Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 08 luglio 2015, n. 14196

Tributi - Cartella di pagamento - Differenze di IRPEF ed IRAP dichiarate ma non versate - Impugnazione - Mancata prova degli elementi che giustificavano il quantum preteso e la mancata rideterminazione delle sanzioni

 

Ritenuto in fatto

 

Con cartella di pagamento, emessa a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione dei redditi dell’anno 2003 dell’Avv. O. M. C., veniva richiesto il pagamento di differenze di IRPEF ed IRAP dichiarate ma non versate.

Il ricorso proposto dal contribuente avverso la cartella di pagamento veniva parzialmente accolto dalla Commissione Tributaria di prima istanza, limitatamente allo sgravio parziale relativo ad un recupero di credito di imposta, e rigettato quanto al resto.

La decisione, appellata dal contribuente, veniva riformata dalla Commissione Tributaria Regionale della Puglia con la sentenza indicata in epigrafe.

In particolare la Commissione regionale, rigettata la preliminare eccezione di inammissibilità dell’appello, riteneva che gli elementi contenuti nella cartella impugnata non fossero esaustivi al fine di rendere comprensibili i motivi della maggiore richiesta tributaria non preceduta, nella specie, da alcune attività accertativa e tenuto conto dei pagamenti già effettuati, per irpef ed irap, dal contribuente per il saldo 2003 e l’acconto del 2004. Il Giudice di appello riteneva, altresì, illegittima l’applicazione delle sanzioni irrogate separatamente per le due imposte laddove avrebbe dovuto applicarsi l’art. 12 del d.lgs. n. 472/1997.

Avverso la sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione su quattro motivi, al quale il contribuente resiste con controricorso e memoria depositata ex art. 378 c.p.c.

In pendenza del giudizio l’Avv. M. O. C. ha proposto istanza di definizione della lite ai sensi del d.l. n. 98 del 2011, art. 39, comma 12 (convertito nella legge n. 111 del 2011), alla quale l’Agenzia delle Entrate ha opposto diniego in data 30.8.2012 in ragione della non definibilità delle liti fiscali concernenti cartelle emesse per imposte dichiarate e non versate.

Avverso tale provvedimento di diniego l’Avv.O. M. C. ha proposto ricorso dinnanzi a questa Corte (n.r.g. 22174/2012) al quale l’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.

Il contribuente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c.

 

Considerato in diritto

 

I ricorsi vanno preliminarmente riuniti, per evidenti ragioni di connessione, ai sensi dell’art. 274 c.p.c.

Va esaminato da primo, per ragioni di priorità logico-giuridica, il ricorso n. 22174/12, concernente il provvedimento di diniego del condono.

Con l’unico motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 39 del d.l. 98/2011 e dell’art.16 della legge 289/2002. In particolare, secondo la prospettazione difensiva, nel caso in esame, la cartella di pagamento contenente una maggiore pretesa fiscale non poteva equipararsi ad un atto liquidatorio non essendo stati neppure indicate le ragioni giuridiche delle maggiori pretese. Rilevava, in ogni caso, il contribuente che la cartella conteneva anche un importo per adeguamento agli studi di settore, per il quale era necessario uno specifico accertamento ed, ancora, che nel corso del giudizio si era accertato che il maggior imponibile era dipeso dall’esclusione della deducibilità dei contributi previdenziali integrativi.

Il ricorso è fondato. E, infatti, ormai consolidato il principio - che si inserisce nella tendenza sempre più accentuata della giurisprudenza di questa Corte, anche a sezioni unite, nel senso del favor per l'applicabilità delle normative di condono - secondo il quale ciò che rileva ai fini della qualificazione dell'atto come impositivo e della conseguente inclusione della relativa controversia nell'ambito applicativo della L. n. 289 del 2002, art. 16 è la sua effettiva funzione, a prescindere dalla qualificazione formale dell'atto stesso. Pertanto, la natura impositiva dell'atto, ai fini anzidetti, va riconosciuta quando esso sia destinato ad esprimere, per la prima volta, nei confronti del contribuente, una pretesa fiscale, essendo sufficiente che la contestazione da parte di quest'ultimo sia idonea ad integrare una controversia effettiva, e non apparente, sulla legittimità, sotto qualsiasi profilo (tranne che su aspetti relativi a meri errori di calcolo), della pretesa medesima (Cass. n. 2986 del 2014, nonché Cass. nn. 20731 del 2010, 5879 e 22158 del 2013, 1263 del 2014).

È pertanto di per sé irrilevante la circostanza che la cartella contenga la liquidazione di imposte dichiarate e non versate, una volta che, da un lato, si tratta del primo atto con cui l'amministrazione ha esercitato la propria pretesa nei confronti del contribuente, e, dall'altro, quest'ultimo ha instaurato una controversia effettiva, come deve ritenersi avvenuto nella fattispecie, in cui il C. ha impugnato la cartella contestando, tra l’altro, la mancata prova degli elementi che giustificavano il quantum preteso e la mancata rideterminazione delle sanzioni.

Ne consegue, in primo luogo, l'annullamento del provvedimento di diniego di definizione della lite e, in secondo luogo e di conseguenza, la dichiarazione di estinzione del processo di cui al ricorso n. 3579/10.

Si ravvisano giusti motivi, in ragione della recente evoluzione della giurisprudenza in tema di condono sopra citata, per disporre la compensazione delle spese sia del giudizio relativo al diniego di condono sia dell'intero processo principale.

 

P.Q.M.

 

Riunisce i ricorsi; accoglie il ricorso n. 22174/2012, annulla il diniego di condono e, per l’effetto, dichiara estinto il processo relativo al ricorso n. 3579/2010.

Compensa le spese di entrambi i giudizi.