Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 17 luglio 2015, n. 15085

Lavoro - Svolgimento di mansioni dirigenziali - Differenze retributive - Accertamento

Svolgimento del processo

 

C.A., premesso di avere ottenuto dal Tribunale di Vibo Valentia sentenza, confermata in appello, con cui, riconosciutegli lo svolgimento di mansioni dirigenziali presso la sede Inps di Vibo Valentia, l'Istituto era stato condannato a corrispondere in suo favore le differenze retributive per il periodo 1.7.1998-31.8.1999 e di avere continuato a svolgere, anche successivamente a tale periodo e fino al 2.4.2001, le mansioni di livello dirigenziale accertate nella predetta sentenza, convenne in giudizio l’Istituto chiedendone la condanna al pagamento delle differenze retributive per il periodo 1.9.1999 - 2.4.2001.

Il Giudice adito accolse la domanda e la Corte d’Appello di Napoli, con sentenza del 17.1-6.4.2013, rigettò il gravame proposto dall’lnps.

A sostegno del decisum la Corte territoriale rilevò che:

- come risultante dalle emergenze istruttorie, testimoniali e documentali, era provato che il C. aveva continuato a svolgere le precedenti mansioni anche per il periodo per cui è causa;

- restavano confermate, fino al 2.4.2001, le mansioni in precedenza svolte e coperte dal giudicato del Tribunale (come comprovato dal certificato di non proposto ricorso per cassazione avverso la pronuncia confermativa della stessa resa in grado d’appello);

- la sentenza d’appello aveva altresì preso in considerazione la prova documentale richiamata nel presente giudizio e con detta pronuncia risultava coperta dal giudicato anche la questione relativa allo svolgimento da parte del C. di funzioni dirigenziali nella qualità di "Vicario", riferimento ritenuto non ostativo al riconoscimento delle mansioni superiori;

- anche l’argomento sollevato dall'Istituto, secondo cui il momento iniziale di potenziale rilevanza delle mansioni superiori nel pubblico impiego sarebbe stato da rintracciarsi solo con l’Accordo quadro del 22.10.2001, era stato richiamato e respinto nei ridetti precedenti giudizi.

Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, l'Inps ha proposto ricorso fondato su un unico motivo.

C.A. ha resistito con controricorso, illustrato con memoria.

 

Motivi della decisione

 

1. Preliminarmente osserva la Corte che il ricorrente ha indicato in ricorso che la sentenza impugnata non è stata notificata ed ha prodotto la copia autentica della sentenza priva della relata di notificazione.

Nel corso del giudizio il controricorrente, in una con l’istanza di prelievo, ha tuttavia depositato la copia notificata della sentenza (effettuata a mezzo del servizio postale agli avvocati che avevano difeso l’Inps in grado d’appello presso il domicilio eletto dell’Avvocatura dell’lnps, via G.F., Napoli), eccependo la tardività del ricorso, per essere la suddetta notifica avvenuta, con ricezione del plico, in data 18.12.2013, nel mentre il ricorso era stato notificato dall’Istituto l’8.4.2014.

Tale notificazione, effettuata a mezzo del servizio postale, risulta corredata da un avviso di ricevimento che presenta il timbro dell’ufficio postale in data 18.12.2013 e un timbro (delle P.I.) in corrispondenza del quale risulta apposta una sigla, la quale, proprio per quanto può desumersi dalla sua collocazione, appare riferibile all’addetto al recapito e alla data di spedizione della comunicazione dell’avvenuta notifica.

L’avviso di ricevimento contiene altresì un timbro dell’lnps, sede di Napoli; non risulta tuttavia, sempre da tale avviso di ricevimento, la sottoscrizione della persona alta quale venne consegnato il piego, né la specificazione della qualità rivestita dal consegnatario, come richiesto dall’art. 7, comma 4, legge n. 890/82; il carattere cogente della presenza di tali elementi ("L'avviso di ricevimento ed il registro di consegna debbono essere sottoscritti dalla persona alla quale è consegnato il piego e, quando la consegna sia effettuata a persona diversa dal destinatario, la firma deve essere seguita, su entrambi i documenti summenzionati, dalla specificazione della qualità rivestita dal consegnatario, con l'aggiunta, se trattasi di familiare, dell’indicazione di convivente anche se temporaneo") impedisce, stante la loro mancanza, di ritenere perfezionata la notificazione.

Ne discende la procedibilità del ricorso e la sua tempestività, essendo stato rispettato il termine di cui all’art. 327 cpc (nel testo, applicabile al presente giudizio, precedente alla modifica introdotta con la legge n. 69/09).

2. Con l’unico motivo il ricorrente, denunciando violazione di plurime norme di diritto, si duole che la Corte territoriale non abbia tenuto conto che, a seguito del processo di rinnovamento organizzativo intrapreso dall'Istituto con la delibera 28 luglio 1998, n. 799, dando attuazione alle disposizioni di cui agli artt. 16 e 17 dl.vo n. 29/93 e successive modifiche, erano stati ridisegnati, con valenza immediata, i compiti e le funzioni della dirigenza, cosicché nessun rilievo avrebbe potuto attribuirsi all’avvenuto svolgimento di mansioni che, nel precedente ordinamento, erano attribuite al dirigente.

2.1 Osserva la Corte che il motivo, così come proposto e svolto, non contiene pertinenti argomentazioni critiche rispetto alla ratio decidendi che sostiene la sentenza impugnata, ossia che il riconoscimento delle funzioni dirigenziali (anche) per il periodo per cui è causa discende dal giudicato formatosi sull’idoneità a tal fine delle mansioni svolte nel periodo precedente.

Ed invero, come affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, in caso di situazioni giuridiche di durata, oggetto del giudicato è l’unico rapporto giuridico continuato e non gli effetti verificatisi nei singoli periodi del suo svolgimento, e l’accertamento, passato in giudicato, sull’esistenza di tutti gli elementi voluti dalla legge per la configurazione del rapporto continua ad esplicare i suoi effetti sul rapporto stesso a situazione normativa e fattuale immutata (cfr, ex plurimis, Cass., SU, n. 383/1999; Cass., nn. 3230/2001; 5448/2001; 6628/2006); ossia, in altri termini, qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno dei due sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l'accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe le cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza con autorità di cosa giudicata, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, e ciò anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il petitum del primo.

Ne consegue che le argomentazioni svolte dall’lnps, contestative della giuridica fondatezza delle pretese azionate, ancorché abbiano trovato riscontro in numerose pronunce di questa Corte (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 10540/2007; 9025/2007; 22890/2008; 23567/2008; 25578/2008; 17367/2010; 4757/2011; 719/2012; 8301/2012; 21098/2012; 2860/2013; 14013/2013; 5332/2014), non sono idonee a contrastare le ragioni, fondate sull’intervenuto giudicato esterno, su sui si basa la sentenza impugnata.

Il che comporta l’inaccoglibilità del mezzo.

3. In definitiva il ricorso va rigettato.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso, sussistono i presupposti di cui all’art. 13, comma 1 quater, dpr n. 115/02.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese, che liquida in euro 3.600,00 (tremilaseicento), di cui euro 3.500,00 (tremilacinquecento) per compenso, oltre spese generali 15% e accessori come per legge.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis, dello stesso articolo 13.