cui compensare quelle passive, le aveva negato il rimborso dell’IVA relativa al 2003; b) l’adita CTP aveva accolto il ricorso affermando che, per il rimborso, è sufficiente (ai sensi dell’art. 30 del d.P.R. n. 633 del 1972) un ammontare detraibile superiore all’IVA sulle operazioni imponibili, senza necessità di aver posto in essere operazioni imponibili attive; c) l’ufficio tributario aveva appellato la sentenza di primo grado, deducendo che la s.r.l. aveva svolto solo operazioni passive per beni strumentali e, rientrando nel novero delle società non operative, non aveva diritto al rimborso IVA; d) l’appellata aveva replicato eccependo l’inammissibilità dell’appello in quanto privo di motivi specifici ed opponendo, nel merito, di aver svolto operazioni attive dal 2004, con graduale progressione.

Tanto premesso, la CTR rilevava che l’appellante Agenzia, pur sostenendo che il rimborso IVA non è dovuto in mancanza di operazioni imponibili attive, non aveva contestato né che la s.r.l. avesse effettivamente sostenuto i costi indicati per la detrazione IVA né che l’art. 30 del d.P.R. n. 633 del 1972 non condiziona il rimborso all’effettuazione di dette operazioni attive. Il giudice di secondo grado dichiarava, pertanto, di rigettare l’appello «a prescindere se la società appellata possa annoverarsi tra le imprese non produttive, ciò che la difesa della contribuente ha escluso con convincenti motivazioni».

2. - Avverso la sentenza di appello, l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, notificato il 2- 9 dicembre 2009.

3. La s.r.l. resiste con controricorso notificato il 21 gennaio 2010.

 

Considerato in diritto

 

1. - Con l’unico motivo del ricorso, corredato da quesito motivazionale, l’Agenzia delle entrate denuncia - in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. - la insufficiente motivazione sul fatto controverso e decisivo costituito dalla non operatività della s.r.l. dalla sua costituzione (avvenuta il 21 febbraio 1986) fino al 2003: secondo la ricorrente, la CTR ha motivato sul punto limitandosi a rinviare alle difese della contribuente senza esporle e senza farle proprie con autonomo convincimento.

1.1.- Il motivo è inammissibile perché non incide sulla effettiva ratio decidendi della sentenza di appello. La CTR, infatti, ha basato la sua pronuncia sull’assunto, in punto di diritto, che il rimborso dell’eccedenza IVA è consentito dalla legge anche in mancanza di operazioni imponibili attive ed ha aggiunto che, per tale ragione, era irrilevante accertare se la società appellata potesse annoverarsi o no tra le imprese non produttive, anche se la difesa della contribuente aveva escluso tale inoperatività «con convincenti motivazioni». Il giudice di appello afferma testualmente di decidere: «a prescindere se la società appellata possa annoverarsi tra le imprese non produttive, ciò che la difesa della contribuente ha escluso con convincenti motivazioni». La censura della ricorrente, dunque, attiene ad un punto (la qualificabilità della contribuente come "società non operativa", ai sensi di legge) dal quale la stessa sentenza di appello ha inteso «prescindere». Non viene censurato, invece, il principio posto a base della medesima sentenza, secondo cui l’art. 30 del d.P.R. n. 633 del 1972 non condiziona il rimborso all’effettuazione di dette operazioni attive (principio, peraltro, in contrasto con il consolidato orientamento di questa Corte: Cass. n. 15224 del 2004; n. 27046 del 2005; n. 4335 del 2007; n. 28082 del 2013; n. 1077 e n. 1081 del 2014).

2. - Il controricorso è inammissibile perché è stato proposto tardivamente. Infatti il ricorso risulta notificato il 2- 9 dicembre 2009 e, pertanto, il controricorso doveva essere notificato entro il 18 gennaio 2010 (lunedì), mentre è stato notificato il 21 gennaio 2010.

3. - La rilevata tardività del controricorso esclude il rimborso delle spese del presente giudizio di legittimità in favore della società.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile l’unico motivo di ricorso, nonché il controricorso.